i racconti erotici di desiderya

Warped minds - la gran sete -


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Mi chiamo Zed, e condivido la magia con Marpessa, la donna più bella che potessi incontrare nella mia vita.

Stavamo tornando da un lungo giro in moto, ormai diretti a casa, quando, in un momento di dolce decelerazione, le ho bussato sul casco, facendole segni strambi davanti alla visiera; non volevo che capisse, volevo farla arrabbiare, per giocare un po'. Ho capito di esserci riuscito da come ha scalato in seconda per superare la fila di auto, da come si è buttata dentro un varco per accostarsi a destra, nella piazzola di un benzinaio.

"Che cosa c'è? Cosa sono quei segni da mongolo?"

"Ci fermiamo un attimo?"

"Perché?"

"Ho fame!"

"E non resisti fino a casa?"

"Mhhh...No, non credo proprio."

Due colpi leggeri di acceleratore, a significare un po' di stizza.

"E cosa vuoi mangiare?"

"TE! Ma mi accontenterò anche di una pizza. Dai, che 'stasera non cuciniamo, non sporchiamo neanche la cucina, eh!"

E' ripartita di colpo, strappandomi quasi giù dal sellino, per dispetto, lanciando i suoi Dai! Dai! Ma il tono della sua voce era tranquillo, e me la ridevo nel casco, nonostante avessi rischiato di prender una culata cosmica.

Ci siam fermati poco dopo in una pizzeria che affacciava sulla statale trafficata; abbiamo scelto un tavolo con vista sul parcheggio: potendo disporre un campo minato intorno alla bimba e di due mitragliatori di guardia, avremmo potuto anche gustarcela la pizza, invece sapevo già che l'avremmo divorata velocemente, controllando la rossa bicilindrica.

Senza neanche togliermi il giubbotto, mi sono avviato verso il bancone, per ordinare le pizze. Una cameriera acida mi ha subito apostrofato: "Vengo al tavolo a prendere le ordinazioni!"

Le stavo già sulle scatole. Le ho sorriso: "Visto che son qui, può già prenderla adesso l'ordinazione. Una diavola e una pizza americana con patatine fritte, grazie."

Ero ancora appoggiato al banco, quando mi son sentito osservato; Marpessa mi fissava, poi i suoi occhi son scivolati di lato; voltandomi sulla mia destra, ho notato una brunetta sulla trentina che mi guardava interessata, credo per il giubbotto da motociclista. E spudorata, mi ha fatto gli occhi dolci: "Mi porti a fare un giro?"

"Ahahahah! Devi sbatter le ciglia al tavolo laggiù, è lei che guida, sai?", indicando la mia dolce metà.

Son tornato al tavolo, osservato speciale, lanciando occhiate dure a un tavolo dove due uomini commentavano la maglietta stretta di Marpessa, che metteva in risalto il seno prorompente.

"Allora?!??"

"Ascolta: mi ha chiesto di fare un giro in bimba; e le ho detto che avrebbe dovuto far gli occhi dolci con te, dato che guidi tu!"

"Sempre a far il cretino, eh!"

"Certo! Come quei due che non ti staccano gli occhi di dosso!"

"Gli piace la mia maglietta, amore." I suoi occhi si erano accesi, maliziosi di sfida.

"Lasciamo stare...quello che c'è sotto la maglietta, semmai!"

"Ti piace quella lì?"

"Non è nulla di particolare; non mi smuove nulla...Però potremmo provare a punirla."

"Punirla?...Scordati di lasciarle il tuo cellulare, hai capito?"

"Le lasciamo il tuo. E le parli tu. Eh?"

La cameriera acida si era nel frattempo appropinquata al tavolo, con uno sguardo antipatico. "Allora cosa prendete?"

"Da bere acqua naturale fuori frigo, grazie", e le ho sorriso.

"E da mangiare?"

"Esattamente quello che ho ordinato poco fa. Grazie."

Era chiaro che mi odiasse. Magari avrà anche sputato sulle pizze. Ma si ricordava l'ordinazione, evidentemente.

"Dai, tanto noi finiamo prima di lei: le dico di chiamarmi appena usciamo. Tanto ci parli tu, la valuti tu."

Detto fatto. La brunetta ha accettato con un sorriso sorpreso il bigliettino con su il numero di Marpessa; che l'ha controllata per tutta la cena, così come ho fatto io con quei due cretini: pari e patta. E la pizza si è volatilizzata in pochi minuti da quando ce l'hanno servita.

Appena usciti mi son rollato una sigaretta. Non avevo ancora chiuso la cartina, che il cellulare di Marpessa suonava: accesa una Marlboro rossa ha risposto, camminando avanti e indietro, girando intorno alla moto. Non stavo neanche a sentire, tanto mi avrebbe fatto il riassunto; tanto lo avrei capito dal primo sguardo.

La telefonata durò poco, ero ancora a metà sigaretta. "Allora?"

"Ma sentilo, come è curioso! Si è stupita del fatto che l'abbiamo contattata; vuol provare ad esser dominata da una coppia."

Le ho sorriso, stupito. Lei, in risposta, mi ha tirato le chiavi della bimba. "Guida tu, sono stanca."

Con il pancino pieno e la giornata di guida sulle spalle, seduta dietro e cullata dalle vibrazioni profonde del motore, Marpessa si appisolava quasi; ho guidato con polso leggero, facendo delle curve seta che scivolava via, accarezzandola e mantenendo il suo stato di torpore, fino a casa.

Non ne abbiamo più parlato, fin quando un giorno, dopo un ulteriore contatto telefonico, abbiamo deciso di incontrarla. Di sabato mattina, dopo aver pianificato il nostro gioco.



Ci siamo incontrati in un bar del centro, a metà mattina. Marpessa, pur avendo scelto un abbigliamento casual per non imbarazzare l'ospite, era stupenda. Come sempre. Ma gli occhi le brillavano come nelle occasioni speciali, quale era appunto questa. Dopo le presentazioni e un attimo di imbarazzo, abbiamo consumato la colazione, parlando del più e del meno, fin quando il motivo di quell'incontro a tre, ha monopolizzato la conversazione.

La brunetta (si chiamava Francesca, se non ricordo male) era nervosa, e noi dovevamo agganciarla prima di pranzo per far quello che avevamo progettato. Gli piacevamo, ma al di là di qualche gioco light tipo sub/dom con partner occasionali, non aveva avuto alcuna esperienza come schiava

"Devi fidarti un minimo se vuoi provare un altro tipo di piacere, no?" Marpessa sorrideva come il sole splende in pieno Agosto. La magia era stata fatta, e due minuti dopo ci seguiva in macchina, direzione casa nostra.

L'abbiamo bendata prima di farla entrare in casa. La mia lei la spogliava con voluta lentezza, mentre io le accarezzavo la pelle scoperta con un frustino da equitazione: aveva indosso un completino di pizzo nero e auto reggenti. “Sei proprio carina, bimba. Ti piace così?†Mentre Marpessa le titillava e succhiava un capezzolo, io le sfruculiavo l'altro, le lisciavo le cosce, soffermandomi sul pube. L'ospite incominciava a scaldarsi: era già quasi in nostro pugno (più nel pugno di Marpessa, a dire il vero), e, finito di spogliarla, l'abbiamo legata ad una comoda poltrona girevole, nel centro della sala, con i polsi legati da manette dietro lo schienale, e le gambe in posizione aperta, spalancate ad una nuova esperienza, per così dire.

Passato il bastone del comando al mio amore, le abbiamo tolto la benda. Sorridevamo soddisfatti tutti e due. Lei un po' meno.

"Non mi farete sanguinare, vero?" Le tremava un po' la voce, mentre guardava la mia lei leccare la punta di cuoio del un frustino. Io ridevo sotto i baffi, mentre caricavo un dvd nel lettore e Marpessa girava la sedia verso la televisione a parete. "No, ma per incominciare ad eccitarti e godere avrai da guardare, bambina. E imparare."

Le prime immagini erano inequivocabili: si trattava di un dvd porno di ottima fattura, una raccolta di scene prevalentemente di gang bang; l'ospite non reagì male alla proiezione, solo un gemito flebile. Erano le undici circa, era ora che la brunetta incominciasse a bere. Ho posato di fianco alla sedia una cesta da sei di acqua naturale, fuori frigo, oligominerale, a basso contenuto di sodio; di quell'acqua che una volta bevuta ti costringe a correre a far pipì dopo una mezz'ora circa. Francesca si è agitata sulla sedia, confusa da quell'apparizione.

"Non preoccuparti, berrai un po' per volta, eccitandoti. Ma non troppo, altrimenti..." Marpessa le aprì il sesso con la punta del frustino, e diede una pacca leggera sul clitoride. Poi lo strusciò, infilandolo appena. "Ma bene, siamo già umide!"

"Ma perché bere?"

"Tu devi ubbidire. E guardare tutte quelle beghe che regalano piacere, come se lo regalassero a te. Non ti ecciterebbe esser al centro di quelle attenzioni, puttanella? Si che ti piacerebbe, dimmi la verità." Aperta una bottiglia, le ha versato acqua sul volto, che istintivamente ha cercato di bere, intercettando il liquido.

"Brava, così." Uno sguardo di intesa fra di noi mi ha confermato che la mia malvagia compagna si stava divertendo e che io, per il momento, potevo dedicarmi ai fatti miei: avevo da travasare un Ficus Starlight che aveva patito il riscaldamento a pavimento del nostro alloggio, e che stava rapidamente deperendo. Trapianto e potatura, ne avrei avuto per un paio di orette; tanto dal terrazzo potevo comodamente vedere cosa accadeva in sala.

Avevamo discusso fra di noi su quanto lo stimolo della minzione inibisse l'eccitazione e la lubrificazione nella donna, e viceversa, ed essendo curiosi, volevamo testare, sperimentare questo gioco. Francesca beveva e gemeva delle frustate che le piovevano addosso qua e là, senza staccare gli occhi ora dal video, ora da Marpessa, che la eccitava con parole suadenti, enfatizzando la scene a video (ce ne fosse stato mai bisogno).

Finito di trapiantare il ficus, l'ospite aveva ingurgitato quasi due litri d'acqua; Marpessa, per non farle pesare il forte stimolo a far pipi, le aveva pizzicato i capezzoli con due mollette, unite da una catenella. Non le stimolava più il sesso, ma tirava la catenella, allungandole i capezzoli e godendosi le smorfie di dolore. Francesca parlava, e a guardar l'espressione del volto, sembrava più implorare; aguzzando l'orecchio la sentivo che implorava si di far pipì, ma di voler godere come una vera troia, di buttarsi in pasto ai quattro o cinque maschi di turno che a video si trastullavano con una biondina tutto pepe e sorrisi in camera.

Avevo quasi finito di potar il mio Ficus, che mi son sentito chiamare: "Ehi, giardiniere. Tocca a te. E' ora."

Marpessa aveva tirato fuori lo strap-on, e Francesca la guardava a metà fra il terrore e la supplica; non capiva più se sarei stato io a farla godere o la mia compagna. La vagina era umida e lucida, e gonfia: era giunta al limite.

Sono sceso in garage per prendere la sorpresa finale. Tirata su la saracinesca, la luce ha inondato di colpo il box; Fufy, accucciata sulla sua coperta in un angolo, si è tirata su. E avrebbe anche scodinzolato, se avesse potuto, mentre mi veniva incontro, tendendo la catena che la legava al collo. Ma non poteva, la natura l'aveva fatta ubbidiente si, ma non di razza canina. "Non leccarmi le scarpe, sono pulite, non ne vale la pena. Avrai altro da leccare."

Fufy, così la chiamavamo, era la nostra schiava adorante; quando veniva da noi stava in garage, con le sue due ciotole, una per l'acqua, l'altra per il cibo. Era per lei lo strap-on, che Marpessa adorava utilizzare in rapporti anali a secco, mentre la cagnolina leccava il mio membro, per poi non poter goder mai della mia eiaculazione. L'avevamo chiamata per l'occasione, dicendole di venire da noi il venerdì pomeriggio, ma era arrivata solo verso sera, adducendo scusa banali (anche se sicuramente vere, perché ormai totalmente asservita al nostro volere), e si era così guadagnata delle belle frustate per il ritardo non giustificato.

Le avevamo dato da mangiare la sera prima, ma nella ciotola dell'acqua avevamo messo una manciata di sale grosso, che Fufy aveva diligentemente spazzolato.

"Hai sete, eh?" Lei in risposta si è leccata le labbra secche. "Vieni, che la tua Padrona adesso ti da da bere una cosa buona." Mugolava di piacere all'idea di soddisfare la sua Signora.

E' entrata in sala a quattro zampe, come le avevamo insegnato, e si è accucciata ai piedi di Marpessa.

Francesca non l'ha nemmeno notata, inarcata sulla sedia, con quasi tutto il frustino inserito dalla parte del manico, nella fica sgocciolante.

Marpessa ha accarezzato il capo di Fufy, poi l'ha condotta davanti all'ospite, strattonando il guinzaglio affinché si posizionasse davanti al sesso fradicio. "Leccala! Leccala e bevi! Adesso!"

Lo spettacolo stava per incominciare. Seduto sul divano avevo la visione completa di Fufy che lappava, scatenata dalla mia dolce metà, e Francesca che, godendo, liberava fiotti di pipì color argento. Ha iniziato con getti brevi, ansimando, poi ha dato il via a una fontana della durata di qualche secondo, un gorgoglio pieno in bocca alla cagnolina ubbidiente. Marpessa si stava bagnando, lo capivo dagli occhi che le si facevano liquidi. Ha incominciato a frustare Fufy sulle natiche scoperte, e poi ancor di più quando Francesca ha urlato, non ancora per un orgasmo, ma per il senso di liberazione. Io mi sentivo un'erezione da primato, sono saltato in piedi dietro al mio amore che aveva indossato lo strap-on e allargava il culo alla schiava, pronta a farla sua; tirato fuori il pene mi sono infilato nella sua fica marcia di piacere, dando vita a un trenino bizzarro e particolare. L'ospite adesso urlava di puro piacere, Marpessa sfondava il culo a Fufy, spinta a sua volta dal mio impeto incontenibile: dieci minuti di delirio, liquidi e piacere che si mescolavano, e un orgasmo unico (una delle poche volte in cui abbiam permesso alla nostra schiava di ottenerlo con così tanta clemenza), ciascuno con il proprio ruolo.

Io e Marpessa abbiamo continuato ancora: ero troppo eccitato per un solo orgasmo, e lei anche; abbiamo finito in un sessantanove, nutrendoci ciascuno del piacere liquido dell'altro, mentre Fufy continuava a tormentare di lingua Francesca, sudata e stremata all'inverosimile.

Una volta ricomposti, l'abbiamo liberata. "Siete dei dannati bastardi!" Si è rivestita, scappando via.

Una settimana dopo, però, ci ha chiamati, chiedendo di rivederci; siamo andati, giusto per portarle l'etichetta dell'acqua che tanto l'aveva fatta godere: che si allenasse da sola!


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