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Il diario di alice ( 9 )


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Vorrei parlarvi di uno strano tipo. Lo chiamerò Luca ma non è il suo nome. Luca è gay, e contrariamente a quello che pensa lui molti lo sanno. Per uno strano modo di vedere le cose lui rinnega in pubblico questo lato del suo io e fa di tutto per apparire etero. Anzi, per apparire un vero “sciupafemmine”. Il che, se va bene a lui, dovrebbe andar bene a tutti se non fosse che per sostenere questa sua finzione spende una buona parte dei suoi generosi guadagni di dirigente di una grande Società Assicuratrice con mie colleghe e, bontà sua, con me. Il che lo mette ogni tanto in crisi. Più di una volta gli ho consigliato di sposarsi. Magari un matrimonio paravento, ma l’idea non gli garba.

Quindi, due o tre volte al mese, mi telefona per “sfoggiarmi” come sua donna in occasione di concerti, serate mondane, inaugurazioni eccetera.

La scorsa settimana, erano circa le otto di sera e stavo per godermi una rara serata in pantofole, mi chiama tutto affannato : “Alice toglimi dai casini!”

“Che c’è?” gli faccio, “Hai la finanza in casa? O Hai bisogno di una guepiére in prestito?”

“Ho bisogno di te. Subito! Ho dimenticato la cena con i capifiliale e non posso presentarmi da solo. Passo direttamente io a prenderti fra mezz’ora. Pensi di farcela?”

“Ci proverò...”

Per una donna in slip, maglietta e zoccoletti che debba andare a cena fuori ci vogliono almeno due ore di preparativi. Ma per fortuna la mia esperienza di trasformista per ogni occasione ogni tanto mi permette di fare cose che normalmente sarebbero quantomeno difficili, considerando anche che comunque il mio aspetto è sempre per ovvie ragioni curato.

Con soli dieci minuti di ritardo quindi mi siedo nella sua Volvo pronta per affrontare l’ennesima recita da oca giuliva innamorata del suo finanziere.

Quella sera avevo deciso però di strafare e, con la scusa di guadagnarmi il mio compenso, di essere quanto mai provocante. La cena non sembrava prospettarsi particolarmente interessante, visto che la quindicina di invitati sembravano più presi dai loro dividendi e dalle loro percentuali piuttosto che dalle pietanze o, men che meno ( tranne qualcuno ) dalla mia presenza. I miei frequenti approcci a Luca venivano quindi tollerati con accondiscendenza, e solo qualcuno mostrava interesse per la visione che si apriva ai propri occhi quando mi abbassavo a baciarlo affettuosamente sul collo o sulle guance. Così come nessuno sembrò accorgersi della mia mano che spariva sotto la tovaglia per cercare il simbolo maschile per eccellenza e, una volta afferrato sotto la stoffa, lo accarezzava con lentezza.

Non so se il leggero sudore perlaceo che iniziava a traspirare dalla sua fronte fosse dovuto più a imbarazzo o ad una inevitabile eccitazione. Quello che molti non hanno chiaro, infatti, è che un gay non è ( di solito ) meno dotato di un etero dal punto di vista delle dimensioni e del funzionamento. E che il massaggio di una mano sapiente, che sia di donna o di uomo, produce esattamente lo stesso effetto. Appunto quello che ora sarebbe apparso in tutto il suo splendore se avessero potuto sbirciare nei suoi pantaloni.

La cena comunque tra una provocazione ed un grafico degli incrementi dei premi andò in porto e arrivò il momento di rientrare a casa. Pregai però Luca di fermarsi ancora un po’ a bere qualcosa in un pub, tanto per fare due chiacchere e concludere la serata. In effetti i miei programmi erano diversi. Appena seduti ordinammo da bere e andai alla toilette per rinfrescarmi. Dopo cinque minuti feci il suo numero di cellulare: “ Luca, sono io....scusami ma ho un problema. Sono rimasta chiusa dentro, puoi venire ad aprire la porta? Non avvisare il cameriere...mi vergogno...”

Dopo pochi secondi era dietro la porta di una delle toilette delle signore che cercava, con grande imbarazzo, di aprire la porta che io trattenevo dall’interno. Dopo qualche tentativo la mollai e “finalmente” si aprì mostrandogli il mio seno che gli si presentava irriverente.

Lo presi per le mani e lo trascinai dentro, chiudendo davvero la porta. Lo feci sappoggiare sul lavandino facendogli cenno di stare zitto e gli aprii i pantaloni tirandogli fuori il cazzo che, donna o non donna, era duro e pronto all’uso. “Chiamami Mario” gli dissi mentre lo prendevo in bocca. “Si...Mario...Mario....oh..Mario succhiamelo...” Con gli occhi chiusi e pensando a chissà quale Mario prese a scoparmi nella bocca con lentezza, assaporandosi il risucchio che le mie labbra e la mia lingua provocavano sul suo uccello. Ogni tanto lo lasciavo per scendere a leccare lo scroto e l’interno delle cosce. Poi lo imboccavo ancora facendolo arrivare fino in fondo alla mia gola.

Si prova un piacere particolare a fare un pompino ad un gay, se si pensa che quel cazzo ha visto solo bocche maschili. E’ una specie di gara, una dimostrazione che un altro uomo non potrà mai prenderlo in bocca come una donna. Dopo un po’ qualcuno bussò perché aveva necessità della toilette. Bisognava concludere, purtroppo. Non che ci volesse molto, ma l’indice ed il medio che si fecero posto nel buco del suo culo lo mandarono in tilt definitivamente. Mi prese la testa e la mosse su è giù come preso da una crisi convulsiva, poi me lo tirò fuori dalla bocca e mi schizzò tutto sulla faccia e sul seno.

Apri l’acqua e si bagnò il viso paonazzo e sudato, mentre io mi sedevo sul wc e con le dita sporche del suo sperma mi facevo un ditalino. Quando mi vide mi tolse la mano, si inginocchiò, e leccando il suo seme mi fece venire con la lingua.

Ci prendemmo qualche minuto per ricomporci un po’ senza parlare, poi uscimmo sotto lo sguardo incredulo di due ragazze che da un quarto d’ora aspettavano di entrare.

Pagammo e andammo via. Quando arrivammo sotto casa lo anticipai mentre metteva la mano a prendere il portafoglio.

“Lascia perdere Luca. Stasera offro io”!





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