i racconti erotici di desiderya

Fili


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“..una bimba canta la canzone antica della donnaccia, quello che ancora non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia…”

La musica di Dè Andrè riempie la mia stanza di note dolci e nostalgiche. Sono stesa sul letto, in reggiseno e slip, l’aria calda estiva filtra dalle persiane semichiuse. Sono in penombra, in attesa.

Nonostante il caldo sono tutta un tremito, tremo dall’emozione. Non mi è permesso alzarmi dal lettone, devo stare in attesa, ferma e immobile. Stamattina avevo trovato un suo biglietto sotto la porta in cui mi informava che sarebbe venuto da me verso le quattro di pomeriggio, e di attenderlo in camera, in penombra vestita solo con slip nero e reggiseno nero.

Sono le 15.58, di solito Lui è sempre così puntuale, così preciso, così unico.

Sento la porta aprirsi, e dei passi calmi e decisi dirigersi verso la mia camera.

Velocemente mi infilo la benda per gli occhi, non voglio disubbidirgli come ho fatto una sola volta in passato, le sue punizioni possono essere terribili.

Si avvicina al mio letto, tendo le orecchie e il mento, nell’attesa di qualche parola.

Invece lui immobile, mi osserva e sorride compiaciuto. Penso! Sono bendata, il nero mi avvolge, non posso vedere ma posso sentire la mia eccitazione che si mischia alla sua, danzando insieme nell’aria. Ecco che una sua mano inizi a sfiorarmi la bocca, che si tende subito a succhiare le sue dita e a passarle con la lingua. Indugio sui polpastrelli, poi succhio tutto il dito, facendolo arrivare fino in fondo. Mi spinge le dita in gola, sa che mi piace e ne approfitta spudoratamente.

L’altra mano comincia a sfiorare i capezzoli e li fa diventare come due chiodini, mani esperte che si occupano dei miei seni. Le Sue mani sono uniche, mi tocca, mi stringe i capezzoli, fino a quasi farmi male, gemo ma poi quando molla la presa vorrei che me li prendesse ancora e ancora più forte e con più ardore. Piano piano mi slaccia il reggiseno, l’attesa mi sembra lunghissima. Io che avrei voglia di essere presa e sbattuta subito, mi offro a questa dolce tortura perché lui è il mio Signore. Una lingua lecca i miei capezzoli mentre una mano continua a torturare un mio capezzolo che ormai sento quasi violaceo dal dolore misto al piacere.

“Sei una puttanella vogliosa” mi dice infilando all’improvviso una mano tra le mie cosce. “Sei bagnata e hai lavato tutti gli slip” mi dice togliendomeli con uno strattone. “Ecco senti” mi dice sbattendomi gli slip in faccia, e io inzio a sentire il mio profumo di femmina vogliosa e in calore.

Qualcosa si leggero ma resistente inizi a fasciare le mie caviglie. Non capisco che sta succedendo.

“Porcellina, adesso non mi scapperai” mi dici con voce da finto cattivo. Provo a muovere le gambe ma le sento bloccate. Due foular di seta mi tengono bloccate le caviglie al letto.

Sono stesa a pancia in su, senza reggiseno e senza slip, le ginocchi leggermente alzate e le caviglie legate al letto e lui che respira affannosamente per la voglia. Se potessi lo prenderei subito in bocca ma non posso. Lui è il Mio Signore e decide lui per me.

Qualcosa di freddo comincia a scivolare tra i miei capezzoli. Un cubetto di ghiaccio inizia a far indurire i miei capezzoli fino allo spasimo. Brividi di freddo e di piacere mi accarezzano i sensi. La bocca comincia a leccare un cazzo immaginario, mentre le mani a stento stavano ferme, tale era la mia voglia di toccarmi e di darmi piacere. Di finire questa tortura. Ma il Mio Signore volevo prolungare la sua tortura.

Il cubetto di ghiaccio scivola lentamente verso il mio clito, lo tocca, lo bagna, lo fa indurire dal piacere. Gemo leggermente e muovo il bacino in direzione del ghiaccio, lo voglio sentire ancora e ancora, quel freddo meraviglioso che mi da così tanto piacere. Il Mio Signore toglie il ghiaccio e lo rimette, mi fa impazzire. Mi bagno senza ritegno, mi eccito e lui mi stimola ancora di più, ansimo ma lui la smette per qualche secondo. Poi il cubetto viene spinto verso la mia passera e entra senza problemi. Il contrasto è micidiale. Il freddo del ghiaccio si mischia al caldo bollente dei miei piaceri. Ho la passera in fiamme. Il ghiaccio sciolto cola insieme ai miei umori. La tua lingua non perde un secondo e si tuffa a capofitto a raccogliere i miei umori. Sento che passa veloce veloce e penetra per assaggiare il mio sapore misto caldo e freddo. Poi si sposta sul mio clito che sta pulsando come un ossesso. Appoggi e premi e ti fermi, poi ti muovi e dai veloci leccate che mi fanno impazzire. Sento che il mio clito si sta ingrossando a dismisura, sta per esplodere. Un forte gemito mi scappa e tu capisci che sto per venire. Ti stacchi e non mi fai raggiungere il massimo piacere. Ti diverti a torturarmi così, ben sapendo che non posso muovere le mani, trattenute dai fili invisibili della sottomissione, della mia gioia di donarmi a te come tu vuoi.

Dopo pochi minuti riprendi a leccarmi il clitoride e due dita si infilano dentro la mia passera bagnata, le muovi pianissimo e premi verso il mio clitoride che viene ancora torturato dalla tua lingua appuntita che mi trapana la carne. Gemo e mugolo di piacere e inizio a muovere il bacino verso la tua testa per far aderire la tua lingua ancora di più al mio clito.

L’orgasmo questa volta arriva violento e inaspettato, grazie alle tue profonde leccate e alle tue dita che incessanti continuano a muoversi velocemente. Scatti muscolari e brividi lungo la schiena mi fanno muovere in modo innaturale, mi sento svuotata e riempita allo stesso tempo. Le tue dita nel frattempo diventano tre e una quarta si insinua dentro il mio stretto orifizio. E la tua lingua non la smette e mi tortura.

Gemo e cerco di divincolarmi, sto andando in estasi dal piacere

“Si godi piccola, godi come non mai” mi sussurri soddisfatto tra una leccata e un'altra.

Dopo pochi minuti mi lasci, stacchi le dita, e piano piano la smetti con la lingua e mi guardi soddisfatto mentre i miei gemiti vanno scemando lentamente.

Sono a gambe aperte, il clitoride rosso che pulsava come non mai, i miei umori che scendevano copiosi dalla mia passera aperta e lucida della tua saliva, mentre l’altro buchino inizia a richiudersi.

Ogni tanto qualche spasmo muscolare mi ricorda l’estremo piacere che mi hai dato

Lentamente mi sciogli e io accarezzo le caviglie che presentano un segno rossastro e leggermente dolorante.

Non mi togli la benda dagli occhi

“Resta qui e conta fino a 100 e poi puoi toglierti la benda dagli occhi” mi dici…

1 2 3 4…..

…97 98 99 100.

Con uno scatto mi levo la benda e mi guardo intorno…

Te ne sei andato, proprio come sei arrivato, in silenzio….

Sei scomparso ma so che tornerai.





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