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Il castello dei desideri


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Questo racconto nasce dalla collaborazione tra me e la cara Joshina.





“… che caldo in questi giorni...”



Sono in auto, imbottigliato sulla tangenziale e con un ritardo di circa un’ora all’appuntamento.

Inutilmente tento di chiamare Joshina al cellulare per avvertirla.

Sarà arrivata da un bel pezzo sul luogo concordato. Ma purtroppo lì non c’è segnale.

Sono accaldato; e teso per due ragioni. La prima è che odio le code, l’altra è dovuta al pensiero che, conoscendola, di sicuro non mi aspetta a braccia conserte.

Mi pare di vederla.

Difatti, dopo mezz’ora d’attesa la immagino indispettita, che rotea la borsetta e sculetta a piedi nudi per i campi di grano.

Mentre sotto l’ombra dell’unico albero della zona, un contadino - probabilmente extracomunitario – riposa sotto la sua fresca chioma.

Questo uomo non può far a meno di osservarla con curiosità, forse anche incredulità, non tanto per la presenza di una donna in un posto isolato, quanto per la sfacciataggine che rivela, senza alcun dubbio, le sue intenzioni e le sue voglie.

Anche Joshina lo ha notato. Lui è l’unica forma di vita nei paraggi ed oltretutto, per il colore della sua pelle, rappresenta un contrasto al giallo intenso della campagna circostante.

Simulando disinteresse lei si avvicina e lui la ricopre di pesanti avances in uno stentato italiano.



“… Che bastarda dentro… finge di respingerlo ma gli mostra i pizzi della biancheria sexy.”



Lo conosco fin troppo bene il suo gioco.

Ed in questo istante ha il viso contro la corteccia dell’albero, la schiena inarcata per agevolare i colpi di lui che intanto da dietro la sbatte afferrandola per i fianchi.

Ormai manca poco al mio arrivo. Due tre curve ed arriverò al castello abbandonato.

Il “negro” sarà già morto a quest’ora. La causa potrebbe essere una di quelle promesse che si pronunciano quando godi veramente tanto.



“Voglio moriiireee!”



Mi sembra di sentire i gemiti di Joshina come quella gatta in calore che la scorsa notte ha disturbato il mio sonno.

E se l’uomo si è dimostrato all’altezza, ora che lei cola non solo di sudore dalle gambe, lo incita a sbatterla sempre più forte senza curarsi della graffiante corteccia dell’albero.

Questi pensieri mi fanno incazzare ma nel contempo mi fanno rizzare il cazzo come un gran cornuto.



“…Tesoro, perdonami il ritardo… un traffico che non ti dico! Ho provato a chiamar… ma… cosa ti è successo al viso?”



Questo castello, di cui ormai non restano che le rovine, ci piace perché a prescindere dall’erotismo che sprigiona offre uno stupendo panorama. E’ arroccato in cima ad un promontorio che sovrasta l’intera campagna e da un lato, attraverso le finestre, offre una bella vista mare. Era una fortezza inaccessibile un tempo e lo è tutt’ora. Per raggiungerlo bisogna percorrere circa un chilometro di una tortuosa strada sterrata e questo lo rende un posto isolato, per nulla frequentato tanto che non abbiamo quasi mai incontrato alcuno. Il che, risulta perfetto per i nostri giochi, per i nostri divertimenti.



“… Cosa mai può essermi successo??? Non c’è anima viva da queste parti! Neanche quel contadino di colore che abbiamo incontrato una volta.”



“… già, perché due parole le avresti scambiate volentieri per ingannare l’attesa, vero?…”



Naturalmente. Come se non sapessi che tra le mie fantasie c’è spazio per una situazione simile. E durante l’attesa, l’ho cercato. Non solo con la mente, l’ho cercato con la viva speranza di incontrarlo. L’idea di qualcuno che possa essere presente ai nostri giochi, anche solo per guardare… ummm… mi ha sempre attratta. Se fosse di colore poi…

Solo fantasie, quella di sentirmi troia e tu un cornuto. Ecco cosa mi ha procurato i segni sul viso.



“… non ho resistito, ti ho immaginato là, con me, spettatore impotente di una travolgente scopata con un uomo di passaggio e l’ho mimata appoggiata al muro in una folle masturbazione.”



e… vorrei dirtelo, ma mi imbarazza un po’. Ho fatto come una pazza. Ho cercato nei dintorni anche un oggetto che potesse far al caso mio, su cui strusciarmi. Ma nulla. E ora che sei arrivato questo compito spetta a te… sono ancora eccitatissima dall’orgasmo procuratomi prima del tuo arrivo. Ho anche più voglia ed anche se devi riprenderti dalla sudata del viaggio e sei sfatto, non ti darò tregua.



“… quanto ti adoro svergognata mia? Mentre mi raccontavi del tuo ditalino mi sono venute in mente le scene più spinto di sesso in tre…”



… e prima o poi dobbiamo realizzarle. Dovrei inserire un annuncio su qualche sito un giorno di questi.

Come può questo mio desiderio non essere anche il tuo. E poiché qui non passa nessuno, avrei dovuto chiamarti per dirti di passare al sexy-shop.

Chissà che grosso cazzo mi avresti regalato. Di che forma, di che materiale, vibrante o no? Forse quello con la ventosa sotto così mi sarei sbizzarrita a dovere. Ah, chissà quanto ti saresti divertito a possedermi da solo in più buchi contemporaneamente.

Vieni, cerchiamo ombra al riparo dell’albero. Siediti per terra di fronte a me. Guarda come apro le gambe, tiro su questa gonna e mi svergogno con due dita. Osserva, vedi come mi sono bagnata all’idea di essere scopata da te e un altro insieme?… come si fa?

Come posso resistere a questa fantasia? E’ un tormento!

A volte mi sono chiesta se il nostro altro non è che un gioco prima di tutto mentale.

Ogni volta perdi la ragione, lo avverto. Mi sembra addirittura di vedere il tuo cazzo che a battiti regolari pulsa sotto i jeans.

Ogni volta questa fantasia ti coinvolge completamente e me ne dici sempre tante.

Il caldo aumenta, il sudore di entrambi anche, hai la camicia aderente al corpo e le gocce di sudore ti cadono dalla fronte… sudi come l’ultima volta che mi hai sodomizzata in bagno.

Cosa vuoi sapere del nero che mi sono scopata nella mia mente durante l’attesa? Su, dai. Chiedimelo!



“… il contadino avrà avuto un cazzo enorme, già lo so!”



Né brutto né bello, magari un Denzel Washington, no! Magari nella versione pugile 'Hurricane'! No, neanche! Voglio dire… Denzel Washington non sarà un bellissimo uomo ma in quel film con i tutti muscoli tirati… che troia che sei!

Vuoi soltanto un grosso cazzo!

Ti sei chinata di fronte a lui, gli hai scostato gli slip da un lato e dopo lo stupore iniziale glielo hai preso timidamente in mano.

Con gli occhi libidinosi e contenti per un breve istante ti sei voltata verso di me facendomi un cenno di compiacimento.

Dio! Sembravi un’imbranata. Un cazzo così grosso da darti la sensazione di non averne mai tenuto prima uno in mano.

Ed anche il suo gusto ti è piaciuto. A me non l’hai mai leccato con tale ingordigia.

Dal basso verso l’alto la tua lingua scorreva sull’asta di quel lungo ed impegnativo percorso.

E giunta nei pressi della sua scura cappella hai dovuto perfino inumidire la bocca che ormai ti si era seccata.

Ti sei sforzata di ingoiarne il più possibile ma inutilmente, troppo grosso per la tua piccola bocca.

Quanto mi piacerebbe osservarti con la bocca così piena, che tenti invano di ingoiarne un centimetro in più, tutta imbrattata di saliva sui seni…



“… Tesoro, non resisto più! Ho ritardato perchè ti ho portato un regalo. A malincuore ti chiedo di togliermi questa figa fradicia dal viso. Aspettami, vado a prenderlo.”



Ritorni dalla macchina, e mi porgi un pacchetto.

Presa dalla curiosità estraggo l'oggetto dalla confezione. Conteneva anche un elegante sacchetto di nailon rosso per conservare l'oggetto e, un piccolo flaconcino di lubrificante profumato.

Strappo l'involucro di cellophane e lo tiro fuori. Il colore e la forma sono riprodotti molto bene.

Le venature hanno un filo di sfumatura bluastra, la cappella è leggermente più rosea rispetto al resto mentre la base è costituita da una ventosa che mi stimola i consueti pensieri.

Lo stringo. La sensazione tattile è abbastanza convincente. Quasi come stringere il tuo. Ma sicuramente l’odore non è buono come il tuo.



“… osserva come lo slinguazzo e me lo sbocchino…”



Mi prende lo sfizio infantile di misurarlo. L’unico modo è quello di sbottonarti i jeans e di metterli l’uno accanto all’altro… non è clamorosamente più grosso del tuo. Ma vuoi mettere la soddisfazione di sentire il contatto con tutto il corpo maschile e del suo cazzo che mi smuove da dentro? Non parliamo poi del calore, del sapore e della sua capacità esplosiva.

Rivolgo lo sguardo verso il tuo uccello che svetta duro e divento un fuoco. Palpami un seno, o sfiorami l'incavo delle cosce con il taglio della mano. Ascolta i miei sospiri… arrossisco in viso.

Voglio tutto, adesso! Qualsiasi contatto tattile per me sarebbe fonte di piacere! Scopami, inculami, leccami, masturbami, penetrami con le dita, sculacciami!

Più la sensazione è forte, al limite dolorosa, più la desidero.



“… non vuoi vedere e sentire come mi agito e godo?...”



Voglio godere come non mai. Intensamente, sono pronta e disponibile a tutto. A lasciarmi andare completamente. Fammi godere!



Torniamo all’auto parcheggiata alla fine del sentiero…



“… qui sul cofano la ventosa dovrebbe aderire bene, no?...”



Baciami non ci vede nessuno. Le nostre lingue si scontrano volgarmente.

Abbracciami e palpami dappertutto.

Sono troppo eccitata... giurami che mi farai scopare un cazzo vero prima o poi.



“…ti prego..."



Aiutami, smanio. Infilami questo fallo su per il culo.



“… sei la mia troia tesoro, te lo meriti…”



Versi un po' di lubrificante sulle mie dita invitandomi ad ungermi il buco. Dopo mi penetri con un dito, due, con tre.

Devi prepararmi accuratamente per un fallo così grosso.

Mi aiuti imputandolo e poi mi spingi con decisione. Faccio un po' di resistenza. Ma gemo.

Lo riposiziono meglio e riprovo l’ingresso. Non è una posizione comoda per me, ed il fallo è grosso.

Spingi ancora e finalmente entra per intero. Tutto, fino in fondo.



Ti sfioro la figa.



“… sei un lago...”



Mi inzuppo due dita come nel miele portandole in bocca. E ti fisso negli occhi.



“… impiegherei delle ore ma alla fine riuscirei ad asciugarti completamente…”



Mi cingi le braccia intorno al collo. Ti spalanco le cosce sorreggendole con gli avambracci mentre con le mani ti sostengo per le chiappe. Agevolo i tuoi movimenti spingendoti su e giù sul fallo. Lentamente, piano. Poi con più ritmo.

Il mio cazzo in tiro sfrega sulla tua figa, sulla clitoride, e per un attimo si impunta quasi dentro senza riuscire a penetrare.

E proprio in questo istante emetti un sospiro profondo che mai avevi emesso da quando ti conosco.

Tra il piacere e il dolore. O meglio, soltanto l’espressione di un grande desiderio.



“… siii! Voglio farlo in tre!…”



“… lo dici sempre quando sei eccitato… brutto cornuto!”





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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Fidelc Invia un messaggio
Postato in data: 27/06/2007 17:50:55
Giudizio personale:
Cacchio...quanto m\'è venuto duro!


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