i racconti erotici di desiderya |
Un respiro nel buio |
Era una sera calda di primavera inoltrata. L'aria era ferma e umida. Solo il ronzio delle ventole dei computer della sala macchine rompeva il silenzio serale dell'ufficio. Ero rimasto da solo a cercare di terminare un lavoro rognoso.
Sentii il rumore di una porta che si apriva e dei passi che avanzavano nel corridoio. Non so bene per quale motivo, ma avevo la luce spenta e la porta accostata. "Probabilmente" - pensavo tra me e me - "chiunque sia entrato, penserà che non ci sia nessuno". In cuor mio speravo che se ne sarebbe andato. Non volevo perder tempo perché era già abbastanza tardi. Sentivo i suoi passi da oltre la porta. Avrei giurato che stesse entrando nell'ufficio a fianco del mio. Cominciò a consumarmi la curiosità di sapere e così mi avvicinai alla porta e diedi una rapida sbirciata al corridoio. Nessuno. Una debole luce arrivava dall'ufficio vicino. Qualcuno aveva acceso il computer del mio collega. Decisi di avvicinarmi in silenzio, volevo sapere chi fosse e cosa stesse facendo. La porta era aperta. Stavo in piedi, nel buio del corridoio e chiunque fosse dentro non sarebbe riuscito a scorgermi se fossi stato in silenzio. Guardai dentro. Qualcuno era seduto sulla sedia del mio collega e guardava il monitor del computer. Io, dalla mia posizione, vedevo le gambe sotto la scrivania e il retro del monitor mi nascondeva il suo viso. Vedevo solo le gambe. E i suoi piedi... nudi. Due piedi di donna. Notai che le dita dei suoi piedi si muovevano, si chiudevano e si stendevano, ripetutamente, con un ritmo che mi sembrava crescere. Qualcosa si muoveva più su. Seguii con lo sguardo quelle due lunghe gambe fino a dove riuscivo a vedere ma si perdevano nel buio. La debole luminescenza prodotta dal video era appena sufficiente a darmi un'idea delle sue gambe dai piedi fino alle coscie. Più su era troppo buio per vedere. Là, in quel buio, qualcosa si muoveva con un leggero fruscio. Il respiro della donna comincio a farsi più rumoroso in un crescendo di piccoli gemiti. Ero ipnotizzato dal ritmo del suo respiro e dai movimenti dei suoi piedi che si contorcevano, si stiravano, si accavallavano, si cercavano, si aggrappavano. Quanto avrei voluto prenderli in mano, e baciarli, e passare la lingua tra le loro dita. Ma non avevo il coraggio di fare nulla. Stavo in piedi, nel buio, ad osservare e ad ascoltare. Lei si interruppe di colpo. Sentivo che stava cercando nel buio del corridoio di capire se ci fosse qualcuno. Qualcosa le aveva fatto percepire la mia presenza. Scrutava e cercava. Silenzio... Poi riprese, con regolarità . Sapevo che si stava masturbando e la cosa mi eccitava terribilmente. Il mio sesso duro premeva contro la tela dei pantaloni e degli slip. Avrei voluto farlo uscire. Avrei voluto masturbarmi con lei ma l'idea che qualcuno mi cogliesse per quel corridoio, con l'uccello duro fuori dai pantaloni, era così imbarazzante che mi bloccava completamente. Il ritmo dei suoi respiri si fece più rapido. I gemiti crescevano d'intensità. Non ce la facevo più! Tornai nel mio ufficio. Mi sedetti. Mi slacciai i pantaloni. Lo presi nella mano e cominciai a masturbarmi. Era così duro! Come mi piaceva. La mano si muoveva con un leggero fruscio. L'orgasmo cresceva con dei brividi sempre più intensi. Stavo pensando a quei piedi. Come se fossero quei due incantevoli piedi, con la loro pelle morbida, con le dita avvolte attorno al mio cazzo, a masturbarmi. Venni con un getto intenso e lungo, e poi un'altro più breve, e ancora, e ancora. Lo sperma mi copriva la mano copioso. Mi accorsi che stavo ansimando. Avevo l'impressione che ci fosse qualcuno, nel silenzio e nel buio del corridoio, che mi stava guardando... |