i racconti erotici di desiderya

Rosy


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Rosy indossava un costume a due pezzi di colore nero. Gli slip piuttosto sgambati a malapena le celavano i peli e le labbra della figa. Un paio di Ray Ban dalle lenti scure le riparava gli occhi dal sole e dallo sguardo indiscreto della gente. Alla sfumatura rosea, quasi lilla, della pelle faceva contrasto la carnagione bruna dei ragazzi che si ostinavano a colmarla di attenzioni.

Coricato sulla stuoia, a pochi metri da Rosy, mantenevo lo sguardo nella direzione del suo giovane corpo deliziato dalle curve che sprigionavano vampate di calore africano. Conscia della propria bellezza, ape regina in mezzo a un branco di adolescenti, dava l'impressione di volerli sbeffeggiare guardando in maniera impudica nella mia direzione, incrociando in più di un'occasione il mio sguardo.

Stare a guardarla, ascoltando le parole che scambiava con i coetanei, era quanto di meglio mi era concesso in quell'insolita situazione. Invece mi sarebbe piaciuto ficcarle il cazzo fra le lentiggini che coloravano di rosa le guance intorno alla bocca, e farmi succhiare la cappella come era già accaduto in precedenti occasioni.

- Ti spiace correggere l'inclinazione dell'ombrellone? Così com'è orientato non fa abbastanza ombra. - disse Adriana.

Ruotai di qualche grado la pianta dell'ombrellone, dopodiché mi sdraiai sopra lo stuoino accanto a mia moglie.

- Non hai fame? - chiese Adriana.

- No.

- Vuoi una fetta di melone?

- Magari più tardi.

- Desideri da bere?

- Sì, grazie.

- Acqua minerale o Coca-Cola?

- Coca-Cola.

Adriana tolse dal bauletto termico una lattina di Coca-Cola e me la porse. Mentre sorseggiavo la bibita generai un paio di rutti nella direzione dei ragazzi. Una volta dissetato mi rimisi supino smanioso di placare l'ansia che Rosy mi aveva messo addosso.



La spiaggia del Lido Po dove Adriana ed io avevamo preso posto, insieme a una moltitudine di gente, distava un centinaio di metri dall'argine maestro. Oltre la barriera di terra artificiale, innalzata per impedire lo straripamento dell'importante corso d'acqua, potevo scorgere il campanile e i tetti delle case del paese.

Come succedeva in ogni domenica d'estate saremmo rimasti in spiaggia fino al tardo pomeriggio, dopodiché avremmo fatto ritorno a casa ad accogliere le nostre figlie e consumare la cena.

La musica sprigionata dalle onde radio di un apparecchio stereo giungeva insistente alle mie orecchie insieme allo strepitio di voci, urla e imprecazioni, ma soprattutto al trillo insistente dei telefoni cellulari. Quello di Rosy doveva essere incandescente perché trillava di continuo. Quando conversava al telefono volgeva di proposito lo sguardo nella mia direzione, burlandosi di me, parlando a bassa voce con dei probabili corteggiatori.

Stavo considerando l'opportunità di effettuare una passeggiata lungo il fiume, quando Rosy si mise in ginocchio sopra lo stuoino. Rimasi ad osservarla con curiosità mentre toglieva la parte superiore del costume da bagno, scarcerando le tette dall'involucro di stoffa che le teneva celate. In questo modo si guadagnò l'ammirazione mia e dei ragazzi che le stavano assiepati d'intorno.

Si mise supina e mise in bella mostra la parte pigmentata di rosa delle areole ed i capezzoli appuntiti, dopodiché girò il capo nella mia direzione e sorrise.

Non era la prima volta che vedevo Rosy in topless, più di una volta le avevo messo il cazzo fra le tette facendomi praticare più di una spagnola, ciononostante rimasi turbato dalla forma delle mammelle ingentilite dai raggi del sole. Mi ritrovai con il cazzo duro che pulsava sotto l'esile tessuto del costume da bagno senza saper cosa fare.

Messo a disagio dalla seducente presenza delle tette di Rosy mi girai sullo stuoino a pancia sotto, mantenendo lo sguardo fisso nella direzione della ragazza. Mia moglie, troppo impegnata a spalmarsi la crema di ambra solare sullo spesso strato di grasso della pelle, non si accorse del mio stato e mi lasciò godere dello spettacolo che avevo davanti agli occhi.



Rosy aveva diciotto anni, la stessa età di Giuditta: la maggiore delle mie due figlie. Entrambe avevano da poco conseguito la maturità scientifica, ed a breve si sarebbero iscritte all'università. Ma Rosy, a differenza di mia figlia, aveva cominciato giovanissima a lavorare coadiuvando i genitori nella conduzione della stazione di servizio per il rifornimento di carburante che avevano in gestione: l'unica in tutto il paese.

La mia storia con Rosy era cominciata una domenica mattina quando mi ero presentato alla stazione di servizio per fare rifornimento di benzina. Messo piede a terra mi ero avvicinato al bocchettone del serbatoio ed ero rimasto in attesa che uno dei gestori si avvicinasse.

- Buongiorno signor Ferrari.

- Ciao, Rosy.

- Quanta verde metto nel serbatoio?

- Il pieno! Ti spiace dare una occhiata alla pressione delle gomme e all'olio del motore? Devo andare a Genova e vorrei fare il viaggio con la vettura in perfetto ordine.

- Sarà fatto! - disse Rosy dispensandomi un ampio sorriso.



Ogni volta che mi recavo nella stazione di servizio e m'imbattevo in Rosy vestita con addosso la tuta da lavoro mi sentivo in imbarazzo. Sembrava persino un'altra donna rispetto alla Rosy che era solita presentarsi a casa mia per intrattenersi a studiare con mia figlia. Nelle vesti di benzinaia non sembrava per niente in soggezione, ma non possedeva la stessa carica erotica di quando la scorgevo agghindata con minigonne mozzafiato.

- Giuditta?

- E' ancora a letto. Stanotte è tornata alle tre. - dissi stizzito.

- Accidenti! E' tornata presto... quando esco al sabato sera ritorno a casa solo alla domenica mattino, dopo che ho fatto colazione. - disse cercando di scandalizzarmi.

- E tu ieri sera non sei andata in discoteca?

- No, sono rimasta in casa a studiare. Manca una settimana all'esame di maturità ed ho una grande quantità di cose da ripassare. Non sono preparata come Giuditta... lei sì che può permettersi la discoteca intelligente com'é.

Capelli lunghi raccolti a coda di cavallo, frangetta sulla fronte, denti perfettamente allineati, Rosy abbozzò un sorriso e m'invitò a spostare la macchina qualche metro più in là, vicino alla colonnina del compressore dell'aria.

- A quanto vuole la pressione delle gomme?

- Due atmosfere.

- Tutt'e quattro le gomme?

- Sì, direi proprio di sì...

Rosy si chinò sulla prima delle quattro ruote. Infilò il bocchettone del compressore nella valvola, poi azionò la fuoriuscita dell'aria fintanto che la lancetta del manometro si fermò sulla barra che indicava le due atmosfere. Eseguì il medesimo intervento sulle altre ruote ed io rimasi ad osservarla mentre compiva il lavoro, sorpreso dalla naturalezza con cui svolgeva un tipo di lavoro non propriamente adatto a una donna giovane come lei, perlomeno questo pensai.

- Controllo anche l'olio?

- Sì, grazie. - dissi.

- Sia gentile, salga in macchina e liberi il gancio del cofano.

Qualche istante dopo ero seduto al posto di guida della vettura intento ad azionare il comando che liberava il cofano. Rosy sollevò la copertura di lamiera e la fissò con un'asta metallica alla carrozzeria in modo che non le piombasse sul capo mentre controllava la presenza dell'olio nel motore.

- Va bene così, non c'è bisogno di alcun rabbocco. - disse dopo avere esaminato l'asta millimetrata che si era premurata di togliere dal blocco motore.

- Meglio così... adesso posso mettermi in viaggio senza preoccupazioni.

- Se vuole do una occhiata al liquido refrigerante, le spiace?

- No, tutt'altro

- E' sotto la linea del livello minimo. Che faccio, rabbocco?

- Sì certo.

Rosy si allontanò dall'autovettura. Fece ritorno poco dopo stringendo nella mano una lattina di Paraflù che si premurò di versare nella vaschetta del vano motore. Mentre compiva l'operazione mi sporsi verso la vettura per seguire più da vicino il lavoro che stava eseguendo. Inavvertitamente urtai il braccio di Rosy deviando l'uscita del liquido sulla carrozzeria, spruzzandomi i pantaloni.

- Accidenti!

- Mi scusi non l'ho fatto apposta. - disse Rosy mentre ultimava il rabbocco.

- Non preoccuparti, è stata colpa mia. - la rassicurai.

- Se vuole posso provare a togliere le macchie dai pantaloni. Ho uno smacchiatore che fa i miracoli. Però occorre farlo subito, prima che il liquido si rapprenda del tutto. Che faccio?

- Sì, va bene... facciamo la prova.

Rosy mi accompagnò nel bagno riservato al personale della stazione di servizio. Tolse da un armadietto una boccetta e, inginocchiatasi ai miei piedi, fece cadere alcune gocce del detergente sulle brache. La situazione precipitò, in maniera inaspettata, quando incominciò a operare con le dita sulle chiazze localizzate sulla patta dei pantaloni. In poco tempo mi ritrovai con il cazzo duro senza riuscire a porvi rimedio. Rosy, per niente confusa dal mio stato di eccitazione, proseguì nello strofinare le dita sul tessuto dei pantaloni, fintanto che sollevò lo sguardo nella mia direzione. I nostri occhi s'incrociarono.

Non ci scambiammo una sola parola, non ce ne fu bisogno. Abbassai la lampo e liberai il cazzo fuori dalla patta. Subito dopo accompagnai le braccia intorno al capo di Rosy e le avvicinai le labbra contro la cappella.

La ragazza aprì la bocca e le fui grato quando accolse fra le labbra il cazzo che le pulsava davanti agli occhi. Lo accompagnai dentro la bocca e lei incominciò a succhiarlo, poi si dedicò a leccarmi la cappella facendomi sciogliere di piacere.

Rosy era animata da una gran voglia di farmi venire al più presto nella bocca prima che giungesse uno dei genitori a cercarla. Per farlo si aiutò con la mano, impugnando il cazzo alla radice mentre lo succhiava, ma non le riusciva di farmi venire nonostante il mio stato d'eccitazione. Tutt'a un tratto abbassò la tuta e le mutandine fino ai piedi rimanendo con addosso la sola camicetta ed il reggiseno. Senza che lo reclamassi mi volse le spalle, dopodiché curvò il capo verso il lavandino abbrancandolo con l'estremità delle mani. Sbalordito dal suo gesto mi ritrovai con le natiche davanti agli occhi e le carezzai, poi puntai la cappella contro il buco del culo senza penetrarla, sfregandolo soltanto sulla pelle.

- Ti piace? - disse volgendo il capo nella mia direzione.

- Sì.

- E' questo che vuoi?

- No, non voglio il tuo culo.

- Cosa desideri?

- Scoparti nella figa, adesso!

Con le mani esercitai una presa sulle natiche che mi stavano davanti. Guidai il cazzo nella figa fradicia di umore e cominciai a scoparla.

I nostri corpi s'impregnarono del sudore dell'altro mentre spingevo il cazzo avanti e indietro ansimando come un animale. Evitai di sborrarle nella figa, eiaculando nella sua bocca come si fece premura di fare appena le dissi tremando che stavo per venire.



Come ogni domenica di luglio la spiaggia era colma di gente. La sfumatura quasi lilla della pelle di Rosy faceva differenza da quelle abbrunite delle altre donne rendendola ancora più desiderabile. Adoravo i suoi capelli fulvi, la pelle chiara e le tette con le areole rosa. Fare l'amore e l'amore sono due cose diverse. Facendo l'amore con Rosy avevo preso consapevolezza di quanto ero stato sciocco nel fare sesso per trent'anni sempre con la stessa persona, mia moglie, riservando solo a lei il mio amore.

Rosy con la sua ventata di giovinezza mi aveva fatto dono di un piacere intenso, ma soprattutto mi aveva aperto gli occhi sul quello che è un diverso modo d'intendere la vita offrendomi a cinquant'anni l'aureola della seduzione.

Quando nel tardo pomeriggio abbandonai la spiaggia Rosy era sdraiata sulla sabbia intenta ad abbronzare la pelle di colore lilla. Passandole accanto insieme a mia moglie non la degnai di uno sguardo e lo stesso fece lei.



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