i racconti erotici di desiderya

Un'amica sorprendente.

Autore: Laion
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Fine Agosto, fine delle vacanze.

Sto viaggiando verso casa accompagnato da una delle amiche con cui ho trascorso queste ultime vacanze estive.

Sto meno male del solito perché la partenza è stata bagnata da un diluvio, per cui lasciandosi alle spalle il cattivo tempo si rientra più volentieri.

Il viaggio scorre tranquillo, la mia amica è socievole e di compagnia, tempo per annoiarsi non ce n’è, chiacchieriamo di tutto e di più.

Dopo oltre quattro ore giungiamo a destinazione, sono le 22:30 circa, l’accompagno a casa e anziché dirigermi a mia volta verso la mia dimora decido di gironzolare un po’ in Milano, per godermi gli ultimi momenti di una città tranquilla e quasi irreale, visti gli standard.

Prendo la circonvallazione e comincio a percorrerla a velocità ridotta.

La città sembra ancora sopita, poche macchine, poche persone, le luci sembrano quasi soffuse, i rumori sono attutiti da quest’atmosfera ovattata.

Mi sto avvicinando a Corso Sempione, dopo quasi 30 minuti di tragitto quando, nei pressi di una fermata del tram o del bus, non ho fatto molto caso, vedo una ragazza alta, slanciata, vestita con una gonnellina ed una canottierina attillata.

La guardo quasi di sfuggita, non mi andava di passare per manico, passo e con la coda dell’occhio mi sembra di intravedere un cenno di richiamo.

Avanzo fino alla piazza successiva e decido di tornare indietro, passandogli alle spalle.

La vedo di profilo e noto che è anche carina e data l’ora tarda mi domando: cosa fa una ragazza così in Milano tutta sola a quest’ora?

Le ripasso davanti e la guardo, rallentando anche un pochino e questa volta il cenno di richiamo è netto.

Cosa faccio?

La risposta arriva in un secondo o poco più, freno, faccio una piccola retro e mi avvicino.

Intanto penso, un poco preoccupato: è una ragazza, fisicamente asciutta, se anche fosse malintenzionata io sono decisamente più grosso (1,85x80 Kg) e se ha un’arma (aveva solo una specie di portamonete con sé), può essere solo una piccola lama.

Abbasso il finestrino e lei mi chiede se le posso dare un passaggio a casa, che è nei paraggi.

Acconsento e nel contempo un po’ diffido, la situazione era quantomeno anomala e con i tempi che corrono …

La prima cosa che noto, all’udito, è l’accento, straniero, sicuramente sudamericano, ma di dove?

Lei inizialmente sta molto sulle sue, quasi si rannicchia sul sedile, quasi tentando di sparire così, non essendo un mostro di loquacità, ma pur di uscire da un imbarazzante silenzio che durava da qualche minuto, faccio qualche domanda banale e il ghiaccio si rompe, esce qualche sorriso reciproco e la postura sul sedile comincia a diventare normale.

Scopro che è in Italia da poco, viene dal Brasile (e qui i pensieri peccaminosi si sprecano), non parla bene l’italiano ma lo capisce e bla, bla, bla ...

In neanche 10 minuti ad andatura sempre ridotta, arriviamo sotto casa sua, un caseggiato della vecchia Milano in zona Certosa con tanto di cortile con ringhiera.

Ci stiamo salutando quando lei abbozza un “cosa fai adesso, vai a casa”?

Cosa rispondo?

Ci penso un attimo e dato che di andare a casa non ne avevo neanche la più lontana idea, rispondo con sincerità: no, continuo a gironzolare per Milano.

A questo punto mi prende in contropiede e comincio a preoccuparmi, mi chiede di poter girare con me, non ha voglia di stare in casa da sola (vive con un’amica che però, dice, rientrerà solo a mattina inoltrata).

Giro l’auto e comincio a girare senza meta.

Minuto dopo minuto il ghiaccio, dopo essersi rotto, comincia proprio a sciogliersi, soprattutto da parte sua, e la mia preoccupazione sale, dato che gli apprezzamenti cominciano a piovere.

Che bella abbronzatura, che begli occhi, sei proprio carino …

Dal banale blablabla si è passati ad argomenti più “concreti”, mi chiede della mia vacanza, delle mie amiche e altre cose un po’ più intime.

Mi sento un bersaglio, anche perché il pallino ce l’ha sempre in mano lei, non faccio in tempo a rispondere ad una domanda, tentare di farne una a mia volta che lei già me ne ha fatte altre due.

L’imbarazzo però scema col passare dei minuti e la cosa la comincio a trovare anche divertente.

Io indosso una camicia e dei pantaloncini corti quando, saltando di palo in frasca, mi chiede di poter vedere meglio la mia abbronzatura.

Posso negarglielo?

Certo che no, quindi, chiedendomi se può, mi comincia a slacciare i bottoni della camicia e mentre lo fa colgo un sorriso tra il malizioso e lo sfottente.

La camicia è completamente aperta, mi chiede se può toccarmi il petto, mi dice che le piacciono le persone villose, ed io lo sono, evidentemente, e mi accarezza.

Che brividi!!!

Sicuramente dovuti alla situazione mai provata; una sconosciuta che mi mette le mani addosso.

Il tocco è delicato e solo saltuariamente stringe appena le dita tirandomi qualche pelo.

La cosa va avanti mentre la conversazione continua sui più svariati e fumosi argomenti, nonostante l’italiano stentato.

Nel frattempo nelle mie parti basse, ovviamente, qualcosa comincia a muoversi ma riesco a nascondere bene quanto accade con ampi sorrisi che non fanno altro che farmela avvicinare fisicamente sempre di più.

Passa ancora del tempo e questa volta il tocco è diventato a due mani e, senza chiedere, con l’altra mano, mi tocca una gamba.

Lo slip sta esplodendo, dolci e vellutati tocchi che vanno sempre più in giù da un a parte (dal petto verso l’addome) e sempre più in sù dall’altra (dalla coscia verso l’inguine).

Non riesco più a nascondere l’imbarazzo e quant’altro sta accadendo e se ne accorge anche lei così, sorridendomi con complicità, mi stacca la mano destra dal cambio (cercavo di darmi un tono con una guida sciolta) e me la fa appoggiare sulla sua coscia.

A questo punto mi sciolgo anch’io, perché ciò che stavo sognando (poterla toccare) è diventato improvvisamente e magicamente realtà.

Sto vago, accarezzo ginocchio, coscia e il suo interno e cerco di stare lontano dal centro del piacere.

Il tempo trascorre dolcemente, non so neanche dove sono, giro a destra poi a sinistra, ovunque veda un lungo viale che mi permetta di concentrarmi più su quanto accade in macchina che non sulla guida, mentre si continua a chiacchierare di qualunque cosa ci venga in mente.

Si ride, si scherza e nel contempo si diventa sempre più complici, tanto che lei si avvicina alla mia bocca, forse per accennare ad un bacio, ma non rispondo al cenno (chissà perché???) e quindi si ritrae senza fare una piega ma poco più tardi, nel bel mezzo dell’ennesimo argomento tratto dal nulla, si riavvicina la viso, quasi per annusarlo, appoggiando le sue labbra sulla guancia.

Non mi bacia, ma le strofina dolcemente, sale verso l’orecchio e ne mordicchia il lobo.

L’eccitazione sale prepotente, le mie carezze sono sempre più inguinali e le mani tendono a strizzare, dolcemente, le sue cosce, morbide e lisce, anche se con un accenno di ricrescita, che personalmente non mi dispiace.

L’accerchiamento del mio inguine, cominciato diversi minuti prima, è culminato in un assedio con conquista del fortino.

Una mano prende l’asta del membro, l’altra i testicoli, quindi mi ritrovo sempre più impanicato e anche bagnato, non sono venuto ma mi sono lubrificato parecchio e temo che accorgendosi di ciò, schifata, ponga fine al gioco.

Passa qualche secondo e sento le sue dita che passano sulla cappella e in me sale lo sconforto, adesso smetterà.

Non fa una piega, sparge il liquido, davvero parecchio, su tutta la cappella e lungo l’asta … il gioco continua!!!

Una sensazione unica, sicuramente sempre enfatizzata dal contesto.

Solitamente, masturbandomi o venendo masturbato, la sensazione provata era di sfregamento, mentre qui è di scivolamento, la mano si concentra ora sull’asta ora sulla cappella e man mano che il liquido si asciuga, con molta maestria, preme sul pene per farne uscire ancora.

Sono all’ottavo o nono cielo, sparisce l’imbarazzo, l’insicurezza e qualunque altro pensiero inibente stesse passando in momento per la mia testa, ora la mia unica preoccupazione era ricambiare il godimento che stavo provando, quindi, sempre con molta circospezione e delicatezza, salgo sempre più e cerco di infilare la mano con un po’ più di decisione fra le sue cosce.

Lei ha un fremito, o qualcosa del genere, e senza esitazione comincia a baciarmi sulla bocca ed io ricambio molto volentieri.

Le lingue entrano reciprocamente nelle bocche e adesso apre ancora di più, ma sempre dolcemente, le cosce, come ad invitarmi ad arrivare là.

Non mi ci fiondo, ma struscio un po’ più velocemente e arrivo a contatto con le mutandine e … non trovo ciò che mi aspettavo e lei, sapendolo, mentre continuava a baciarmi, apre gli occhi, quasi per vedere la mia reazione e per capire il da farsi.

Non sono proprio uno sprovveduto e la sorpresa, non dico che non mi abbia stupito, ma l’avevo messa in preventivo.

Gli indizi c’erano per sospettare qualcosa: la zona nota per prostituzione transessuale, nazionalità brasiliana, abito troppo succinto, anche per la stagione estiva milanese, fisico molto tonico, zero cellulite.

Quindi, cos’ho fatto?

Io il gioco l’ho continuato, le ho spostato le mutandine e fatto uscire il membro, ho pensato che fosse il mio (anche perché di dimensioni simili) e così ho cominciato a menarglielo, facendo anche qualche capatina verso i seni, piccoli con due capezzolini turgidi (ho saputo poi essere frutto naturale degli ormoni presi in età giovanile) con i quali era un piacere giocare, anche se la posizione era molto scomoda, ma non mi azzardavo a chiedere di più alla fortuna.

Nel frattempo anche lei (io la considero comunque femmina perché questa era la parte predominante nel fisico e nella mente), mi abbassa pantaloncini e mutandine e continua.

Il giro prosegue ed io guardo più volte l’orologio, con la speranza che le lancette si fermino e facciano durare in eterno questi momenti ma forse lei, accorgendosi di ciò, scambia il mio gesto come un sintomo di premura e mi chiede di riportarla a casa perché vede che si sta facendo tardi (era la 1) ed io non ho avuto il coraggio di contraddirla, mi sembrava poco carino cercare di approfittare ulteriormente della situazione.

Cerco la strada e mi ci dirigo mentre il gioco, comunque, non finisce.

Arriviamo nuovamente sotto casa, lei si ricompone e appena fermo l’auto prende mutande e pantaloncini e me li rimette.

Provo a fermarla, mi sembrava un eccesso di cura, ma lei dice che prova piacere a compiere questi gesti quindi la lascio fare.

Qualche istante di silenzio poi si chiacchiera ancora, si sorride e a volte anche ride portando alla memoria alcuni momenti appena vissuti, che sembrano già lontani, ma che in realtà sono ancora “caldi”.

Forse proprio questo calore le fa quasi scappare di bocca un invito a salire, per bere qualcosa, rinfrescarci e rassettarci un po’.

“Non vorrai tornare così da tua moglie”, mi dice con tono irridente in un italo/brasiliano che ci fa proprio scappare una grossa risata.

Accetto e in cuor mio spero (da bastardo) anche in qualcos’altro perché la “voglia” c’era e tanta ed in macchina una serie di situazioni, tra cui la sua capacità di fermarsi al momento giusto, non mi avevano fatto venire ma, nel contempo, mi avevano fatto riempire tanto da avere la sensazione di scoppiare da un momento all’altro, anche se l’atmosfera che si era creata negli ultimi minuti mi stava facendo rilassare.

Entriamo nell’appartamento, luci soffuse (candele profumate), due lettini, un monolocale mansardato, piccolo ma c’è tutto, anche un bagno, che si affretta a rassettare.

Mi fa cenno di usarlo, se ne ho bisogno, e nel frattempo mette sul tavolo alcune bibite fresche prese dal frigo e due bicchieri.

Mi risciacquo, mi faccio un bidè, mi siedo e adesso tocca a lei usare il bagno.

Chiude la porta e riappare dopo un bel dieci minuti, in accappatoio con un asciugamano in testa (si è fatta una doccia).

Mi chiede se voglio farla anch’io, ma mi sembra troppo, quindi rifiuto anche perché penso che di lì a poco sarei stato fuori dalla porta in direzione casa, pensando che si era docciata per la notte.

La conversazione continua e si fa anche un po’ più seria, adesso mi parla dei suoi problemi, della sua infanzia, della vita a Milano, lontana da casa.

A questo punto mi sembra un’altra persona ancora, esce il lato delicato e sensibile, che in auto non avevo avuto modo di cogliere.

Finiamo di bere, me ne offre ancora ma sono sazio, quindi raccoglie i bicchieri, li sciacqua e riordina anche le bottiglie nel frigo.

Penso proprio che sia arrivato il momento dei convenevoli, mi si avvicina e, risorprendendomi, si toglie l’asciugamano dal capo e si siede sulle mie ginocchia, si accoccola sulla spalla ed io, istintivamente, le accarezzo i capelli, le friziono dolcemente la schiena e le dò qualche bacio sul collo.

Avevo raggiunto la pace dei sensi, raramente mi era capitato che una persona cercasse e desse tanto affetto in questa maniera.

Stiamo così qualche minuto, scambiandoci anche qualche tenero bacio sulla bocca e così lei comincia ad aprire l’accappatoio, mi abbraccia sempre più forte spingendo i suoi seni, con gli ancora turgidi capezzoli, a contatto col mio petto.

La pace dei sensi era finita, il movimento puberale ricominciava, lei si accorgeva e, accelerando i tempi, mi toglieva la camicia e scendendo mi abbassava nuovamente tutto il resto.

Liquido lubrificante non avevo più, era rimasto solo lo sperma che non era ancora fuoriuscito.

Si china tra le mie ginocchia, sempre dolcemente, sensualmente e mai volgarmente, si inumidisce la mano e mentre mi guarda con trasporto ricomincia il gioco asta-cappella-testicoli.

Dura poco questo gioco perché subito dopo passa ad un altro, nel quale i miei oggetti sono gli stessi, ma ai suoi si aggiunge la bocca.

Con la lingua passa dappertutto mentre io cerco, con le mani, i suoi capezzoli, il suo membro o i suoi testicoli, per ricambiare.

Si cambia di nuovo, o meglio si aggiunge un altro elemento ancora, decide di coprirmi e di coprirsi (di questi tempi non si sa mai).

Ci trasferiamo, in qualche modo, su uno dei lettini e si continua a “giocare” fino a quando io proprio non ce la faccio più.

Capita la situazione e, fortunatamente preferisce la passività, quindi non mi devo preoccupare di dovermi far penetrare per soddisfarla (non se ne sarebbe proprio parlato, ma già l’avevo intuito in macchina), dolcemente, sapendo che per me è tutta una novità, cosparge il suo ugello e il mio pene di vaselina e si fa penetrare.

Ancora una volta quando accenno alla venuta lei si ferma o mi fa rallentare, così mi fa durare ancora un po’ e fa crescere anche la sua eccitazione perchè dopo la penetrazione le si era ammosciato e voleva di rinvigorirlo cercando anche la complicità delle mie mani, che puntualmente non si facevano mancare.

Il tempo mi sembrava eterno, dato quello che stavo passando, ma potrebbero essere passati anche solo pochi minuti, quando venni, ma senza di lei, così, dato che mi era restato ancora duro, continuai a pompare ancora qualche volta ma appena iniziata la mia fase di ammosciamento, per non combinare guai, mi ritrassi e continuai a stimolarla manualmente e così, nel giro di qualche secondo, venne copiosamente, tanto che vidi il profilattico inondarsi del liquido biancastro.

Spontaneamente ci abbracciammo, ancora coperti ma esausti e (io sicuramente) soddisfatti.

Restammo diversi minuti in questa posizione e solo lo squillo del suo cellulare (l’amica l’avvisava che stava rientrando), interruppe il sogno, perché a quel punto dovetti scappare quasi come un ladro.

Ebbi solo il tempo di sciacquarmi alla meglio e prendere al volo il suo numero di telefono, erano ormai le 4 di mattina.

Una volta in strada venni pervaso da uno strano senso di colpa, fondamentalmente per due motivi.

Il primo riguardava il fatto che mi ero approfittato ma, ragionandoci sopra per bene, le cose si erano fatte in due ed ho sempre lasciato a lei la prima mossa ed io cercavo anche di “resistere” per vedere la convinzione degli atti.

Il secondo, molto più profondo, riguardava la mia sessualità.

Mi sentivo improvvisamente omosessuale (niente in contrario) o al massimo bisessuale (sempre niente in contrario), ma per me che mi ero sempre considerato un eterosessuale … non era un pensiero da poco.

Non arrivai a nessuna conclusione, anche perché ci frequentammo ancora, più volte e soprattutto per amicizia e bisogni personali, soprattutto suoi visti i disagi che doveva affrontare ogni giorno e questa mia disponibilità mi fece superare il primo senso di colpa, perché, se mai mi fossi approfittato, ora stavo rendendo quando avuto.

Sesso ce ne fu ancora, mai più così ma sempre soddisfacente, tanto che ancora oggi, a distanza di anni, siamo rimasti in contatto.

Lei dopo un paio d’anni andò in Brasile ed io pensai che non ci saremmo più visti, ma un giorno ricevetti una sua chiamata che mi annunciava la sua presenza in Italia, ma a Roma.

Aspetto di rivederla e .. appena pubblico questo la richiamo.


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