i racconti erotici di desiderya |
Ritorno a casa |
Dopo due settimane lontano da casa il ritorno in famiglia è sempre il momento più bello ed eccitante per un marito, soprattutto se questi di lavoro fa il militare. Federica, mia moglie, ha 25 anni è una donna bellissima, i suoi capelli corti fino alle spalle color mogano, che con la luce del sole lasciano intravedere delle leggere sfumature bordò incorniciano perfettamente i dolci lineamenti del suo viso. Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima, i suoi riflettono limpidamente tutta la sua dolcezza e, con quella forma leggermente a mandorla, richiamano il tipico fascino orientale. Sotto uno di essi, il destro per la precisione, spostato poco al di sopra dello zigomo, c’è un piccolissimo neo che le dona un’aria da dama rinascimentale, è stata la prima cosa di lei della quale mi sono innamorato. Il fisico conservato molto bene da tanti anni di pallavolo non è venuto meno nonostante le fatiche della gravidanza ed il suo ventre conserva ancora tutta la sua innocente sensualità di giovane ragazza, solo che a differenza di prima ora sembra ti sorrida con quella piccola cicatrice poco sopra l’inguine che somiglia tanto ad una bocca sorridente. Quel piccolo taglio mi fa impazzire, lo accarezzo di continuo per me, anzi per noi è la testimonianza di un sogno d’amore coronato con la nascita della nostra meravigliosa bambina. Non è tanto alta a dire la verità, ma è molto ben distribuita. Il suo decolté mi fa impazzire, sembra modellato da un Dio greco e anche se lei lamenta il fatto che sia leggermente cadente per via dall’allattamento. Per me non ne esistono di più belli. Lo amo, mi piace e mi eccita al punto da volerlo avere sempre sotto le mie mani e non appena posso vado a darle una palpata come a non volerne dimenticare forma e consistenza. I suoi capezzoli sono morbidissimi e quando si induriscono per l’eccitazione non riesco a non avvicinarvici la bocca per baciarli e leccarli tutti. Il suo sedere poi dovreste vederlo. ODDIO MIO QUANTO E’ BELLO!!! Botticelli è risorto in una sera di ottobre di quel lontano 1986 per dare vita alla sua ultima e più bella opera d’arte. Amo abbracciarla da dietro mentre stira o lava i piatti e strusciare su di esso tutta la mia virilità e la mia eccitazione. Per me è una venere ogni volta che la vedo in lingerie mi manca il respiro, le mani mi incominciano a sudare, l’eccitazione sale e da sotto le mutande sento il mio pene che sembra voler schizzare fuori quasi a volersi godere anche lui lo spettacolo. La amo più di ogni altra cosa al mondo è la mia principessa. Poi c’è mia figlia Giulia, una bimba di due anni, iperattiva che ti porta via forza e tempo in quantità industriale ma che alla fine quando ti guarda, ti sorride o più semplicemente ti chiama senti il cuore che ti si scoglie e anche se fino ad un minuto prima piangeva per qualche capriccio la riempi di coccole. E’ la nostra gioia, ci basta guardarla per dimenticare tutti i pensieri ed i problemi che affrontiamo quotidianamente. Ha una chioma biondissima e due occhi che sprizzano una furbizia inimmaginabile per una bimba di quell’età. Infine ci sono io Thomas, ho 30 anni e da 12 sono arruolato nell’esercito. Sono Caporal Maggiore Capo, ancora uno scatto ed avrò raggiunto l’apice della mia modesta carriera. Ma d’altro canto a me non interessa diventare chissà chi per fare chissà cosa. Per me la cosa più importante è avere un lavoro che mi permetta di realizzare tutti i sogni di mia moglie e della mia bambina. Ogni tanto per lavoro mi assento per qualche settimana di polveriera o per un mese di campo oppure per un’attività congiunta con le altre forze dell’ordine in qualche città dell’ Italia. Questa volta mi è toccata una polveriera a Mantova. Due settimane di turni, giri di pattuglia, allarmi di primo tempo e poche ore di sonno in una struttura fatiscente e sconsolatamente abbandonata con un solo maresciallo a gestirla nella quale teoricamente dovrebbero essere conservati missili o armamenti vari ma che in realtà contiene qualche ferraglia abbandonata ed alcuni autoveicoli in disuso. Per tutti quei benedetti quattordici giorni non ho pensato ad altro a quale sorpresa preparale, come poter soddisfare ogni suo più piccolo desiderio sapendo che il tempo nella vita di due coniugi impegnati tra lavoro, famiglia e figli è pressoché nullo. Quale regalo poterle fare per “giustificare” in qualche modo quell’innaturale senso di colpa che giaceva dentro di me solo per aver adempiuto nient’altro che al mio dovere. Non ero mica andato in vacanza all’estero, non ero mica uscito con gli amici il sabato sera per andare in discoteca o ancora peggio non l’avevo mica tradita. Eppure lui era là, quel bastardo, incomprensibile e fastidiosissimo senso di colpa era li a farmi stare male e per quanto io cercassi con tutto me stesso di convincermi che non aveva senso avere rimorsi nei confronti del mio lavoro, egli rimaneva costantemente in me come una cozza è attaccata al suo scoglio. Per questo cercavo continuamente in me la consapevolezza che alla fine questa è la vita soprattutto quella militare che ti porta a stare lontano dai tuoi affetti. Lo sapevo e l’ho sempre saputo ma quando non è più un discorso vincolato solo a te ti rendi conto che la fatica non la fai solo tu nel dover partire e stare lontano dagli affetti, ma la fanno soprattutto loro che subiscono in qualche modo la tua assenza. Forse era proprio per questo che mi sentivo così in colpa, ho passato la maggior parte della mia vita a leccarmi le ferite inferte da una famiglia priva di struttura, di un padre assente, di parenti che non esistevano, di una famiglia priva di ogni fondamento dove i ricordi più belli sono legati ai momenti in cui io non ero con loro. Proprio ora che ero riuscito a costruire una famiglia tutta mia avrei fatto di tutto pur di non farle mancare niente. Ero andato a fare un campo, niente di più, per giunta profumatamente pagato dal momento che percepivo 640 euro a settimana di extra-bugget. Ma non mi importava dei soldi! In quel momento per me era più grande il fastidio di aver privato mia figlia per due settimane di poter giocare con il suo babbo e mia moglie di poter godere di tutte le attenzioni che un marito innamorato pazzo di lei le poteva donare. “BEATA LA FAMIGLIA DOVE PARTIRE VUOL DIR SOFFERENZA E ARRIVO VUOL DIR GIOIA” , non ricordo quale santo lo diceva, forse San Pio o forse San vattelappesca. Non è importante e a dirla tutta la trovo anche un po’ banale come frase, ma durante il viaggio di ritorno da Cervia in quel cacciamali, durante tutta la durata di quello scomodissimo viaggio seduto in quel rottame di un pullman, non sono riuscito a trovare un solo motivo per il quale quella frase non calzasse alla perfezione. Ma purtroppo la vita è così, e con il tempo il senso di colpa scema gradualmente a favore della convinzione che quando si è capo famiglia si hanno delle responsabilità nei confronti dei propri cari. Per questo quotidianamente non faccio altro che pensare a come poter renderli felici, è il mio pensiero fisso sin da quando sono entrati come dei fulmini a ciel sereno nella mia vita. Siamo una famiglia ed io ne sono il punto di riferimento ed è mio preciso compito prendermi cura di loro in tutto e per tutto. Durante quei giorni tutto mi è mancato di loro, i capricci della bimba, il profumo della pelle di Federica, le faccine birbe di Giulia, le paranoie di una moglie che si vede sempre tutta ciccia e brufoli per dirla come nella nota pubblicità. Persino i suoi genitori mi mancavano, sebbene con la suocera litighi un giorno si e l’altro pure sentivo di aver bisogno del loro costante ed assillante volerci aiutare a tutti i costi. Eh si, purtroppo l’essere umano è fatto così, prima desidera avere una famiglia sua e si lamenta che non trova la donna giusta, quando ce l’ha si lamenta della moglie assillante e dei suoceri invadenti ma quando vi è lontano lamenta la loro mancanza rendendosi conto di non poter fare a meno di tutto ciò. L’essere umano è la creatura più complessa e strana che Dio abbia creato, anzi a dirla tutto secondo me esso è la dimostrazione che anche ad un’entità superiore come lui tutte le ciambelle non riescono col buco.
Arrivato quel fatidico giovedì salii sul pullman che mi riportava da Mantova a Rimini. Il viaggio seduto su quegli stretti sedili di vera finta pelle ed imbottiti di vera finta spugna rendeva ancora più lungo un viaggio già reso infinito dai 90 km/h di velocità di punta di quel rumorosissimo mezzo e dall’impazienza di rivedere le mie due gioie più grandi. Durante il viaggio di ritorno ci fermammo in un’ autogrill e cercai qualcosa di carino per la bimba. Trovai un peluche, una foca bianca con il pelo morbidissimo e gli occhioni grossi come due noci ma non del tutto convinto la riposai. Più in là, vicino lo scaffale dei cd vidi un vasetto di Didò e mi ricordai di quanto a Giulia piacesse lavorare la pasta come la sua affezionatissima bis nonna. Fatto, la bimba era sistemata. Arrivati a Rimini mi affrettai a scaricare i bagagli posare fucile, maschera ed elmetto non senza ricorrere a qualche vecchio trucco da naione per saltare la fila infischiandomene se qualche collega brontolava e mi mandava platealmente a quel paese, “GLI PASSERA’” pensai tra me e me. Caricati i bagagli in macchina andai al centro commerciale e mi procurai tutto quello che mi serviva. Candele profumate, spumante, baci perugina. Entrai nel negozio della yamhamay e le comprai un completo intimo molto sexy poi in un negozio di intimo per uomo dove presi un completo intimo della navigare per me. Per lei scelsi un reggiseno senza imbottitura corredato da canotta e slip modello brasiliana, tutto rigorosamente in cotone memore della sua intolleranza per la microfibra o il sintetico. Per me andai sul classico ed optai per una magliettina intima ed un paio boxer aderenti neri. Finito di fare compre partii alla volta di casa, arrivai in paese alle 11:35 non appena la vidi, le andai incontro. Mi stava aspettando sul ciglio della porta della casa dei miei suoceri con in braccio la bambina. Salutai prima Federica, le diedi un bacio appassionatissimo, le nostre lingue sembravano doversi annodare come i lacci delle scarpe che formano quei fastidiosissimi nodi impossibili da sciogliere, poi salutai la piccola e la strinsi forte a me. Entrammo in casa e ci sedemmo a tavola per pranzare. Appena finito di mangiare inventai una scusa per potermi allontanare ed andare a prepararle la serata. Mi recai dalla fioraia del paese e mi procurai dei petali di rosa, poi andai a casa e incominciai a sistemare il tutto. Mentre misi a masterizzare il cd con le canzoni che mi ero preparato durante la mia assenza cosparsi il letto di petali e baci perugina. Con quella trapunta blu il letto sembrava uno scorcio di cielo pieno di stelle luminose che facevano capolino fra un cumulo frastagliato di nuvole. Al centro del letto sistemai con cura il pacchetto contenente il completo che le avevo comprato, sembrava quasi che stessi sistemando la punta dell’albero di Natale lo giravo e rigiravo cercando la posizione perfetta. Presi cinque cravatte dal mio armadio e le sistemai sul comò vicino al letto, sarebbero servite per realizzare una delle sue più grandi fantasie, e cioè quella di legarmi, bendarmi e fare di me quello che voleva. Successivamente sistemai accuratamente le candele per la camera da letto e non appena finita la masterizzazione misi il cd nel lettore per provarlo, funzionava! In sala da pranzo incrociai sul tavolo della sala due calici da spumante e preparai il ghiaccio necessario a riempire il suaglass nel quale poi le avrei messo lo spumante. Fatto questo non rimaneva che attendere i favori delle tenebre ma soprattutto il sopraggiungere del sonno alla piccola. Non appena si addormentò la bimba a casa dei nonni scattò il fatidico momento. Dissi a Federica di aspettare dieci minuti prima di venire a casa, e andai a dare il via alla serata. Accesi le candele, feci partire la musica e riempito il suaglass di ghiaccio vi infilai dentro lo spumante e lo misi accanto ai calici. Non appena finii di preparare il tutto sentii suonare alla porta, aprii. Era lei. Bella come il sole, il suo fascino era tutto nella semplicità dei suoi jeans e di quella maglia color salmone. La introdussi in casa, coprendole con le mani gli occhi. Quando le tolsi senza neanche guardare lo spumante si girò e mi diede un bacio intensissimo, non le interessava quanto meravigliosa potesse essere la sorpresa, comunque in cuor suo sapeva che le avrei fatto passare una serata indimenticabile e per questo mi ringraziava a prescindere. Stappai lo spumante e brindammo a noi, al nostro amore, alla sua bellezza, la guardai negli occhi e le ricordai, come se ce ne fosse stato bisogno, quanto lei fosse importante per me. Lo feci con quell'eccitazione mista a paura che di solito è sita negli adolescenti al primo appuntamento. Il mio cuore batteva talmente forte che stando zitti si poteva sentire scandito ogni singolo battito. Non riuscivo a smettere di guardarla, quella sera era più bella del solito, i suoi occhi sembravano essere uno specchio magico che riusciva a mettere a nudo tutte le mie fragilità e le mie paure, capii ancora di più che lei era la parte più importante di me quella senza la quale il mio cuore non avrebbe mai potuto pulsare. La baciai una volta e un'altra e un’altra ancora. Persi il conto del numero dei baci che ci scambiammo, la passione ci fece perdere la cognizione del tempo, e non ci rendemmo conto di quanto tempo le nostre labbra rimasero attaccate ma sinceramente non ci interessava, non avevamo alcuna fretta. L'unica cosa che contava era che io e lei eravamo li, soli, liberi di dare sfogo alle nostre passioni più sfrenate. Come due bambini che escono per la prima volta da soli per la testa ci scorreva velocissimo tutto quello che avremmo potuto e voluto fare in quella serata. La portai in camera da letto, dall’espressione del suo viso esterrefatto e sorridente capii che apprezzò moltissimo. “SEI MATTO” esclamò con un filo di fiato. Ammirò le candele e ne apprezzò il profumo e l’atmosfera che esse con la loro tremolante luce creavano. Fece il giro del letto sfiorando con la mano i petali adagiativi sopra come a volerli accarezzare. Vide il pacchetto posto al centro del letto, lo prese, mi guardò, sorrise e con dolce ipocrisia mi chiese: “E’ MIO?” “NO E’ PER ME” risposi sorridendo. Le piacque molto, “ASPETTA UN’ ATTIMO” mi disse ed entrò di corsa nel bagno per cambiarsi. Non appena tornò mi si bloccò il fiato. Sembrava una venere. Quel completo le sembrava disegnato addosso. I suoi seni calzavano in quel reggiseno come se li avessero presi come stampi per formare quelle coppe. La canotta cadeva giù morbida sui fianchi e lasciava intravedere gli slip che poco celavano all’immaginazione. L’abbracciai, ci baciammo e ci adagiammo dolcemente sul letto incuranti dei petali e dei cioccolatini, incominciai ad accarezzarle i seni, morbidissimi e scesi nella pancia. Con le dita sfiorai la cicatrice del parto quasi a volerla salutare ed infine finìì inevitabilmente per massaggiarle il suo sedere esaltato da quegli slip. Mi sfilò la camicia e mi baciò il petto, era meraviglioso. I brividi mi scesero per tutta la schiena fino al coccige. La sua bocca era liscia come la seta e la sua lingua morbida sembrava volesse avidamente assaggiare ogni più piccolo pezzo della mia pelle. Mi sfilò i pantaloni e vide le mie mutande nuove, erano gonfie di voglia, erano gonfie di lei, “BELLE, TI DONANO” mi disse sorridendo, “SPECIE ORA CHE SONO COSI’ GONFIE”. Le sfilai da canotta e subito dopo il reggiseno e mi apparsero in tutta la loro soffice bellezza quei seni che tante volte avevo visto, toccato e baciato, ma che quella sera avevano un qualcosa di diverso, qualcosa di poetico. Erano più belli, tondi e i capezzoli sembravano due ciliegie gustosissime da assaporare con estrema dolcezza. La feci sdraiare in posizione prona, ed incominciai a massaggiarla. Le mie mani si muovevano sinuosamente come a volerle trasmettere tutto l'amore, l’eccitazione e la voglia che provavo in quel momento. Le massaggiai le spalle poi passai alla schiena e scesi per tutta la colonna vertebrale. Arrivai al sedere, mi abbassai e incominciai a baciarlo da sopra quegli slip che lo incorniciavano come fosse un’opera d’arte. Come preso da un’ istinto animale presi un lembo di quegli slip tra i denti e con decisa dolcezza glieli feci scorrere giù. MENTRE le sfilavo gli slip le mie labbra accarezzavano quelle gambe candide e lisce, sentivo che l’eccitazione irrompeva sempre più in noi come un fiume in piena che sfonda gli argini, argini che per noi erano rappresentati dai nostri freni inibitori. Risalii di nuovo verso il suo sedere e incominciai a leccarla fra le gambe, sentii il sapore della sua figa bagnata, l’odore della sua eccitazione, i gemiti che accompagnavano il suo sempre più crescente piacere. “SI COSÌ! CONTINUA, NON FERMARTI, MI FAI MORIRE!!!” mi implorò con la stessa pietà usata da un prigioniero nei riguardi del proprio carceriere. Proprio quando pensavo ch e era in balia delle mie attenzioni si rizzò su, e scese dal letto. Mi sfilò i boxer e diede un dolce bacio a stampo nella punta del mio pene già durissimo. La vidi che andò vicino al comò e prese le cravatte. “SDRAIATI!” mi ordinò. Con una cravatta mi bendò, sparì dalla mia visuale e di colpo il buio mi circondò. Sentii che mi allargava le braccia, uno alla volta legava i miei polsi alla rete del letto. Dopo toccò alle gambe, ero completamente suo. Poteva farmi quello che voleva ed io non avrei potuto fare niente, ma soprattutto non potevo sapere cosa aspettarmi e questo mi eccitava ancora di più. Incominciò a baciarmi, senza staccare mai le labbra scese al soffermandosi nel collo e proseguendo nel mio petto. La sua lingua incominciò a giocare con i miei capezzoli, di solito non le permettevo di farlo, sapeva che mi faceva impazzire di solletico ma quella sera ero suo e soprattutto ero completamente legato e bendato. Non potei fare niente, si era calata perfettamente nel suo nuovo ruolo di romantica aguzzina, infatti stavo morendo avrei voluto fermarla ma non potevo, le chiedevo di smettere ma lei continuava imperterrita. Si interruppe ed io tirai un sospiro di sollievo ma fu una breve sosta. Rabbrividii improvvisamente! Il mio capezzolo di destra si congelò, prese un cubetto di ghiaccio dal suaglass, lo mise in bocca facendone fuoriuscire una piccola estremità fra le labbra ed incomincio a massaggiare il capezzolo. Successivamente passò all’altro, era la cosa più fastidiosa ma più eccitante che mi avesse mai fatto e pertanto la lasciai fare. Scorse per tutto il petto, scese sulla pancia, i brividi erano sempre più forti ma non c’era verso di poter fermare quell’uragano di eccitazione. Mi aspettai che da un momento all’altro praticasse quella stupenda sevizia anche sul pene, ma non lo fece! Passò per la coscia destra e arrivò alle palle. Senza che me ne resi quasi conto esclamai “ODDIO, CHE SPETTACOLO È MERAVIGLIOSO! TI AMO PRINCIPESSA NON FERMARTI NEANCHE SE TI IMPLORO DI FARLO.” In realtà non c’era neanche bisogno di chiederglielo, lei sembrava aver disconnesso le orecchie e continuò imperterrita nella sua dolce tortura. Dalle palle fu un’ attimo e salì lungo tutto il mio pisello gonfio di voglia. Arrivò alla cappella ed incominciò dolcemente ad infliggergli la sua personale vendetta. “AAAAAA CHE BELLO, SIIIIII AMORE MIO È TREMENDAMENTE BELLO!” Dopo qualche minuto di quella meravigliosa sofferenza scostò la bocca, posò il ghiaccio ed incominciò a succhiare morbidamente la mia cappella, sembrava stesse mangiando un ciupa ciups. Successivamente lo prese tutto in bocca, lo fece con decisione ma con tutta la dolcezza di cui era capace. Incominciò a salire e scendere e mentre lo faceva con la lingua massaggiava dall’interno tutto il membro e con una mano mi massaggiava le palle cercando di stuzzicarmi il l’ano con il dito medio. La golosità che ci metteva nel fare quel pompino dava l’impressione di una donna che si gustava dopo tantissimo tempo il suo gelato preferito. Sentivo che ci metteva la stessa dedizione di un’artista impegnato nella realizzazione della sua opera d’arte. Era una situazione meravigliosa, Io non potevo vederla, lei non poteva parlarmi ma in quel momento capii che avrebbe voluto dirmi qualcosa: “TI AMO AMORE MIO, SEI TUTTA LA MIA VITA!”. Oramai sopraffatto ed impotente dinnanzi a quell’uragano di donna come un topo catturato da un cobra accennai con la testa un segno di assenso come in preda ad una crisi mistica come a dire “ANCHE IO PRINCIPESSA, SEI I MIEI OCCHI, IL MIO CUORE, LA MIA ANIMA!”. Sebbene quel breve dialogo non ci sia mai stato per noi è come se avessimo realmente parlato e fosse stato il più intenso dialogo mai fatto tra di noi. Dentro di me stentavo a riconoscerla, sembrava un’altra donna. Non era più quella ragazza insicura e timida che si vergognava di rilasciare i propri freni inibitori con l’uomo che amava, era una donna, una donna navigata, una di quella che sembra aver avuto mille amanti. Non una puttana no, le puttane non ci mettono tutto l’amore e la passione che in quel momento lei mi stava trasmettendo. Per la prima volta nella sua vita lei si era lasciata andare completamente trasformandosi in una sorta di stupendo Mr Hyde, ma la cosa più bella era che non mi spaventava affatto, anzi mi eccitava ancora di più. Di colpo si fermò, sfilò quel membro duro dalla bocca, sentivo che era ricoperto della sua saliva, la sentivo scivolare lungo tutta l’asta e adagiarsi sui peli. Non resistei più e alzai un po’ la testa e, favorito da una piega della cravatta che mi copriva gli occhi, sbirciai per cercare di vedere quale fosse la sua prossima mossa. Intravidi il mio pene, fieramente eretto, la luce soffusa e tremante delle candele lo faceva sbrilluccicare come un’ albero di Natale. Richiusi gli occhi e riadagiai la testa sul cuscino. Improvvisamente sentii un calore improvviso nelle palle, era lei. Le prese in bocca e incominciò a succhiarle dolcemente mentre con la punta del dito continuava a giocherellare e a penetrare il mio ano. Muoveva la bocca lentamente ed incominciò a simulare una meravigliosa, dolce e sensuale masticazione. Ero in preda al delirio e le dissi “AMORE MIO SEI MERAVIGLIOSA” a quelle parole si mise a cavalcioni sul mio viso e incominciammo uno dei più bei 69 della mia vita. Lei riprese li dove aveva lasciato con il suo pompino ed io incominciai a leccarle la figa grondante di voglia. Che meravigliosa sensazione, stavamo godendo ognuno dei piaceri dell’altro. Andammo avanti per un po’ poi lei si alzò e si recò di nuovo nel comò, aprii un cassetto e vi estrasse qualcosa. Ritornò nella stessa posizione di poco prima così ripresi a leccarla. Il sapore e l’odore del suo umore mi facevano impazzire, la mia lingua era ricoperta della sua voglia e quel sapore dolcemente acre mandava in visibilio le papille gustative. Ad un tratto udii un leggero ronzio e sentii qualcosa di molto diverso dal dito di prima che giocava con il mio l’ano. Era un vibratore! “ODDIO MIO AMORE CHE FAI?” “SCCCCCHHHHHH!” mi azzittii immediatamente lei. Ricominciò con il pompino e mentre riprendeva a gustarmi intraprese un massaggio circolare nell’ano con il suo nuovo giocattolo. Non potevo fare altro che stare fermo, rilassato e godermi questa sua nuova ed eccitantissima supplizia. La punta del vibratore sembrava voler farsi largo sempre di più nel mio orifizio fino a che non penetrò per almeno 6-7 cm. Provai del dolore e capii quanto per una donna possa essere difficile accondiscendere alle richieste di un marito. Incominciò un’azione combinata di sali e scendi della bocca sul mio pene e dentro e fuori nel mio culo. Provavo del dolore ma mi piaceva e la implorai di continuare. Non dovetti chiederlo troppe volte, anzi di sicuro non serviva neanche una volta. Andò avanti per alcuni minuti e sentivo la punta di quell’arnese che mi spingeva la prostata procurandomi un piacevolissimo fastidio. Io intanto continuavo a leccarla e la mia lingua, a sua volta, si faceva largo nella sua figa. Penetrai quanto più riuscivo muovendola dapprima dentro e fuori e poi in senso circolare. A quel movimento lei si bloccò ed emise un gemito che si propagò per tutto il mio pene. Le vibrazioni emesse da quel gemito mi diedero un piacere nuovo, una sensazione mai provata prima. Alla fine di questo stupendo gioco lei si alzò si girò e incominciò a cavalcarmi. Il mio pene non dovette fare troppi sforzi per entrare visto lo stato di lubrificazione di entrambi. Sentivo la sua figa bollente sembrava di aver messo il pene in un forno acceso a 180° da due ore. Le pareti che lo circondavano erano lisce, calde, morbide e completamente ricoperte dal suo desiderio. La implorai di levarmi la benda, lo fece, la guardai e la vedevo in tutta la sua statuaria bellezza che mi cavalcava, mi sentivo come un cavallo imbizzarrito che veniva domato dalla propria caw-girl in un rodeo. Le sue tette ballavano a ritmo dei colpi incessanti di quel rapporto e il suo viso si levo verso l’alto con gli occhi chiusi dal piacere. Sembrava quasi che io non esistessi quando la sentii gemere “DAI AMORE SEI MERAVIGLIOSO, COME E’ DURO MI FAI IMPAZZIRE!” Vidi la punta della lingua fuoriuscire dalla sua bocca socchiusa e posarsi sul labbro superiore e pensai che finalmente per una volta eravamo riusciti a soddisfarci completamente senza avere alcun pensiero o freno. Eravamo li sdraiati, nudi sul letto io sotto e lei sopra che mi cavalcava e per la prima volta lo faceva con la mente completamente sgombra da ogni sorta di pudore. Ad un tratto smise di cavalcarmi, senza uscire sfruttò la posizione per far si che il mio pisello la penetrasse il più infondo possibile ed incominciò a muovere il bacino avanti ed indietro molto lentamente. Fu il tripudio di entrambi non resistemmo più di 4 o 5 movimenti che sentii il mio pene gonfiarsi come non mai ed esplodere tutto il suo amore. Anche lei venne e i nostri gemiti si unirono all’unisono creando una meravigliosa sinfonia orgasmica. Sentivo il mio sperma fuoriuscire dall’uretra con la pressione di un’ idrante come nel vano tentativo di cercare di spegnere quell’incendio che si era acceso in lei. La sua figa grondava del più intenso orgasmo mai provato, mentre stava venendo e mi faceva impazzire rendermi conto che ogni singolo muscolo del suo corpo si prodigava solo ed esclusivamente in quell’orgasmo. Calmati momentaneamente i nostri istinti lei mi slegò le braccia, ci abbracciammo incuranti del fatto che l’uno era ancora dentro l’altra. Ci scambiammo altri baci, ci coccolammo, ci accarezzammo eravamo contentissimi. Nel momento subito dopo aver fatto l’amore era non pensavamo nient’altro che a noi, alle sensazioni provate e a quelle che avremmo provato ancora. Era come se tutto quello che ci circondava, il lavoro, la famiglia la figlia per un’ attimo non ci fossero mai stati eravamo totalmente assuefatti dal piacere. I suoi occhi brillavano di luce nuova e una lacrima sembrava fare capolino dall’occhio sinistro. Non servì dire niente, non serviva dire cose come: “grazie”, “ti amo” oppure ”è stato bellissimo”, era tutto li in quell’intenso e prolungato sguardo che ci stavamo scambiando. Lei era mia ed io ero suo, ci appartenevamo l’uno all’altra completamente. Non so per quanto rimanemmo abbracciati, sarebbe potuta essere mezzora come un’ora a noi non interessava l’importante era che noi ci amavamo i nostri corpi nudi e sudati erano li a testimoniarlo. Dopo un po’ che eravamo sdraiati sul letto lei mi guardò con quegli occhi sbarazzini, non dovette dirmi niente la capìì al volo ed infatti sentita la sua mano che riprendeva a massaggiare le palle il mio pene si eresse di nuovo come fosse stato attraversato da una nuova e impetuosa scossa di vitalità. Mi slegò i piedi mi fece spostare e si adagiò in posizione supina. Allungò le braccia verso di me come una fa una bimba quando vede ritornare il proprio babbo dal lavoro. Mi adagiai delicatamente lungo il suo corpo e le sue braccia mi cinsero improvvisamente come a non volermi lasciare scappare, come a dire che io ero suo e che non mi avrebbe mai lasciato andare. La punta del mio pene incominciò a sfiorare i peli della sua figa e poi cominciò un delicato massaggio sulle grandi labbra. Lei emise un gemito che trasondava tutta la sua passione e mi disse: “RIPARTIAMO?”, non le feci finire la parola che infilai tutto il mio pene nella sua figa vogliosa ed incominciai a infilarlo ed estrarlo. Sapevo che la faceva impazzire difatti dopo 4 o 5 volte che entravo ed uscivo mi guardò quasi indispettita e disse: “AMORE BASTA, INFILALO E FAMMI GODERE!!!”. A quello che più che una richiesta era un’ ordine, non potei dire di no ed entrai con tutto il mio pene dentro di lei. La sentii gemere di piacere ed esclamare un soddisfatto e compiaciuto “OOOOOO!!!” . Raggiunse un nuovo e intenso orgasmo ed il mio pisello mentre lei veniva fu serrato dalla contrazione delle sue grandi labbra. Potevo chiaramente sentire il frutto di quell’orgasmo inondare tutto il mio membro. Era calda, quasi bollente. Mi fece uscire e mi fece mettere a cavalcioni sopra di lei, prese il mio pene tra le mani e incominciò a segarmelo. Bastarono pochi movimenti che l’orgasmo arrivò improvviso. Le inondai le tette di sperma e alcuni schizzi raggiunsero addirittura la viso. Il capezzolo di destra non si vedeva più ricoperto da quella calda crema color avorio. La soddisfazione di entrambi era totale e non appena ci fummo ripuliti ci rimettemmo a letto e ci stringemmo in un dolce abbraccio, poco dopo ormai esausti, ci addormentammo ma non prima che lei mi desse un’ ultimo bacio sussurrandomi un flebile ma intenso “grazie amore mio, ti amo!”. C.S. 1981 |
I vostri commenti su questo racconto | ||
Autore: | VIRUS78 | Invia un messaggio |
Postato in data: | 12/11/2011 16:47:39 | |
Giudizio personale: | sei troppo pesante | |
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Autore: | Rotterdam19 | Invia un messaggio |
Postato in data: | 02/11/2011 10:14:04 | |
Giudizio personale: |
A riprova che l'amore la cosa pi bella del mondo!! E gli innamorati hanno tutti gli stessi occhi e la stessa voce. |
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