i racconti erotici di desiderya

Tracy

Autore: Masaraj
Giudizio:
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Come al solito dopo tre ore di riunione la noia ha preso il sopravvento sulla maggior parte dei partecipanti, ed io non faccio eccezione, l’abbiocco è in agguato. Cerco di tenere viva la mia attenzione scarabocchiando sul block notes che ho davanti. Finalmente il mio interesse si riaccende quando il direttore della mia divisione prende la parola e spiega agli astanti che presso la nostra filiale Statunitense si è presentata un’emergenza. In pratica il progetto su cui stanno lavorando si è bloccato per le dimissioni improvvise, improrogabili e immediate dell’unica risorsa che lo stava portando avanti. Urge trovare entro pochi giorni qualcuno che prenda un aereo e si rechi presso la nostra sede d’oltreoceano e si dia da fare per portare a termine il lavoro rimasto in sospeso giusto il tempo necessario ad assumere un sostituto.

Del mio reparto sono il più papabile in quanto ho quasi terminato il mio progetto, rimangono solo dei dettagli che posso gestire tranquillamente anche da un ufficio americano. Mi ritrovo, così, investito della trasferta fuori programma ma che non disdegno, cambiare aria ogni tanto fa bene, poi tutto è a carico della compagnia, auto, hotel, telefono per quindici giorni da passare in USA.

Arrivo di notte e ho qualche difficoltà a trovare il mio hotel, l’auto prenotata, sebbene richiesta con navigatore mi è stata consegnata senza e così devo affidarmi alla cartina gentilmente fornitami in aeroporto dalla compagnia di noleggio. Alla fine lo trovo, era nascosto dietro un ristorante davanti al quale sono passato e ripassato almeno quattro volte. Prendo possesso della mia camera e punto un paio di sveglie prima di abbandonarmi al meritato riposo ma solo dopo che una doccia ristoratrice si è portata via una parte del peso accumulato nelle quindici ore, tra voli e scali, spese per il viaggio.

La prima suoneria mi riporta alla realtà ma mi sembra di avere chiuso gli occhi solo da pochi minuti, quando la seconda attacca mi faccio violenza e metto le gambe fuori dal letto, qualche minuto per prendere possesso delle facoltà minime che mi consentono di posizionarmi sotto la doccia e che la giornata abbia inizio.

Arrivo presso la sede Americana della mia compagnia in perfetto orario. Ad accogliermi, dietro il bancone della reception c’è Sandy, giunonica e sorridente, sui quaranta, con due notevoli bocce strizzate dentro un reggiseno push up a sua volta fasciato dalla maglia attillata provvista di un generoso décolleté, il suo nome è serigrafato sulla targhetta appuntata sulla sua tetta destra.

- “Sono Carlo (taldeitali) “ - mi presento.

- “Ben arrivato! Scott la sta aspettando. “ – mi informa, mentre sulla tastiera del telefono digita il numero del mio collega yankee con cui devo incontrarmi.

La giornata passa abbastanza velocemente. Torno in hotel dopo avere mangiato qualcosa e fatto quattro passi digestivi. La doccia mi restituisce un po’ di vigore ma appena mi accomodo nel letto King Size la palpebra cala e perdo letteralmente i sensi. Il fuso orario ha avuto la meglio, quando riapro gli occhi sono le quattro del mattino, in Italia sono le dieci, non ho più sonno. La televisione mi aiuta a tirare l’ora di alzarmi.

Scendo nella sala dove servono la colazione, mi districo tra salsicce, uova strapazzate, bacon e altre prelibatezze tipicamente americane e infine trovo il caffè, il latte e le marmellate. Mentre sono intento a nutrirmi consulto la posta elettronica. Sono concentrato nella lettura quando la mia attenzione viene catturata da due scarpe di vernice rossa che vestono due piedi dalla pelle liscia e chiara, le caviglie sottili proseguono verso due polpacci torniti. La gonna del tailleur cela, dal ginocchio in su, le cosce che immagino proporzionate e toniche. Dalla mia posizione posso apprezzare la rotondità del lato B di questa femmina che si muove con atletica leggiadria padroneggiando l’equilibrio offerto dall’esile appoggio dei tacchi che definirei importanti.

I capelli castani sono raccolti sulla nuca e fermati da due bastoncini che ricordano le bacchette utilizzate nei ristoranti asiatici. Quando passa sul lato opposto del bancone posso rimirare anche il lato A. Il seno è discreto né piccolo né grande, giusto, come piace a me. Il viso è grazioso ma non riesco a cogliere il colore degli occhi che rimane celato dietro i riflessi delle lenti degli occhiali che le danno un’aria autorevole. Mi lascio trasportare dalla fantasia cercando di immaginare che lavoro fa, da dove viene, cosa le piace e cosa no, ma anche che lingerie indossa e come possa essere senza tutte quelle bucce, nature, come mamma l’ha fatta, insomma, nuda. Mi passa vicino per andare a sedersi poco più in là a consumare la sua colazione, non mi degna di uno sguardo. Ha un buon profumo.

La vibrazione del mio smartphone mi riporta alla realtà avvisandomi che è ora di andare, mi alzo cercando di dissimulare la mia erezione tenendo il tablet ad altezza inguinale.

La mattinata lavorativa inizia con una riunione che finisce verso le dieci e trenta, ci prendiamo una pausa caffè, ed è nell’angolo ristoro che mi attende la sorpresa. La Femmina con le scarpe rosse è lì davanti a me con un bicchiere in mano sta parlando con un’altra donna che i miei colleghi americani salutano e così partono le presentazioni.

La donna misteriosa che qualche ora prima ha solleticato la mia fantasia si chiama Tracy, è una collega inglese, lavora nella sede di Birmingham e si occupa di risorse umane.

- “Carlo, piacere di conoscerti, sono della sede di Milano.” – le dico afferrando la mano che lei mi sta porgendo.

- “Questa mattina ti ho vista fare colazione in hotel” – aggiungo. Mi sembra anche di arrossire un tantino ripensando all’effetto che la sua visione mi ha procurato. Se lei se ne è accorta non lo dà a vedere.

- “Ah bene, allora probabilmente ci rincontreremo.” – afferma lei. Io e tutto il mio ego lo speriamo vivamente.

Finalmente arriva sera, torno in hotel. Tracy è al banco della reception, mi avvicino. Lei si volta mi riconosce e mi sorride, l’impiegata dell’Hotel le allunga una cartina sulla quale ha tracciato qualche cerchio con la penna.

- “Ciao, giornata pesante?” – le chiedo.

- “Abbastanza, ma ora è passata.” – mi risponde lei. Così parliamo per qualche minuto di lavoro e vengo a sapere che lei si fermerà sino a fine settimana.

- “E’ quasi ora di cena, ti va di mangiare qualcosa assieme?” – chiedo con un po’ di azzardo.

- “Volentieri, mangiare sola non mi piace.” – risponde accettando l’invito. Ci accordiamo per vederci dopo un’ora, il tempo di cambiarci mettendoci qualcosa di più comodo.

Arrivo nella hall per primo mi accomodo in uno dei divanetti e attendo. Dopo cinque minuti le porte dell’ascensore si aprono e Tracy appare in tutto il suo splendore. Indossa un giubbino di pelle, nero, sopra ad un tubino grigio, le scarpe rosse sono state sostituite con più confortevoli scarpe da tennis bianche.

- “Andiamo?” – chiede.

- “Sono pronto.” – le rispondo e ci avviamo alla macchina.

Lascio a lei il compito di decidere dove cenare, mi elenca i consigli che ha ricevuto dai colleghi, opta per una steak house vicino al centro cittadino. Ceniamo divorandoci due bistecconi con contorno di patatine e diamo fondo ad una bottiglia di vino. Conoscendo la rigidità delle regole americane in merito alla guida in stato di ebrezza mi limito ad un bicchiere e mezzo di Cabernet il resto finisce a piccoli sorsi nella pancina della mia nuova amica. Passiamo così un paio d’ore rilassanti ridendo e scherzando, la mia collega si rivela essere una compagnia piacevole, è dotata di ironia e intelligenza, l’alcol poi si sa, aiuta a lasciarsi andare. Usciamo dal ristorante e optiamo per fare una passeggiata. Il centro cittadino è popolato, ci sono molti locali aperti con tavolini all’esterno e musica country a manetta. Entriamo in uno di questi bar dove un gruppo suona dal vivo. Tracy si spara due bicchieroni di Moijto, io un paio di birrette. Mentre torniamo in hotel mi rendo conto che La mia collega è alquanto alticcia non ubriaca ma decisamente su di giri. Mi chiedo mentalmente “ma quanto bevono sti Inglesi”. Arrivati a destinazione mi premuro di accompagnarla alla sua camera non tanto per un innato senso cavalleresco ma più che altro per assicurarmi che entri nella stanza giusta.

- “Grazie per la serata.” – le dico, mentre lei inserisce la chiave elettronica nel lettore sopra la maniglia.

- “Sono stata bene.” - mi risponde, sporgendosi mi bacia su una guancia e mi augura una buonanotte. Quindi si gira e perde per un attimo l’equilibrio, riacquista la stabilità appoggiandosi allo stipite, mi sorride e sparisce nella sua camera, la porta si chiude dietro di lei.

La mattina seguente scendo per la colazione nella sala semideserta, di Tracy nessuna traccia. Mi propongo di andare a cercarla qualora ritardasse più del dovuto. La vedo apparire dopo una decina di minuti, è in perfetta forma. Indossa un bell’abito a fiori e si muove con sicurezza sopra tacchi alti quanto quelli del giorno precedente, avanza senza esitazioni con le sue belle gambe che poggiano su di un paio di scarpe colore blu cobalto in perfetto coordinamento coi motivi floreali del vestito.

- “Buongiorno, dormito bene?” – le chiedo con curiosità.

- “Benissimo, grazie.” – risponde lei.

- “Andiamo al lavoro insieme?” – chiedo offrendole un passaggio dal momento che lei si sposta in taxi.

- “Certo, volentieri!” – risponde, sorridendomi.

Il tragitto dall’hotel alla ditta è alquanto breve, ci impegna per una ventina di minuti scarsi che trascorriamo parlando del più e del meno. Non perdo l’occasione però per chiederle di cenare ancora con me. Tracy accetta.

Ci incontriamo nella hall, lei è splendida. Abbandonati gli abiti consoni all’ambiente lavorativo si trasforma nella ragazza della porta accanto e libera un fascino magnetico. Mentre mi avvicino noto che gli sguardi di tutti i presenti appartenenti al genere maschile e anche quelli di un paio di signore sono calamitati dai glutei della mia collega, messi in evidenza dagli aderentissimi leggins grigi che, come una seconda pelle, avvolgono le sue rotondità, insinuandosi senza pudore nel solco che divide quelle chiappe modellate alla perfezione.

Ceniamo in un ristorante che offre cucina messicana. Durante la cena, da alcuni atteggiamenti di comunicazione non verbale, ho la netta sensazione di non esserle indifferente, sta decisamente flirtando con me.

- “Facciamo una passeggiata?” – le chiedo.

- “Prendiamo un dessert?” – controbatte.

- “Se il dolce sei tu, non posso rifiutare.” – azzardo io con le palpitazioni accelerate.

Lei mi guarda per qualche secondo piegando la testa di lato, si ravviva i capelli con la mano e mi sorride.

- “Spero che tu noi sia diabetico.” – risponde maliziosamente fissandomi coi suoi occhi ammaliatori.

Mi alzo porgendole la mano che lei afferra lasciandosi guidare verso l’auto. Prima di uscire mi fermo, le cingo i fianchi e l’attiro a me, le nostre labbra si uniscono, la mia lingua si fa strada nella sua bocca, ad impedire che arrivi a toccarle le tonsille c’è la sua che sembra avere le stesse intenzioni, faccio scivolare una mano che termina il suo percorso su una chiappa della mia collega. Noto gli sguardi delle persone sedute nella sala. Alcune infastidite esprimono il loro disappunto con smorfie malcelate, altre fanno commenti sottovoce ma buona parte degli sguardi maschili non riesce a dissimulare ammirazione e una punta di invidia. Deve essere chiaro a tutti che lo splendore che stringo tra le braccia è mio territorio, con buona pace per il mondo.

Arriviamo in hotel in un lampo, ci fiondiamo nell’ascensore, Tracy pigia il pulsante che ordina al mezzo meccanico di portarci al suo piano. Dentro la cabina mi inchioda contro la parete e mi bacia appassionatamente strusciandosi contro la mia prepotente voglia di lei. Entriamo nella sua camera e i nostri vestiti schizzano in tutte le direzioni. Finalmente siamo nudi, uno di fronte all’altra, contempliamo a vicenda i nostri corpi. Il suo è meraviglioso, la desidero e il mio ventunesimo dito, il più grosso di tutti quelli che ho in dotazione rigidamente puntato verso il suo corpo sembra dire, impertinente: “ti voglio”.

Lei si avvicina, si impossessa con salda presa delle mie chiappe mi attira a se facendo aderire il suo ventre al mio schiacciando la mia erezione nel mezzo, le sue labbra cercano le mie le lingue si intrecciano, la tengo per la nuca e le spalle. Le sue dita mi sfiorano l’ano, mi contraggo, non smetto di baciarla avidamente e sento il mio cazzo pulsare ardente. Le afferro la parte alta delle cosce e la sollevo, il mio uccello liberato si appoggia contro la sua figa, stringe le gambe attorno ai mie fianchi, non mi molla mentre la sua lingua continua a strusciarsi contro la mia. Mi giro verso il letto e la adagio sopra, stacco a malincuore le mie labbra dalle sue e scendo a baciarle i seni, i suoi capezzoli sono due piccole dita puntate verso il soffitto. Ne saggio il turgore con la lingua, voglio entrare nella sua intimità. La prendo per i fianchi, la sua mano afferra la mia manifesta mascolinità guidandola all’imboccatura del suo sesso, entro nella sua passera lentamente, lei mi accoglie con facilità dischiudendosi alla mia timida pressione. E’ così bagnata. Sono dentro di lei, così, fermo, sento le pareti della sua bernarda contrarsi stringendo il mio rigido pennacchio. La mia cappella pulsa in quell’accogliente fiore del piacere.

- “Dai scopami.” – mi incita Tracy ansimando.

Inizio a muovermi avanti e indietro, lei inarca il bacino accompagnando i miei affondi. Quanto è bella questa donna che sta sotto di me, vedo il suo piacere e ne godo anch’io. Il ritmo si fa più intenso così come i mugolii, il suo corpo è un tempio consacrato al sesso, percepisco le sue contrazioni i suoi movimenti che assecondano le mie spinte. Il suo orgasmo si manifesta con l’inarcamento della schiena, la sospensione del respiro e le sue dita contratte a stringere le mie chiappe, spingo a fondo più che posso e libero dentro di lei il mio piacere. Faccio per uscire ma lei me lo impedisce agganciando, tra loro, le caviglie dietro la mia schiena.

- “No. Ti voglio ancora.” – mi comunica.

Faccio scivolare le mani dietro di lei e la attiro a me, ci ritroviamo in una posizione scomoda, io inginocchiato e lei seduta sulle mie cosce ancora trafitta dalla mia banana. Sostenendola mi giro e mi sdraio sulla schiena, ora lei è sopra di me, ha il pieno potere della situazione, inizia a cavalcarmi con crescente intensità io le afferro i seni. Sono sodi e i capezzoli sono turgidi, lei ansima aumentando il ritmo, mi sta possedendo prendendo dentro di se tutto quello che ho da offrirle, sono alla sua mercé col timore che la mia erezione ceda. Non succede. Tracy è in preda ad un frenetico su e giù sopra il mio paletto di carne, inarca la schiena senza smettere di cavalcarmi furiosamente e i mugolii diventano ansimi che sfociano in un liberatorio urlo di piacere. Si adagia su di me, la sua bocca cerca la mia e torniamo a baciarci mentre le mie dita trovano il suo ano ed inizio a giocarci mentre le pareti della sua passera si stringono attorno alla mia erezione che va scomparendo.

Mi tocco il bassoventre e lo trovo fradicio, non è il mio sperma e non sono gli umori della sua lubrificazione è qualcosa di diverso che mi infradicia il pube colando sulle palle, è la sua eiaculazione. Lei me lo conferma.

Rimaniamo abbracciati, appagati ma non sazi. Infilo una mano tra le sue cosce, lei le spalanca lasciandomi libero di esplorare la sua figa. E’ così bagnata. Voglio assaggiarla. Mi accovaccio tra le sue gambe ed inizio a leccarla. I suoi umori sono colati sino al buco del suo culo, li raccolgo con la lingua hanno un sapore asprigno, il suo ano si contrae. Risalgo leccandole le labbra esterne e mi soffermo a succhiarle il clitoride, lei muove il bacino e mi afferra i capelli attirandomi a se. Insinuo la lingua tra le labbra interne, carnose, le esploro poi scendo ancora un poco e cerco di penetrarla per quanto possibile con la lingua. Succhio e lecco avidamente sentendola ansimare, poi torno a dedicarmi al suo turgido clitoride. Lo solletico con la punta, lo succhio, lo libero, ci gioco lei mi invita a non smettere. L’accontento. Mentre mi inebrio dei suoi umori, infilo un dito là dove poco prima il mio uccello scivolava avanti e indietro, poi ne infilo un altro e la scopo così, con le dita, mentre continuo a leccarle il grilletto. I movimenti del bacino accompagnano le mie pratiche e il suo orgasmo si presenta prepotente. Mi sollevo le sue gambe divaricate mi consentono di ammirare le contrazioni della sua figa dalla cui apertura cola un liquido traslucido.

Ho una erezione imperiosa, prendo una mano di Tracy e la guido verso il mio battacchio, lei lo afferra saldamente ancora preda del piacere appena provato ed inizia a massaggiarlo su e giù. Poi si solleva sulle ginocchia, io mi sdraio sulla schiena. La mia collega abbassa la testa e prende tutto il mio uccello dentro la sua bocca. Lo succhia da vera esperta, le sue labbra scivolano lungo l’asta dalla base sino alla punta. La sua lingua sa come accarezzare una cappella gonfia e pulsante. Un pompino maestoso, delicato ed intenso allo stesso tempo. Le sue mani giocano coi miei testicoli. Sono rapito dalla sua arte così raffinata e esplodo in un orgasmo galattico riempiendole la bocca di sborra.

Ci abbandoniamo soddisfatti nel grande letto. Abbracciati, ci coccoliamo sino a quando il sonno ci raggiunge.

La sveglia del mio smartphone suona implacabile, la spengo, Tracy ha gli occhi chiusi, dorme. Mi alzo e vado in bagno e mi infilo sotto la doccia. Mentre mi sto insaponando sento una mano scivolare tra le mie chiappe e afferrarmi le palle, la mia collega si è svegliata. Entra anche lei nella doccia, ci baciamo.

- “Buongiorno.” – le sussurro.

- “Sei già sveglio?” – chiede, stringendo con la mano la parte di me che è più pimpante.

Ci insaponiamo a vicenda arrivando alle parti più remote e intime dei nostri corpi, la passione si riaccende. Lei si volta piegandosi in avanti, appoggia i palmi alle piastrelle e struscia le chiappe sul mio battacchio più pronto che mai.

- “Prendimi!” – mi ordina.

Punto la cappella all’imboccatura della sua figa, la afferro per i fianchi e scivolo dentro di lei con estrema facilità. Lei Incoraggia i miei affondi spingendo all’indietro il suo magnifico culo, capisco che vuole essere sbattuta con più vigore, l’accontento. Glielo spingo dentro con forza fino in fondo, la sento gemere sempre più forte, ansimo anch’io, sento arrivare il culmine del piacere, si espande dall’inguine, le gambe si fanno molli ma spingo come se volessi trapassarla col mio cazzo. Esplodo dentro di lei tutto il mio sperma e la sento emettere un urlo sommesso e prolungato, il suo corpo si rilassa, smetto di spingere rimango lì dentro di lei, percepisco le sue contrazioni.

Che donna stupenda. I restanti giorni passano in un baleno, di giorno in ufficio di notte in un letto, nudi, scopando come se non ci fosse un domani. La trasferta perfetta. Ma come tutte le cose belle e piacevoli arriva velocemente il momento della separazione. Dopo l’ennesima notte di passione l’accompagno all’aeroporto, ci siamo scambiati i numeri di telefono, con la promessa di rivederci.

Sono passate tre settimane dal mio rientro in Italia, è un venerdì ed è quasi ora di pranzo, sono impaziente perché ho preso mezza giornata di ferie, alle 15 ho un aereo che mi porterà in Inghilterra. Ho un appuntamento per cena con Tracy, ho da dedicarle tutto l weekend, spero lo apprezzerà.



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Demonblu Invia un messaggio
Postato in data: 12/03/2019 16:30:29
Giudizio personale:
Molto intrigante, un crescendo senza fine. Niente male la scrittura e il raccontare.

Autore: Ziorudy Invia un messaggio
Postato in data: 13/03/2018 15:06:26
Giudizio personale:
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