i racconti erotici di desiderya

Estate, calda stagione


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L’estate del 1997 rimarrà nei miei ricordi finché avrò vita, ma forse è il caso che inizi a raccontare il tutto dal principio.

All’epoca avevo solo 17 anni ed avevo appena concluso il 3° anno delle scuole superiori; essendo un po’ cagionevole di salute, con un fisico esile ed alquanto povero di colorito, potremmo dire quasi albino, i miei genitori per ricompensarmi dei miei risultati scolastici, mi lasciarono libero di andare solo sulla riviera romagnola. L’idea non mi esaltò immediatamente, poiché non avevo amici con cui condividere questa nuova “avventura” ed inoltre, sarei stato ospite, per le due settimane concessemi, dei miei zii, persone molto gradevoli ma di una noia mortale. Comunque sia, il giorno della partenza arrivò ed io, borsa alla mano e ricolmo di inviti alla prudenza, partii per la mia destinazione; fu un viaggio tranquillo ed in stazione trovai subito il comitato d’accoglienza: da una parte i parenti e con la mia cuginetta, già pronta ad assillarmi con le sue bambole, dall’altra il gruppo di campeggiatori con cui avevo fatto la corsa in treno, gruppo composto da circa una ventina di miei coetanei equamente divisi tra ragazzi e ragazze; potete ben immaginare il mio desiderio di unirmi a loro, consapevole delle notti brave che li attendevano, ma ovviamente mi vidi costretto a seguire la prima via, non immaginando ciò che di lì a breve mi avrebbe atteso e che, ne sono sicuro, si dimostrò molto meglio di notti passate ubriachi, ciondolando da una ragazza all’altra per poi ritrovarsi a dormire su un formicaio senza le mutande.

Dopo un breve tragitto in auto, arrivammo alla solita villetta presa in affitto, con tanto di veranda affacciata direttamente sulla spiaggia. Preso possesso della mia camera, sfatte le valigie ed indossato il mio stupendo costume slip color canarino, simpatico regalo di mamma, mi recai a prendere un po’ del beneamato sole, confidando di non dare troppo nell’occhio per evitare qualsiasi problema con i soliti bulli estivi, sempre decisi ad utilizzarmi come bersaglio per far colpo sulla bella di turno. Sembra incredibile, ma la prima escursione oltre la porta di casa fu un successo, o quasi: non solo la spiaggia non rigurgitava di bagnanti, ma feci la conoscenza della mia “vicina”, una simpatica e molto attraente ventenne, tutta curve, con splendidi capelli, lunghi e neri, occhi verdi e profondi, molto simpatica ed estremamente colta. In un primo momento credetti di aver fatto colpo, ma in seguito compresi che si fece avanti solo per questione di vicinato e perché unica persona sola in spiaggia; ciò, comunque, bastò per rallegrarmi della situazione in cui mi trovavo, situazione che migliorò in modo esponenziale quando rientrai: appena messo piede oltre la soglia, mi accorsi che qualcosa non andava nel verso giusto e la conferma arrivò molto presto. Scoprii che il mio simpatico cugino, a cui tutti in famiglia davano credito di rosee prospettive future e che ci doveva raggiungere al mare, in realtà era impossibilitato a farlo! Motivo: senza che nessuno lo sospettasse e sapesse, si era iscritto ad un sito tedesco che organizzava orge in luoghi pubblici, lì aveva conosciuto la ragazza che poi era diventata la sua fidanzata ed insieme a lei, e ad altre 49 coppie, avevano dato sfogo alla loro libido sotto la porta di Brandeburgo, più o meno all’orario di chiusura degli uffici; come fecero a spogliarsi tutti prima di essere arrestati ancora non è chiaro tra di noi, ma è palese che mio cugino con consorte e tutti gli altri, si ritrovarono presto in galera con la prospettiva di non uscirci, se non prima di due o tre anni. La pazzia che regnava in casa rasentava quella da manicomio, con i miei zii intenti a recuperare il recuperabile, sia parlando di abiti sia di reputazione; ovviamente partirono di gran carriera, lasciandomi solo sulla porta d’ingresso, con le chiavi di casa in mano ed un saluto. Appena compresi l’accaduto, corsi in cucina, aprii la birra più grossa che trovai e la bevvi tutta d’un fiato per la gioia, abbandonando poi la bottiglia sul tavolino in salotto. Mai avrei pensato di poter usufruire di una casa sul mare, comprensiva di tutti gli optional, gratuitamente per due settimane! La prima idea che mi frullò per la testa fu quella di festeggiare in modo sontuoso, ma poi ricordai di essere completamente solo...Che disdetta...Però, a ben pensarci, non ero “proprio” solo, avevo una vicina che si era dimostrata gentile e socievole e forse, con le dovute parole, sarei stato in grado di convincerla ad accettare il mio invito. Con questo ben preciso scopo nella mente un po’ annebbiata dall’alcool, mi diressi verso la veranda per capire se fossi riuscito nel mio intento.

Ammetto che qui i ricordi si fanno un po’ confusi, ma credo di essere nel giusto se affermo che la scena che mi si presentò davanti agli occhi diede il la a tutto quello che avvenne dopo; appena giunsi barcollando sulla veranda, guardai nella direzione della mia vicina, ma purtroppo mi ritrovai ad osservare il paravento di tela che, come mi era stato spiegato nel pomeriggio, serviva come protezione dagli occhi indiscreti quando si voleva fare una doccia in piena libertà sotto al sole. Dopo aver riflettuto per un attimo e preso dall’eccitazione sentendo l’acqua scorrere, avvicinai un piccolo sgabello alla recinzione, ci salii sopra e guardai: che immagine sublime trovai dall’altra parte! La mia vicina era lì, in costume, con l’acqua che le scorreva sulla pelle vellutata e dorata al punto giusto dal sole, mentre i capelli bagnati le ricadevano sulle spalle e sulla schiena, oscillanti ad ogni suo movimento. Ero ancora affascinato quando lei, con completa disinvoltura, si slacciò il reggiseno, lo gettò sul porta oggetti a fianco e, preso un po’ di bagnoschiuma, cominciò ad insaponarsi il seno, partendo dalla zona inferiore per poi risalire con movimenti circolari, massaggiandosi con dovuta calma per poi passare ai capezzoli, i quali vennero pizzicati e stuzzicati da dita sapienti, per farli inturgidire fino alla completa erezione, accentuata dall’acqua fredda che vi scorreva sopra. Solo nei miei più reconditi sogni adolescenziali avevo immaginato una tal scena, la quale, proprio in quell’istante, si stava svolgendo davanti ai miei occhi; preso dalla più sfrenata eccitazione, allungai le mani verso i pantaloncini, ma lo feci troppo velocemente, tant’è che persi per un attimo l’equilibrio e dovetti aggrapparmi al paravento per non cadere in modo grossolano. Per mia fortuna riuscii a non ruzzolare e anche a non farmi scorgere, in quanto ebbi la sensazione che si voltasse verso di me; riacquistato l’equilibrio, con molta calma, tornai ad osservarla: lei era ancora lì, sotto l’acqua gelida, le mani danzavano sui lunghi capelli scuri, per poi scendere a carezzare spalle, braccia, seno, ventre e schiena, per proseguire verso il sedere ed infine proprio là, su quel monte di Venere ancora celato al mio sguardo dall’ultimo pezzo rimasto del costume.

Io ero completamente preso da quest’immagine e non mi accorsi che nel mentre uno sbuffo di vento aveva creato uno spiraglio nel telo proprio lì dove mi ero appostato, dando la possibilità di vedere a chi si trovava dalla parte opposta la mia inequivocabile posizione, con tanto di pantaloni e mutande abbassate e la mia mano destra intenta a titillare il mio glande; non sono sicuro se capì cosa stesse avvenendo dalla mia parte, ma di certo io vidi bene cosa avvenne dalla sua: con movimento repentino infilò le mani tra gli elastici e poi si abbassò gli slip, piegandosi dolcemente ad angolo retto e lasciandomi ammirare le sue belle natiche sode, tra le quali spuntava un ciuffetto di peli a protezione di quello splendido pertugio a cui ormai anelavo. Poi con calma si rialzò, si insaponò nuovamente le mani e riprese il personale massaggio, partendo dal piede sinistro, agevolmente appoggiato ad un piccolo sgabello, per risalire gradualmente lungo la gamba affusolata ed infine, ripetendo il gesto sulla parte destra.

La mia eccitazione continuava a salire e simultaneamente i movimenti della mia mano divenivano più frequenti, decisi, volitivi a portarmi all’acme dell’estasi. Ma ancora tale istante era lontano, perché proprio quando pensavo di non potermi più trattenere, mi bloccai all’improvviso constatando che in lei era avvenuto un cambiamento: non più la ragazza intenta a rinfrescarsi sotto il getto della doccia, ma una donna consapevole di essere spiata, inebriata dall’idea della provocazione, che in un lampo si voltò nella mia direzione, si sedette sul poggiapiedi con l’acqua che le scivolava sulla schiena e prese a fissarmi. Il suo sguardo indagatore era profondo, acuto, certo di aver capito che tipo di persona stesse osservando; forse fu questa comprensione che la indusse a schiudere delicatamente le gambe, mentre la mano destra solleticava i capezzoli duri e la sinistra scivolava lentamente lungo l’addome. Arrivata in prossimità del piacere cercato si fermò per risalire fino alla bocca, bagnarsi leggermente le dita ed infine poggiarle sul clitoride desideroso di quel tocco. Ormai ero ipnotizzato da ogni suo movimento, ogni suo gesto per me era il più celestiale: cominciò a toccarsi delicatamente, per poi proseguire più intensamente man mano che il piacere risaliva lungo il suo corpo, fino ad arrivare alla gola ed esplodere in un gemito di piacere che mi risuonò nelle orecchie, forte e intenso, mentre io, coinvolto in quel piacere puro e limpido, spronavo il mio membro, con tutta la forza rimastami, nella rincorsa di quel traguardo che la mia compagna di giochi di quella meravigliosa sera aveva già raggiunto. Quando lo raggiunsi, sentii svuotarmi lo stomaco, gli occhi si velarono ancor di più e quindi si chiusero, il corpo cominciò a tremare e alla fine caddi disteso sulla veranda; solo in seguito mi resi conto di essere svenuto per una decina di minuti e credo di non essere stato un bello spettacolo per i pochi bagnanti che passarono nelle vicinanze, lì a pancia all’aria, con tutta la mia mascolinità esposta e sempre sull’attenti.

Rimessomi in sesto con una doccia gelida e rigenerante, mi diressi verso il cucinino per prepararmi una veloce cena quando sentii bussare alla finestra: era la mia vicina che veniva ad assicurarsi, o per meglio dire a trovare certezza alla sua curiosità, se stessi bene dopo quel che era avvenuto non molto tempo prima. Sono sicuro di essere diventato più rosso del peperone che stavo affettando quando intesi le sue parole e stavo per ribattere che quanto accaduto non era stata una mia intenzione, che non era mio desiderio spiarla e che non sarebbe più successa una cosa del genere, quando lei, vedendomi così imbarazzato e balbettante, scoppiò a ridere e mi disse che non dovevo vergognarmi di parlarne, perché anche lei aveva fatto qualcosa del genere un paio di anni prima, senza però farlo sapere ai suoi genitori, al contrario di quanto aveva combinato mio cugino. Credo che la confusione fu ben dipinta sul mio viso, cosicché lei mi spiegò che la voce era circolata abbastanza in fretta tra le vie non molto trafficate della cittadina, visto che il barista della piazzetta era un amico intimo del mio sfortunato parente, nonché latore della notizia ai miei zii e primo pettegolo del circondario. Ancora più incapace di intendere, biascicai che sapevo solo quello che mi era stato riferito un attimo prima della loro fuga; a questo punto, con un velo di falsa tristezza negli occhi, ammise di essere passata solamente per poter usufruire di pettegolezzi più piccanti da riferire ai suoi amici in procinto di raggiungerla, ma siccome non era possibile, si sarebbe fatta perdonare per la sfacciataggine dimostrata facendomi compagnia per il pranzo serale.

Fu un pasto tranquillo, pieno di chiacchiere e di aneddoti sulle nostre famiglie, ricco di sorrisi, ammiccamenti e risate spensierate; ormai dimentico di quanto avvenuto nel tardo pomeriggio, la invitai a trattenersi ancora un po’, se ne aveva voglia, per guardare uno dei film disponibili nella ben fornita videoteca di casa. Con mio sommo gaudio accettò ma solo se le era permesso scegliere cosa vedere; ovviamente le diedi carta bianca, così quando prese “Basic Instinct” fui un pochino sorpreso, visto quali effetti potesse avere la sua provocazione su di me. Comunque sia ci accomodammo comodamente sul divano e lo guardammo. Avendolo già visto più e più volte, non seguii particolarmente la trama ma alla segna dell’accavallamento, come sempre, fui rapito da quel vedo e non vedo che dava modo alla mia immaginazione di spaziare su infiniti pensieri.

Al termine della proiezione, lei si voltò verso di me e mi chiese cosa ne pensavo: partendo da questa semplice domanda, analizzammo un po’ tutto il film, venendo a sapere che era uno dei suoi preferiti, che appena possibile lo rivedeva volentieri ma su cui aveva un’unica rimostranza: la parte dell’interrogatorio per lei era troppo fiacca e quella famosa scena concentrata sulle gambe della Stone non rappresentava la vera sensuale provocazione che una donna reale sarebbe stata capace di esprimere con argomenti ben più pertinenti. Per provocarla le chiesi di dimostrarlo e lei, senza colpo ferire, prese un cubetto di ghiaccio dal suo bicchiere e iniziò a giocarci, facendoselo passare tra le dita, sulle labbra, lungo il collo mentre la schiena si inarcava forse colpita da una sensazione di piacere e le gambe, con movimenti lenti e fluidi, andavano ad aprirsi e chiudersi, facendomi intravedere la parte alta delle sue cosce fin dove il vestito lo permetteva. Poi, quando ormai l’acqua le scorreva sulle braccia e giù lungo la cavità tra i seni, allungò la mano destra sulla bottiglia di birra che avevo dimenticato dal pomeriggio e cominciò a passarci sopra la lingua, dando rapidi e decisi colpetti sull’imboccatura, quasi volesse stimolarla a cedere nuovamente il nettare che non più tardi di qualche ora prima ancora conteneva; a quella vista impazzii e mi avventai su di lei, convinto che la provocazione fosse stata lanciata alla stessa stregua di quella a cui avevo ceduto quando la trovai sotto la doccia. A quanto pare, invece, non era la medesima situazione, visto che mi ritrovai scaraventato sul pavimento con una bella cinquina stampata sulla mia guancia sinistra. Mentre ancora mi riprendevo dallo shock, lei si diede alla fuga e io rimasi lì, solo e sconsolato, a fissare il vuoto.

Convinto ormai di averla combinata proprio grossa, mi diressi verso il bagno, dove mi rinfrescai la parte offesa, mi lavai i denti e mi preparai ad andare a letto, dimentico di chiudere la veranda e di mettere ordina in sala e nel cucinino.

Ancora un po’ frastornato, più dal colpo morale che da quello fisico, decisi di prendere possesso della camera matrimoniale, per trovare più spazio dove rigirarmi per capire in cosa avessi sbagliato; forse mi addormentai, o forse no, ma certamente mi ritrovai in un istante in piedi, persuaso di aver sentito uno scalpiccio provenire dalle altre stanze. Tesi le orecchie, ma non sentendo alcunché, mi convinsi di aver sognato e mi buttai di nuovo sul letto subito dopo aver spalancato le tende per poter ammirare la luna piena splendente in cielo. Credo che fossi appena nel dormiveglia quando mani decise mi bloccarono a letto con forza; preso dalla paura provai a rivoltarmi, ma un laconico “ssshhh!!” mi indusse a rimanere fermo nella mia posizione prona, mentre venivo bendato da un foulard bianco e profumato. Quella sensazione fu molto piacevole e fui turbato nel momento in cui terminò, tanto che stavo per domandare cosa ciò significasse quando sentii nuovamente quelle mani che così decisamente mi avevano bloccato; lasciandomi guidare dai quattro sensi rimasti, compresi che la mia vicina, approfittando della veranda aperta, era tornata da me ed ora era disposta a concedermi quanto io avevo cercato di prendermi in precedenza.

Stando seduto, la accarezzai delicatamente, comprendendo che mi aveva raggiunto indossando solamente l’intimo; esplorai cautamente il suo corpo, soffermandomi su ogni piega della sua pelle, assaporando ogni fragranza di cui era rivestita e pregustando ogni istante di quel che sarebbe potuto accadere. Quando la mia esplorazione terminò, mi sentii trascinare verso il basso: mi aveva costretto a sdraiarmi supino per poi sentirla sedersi sopra di me; da questa posizione mi prese le mani e se le portò al seno, facendoselo toccare, palpeggiare, massaggiare, mugolando sommessamente ad ogni mio gesto ed emettendo un piccolo gemito quando le strinsi, tra pollice ed indice, i capezzoli ormai prominenti. Sarei andato avanti per ore, quando all’improvviso mi attrasse nuovamente a se e affondò il viso sul suo petto. Allora iniziai a baciarla con delicatezza, succhiando lentamente le punte e passando la lingua tutt’attorno per non lasciarmi sfuggire il piacere che quel gesto mi dava. Poi, pian piano, tenendola sempre stretta tra le mie braccia, comincia a scendere delicatamente verso il basso, soffermandomi sull’ombelico dove trovai un piccolo piercing che, in precedenza, mi era sfuggito; arrivato a quel punto, ormai incapace di fermarmi, la lasciai sdraiare e proseguii lungo le gambe, fino ai piedi a cui dedicai una particolare attenzione, per poi risalire fino al pube. Lì, sempre molto lentamente, le sfilai le culotte ed infine affondai il viso in quell’oasi di piacere. La mia lingua guizzava follemente sul clitoride turgido, consapevole che quel momento sarebbe stato decisivo, mentre due agili dita entravano in lei per esplorare l’anfratto di Venere, oramai pronto e prossimo ad accogliermi. Il piacere per entrambi era grande, ma ancora non terminato. Quando percepì come fosse prossima all’orgasmo, mi fece fermare; accompagnandomi, mi mise nuovamente supino e mi fece intendere di rimanere in tale posizione. Sapienti mani e labbra assaggiarono il mio corpo ancora acerbo ma desideroso di crescere, finché non si fermarono nella zona pelvica: ebbi un tremito di timidezza, conscio del fatto di indossare un paio di slip con disegnati dei canarini, ma fu un attimo, in quanto mi fece intendere che la cosa non la disturbava, visto che subito me li sfilò. Il mio desiderio deve essere stato veramente palese ai suoi occhi perché rimase un secondo bloccata, ma poi sentii le sue labbra schiudersi sul mio glande pienamente ingrossato, la lingua che correva lungo tutta l’asta e la mano sinistra che scorreva assieme al mio prepuzio.

Un intenso piacere mi afferrò, un piacere che crebbe quando, scendendo ancora di più, prese tra le dita le due compagne del mio membro e cominciò a leccarle, per poi proseguire ancora oltre con la lingua, costringendomi a tirar su le gambe e sentendola soffermarsi nella zona tra lo scroto e l’ano. Sarei venuto se sapientemente non si fosse fermata. Ormai ero completamente eretto e con facilità lei si accomodò sopra di me, muovendosi ad un ritmo lento ma deciso, dando decisi colpi con il bacino, sfregando le labbra tra le mie cosce, accelerando ogni tanto quando sembrava che avessi deciso di mollare, per poi rallentare nell’attimo di un mio nuovo turgore. Andammo avanti per molto tempo, cambiando posizione su posizione, ritrovandoci a ruoli invertiti quando decidevo di comandare il gioco, per poi ritrovarmi nuovamente sottomesso nell’attimo in cui riprendeva le redini. Alla fine il piacere ci colse contemporaneamente, facendoci esplodere in gemiti di assoluto godimento, per poi lasciarci sfiniti, distesi, uno accanto all’altra.

Mi risvegliai quando fuori era già giorno inoltrato, ritrovandomi solo a ripensare a cosa era accaduto durante la notte appena trascorsa. Feci in tempo a lavarmi ed a rivestirmi che il campanello d’ingresso suonò. Ancora un po’ perplesso se avessi sognato o no, andai ad aprire la porta per ritrovarmi davanti agli occhi i miei genitori. Mi dissero che non avevo alcuna intenzione di lasciarmi solo, in un luogo dissoluto come quello in cui mi trovavo, sapendo quanto era accaduto a mio cugino.

Li feci parlare, consapevole, almeno in parte, che erano arrivati tardi.

Nel pomeriggio tornai in spiaggia e mentre uscivo incrociai la mia vicina. La trovai turbata. Mi si avvicinò e mi disse che la sera prima non voleva colpirmi, ma la mia reazione al suo “gioco” l’aveva spaventata. Mi chiedeva scusa e mi disse che, se volevo, potevo uscire con lei ed i suoi amici, ormai giunti, ogni sera fintanto che fossi rimasto in zona. Le risposi che mi avrebbe fatto molto piacere, anche se sarebbe stato difficile con i miei genitori presenti. Accettando la situazione creatasi, mentre passeggiavamo sul lungo mare, mi confidò la notte appena trascorsa avrebbe voluto passarla con me in discoteca, perché mi riteneva un bravo ragazzo, ma visto l’incidente accorso, aveva preferito uscire sola, per poi rientrare nella tarda mattinata con i suoi amici. Rimasi dubbioso dopo questa affermazione, ma lasciai perdere e continuai a camminarle accanto.

Che altro dire? Il resto dei giorni furono un supplizio: avevo sempre uno dei miei vicino, troppo paurosi che mi accadesse qualcosa, perciò la vacanza, dopo un prologo beneaugurante, si concluse nel peggiore dei modi, ovvero in una noia mortale.

Quando venne il momento di tornare a casa, la mia vicina venne a salutarmi: ci stringemmo la mano, con un po’ di difficoltà visto che io le presentai la sinistra mentre lei la destra, ci scambiammo i soliti baci sulle guance ed infine ricevetti un regalo da parte sua. Mi disse che era un cd. La ringraziai di cuore e la salutai nuovamente.

Una volta tornato a casa, corsi in camera mia impaziente di vedere cosa ci fosse sul cd: allegato c’era un biglietto, “Al grande falco, dal suo nido”. Sorrisi ripensando ai canarini delle mutande.

Misi il cd nel computer e lo feci partire: con mio sommo stupore vidi me stesso e la mia vicina durante quella fatidica notte e solo allora compresi che il momento in cui si allontanò fu per sistemare meglio la videocamera che aveva portato con sé. Rividi con piacere tutta la scena e la serbo ancora nella mia mente, come il cd è custodito gelosamente nella mia piccola cassaforte, soprattutto perché, alla fine, il viso in primo piano che si presentò ai miei occhi era quello di una splendida quarantenne e mi era sconosciuto. Da quelle labbra, che così beatamente avevo assaporato, uscì una sola frase: “Mia figlia non capisce un cazzo di uomini!”

Incredibile ma vero, mi ero fatto sua madre.



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Enzo51 Invia un messaggio
Postato in data: 04/07/2010 19:32:33
Giudizio personale:
concordo con il giudizio precedente
un bel racconto eccitante e che ti coinvolge
bravo

Autore: Pam E Alex Invia un messaggio
Postato in data: 01/07/2010 22:28:42
Giudizio personale:
Che nel 1997 ci fosse già qualcuno che passava improbabili filmati da vhs a cd ci lasci un po\' prerplessi,quasi come la mamma, ma nonostante tutto un bel racconto.


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