i racconti erotici di desiderya

Amburgo,scuola di sesso 1999

Autore: Paolapino
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Cambia lo sfondo
Vincenzo all’inizio sembra imbarazzato quando, dopo che la mia amica ( a fine cena) è riuscita a portare il discorso sulla sessualità, sui cambiamenti e le mutate esigenze odierne (trovando un Pino molto attento), Miriam inizia a raccontare della loro incredibile esperienza. Non entra nei dettagli, certo, ma è evidente che non vedeva l’ora di comunicare quanto le è successo. Così ci parla di questo posto ad Amburgo, una specie di luogo del desiderio folle. Talmente esclusivo e ben frequentato che è difficile anche avere un appuntamento e talmente costoso che senza il giusto approccio mentale e la convinzione… conviene andare una settimana ai caraibi: si risparmia parecchio e si evitano problemi. In sostanza prende le mosse da un incrocio tra le associazioni che realizzano giochi di ruolo ( quelli che io ho sempre considerato cretini che si vestono da soldatino o da miliziani del quinto secolo) e i club privè più esclusivi passando attraverso una delle più grandi case cinematografiche europee esperta in film erotici. La fusione di queste tre cose ha partorito un luogo in grado di realizzare (se ti accettano, se è plausibile e se ne hanno la possibilità) una tua dettagliata fantasia ricreando l’ambiente, la situazione che immagini e l’esperienza che desideri. Il tutto con assoluta garanzia di pulizia, serietà, professionalità e con un pizzico di inventiva. La trasgressione che hai sempre sognato, insomma, garantita, sicura e in un ambiente di lusso controllatissimo. Era stato Vincenzo, in uno dei suoi viaggi in Germania a sentirne parlare. C’è la massima riservatezza attorno a tutto questo, ma li è perfettamente legale. Ristorante,albergo, centro benessere, e quasi un set cinematografico, bellissimi ragazzi e ragazze e tutti molto sani e professionali se si puo dire così: un luogo al quale per accedervi occorre la presentazione e la garanzia di uno dei soci che lo ha già frequentato e soprattutto una somma che varia dai settemila anche ai ventimila euro per due giorni a secondo di ciò che chiedi e ti piacerebbe vivere. Pino è scettico e critico: “Ma scusate quando è così allora perché non un semplice club privè o trovare su internet coppie che hanno desideri simili. E’ molto meno costoso e più facile e poi il desiderio degli altri è autentico”. Miriam sgrana gli occhi. “Mi meraviglio di te Pino. Sarebbe come… ecco come se tu dovessi andare da Roma a Mosca. Puoi andarci con volo aereo in prima classe, autista nell’auto che vuoi tu che ti accompagna all’aeroporto, con cena e champagne in volo, oppure in seconda classe ferroviaria nei vecchi scompartimenti. Sempre a Mosca arrivi, è la stessa cosa sotto il profilo della destinazione, ma non noti una sottile differenza?” Poi Miriam accenna a sommi capi alla loro esperienza e lo fa con gli occhi lucidi dall’eccitazione. Tanto basta per rovinarmi la serata.
“Tu dici che io non ho capito niente di te?” Ha un’aria strana Pino mentre sorseggia il caffè che gli ho appena portato come tutte le mattine seduto sul letto.
“Come? Perché?”
“ Pensavo a quello che ha detto Miriam l’altra sera, che mi sono perso qualche puntata circa il livello di nostra, di tua soddisfazione. Davvero non ti seguo più?”
Mi siedo accanto a lui. Provo ad abbassargli il ciuffo dei capelli piegato dall’ennesima notte agitata: dorme male, russa, si agita. Certo a vederlo così, col cerotto sul naso, il pigiama blu con le uova a tegame stampate, la barba lunga non scatena pensieri proibiti. Ma anche io non devo essere uno spettacolo. Guardo verso la grande specchiera dell’armadio che avevamo voluto posizionare ( ormai tanti, troppi anni fa) proprio perché così ci avrebbe consentito di “guardarci”. Indico con un cenno della testa lo specchio a Pino: “ Tu cosa vedi li?”
“Un armadio” e sorride.
“ Appunto. Questo è il problema. Tu vedi un armadio perché non vuoi vedere il dettaglio, la specchiera e, riflessa, l’immagine di quello che siamo ora.”
“ E cosa siamo noi ora secondo te? Per me una bella coppia di mezza età che sta bene assieme, che ha vissuto i momenti intensi ed esperienze uniche”.
“Ma che magari quella fantasia, proprio come l’abbiamo pensata tante volte, non l’hanno mai fatta”
“Paola sei perversa! Adorabile ma perversa. Ho capito. Mi informo”. Il plico dalla Germania è arrivato dieci giorni dopo la presentazione che ha fatto Vincenzo all’organizzazione del centro il cui nome tradotto significa “Sogni privati” e che in tedesco non so né scrivere ne pronunciare. Una documentazione in due lingue, persino depliants e foto, ma anche l’avvertenza che avremmo dovuto completare i moduli con il nostro “sogno da realizzare” nei dettagli indicando anche ciò che non vogliamo assolutamente, inviare all’ultimo istante, una volta accettati, la certificazione medica con data non anteriore a 15 giorni la nostra visita ad Amburgo e che comunque dopo tutto questo la presentazione del preventivo e l’accettazione potevano non significare nulla se qualcosa nella certificazione sanitaria non fosse stata chiara. Sembra un mutuo invece che un gioco trasgressivo. La cosa più divertente, penso mentre stiamo rispedendo i documenti, è stata la compilazione del nostro “progetto”. Ci siamo fatti risate incredibili, abbiamo modificato la storia almeno dieci volte, e Pino mi ha più volte accusato (ridendo) di essere troppo spregiudicata. L’attesa, il piacere di fantasticare, spesso e volentieri sono superiori poi alla realtà, all’esperienza. Avrei voluto che passassero mesi e mesi prima della risposta dalla Germania. Abbiamo così tanto fantasticato, giocato e scherzato su questa cosa che quando da Amburgo è arrivato il plico di risposta ci siamo restati quasi male.
Spesso, come ho detto, l’attesa della trasgressione è meglio della trasgressione in se, soprattutto… quando a mettersi in mezzo è un preventivo come quello che ci hanno spedito. Folle! Quasi 15.000 euro.
Ne discutiamo anche ma alla fine concordiamo. Non si può.
Una specie di doccia gelata sia sui nostri sogni
Ma quando una cosa è destinata… non c’è valutazione razionale che tenga. Neanche dieci giorni dopo il gran rifiuto il 19, 65 e 80 storici numeri nostri che Pino ha sempre giocato (senza fortuna) decidono…che dobbiamo andare ad Amburgo. Uscendo assieme proprio sulla ruota di Roma ci regalano qualcosa come diecimila euro. Un piacevole imprevisto che all’unisono leggiamo come segnale di un destino generoso e nella circostanza lussurioso e Amburgo torna ad essere un progetto stimolante al quale prepararci al meglio analizzando bene il tutto prima di effettuare il consistente bonifico bancario che chiedono come anticipo (il 60%) .
Quando ci comunicano la data del week end “della fantasia proibita” sembriamo due bambini tra l’eccitato e lo spaventato Pino torna in palestra. Nonostante siano mesi e mesi che ne parliamo, che fantastichiamo su questo momento, nonostante le discussioni, i progetti, ora sono proprio emozionata. Non posso negarmelo. Il taxi che gira sicuro per queste sconosciute vie interne di Amburgo è condotto da un arabo che ha fatto una strana espressione quando Pino gli ha dato l’indirizzo. Gli ha indicato un numero civico abbastanza lontano da quello dove dobbiamo andare, proprio per evitare battute o commenti. Durante il tragitto quasi sussurriamo ma ci scambiamo occhiate di incoraggiamento. Istintivamente mi tiro un pò giù la gonna corta ( quella che mi ha regalato mio marito) dopo aver incrociato lo sguardo del tassista nello specchietto. Che buffa questa reazione: tra poco mi vedranno nuda in parecchi e mi vergogno se sbircia sotto le gonne.
“Sicura? Vuoi che torniamo indietro?”
Faccio no con la testa. Una possibilità così originale e stimolante potrebbe non offrirsi più un’altra volta .Mentre entriamo sono presa dal panico. Ho un’esitazione, Pino se ne accorge e si ferma. “Possiamo solo mangiare se vuoi, e ce ne andiamo, ok? Non ti preoccupare per i soldi: non ce li avevamo prima della vincita e non ce li avremo dopo”
Il cameriere si avvicina, capisco che ci chiede se siamo in due ed indica un tavolino accanto al caminetto. Non è freddissimo fuori ma il calore è piacevole anche perché sudo freddo. E’ tutto come ci hanno descritto. Anche la reception piccola in fondo al locale. C’è odore di fumo e di wrustel e tanto imbarazzo tra di noi. Pino continua a chiedermi“Vado?” scaricando su me la sua tensione, la sua paura. Annuisco.
Si avvicina alla signorina al bancone. Da qui non sento ma deve avergli detto la frase convenuta perché lei gli fa un sorriso clamoroso, esce dal bancone, viene dalla mia parte per salutarmi con una cordialità eccessiva per il carattere di questa gente.
Ci alziamo, attraversiamo la stanzetta con 4 tavolini (tutti vuoti) e varchiamo un passaggio a vetri dietro il banco reception. Un piccolo corridoio, poi una stanzetta sulla quale si apre la porta di un lussuoso ascensore del tutto fuori tono con il resto. La signorina dice una frase che non capisco e sorride, mi chiede qualcosa ma continuo a non capire e ricambio solo il sorriso. In genere in queste circostanze si parla del tempo, no? Faccio cenno di strofinarmi le mani sulle braccia, come dire “che freddo”. Annuisce. Doveva essere proprio questo il senso della sua frase. L’ascensore, rosso, con una grandissima specchiera, sale, lentamente, ma sale. Così come la mia inquietudine. Ci mette tanto. Quando le porte si aprono mi sembra di essere entrata in un altro mondo. Un ingresso ampio, velluti e divani eleganti, tutto arredato con stile, luci soffuse, musica dolce in sottofondo, un piccolo bar sulla sinistra. La signorina ci fa cenno di seguirla. L’uscio di apre automaticamente, facciamo qualche metro in un corridoio ed entriamo nella stanza dove ci attende un uomo elegante che fa cenno di accomodarci sul divano. E’ l’amministratore. Parla un buon italiano, ha un modo di fare tranquillizzante e ci chiede di firmare il contratto e di saldare come concordato la somma dopo l’invio della nostra sostanziosa cauzione.
“Benvenuti nella nostra scuola di sesso” ci dice sorridendoci. La signorina vi accompagnerà nella vostra stanza dove troverete la divisa della scuola e le istruzioni. Tra un’ora vi attende il preside e poi la prima lezione. Un nostro collaboratore vi verrà a prendere nella stanza e vi accompagnerà”.
Si alza, ci stringe la mano e seguiamo la signorina sino alla stanza lungo un corridoio sul quale danno non più di tre porte. La nostra conduce ad una stanza enorme, tutta in rosso e oro, un letto con baldacchino bellissimo, con materasso smisurato, quasi doppio rispetto ad un normale matrimoniale, e un salotto retrò.
Sul cuscino la lettera, in Italiano, con le istruzioni. Pino me le legge. Ogni cinque righe si ripete che potremo recedere in qualsiasi momento fermo restando che il pagamento non sarà restituito né totalmente né parzialmente. Seguo le indicazioni e trovo nell’armadio la divisa della scuola. Per me una specie di grembiule a scacchi cortissimo, con slippini e reggicalze, calze bianche; completino grazioso e provocante: è come non avere nulla addosso. Niente reggiseno hanno detto. L’uomo che ha bussato alla nostra porta è un bel ragazzo, moro, vestito in modo molto essenziale e… molto attillato, soprattutto nelle zone più interessanti.
Ci accompagna nella stanza del “preside” per la verità un po’ troppo giovane per esserlo (ma che stiamo a badare ai dettagli? )
E’ severo. Ma soprattutto è italiano. Un attore penso. Ha delle carte davanti a se e le esamina dopo aver detto in modo brusco di sederci. Mi dice che non vado bene, che anche Pino è scarso, che abbiamo bisogno di impegnarci e di seguire con molta attenzione le lezioni del pomeriggio, del dopo cena e di domani mattina. Solo facendo ciò che diranno i nostri insegnanti possiamo evitare la bocciatura. La seggiola sulla quale siamo seduti davanti alla scrivania è molto alta e scomoda. Le mie gambe non toccano terra. “Ad esempio Paola” mi dice quasi urlando, è questo il modo di sedersi? Cosa le hanno insegnato? Non lo sa come ci si siede davanti al preside?” . Per un momento sentirgli dire il mio nome mi fa effetto e poi ricordo una delle regole lette da Pino. Balbetto un, mi scusi, quasi divertito, poco nel ruolo, e dischiudo le gambe come c’era scritto.
“ Ma che fa? Sorride?” mi riprende sempre più arrabbiato.
Si alza dalla scrivania, gira attorno arriva vicino a me, con rudezza mi spinge verso lo schienale un po’ inclinato della seggiola al quale non mi appoggiavo. Con l’altra mano, con forza, apre di più le mie gambe praticamente sono in slip dato che il reggicalze già non era coperto dal microgrambiule. “ Così deve stare davanti al preside” ripete. Aggiusta ancora le gambe, fa finta di tirare su il bordo delle calze, poi deciso mette la mano sullo slip, tra le gambe. “ Mi faccia sentire”, ordina secco ignorando il salto che faccio sulla seggiola al contatto della sua mano. Mi coglie una vampata di strano calore mentre lui senza neppure un attimo di esitazione con il dito scansa gli slip e penetra con decisione senza preavviso,senza delicatezza.
Pino guarda stupito. “Sentiamo bene” ripete. Il dito esplora dentro frenetico senza alcun rispetto né cautela. Vede – dice a mio marito- Paola, non è abbastanza pronta nelle reazioni. Senta anche lei Pino”.
Mio marito sembra colpito da un pugno ma ha lo sguardo eccitato delle nostre fantasie. Si alza. Mi sfiora appena. “ Ma no, replica con timidezza, mi pare anzi che…”
“ Ma cosa dice? Proprio non sapete nulla” replica il nostro docente tirandomi con durezza un braccio e costringendomi ad alzarmi dalla seggiola. “ Siete proprio incapaci : vi dimostro io quello che deve accadere…e come deve reagire”.
Si siede sulla seggiola dove stavo. “Venga qua Paola, qui accanto , stia ferma” mi ordina. Ubbidisco quasi in trance, presa da un desiderio incredibile, folle. Mi fa mettere davanti a lui che siede in punta di seggiola, ma mi gira con la schiena verso di lui. “Poggi le mani sulla scrivania”
Eseguo. “ Pino senta qua” . In quella posizione non c’è bisogno di alzare il grembiulino. Mi abbassa lo slip ben sotto il bordo delle calze. Sento un dito prepotente ed indagatore che torna a separare le mie labbra e si insinua con decisione roteando, muovendosi forte provocandomi un piacere che mi piega le gambe. Insiste sempre più forte e profondo . E dopo poco invita mio marito a verificare anche lui e proseguire alternando le dita. “ Ora vede Pino, così va meglio”. Senza vergogna, ansimo, vado incontro alle dita di entrambi che mi prendono, quasi impazzisco quando uno dei due, non so chi, varca anche l’altro cancello. “Ferma” mi dice “ Stia ferma e buona”. Il massaggio interno prende un ritmo che piano piano mi travolge. Sento la sua esplorazione, anche la sua eccitazione, il crescendo , e decido di lasciarmi andare a quelle mani sfacciate e violente. L’orgasmo arriva poco dopo, fortissimo, sconvolgente, mi piega le gambe mentre Pino assiste. “ Bene, bravi, questa prova è sufficiente, ma dovrete ancora applicarvi molto. Potete andare a lezione ora”. Fuori la porta il nostro accompagnatore ci ha accolto con cortesia e ci ha portato sino al bar che avevo visto entrando. Non parla italiano ma ci fa capire quasi a gesti, sempre più enigmatico, che possiamo prendere qualcosa e riposare un attimo. Pino mi prende la mano: occhi lucidi forse per l’eccitazione non soddisfatta; quasi trema, sembra persino affaticato. “Tutto bene?- mi chiede con voce strana” Si benissimo, molto meno difficile di quello che mi aspettavo questo approccio e mi sento stranamente determinata, decisa a prendermi ciò che in Italia non accetterei mai. Stavolta il tragitto è un po’ più lungo, saliamo una scalinata, poi una tenda e dietro una porta. Entriamo : la luce non è molta, forse lievemente colorata, ma l’ambiente riproduce una piccola classe. La lavagna, la cattedra, sei banchi singoli e a fianco della cattedra un lettino da massaggi. Alle pareti, al posto della cartina geografica foto porno d’autore. Tre dei banchi sono occupati, due ragazzi ed una ragazza , vestiti come noi. Sulla cattedra un’altra ragazza , in piedi, come se stesse sostenendo un’interrogazione. Seduta sul piano della cattedra una signora molto bella, 35 anni al massimo, mutandine rosse che si vedono chiaramente sotto la gonna nera cortissima, ampia scollatura. “L’insegnante” ci indica i banchi. Sembra un film Io e Pino ci siamo dentro. Tra sogno e realtà. Neanche il tempo di accomodarmi sul banco a me assegnato che il mio “ compagno” dietro allunga le mani e slaccia il fiocco dietro il collo che mi teneva il grembiule. Resto interdetta, faccio come un gesto per evitare che cadendo avanti scopra il seno, ma in un italiano molto teutonico la professoressa interviene. “ Signorina Paola che fa? Si copre? Lasci fare” . Mi blocco mentre il “compagno” mi tira giù i lembi del grembiule scoprendomi i seni. Mi sento a disagio perché tutto è così freddo… “La signorina Paola – commenta la prof – si vercogna, racazzi”. La risata che scoppia è corale. Si volta verso l’alunna che era in piedi. “Lei e Ghunt accompagnatela , dobbiamo farle capire…”
Il ragazzo dietro e l’alunna che era in piedi si avvicinano. Mi prendono per mano, mi costringono ad alzarmi e mi conducono verso il lettino. I seni scoperti mi creano fastidio ballonzolando nel camminare davanti a tutti ma non oso fare movimenti per coprirmi. Con decisione mi fanno stendere e mi aggiustano il cuscino. Appoggio la testa mentre lui, prima di sistemarmi le gambe aperte e piegate, mi sfila lo slip. Lei alza bene e mi sistema sulla pancia il grembiule, senza sfilarlo, lui mette a posto calze e reggicalze, poi spingono il lettino con le rotelle più vicino alla classe in modo che le mie gambe aperte, spalancate direi, siano nella loro direzione. Nuda e offerta in modo osceno e devo ammettere eccitata perché non ho la minima idea di quello che sta per succedere. “Ecco signorina, lei sequirà questa lezione così e ccapirà che non bisogna mai vercognarsi di mostrare. Bene racazzi state attenti a lezione”. Comincia a parlare di tecnica della fellatio. Parole in italiano e tedesco si confondono, mima alcuni gesti con un vibratore che ha preso da un cassetto della cattedra, mi guarda spesso per essere sicura che sto seguendo.E’ incredibile: stare nuda così ora non mi imbarazza più. La posizione è scomoda, questo si, ma piano piano sento che mi stimola sapere di avere degli sguardi fissi li tra le mie gambe. Penso all’eccitazione di Pino che non riesco a vedere in questa posizione…ai nostri discorsi. l’insegnante va al banco di Pino.” Visto sua moglie come sta diventando prava? Si è fatta guardare bene bene, senza muoversi” e si china su di lui strofinando la mano sul pantaloncino che non nasconde, anzi evidenzia, la sua eccitazione. “ Brigitte..su” ordina "abbiamo un problema". Prende Pino per mano e lo accompagna in cattedra , in piedi, a fianco a me . La ragazza chiamata, si avvicina. “Ora facciamo interrocazione orale” mi spiega e “tu guarda come si fa”. Brigitte si inginocchia sulla pedana su cui è la cattedra, tira accanto a se Pino, e gli abbassa il calzoncino. Il desiderio che mio marito aveva compresso sin dall’incontro con il preside esplode in tutta la sua forza. Lei guarda l’insegnante, con la destra lo accarezza e al cenno della prof si avvicina con la bocca iniziando a leccarne la punta. “Tu cuarda e impara” mi dice mentre vedere il membro di Pino nella bocca di un’altra mi fa impazzire, e l'essere bloccata su questo lettino aumenta il mio piacere per un motivo che non so spiegare. La lingua della bionda Brigitte , il calore, gli sguardi , l’atmosfera assurda di un miraggio erotico e la coscienza che invece lo sto vivendo davvero. Pino ansima e sussulta quando la bocca di lei si spalanca e lo inghiotte un po’ , e un altro po’, e ancora dentro come non credevo possibile si potesse fare. Gli occhi della ragazza sono lucidi dallo sforzo . Il naso di lei tocca ormai il pube di mio marito. Resta così ferma, poi lentamente risale facendoselo uscire dalla bocca millimetro dopo millimetro stringendo con le labbra, e poi arrivata a metà torna ad inghiottirlo. Tre o quattro volte, profondo, come mai visto e certo io mai fatto. Il desiderio mi manda fuori di testa. Lo fa uscire dalla sua bocca, torna a giocare con la lingua, poi capisce che Pino è provato, si stacca lo guarda negli occhi dal basso, con la mano stringe la base per rallentare. Si volta verso l’insegnante che annuisce. Le sue labbra tornano ad avvolgerlo, decise e morbide e cominciano un movimento molto meno profondo ma più veloce con il capo mentre la mano resta ferma tenendolo alla base. E’ la bocca che si muove, le labbra che avvolgono, umidificano, la lingua che sfiora e ripassa. Non resisto più, allungo la mano tra le mie gambe perché so che Pino non resisterà molto. L’insegnante vede il mio gesto e mi riprende. “Qui non si fa nulla da soli, chiaro!”. “Kurt, pensaci tu” . Kurt l’unico moro del gruppo, si alza dal banco e si avvicina a me. Non so cosa abbia intenzione di fare ma qualunque cosa…andrà bene. Gira leggermente il lettino, blocca le ruote. Così sono vicinissima a Brigitte che continua il suo movimento di labbra e lingua mentre Pino ormai mugula, e cerco di non guardare in basso verso il mio “ compagno di scuola” e di concentrarmi solo su mio marito. La bionda rallenta e accelera quando improvvisamente sento tra le mie gambe la lingua ed il viso di Kurt. Una sensazione diversa, strana, fortissima. Mi è sempre piaciuto essere leccata. La sua lingua spatola, allarga, penetra con la punta e torna a spatolare, la sua bocca si strofina, spinge, la barba punge sul clitoride, impazzisco quando i denti delicatamente lo stringono. Urlo, senza rendermene conto, quando vedo il membro di Pino pulsare, agitarsi un attimo e la bocca di Brigitte fermarsi nel suo movimento con le labbra che lo avvolgono ancora più strette attorno alla punta, immobili e la mano che finalmente piano piano esegue un lieve movimento sull’asta. Pino ansima, io non resisto quando vedo dopo qualche istante il seme bianco sgorgare dalle labbra di Brigitte e colare lentamente sul pavimento, prima un filo, poi quasi una cascata mentre la sua bocca con labbra meno serrate, riprende il movimento lungo il membro. Vengo anche io, tremando, nella bocca di Kurt che è bravissimo, capisce il movimento che deve fare, esegue la giusta pressione con il viso e nel momento dell’orgasmo, sconvolgente, istintivamente allungo le mani infilo le dita nei suoi capelli corti e lo stringo a me. Ho il fiatone e ancora voglia, e mi sembra di uscire di senno mentre la bionda non smette di suggere, leccare, e prosegue come se nulla fosse successo. E succede l’inevitabile. L’ho sempre saputo, sin dall’inizio che sarebbe accaduto, ne abbiamo parlato, era la cosa che forse a Pino convinceva meno, ma era scontata. Kurt si alza, si asciuga la bocca bagnata da me con il dorso della mano, si cala il calzoncino, mette le mani sui miei fianchi sistemandomi meglio tirandomi verso il bordo del lettino, solleva le mie gambe mettendosele a squadra sulle spalle si avvicina e io vedo per un attimo il suo membro, grosso, bianchissimo ( quello di Pino è molto più scuro) molto largo e soprattutto molto dritto, avviarsi verso... Un contatto e lo sento penetrare in me senza alcun problema, scivolare con incredibile facilità senza fretta, forse senza passione, ma grande, quasi fresco, sino in fondo, centimetro dopo centimetro. Scopata da un altro davanti a tutti. Mi lamento, urlo di piacere alle prime botte forti e decise, ha un modo di fare che non ho mai provato. Osservo per un attimo lui, il suo volto in piedi davanti a me mentre le mani aiutano a tenere alte le gambe, guardo mio marito che è uscito dalla bocca di Brigitte e che si è avvicinato a me. Incrocio i suoi occhi nel momento in cui Kurt affonda con decisione il colpo e mi fa sussultare. Allungo la mia mano a cercare quella sua . Me la prende si avvicina di più, mi accarezza i capelli e guarda il mio corpo sconquassato dai colpi, mi accarezza il viso, prendo le dita di Pino in bocca quasi a soffocare il lamento come se non volessi fargli vedere e capire tutto il piacere che provo. Quando sento il tedesco aumentare ancora (non pensavo fosse possibile) il ritmo dei colpi capisco che sta per arrivare al suo culmine, che mi riempirà. Ora mi sembra immenso. Lo stringo forte con i muscoli quando lui, dopo un grido, lo affonda tutto, e resta immobile. In quel momento comprimendo i muscoli, lo sento pulsare e avverto le sue spinte ed il suo lamento, le sue incomprensibili frasi mentre sussulta. Godo anche io senza vergogna due volte, una dietro l’altra, senza sapere se sto parlando, urlando, piangendo.Quando il cuore si calma un attimo, allungo la mano verso Pino e sento che la sua eccitazione è frenata, compressa, sofferta . Quell’istante dura un’eternità. Kurt si stacca da me. Lo sento uscire, lentamente, ancora turgido e quando mi abbandona addirittura si sente uno strano rumore. Ormai sono in stato confusionale e senza più forze. E’ calato uno strano silenzio. Pino è vicino a me si china e mi chiede come sto, parlando piano. Una delle ragazze arriva con un paio di asciugamani piccoli, bagnati, odorosi di lavanda e mi pulisce tra le gambe. Pino mi aiuta a tirarmi su dal lettino; mi siedo mentre uno dei ragazzi mi mette a posto il grembiule e lo riallaccia dietro. La testa gira tantissimo. Nella stanza è rimasto solo il nostro accompagnatore iniziale. Ci invita a seguirlo e torniamo in camera. Appena entrati il telefono: ci avvertono che la sera è tutta per noi e le lezioni riprendono domani con l’esame di maturità. Ci guardiamo, torniamo ad abbracciarci. “Sei una porcona davvero, mi dice Pino, ma cazzo non potevi far finta che ti piacesse un po’ meno?” Ridiamo di cuore di questa complicità. “ Secondo me, gli dico, eri geloso”. Mi guarda mentre sta regolando il getto e la temperatura della bella doccia. “Hai ragione, ammette, molto. Anzi mi ha dato fastidio soprattutto quando ti ha... Ma ora che ci penso… vieni qui”. Mi tira a se, nudi come siamo ci abbracciamo ancora e finiamo assieme sotto la doccia. La prima. Perché poi ancora bagnati, sul letto, facciamo l’amore in un modo incredibile, nuovo, senza fantasie, senza parlare di quello che è accaduto ( anche se sento che dentro c’è e ci eccita) in modo dolce rilassante, piacevole.
Tra venti minuti scenderemo a cena e forse sapremo qual’è la sorpresa ma non la temo più. Pino comunque sta rileggendo tutto: c’è in effetti scritto che la sostanza delle nostre fantasie sarà rispettata ma che l’organizzazione si riserva di apportare piccole modifiche o varianti che potranno da noi comunque essere rifiutate. E la descrizione della nostra fantasia centrale ( il cinema) : e mi chiedo domani come intendano realizzarla. Quest’ansia, questa curiosità che si sposa alla mia incredibile, totale , insolita disponibilità a provare tutto mi eccita di nuovo in modo incredibile.
Unica perplessità che ripeto a Pino: nessuno qui usa il preservativo. Vero è che si perderebbe molto, ma… Lui mi fa rivedere i certificati, le foto, ribadisce che con quello che costa questo “gioco di ruolo erotico” ha tutte le garanzie possibili. Ma quello dei due più turbato, più scosso anche se fa finta del contrario è chiaramente lui.
Lo capisco, vorrei stargli vicina e non vorrei neppure scendere a cena: mi piacerebbe dire al nostro impeccabile accompagnatore, accorso al campanello, di andarsene, ma siamo in ballo …e balliamo: alla fine so che in realtà non voglio perdermi neanche un minuto di questa avventura.
Ci accompagna al bar dove ci offrono l’aperitivo. Per cena non ci sono vincoli di vestiario : ho deciso di indossare la gonna bianca, non troppo corta, quella maglia con il traforo diagonale che scopre una parte del seno. Pino ha scelto giacca e cravatta. La sensazione più bella e consolante è sicuramente questa: qui nessuno giudica, non importa come si è.
La cena è straordinaria: champagne per pasteggiare, piatti di alta cucina italiana, servizio impeccabile. Mangiamo il giusto (anche perché le porzioni sono tutto tranne che abbondanti). fiutiamo il caffè (tanto non lo sanno fare) e seguiamo nuovamente l’accompagnatore nella sala lettura. Ci sono libri, riviste, una tv accesa dove trasmettono un film sexy in tedesco, e poltrone comodissime. Siamo in attesa li, sprofondati, da 5 minuti quando arriva lei. Senza grembiulino quasi non la riconosco. Elegantissima, tacchi alti, vestito corto nero molto fasciante quella che Pino direbbe “una fica da infarto” . Ci metto un po’ a realizzare, anche per il trucco pesante ed il rossetto, che è Brigitte, la “nostra compagna di scuola” l’esperta dell’arte orale. Si siede (senza badare troppo a coprire le gambe ed il resto) sul divanetto davanti a noi. Anche lei parlicchia italiano e inglese . In qualche modo ci spiega che ci sono 4 coppie ed un singolo in questi giorni, che hanno un grossissimo impegno e ci chiede se tutto sino ad ora ci è piaciuto, se va bene, se abbiamo bisogno di altro, se la scuola ci è servita e piaciuta. Sorride, anzi ride per qualsiasi frase dica Pino, anche a sproposito, ma mi rendo conto che le hanno detto di fare così…ed evidentemente di mostrare molto per come siede e accavalla continuamente. Elegante e carina si congeda dopo aver dispensato scosciate e sorrisi. Wurstel, uova, bacon, dolci a volontà, un caffè schifoso (ma anche la possibilità di richiederne uno espresso) , sguardi complici ed incuriositi delle 3-4 coppie che incontriamo a colazione (tra le quali quella che avevamo già visto). Nonostante l’ora (sono le 7,30 ) sembriamo tutti molto…svegli . E’ stata una notte attiva ed intensa per noi due e capisco perché hanno consigliato a Pino di prendere la pasticca di viagra che abbiamo trovato in camera. Mentre addento con voracità il dolce ripenso ai discorsi di ieri sera e di questa mattina in attesa del fatidico appuntamento delle 8,30 in stanza. Ci hanno detto che troveremo le nuove istruzioni in camera dopo la colazione. Dovrei essere eccitatissima ma come ho confessato questa notte a Pino qualcosa non mi convince. Sanno di plastica queste emozioni costruite e dipinte da noi stessi. E’ tutto così facile, scontato, diretto, brutale, scientifico. Se si tocca qui reagisce così, se si fa così avviene questo. Programmato e confezionato. Quella sensazione di perversa trasgressione delle sue (delle nostre) fantasie che rendeva affascinante l’attesa e eccitante persino scegliere l’aereo e immaginare, ha lasciato il posto a certezze quasi androgine. Ho persino timore di quanto ci aspetta. Non so se più timore di affrontare qualche altro esercizio ginnico delle nostre parti più erogene o di dire a Pino di andar via, di fare basta. Brigitte tra le cose che ci ha detto ha affermato che è stamane il giorno clou e quelli di ieri solo assaggi. Ho una chiara idea del gioco che ci attende, in fondo è un nostro prodotto, ma devo aver nascosto da qualche parte la mia euforia e non riesco a trovarla. Torniamo in camera sempre accompagnati dalla sfinge, come ho soprannominato il tizio, e sul letto troviamo la busta e nell’armadio gli abiti. Oggi niente grembiule dunque. Per me un vestitino rosa corto, piccolo spacco, cinta e scollatura. Niente calze (strano) e perizoma. Pino invece ancora in calzoncini elasticizzati ( sono fissati questi tedeschi) e maglietta. Niente slip. Le istruzioni si limitano a dire che la giornata inizierà con un colloquio con il “preside”, e ripete che se qualcosa non va bene del programma preparato possiamo cessarlo in ogni momento e che alla fine siamo invitati al pranzo di arrivederci. Nessun dettaglio, nessuna spiegazione.
Quando la sfinge bussa, l’attesa si è fatta pesante. Lo seguiamo e nel preciso momento in cui varchiamo la porte della presidenza tutti i miei pensieri si dissolvono, la sensazione di disagio scompare e mi sento determinata e … troia. Si, me lo dico sorridendomi dentro, un ultima giornata da troia per fare quello che mai ho fatto prima e mai rifarò dopo. Stringo la mano a Pino, gli faccio l’occhietto, lui risponde confortato e rassicurato uscendo anche forse dal medesimo tunnel di pensieri. Stavolta il preside ci accoglie in un salottino. Lui e un signore più anziano accomodati in due poltrone io e Pino sul divano.Torno nel ruolo: sedendomi ricordo di non coprire le gambe. La lezione..è servita e del resto ora mi fa piacere mostrarmi senza dover pensare se posso o meno piacere. Sono così, punto; e stando agli sguardi ripetuti di entrambi le mie gambe non dispiacciono per niente. Il tono stavolta non è affatto da “cattivo”. Ci spiega che è davvero il direttore del posto, ci illustra un po’ di storia, che peraltro conoscevo già dal materiale che ci avevano inviato, e si preoccupa di sapere se tutto sta andando bene e che cosa abbiamo da rilevare. Ricorda l’assoluta serietà, sono tutti attori (spesso di set hard) ma professionisti puliti, sanissimi, controllatissimi ogni giorno e sottolinea con orgoglio molto bravi ad interpretare i desideri. Si, Pino ammette, lo abbiamo visto. Ma… ecco il ma. Si alza, va alla scrivania, prende una cartella. Consulta qualche carta. La nostra richiesta di fare tutto assieme è proprio assoluta? Ribadisco subito di si. L’altro signore non parla italiano e si rivolge in tedesco al direttore. Faremo assolutamente ciò che vi piace, ribadisce lui, ma prima di tornare al gioco ed all’esperienza che ci attende questa mattina, vuole solo fare un rilievo tecnico-psicologico. Il signore accanto è un consulente-psicologo, che segue i clienti e prima di rituffarci nel gioco voleva discuterne con noi. Lui in tedesco ( con traduzione quasi simultanea del direttore) ci dice che pur comprendendo appieno il senso della nostra scelta e condividendola ritiene che almeno per qualche istante dovremmo dividerci, essere soli, avviare una situazione singolarmente. Secondo lui la nostra reciproca dipendenza, molto forte, ci impedisce di esprimere liberamente i desideri, ci frena, nella voglia di compiacere soprattutto l’altro senza dedicarci davvero a noi stessi ed alle fantasie individuali e che la gelosia naturale e positiva che abbiamo ci lega troppo a schemi prefissati, bloccando così la piena espressione del nostro piacere.
Il discorso, ammetto, non è del tutto sbagliato, ma essere lasciata sola o lasciare solo lui in mano a quelle… sinceramente mi crea disagio. Continua a parlare, l’altro a tradurre, noi a pensare e guardarci. La proposta del direttore è questa: gran parte del gioco da noi suggerito si svolgerà assieme ma ci sarà un momento in cui ci separeranno per poi ricongiungerci dopo venti minuti. Ma saranno importanti secondo lui e anche divertenti. Non sono molto convinta, faccio qualche obiezione e lui risponde con cortesia,ricordando che decidiamo sempre noi, che i momenti importanti saranno vissuti assieme. Il direttore mi assicura che saranno davvero solo 20 minuti e che in qualunque momento potrò chiedere che Pino possa tornare, e che questo garantirà il pieno successo del “gioco” portandomi ad esprimermi come altrimenti non farei. Mi dice che proprio io sembro la più condizionata e preoccupata e quindi la più frenata.Alla fine accettiamo. Ci chiede se la fantasia centrale la vogliamo confermare anche ora e se lo spirito è sempre quello (disinibirsi, imparare ed aprire nuovi orizzonti.. legge nella nostra relazione). Confermiamo. Si alzano, ci salutano e la sfinge riparte in testa al gruppo. Riprendiamo l’ascensore ma ci fermiamo prima del piano della stanza. Dopo un altro corridoio entriamo in una specie di mini cinema, tre file di poltrone (che sono un divano unico senza divisioni ) posti come banchi universitari , una cattedra sul palco con alle spalle lo schermo. Sfinge ci indica il posto, quasi centrale, fila di mezzo io, Pino invece fila più su , proprio sopra la mia posizione. Pochi istanti e iniziano ad arrivare: sono sei o sette persone; riconosco qualcuno della classe di ieri, alcuni ragazzi nuovi tra i quali una specie giocatore di basket piuttosto bello e altissimo, una donna carina che sembra una casalinga-studentessa; le persone si siedono (un paio di ragazzi sulla mia fila ma distanti 3-4 metri) ed entra quello che dovrebbe essere una specie di professore universitario. Estrae dei fogli da una cartella ed inizia a parlare in un italiano molto improbabile (ecco questo potevano farlo meglio) e in un inglese molto duro che stendo a capire. Comunque la lezione è sul non limite della fantasia , sulla piena accettazione della immaginazione dell’altro, e sulla totale libertà di espressione. Un filmato annuncia, chiarirà il concetto. Si sposta si attenuano le luci, mentre lui invita tutti a prendere posizioni più centrali per seguire meglio. Parte il filmato ovviamente in tedesco, mentre il buio scende sulla sala. I due ragazzi ora sono vicini a me, uno a destra ed uno a sinistra mentre Pino ha accanto la casalinga ed un altro tizio, il giocatore di basket mi pare. Davanti ho un paio di studenti ed una “collega”. Cerco di concentrarmi sul filmato che sembra non diverso da un filmino porno anche se il tono dei commenti (incomprensibili) è più didattico. Tutto quasi banale ma dura solo qualche istante. I due si avvicinano ancora e quasi all’unisono allungano la mano sulle mie gambe . Dire che non me l’aspettavo sarebbe sciocco. Lo avevo scritto io. Mi appoggio bene sullo schienale comodo, mi giro verso Pino ma vedo che anche la casalinga deve aver fatto qualche avance perché intuisco uno strano movimento e ne ho la conferma dal sorriso ebete che mi rivolge e che vedo nonostante il buio. Lascio fare ai due studenti. Dischiudo le gambe decisa a gustarmi quanto faranno. Le mani esplorano le cosce, non perdono molto tempo a risalire sino al perizoma e senza problemi con sincronia lodevole, lo varcano. Uno lo solleva, l’altro infila la mano e cominciano a toccare, a due mani . Allungo le mie verso i miei vicini: hanno anche loro i calzoncini senza slip e non mi vergogno nell’andare diretta a sentire se quelle manovre hanno fatto effetto. Li tocco. Quello a sinistra è già molto eccitato, quello a destra lo sta diventando e lo sfioramento della mia mano lo aiuta. Senza sapere come mi ritrovo con due cazzi in mano che masturbo delicatamente. Mi volto ancora a cercare il viso di Pino per vedere se sta guardando, se ha capito. Lo intravedo appena un attimo perché l’altro, quello che stava sopra di me, si affaccia e allunga le braccia infilando le mani nella scollatura e iniziando a palparmi i seni precludendomi la vista di mio marito. Ma ora l’effetto di quelle sei mani sul mio equilibrio sta iniziando a farsi sentire. Comincio ad ansimare, a perdere lucidità mentre mi sento tastata, violata, travolta e circondata. Quando quello a sinistra allunga la mano, mi prende la nuca per tirarmi a se verso il basso facendomi capire che vuole che io … ho solo un attimo di paura ma poi mi faccio trascinare. Provo a fare come Brigitte: lo circondo con le labbra, lo lecco, poi più profondo, ancora di più… lui spinge sulla mia testa e questo non mi piace, quasi soffoco, provo a fargli capire che così non va, che devo fare io, stringo un po’ con i denti, lui molla, riprendo piano piano, ha un sapore strano, un odore diverso, ma sa di buono di pulito. Non so se Pino mi vede: questa del cinema era decisamente una delle nostre fantasie raccontate ma uno dei due doveva essere lui…
Quasi sino fondo ecco, penso, e non ne ho neppure il tempo di compiacermene: vuoi per la masturbazione prima, forse per la situazione e la penetrazione delle mani dell’altro che mi fa muovere ritmicamente, sento che sta per esplodere. Provo a risalire lungo l’asta, ma lui sta lamentandosi in tedesco, sembra essere senza controllo e le sue mani premono forte la mia testa; anche se le labbra non lo stringono più mentre cerco di estrarlo dalla bocca, arriva violento improvviso lo schizzo senza quasi preavviso. Questo non l’avevo scritto, non l’avevo chiesto. Ma non mi nego l’eccitazione che provo mentre l’altro ha dita dentro di me e sto per venire anche io, ristringo le labbra, riprendo il movimento lento lasciando che avvenga l’ormai inevitabile. Lo schizzo denso, il primo, mi è arrivato quasi in gola, gli altri li lascio scorrere fuori, pazientemente , continuando lentamente il su e giù finchè lo sento pulsare, ma senza ingoiare. Mentre sta finendo arriva anche il mio orgasmo nelle mani del ragazzo. Mi tiro su con la bocca bagnata cerco subito Pino. Ha visto e capito ma la lei è stesa sulle sue ginocchia e sta per concludere il suo lavoro. Rido, mi asciugo lo sperma sulle labbra davanti a lui perché capisca e sembra reagire infatti. Ma non faccio in tempo a vedere la reazione: l’altro “studente” quello che mi toccava, mi tira verso se e mi trascina fuori dal banco in modo che non ammette repliche. Capisco che siamo al momento clou, quello annunciato della nostra separazione per 20 minuti. Il ragazzo mi tiene per mano, quello che era dietro mi raggiunge e mi prende letteralmente in braccio passando il braccio sotto il mio sedere. Come avevo visto è molto alto e ha una notevole forza. Mi solleva con facilità ed io temendo di cadere gli metto le braccia intorno al collo. Faccio in tempo a vedere ancora Pino con la lei accanto che si solleva pulendosi la bocca . Chiudo gli occhi mentre il mio rapitore scende le scalette seguito da altri due e dirigendosi verso quello che sembra un bagno del cinema-aula. Ora sento davvero di poter fare tutto. Uno dei ragazzi, quello cui ho fatto il pompino, apre la porta davanti a noi ed entriamo in una stanza, non un bagno. Al centro un grande letto ed una specchiera enorme su due lati che mi consente di vedere tutto quello che avviene. E’ così che “mi vedo” piena di voglia e fuori di testa, adagiata sul letto con i tre che attorno a me mi spogliano in un secondo. Completamente nuda di fronte a tre uomini sconosciuti. Senza delicatezza uno mi spalanca le gambe e si tuffa con il viso a leccarmi. Quello che mi ha preso in braccio, si spoglia nudo e avvicina al mio viso il più grosso membro che abbia mai visto, un po’ ricurvo, largo, impossibile per la mia bocca. L’altro mi tocca i seni e si porta la mia mano sull’uccello che ha perso la tensione. Tre uomini per me, eccola la fantasia finale, ma senza Pino che doveva essere uno dei tre. e mi chiedo se lui sappia, mi veda, capisca che stia facendo…
Non capisco più nulla, non penso più a niente. Quello grosso si stende accanto a me, gli altri due mi sollevano letteralmente, di peso, mi mettono a cavalcioni: non so come ma quel coso enorme mi penetra di slancio, con forza, dandomi una sensazione fortissima, mi sento piena come non sono stata mai e tanto eccitata, e quando l’altro mi porge il suo in bocca sento che non posso più pensare. Mani ovunque, perdo il senso dell’ orientamento e la capacità di oppormi e di ragionare. Quando sento che mi sollevano come fossi senza peso, mi piegano in avanti e avverto qualcosa di bagnato e unto tra le natiche capisco che non ho più la capacità di discernere di oppormi e che del resto voglio solo essere in mano loro. Niente attenua questa specie di effetto droga, neanche il dolore che provo fortissimo per qualche istante, neppure il pensiero di qualcosa di molto,troppo intimo che raramente sento di poter concedere.Due volte penetrata,assieme, violata con ondate di dolore forte e di piacere che si e travolgono l’ultima diga del mio pudore, mi sento sballotata, usata, pressata tra due corpi, mani, bocca, sedere, gambe, si muovono senza controllo e tutto precipita verso un tunnel in fondo al quale, lo sento, potrei perdere conoscenza. Ora non riesco più a capire dove sono e cosa sto facendo: solo un piacere folle che sconvolge la percezione del mio essere. Le idee si confondono come la nozione della realtà, del tempo, mentre provo orgasmi a ripetizione.
Non so quanto sia passato quando torno a realizzare di essere stesa sul letto. Uno dei tre mi guarda quasi preoccupato: sono svuotata e dolorante. Mi alzo sui gomiti appena in tempo per vedere Pino entrare con la sua “casalinga” dalla porta. Ho un tuffo al cuore: non ho più pensato a Pino in tutto questo! Aveva ragione il tizio psicologo, qualcosa in me è scattato in modo differente. Provo tenerezza e senso di colpa. Pino si avvicina . E’ nudo. Turbato, molto turbato. Non mi abbraccia, non mi chiede nulla: pretende la sua parte. Sono stanca, sfinita, ma non posso rifiutargli niente. Ho uno strano sapore in bocca, mi fa male il collo e la mascella, ma stavolta Brigitte sarebbe fiera di me. Cerco di farmi perdonare da Pino e so che stiamo concludendo il gioco come avevamo chiesto. Mi rilasso. Gli altri si siedono vicini, una ,due mani mi toccano, saggiano la mia pelle, la mia intimità piena, intrisa e appiccicosa così come tutto il mio corpo, i seni, il viso. Uno dei tre ha ancora qualcosa da spendere: fa da solo, vicino a me, poi al momento giusto lo appoggia sul mio seno e sento il suo calore scorrere dal cappezzolo, le ondate umide sul collo, sul mento. Pino con un urlo inonda la mia bocca e stavolta sto attenta a non mollare la presa, riapro gli occhi per guardarlo mentre ingoio e lui mi accarezza la fronte. Sono in un mare di sperma e la mia mano sguazza sulla pancia, sui seni, tra le gambe spalmando freneticamente ovunque tutta quella crema bianca che sotto il mio intenso strofinare si rapprende, si solidifica.
Vengo ancora nelle mani di non so chi e crollo. Mi addormento subito. E credo per diversi minuti. Quando riapro gli occhi non c’è nessuno e mio marito mi accarezza e mi sta pulendo ovunque con un asciugamano tiepido e profumato.
“Scusa amore, gli dico, ho goduto tanto, come mai”. Non voglio mentire. “ ma non lo vorrei rifare”.
“ Ho visto sai? Ho visto tutto. Quello specchio dall’altra parte consente di vedere cosa accadeva qui”. Ed ero la, pronto ad intervenire se ne avessi avuto bisogno se mi avessi chiamato ed ero con un paio di signorine niente male che si occupavano di me. Ma ho visto che non hai avuto bisogno del mio intervento. Però… non pensavo fossi capace di fare tutte queste cose”
“Perché, amore, che ho fatto? Sai che non ricordo quasi nulla?”
“ Diciamo che non ti sei fatta mancare niente ma posso dirti una cosa sinceramente? Facciamo basta ora e per sempre?”
“Si Pino, certo”.
La sfinge entra in quell’istante: ci porge due accappatoi e ci indica una porticina. E’ un bel bagno con una grande doccia. Fatico a mettermi in piedi, Pino e l’altro devono sorreggermi ed accompagnarmi .Sono indolenzita ovunque e non riesco a mettere a fuoco le sensazioni che provo. Ho solo voglia di stare sotto l’acqua per tanto, tanto tempo, di sentire le mani di mio marito che passano dolcemente la spugna lavando, pulendo, portando via i residui di questa pazzia. Mezz’ora forse, entrambi sotto la doccia. Poi avvolti nell’accappatoio seguiamo la sfinge fuori della porta. Nella stanza-cinema ci sono tutti. Dal preside ai ragazzi, a Brigitte che ci accolgono con uno scrosciante applauso. Sembra il set di un film. Passiamo in mezzo a loro e risaliamo in camera senza commentare. Avremo tempo e modo per metabolizzare questa esperienza
“Pino tu cosa provi ora?”. Ci riflette un secondo, sembra incerto. “Posso dirti che non lo so? Molta solidarietà e complicità con te, un desiderio nei tuoi confronti forse più forte di quello che pure ho sempre avuto, ma avverto anche una totale confusione mentale. E’ strano, perché in fondo avevamo quasi pianificato noi il gioco e tranne qualche variante è successo grosso modo quello che pensavamo…”
“Variante? In che senso?”
“Beh il fatto che siamo stati soli per quasi mezz’ora, il tuo forte coinvolgimento emotivo, una reazione strana da parte mia…”
“Strana? Vero hai usato il termine giusto. E’ strano. Io non ricordo quasi niente di quei 20 minuti solo l’inizio, ero in stato confusionale è tutto annebbiato: non è che mi hanno dato qualcosa, che c’era qualcosa nell’aria? Non ricordo cosa ho fatto. Me lo dici?”.
“Beh Paola, intanto non sono stati 20 minuti ma quasi quaranta. I tre sono venuti almeno un paio di volte ciascuno e da quello che ho visto ovunque. E forse uno da quello che ho capito anche in bocca e hai ingoiato tutto se non ho visto male”.
“Ma dai impossibile, non ricordo! Quando?”
“ Non prendermi in giro. Come non ricordi? E’ stato quando in tre ti hanno presa contemporaneamente. E non mi dire che non ti è piaciuto”.
“ Posso dirti la verità Pino? Libero di non credermi. Non ricordo. Credo che mi sia indiscutibilmente piaciuto sotto il profilo fisico, che sia andata al di là di ogni barriera e di ogni possibile immaginazione ma direi che non lo vorrei rifare, ho bisogno ora di dolcezza, di te, di normalità”.
Al pranzo di arrivederci, di cui avrei fatto volentieri a meno, andiamo per mano. Un paio di coppie non ci sono. Il direttore spiega che hanno interrotto il gioco e sono andate via. Succede qualche volta, ci dice. Le bollicine dello champagne le sento nel naso, scendono per la gola, e ci regalano quel tocco di allegria che rende frizzante il pranzo e ci fa dimenticare il retrogusto amaro della nostra avventura, anche e soprattutto perché in due ci facciamo fuori quasi due Pommery!
Siamo su di giri, quindi, quando la sfinge ricompare e ci dice che il direttore vuole salutarci. Lo seguiamo ancora sino alla stanza del primo colloquio. C’è anche lo psicologo. Ci sediamo sul divanetto ma stavolta sto attenta a farlo in modo composto nonostante l’alcol in circolazione. E’ il solito discorso: spero che sia andato tutto bene, la casa si congratula, l’omaggio (un braccialetto d’argento per me un portafoglio per Pino) la comunicazione che dovessimo tornare avremmo diritto allo sconto del 50% e il 2% dei ricavi per ogni cliente che presentiamo. E questo illumina anche la genesi della vicenda, il perché Miriam (così attenta agli affari nonostante la sua notevole disponibilità economica) ci tenesse così tanto a raccontarmi tutto e l’insolita disponibilità di Vincenzo che non è mai stato così cordiale e cortese come in quella circostanza di qualche mese fa! Togli l’interesse …


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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Passero Selvaggio Invia un messaggio
Postato in data: 06/06/2020 11:29:27
Giudizio personale:
veramente travolgente !!!!!


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