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Storia di barbara ( undicesima parte) |
Storia di Barbara ( undicesima parte )
Era quasi arrivato l’ora dell’appuntamento obbligato che Matteo aveva fissato la sera prima. Stavo davanti al mio guardaroba con mille pensieri in testa: confusa e incazzata con il destino. Sapevo di non avere scelta, ma questo mi faceva imbestialire ancora di più. Guardavo il mio intimo indecisa su cosa fare, infine, sapendo di non avere scappatoie, presi quello che immaginai l’avrebbero fatto impazzire alla sua vista. Presi calze autoreggenti nere con un filo grigio dietro, misi un perizoma nero talmente piccolo e rabbrividendo, pensai alla sua reazione nel guardarlo, infine completai il pacco regalo con un reggiseno a balconcino sempre nero. Mi guardai allo specchio e vidi una donna molto sexy, ma non troia: esagerai con il rossetto rosso e sopra mi misi una gonna sfacciata, poi, non vedendo ancora un risultato consono all’immagine che volevo dare di me verso quel bastardo di ragazzino,mi tolsi il reggiseno: a quel punto i capezzoli spingendo sulla camicia chiara che avevo messo sopra ( sfacciatamente sbottonata)cominciarono a farmi apparire quello che nella realtà non ero; decisi di tenere la camicia libera fuori della gonna per darmi un’aria ancora più aggressiva e apparire quello che nella realtà non ero. Sicuramente Matteo sarebbe stato soddisfatto di quello che avrebbe visto: quel bastardo avrebbe avuto pane per i suoi denti. Il campanello suonò mezzora dopo. Per restare sola in casa, avevo mandato mio figlio a studiare da un suo amico trovando la scusa che quel giorno, avevo organizzato un incontro con delle amiche per una dimostrazione di prodotti per la casa: sapevo quanto lui odiasse quelle riunioni femminili, quindi, ebbi facilmente la casa libera. Mio marito era fuori per lavoro e sarebbe tornato solo due giorni dopo. Aprii la porta e me lo trovai davanti, sfacciatamente bello dentro i suoi jeans strappati, aveva il sorriso di chi si sente padrone d4l gioco e questo, mi faceva incavolare molto. Rimase sull’uscio squadrandomi tutta; - Sei proprio una gran fica vestita così…Sprizzi sesso da tutti i pori e hai due tette fantastiche. Le parole furono seguite dalle mani che cominciarono a scivolare sulla pelle fino a stringere i seni con violenza. La forza della stretta sui seni, mi fece strillare a bassa voce, avevo paura di essere sentita dai vicini; Mi fai male… Lo so e mi piace! Mi è sempre piaciuto guardarti, mentre soffri o godi. Non ebbi la forza di rispondere mentre chiudeva la porta dietro di se con un calcio. Dopo pochi attimi, mi trovai attaccata alla parete, la gonna alzata, le gambe dolorosamente allargate, mentre le sue mani frugavano tra le mie cosce spostando il perizoma; Tiramelo fuori! Quell’ordine perentorio fu come uno schiaffo al mio ego, improvvisamente, tutte le mie resistenze cedettero:come ipnotizzata, cercai il suo sesso sotto i calzoni e poi, uno volta trovato e liberato, lo indirizzai verso la mia vagina pulsante, avvinghiado il suo corpo con le mie cosce tremanti di desiderio represso. Appena entrato, mi fece urlare: ancora una volta, pensò solo a scopare il mio corpo. Non ero più abituata a tanta aggressività e le sue misure, erano notevolmente superiori a quelle di io marito, inoltre, aveva la foga dei suoi vent’anni. Continuò a penetrarmi violentemente sbattendomi contro la parete facendomi lacrimare, poi, cominciai ad adeguarmi al suo ritmo e, come tre anni prima cercai di trovare il mio piacere sotto le sue spinte,. Ormai il mio incubo era tornato, tanto valeva cercare di prendere il meglio di quello che succedeva. Sei sempre bella e calda, sempre stretta come una verginella…Non sei cambiata per niente, sembra quasi che tu in questi tre anni non hai mai scopato…Ma tuo marito è frocio? O ce l’ha talmente piccolo che non ti entra neanche? Ogni spinte, era nello stesso tempo piacere e dolore: feci finta di non sentire le sue parole provocatrici e abbracciandomi a lui, lo feci entrare in me come mai nessuno, subito dopo urlai il mio piacere nella sua bocca mordendogli un labbro. Uno schiaffo violento mi riportò alla realtà; - Brutta stronza! Mi hai fatto male! Uscì da me violentemente e prendendomi per un braccio mi spinse verso il divano; - Mettiti in ginocchio ! Eseguii mettendomi con il viso all’altezza del suo cazzo violaceo e teso, mi avvicinai per prenderlo tra le labbra, ma lui aveva altri progetti; - Eh no troia, devi girarti e metterti con le braccia sul divao, lo sai che amo il tuo culo ed è ora che lo riassaporo. Sapevo che sarebbe arrivato quel momento, ricordavo bene i suoi gusti e quanto anasse prendermi dietro, ma non ero ancora preparata, cercai di farlo intenerire ma ottenni solo l’effetto contrario; Ti prego Matteo, non sono stata bene stanotte… Ci penso io a farti passare il mal di stomaco, vedrai che tra dieci minuti quel dolore sarà l’ultimo dei tuoi pensieri! Aveva ragione e così fu. Guardai i suoi occhi e capii che non avrebbe cambiato idea: mi girai e appoggiai le braccia sul divano mettendomi a carponi, poi, allargai le cosce e aspettai il mio carnefice. Muovi il culo e dimmi che lo vuoi… Ti prego Matteo… Dimmelo o esco di qui e ti sputtano con tutti! Pensai a cosa poteva succedere se non avessi fatto quello che diceva: cominciai a roteare il sedere in modo provocatorio. La sua voce si incuneò violentemente dentro il mio cervello come la sua mano sulla mia natica sinistra; Dimmi che lo vuoi nel culo! Le mie parole uscirono tremule. Mettimelo nel culo… Non aspettò che io potessi ripensarci. Le sue mani presero i miei fianchi, spostò il filetto nero del perizoma fradicio di umori e senza prepararmi, spinse il suo desiderio dentro di me facendomi urlare. Aspettò un attimo perché io smettessi di urlare poi, avvicinandosi all’orecchio mi disse; adesso io sto fermo, voglio che sia tu a incularti da sola… Aspettai che il dolore si attenuasse e poi, piano, cominciai a muovermi piano cercando di abituarmi a quel palo dentro di me, ma, per quanto facessi, il dolore rimaneva enorme. Prevedo delle bellissime giornate da oggi in poi. Lo disse mentre improvvisamente, al contrario di quello che aveva chiesto, mi aveva penetrata al massimo spingendomi contro il divano: sentivo le palle sbattere contro le natiche e sentivo anche le mie urla strozzate in gola e mentre il suo sperma scaldava dopo tanto tempo le mie viscere, pensai ai giorni che sarebbero arrivati immaginando cosa avrebbe voluto da me… . |