Pomeriggio ozioso in una grande metropoli. L’aria tersa resa irrespirabile dalle autovetture che sfrecciano nelle vie del centro. Rumori assordanti dei clacson provocano sentimenti di assoluta follia collettiva. Le persone che ti passano accanto come inseguite da chissà quali paure, sembrano non vederti neanche. Nella tua mente una sola meta, il tuo rifugio. Giornata snervante, nonostante ami il mio lavoro, sento la necessità di sfuggire al tram tram quotidiano. Mi guardo intorno e vedo solo corpi senz’anima alle prese con le problematiche comuni a tutti i mortali ma, ad un tratto, il mio sguardo viene attratto da un luogo per me insolito, una pinacoteca. Entro senza sapere neanche il motivo e mi ritrovo accerchiato da un gruppo di ragazzi alle prese con lo studio di una statua imponente, ben scolpita, nuda. Chi sarà mai costui penso nella mia mente. Neanche il tempo di focalizzare che il mio corpo comincia a salire le scale che portano all’esposizione di quadri di cui non conosco nulla. Non ho mai avuto la passione dell’arte eppure, la visione di quelle opere attrae la mia mente che si sofferma sul volto di una donna. Bella, occhi neri profondi, capelli lunghi neri, linee delicate e nobili frutto sicuramente della mano sapiente del suo autore. Più in là un'altra scena, il mezzo busto di una donna con una camicetta che lascia intravedere un seno ben fatto, con un capezzolo turgido evidenziato sotto una camicetta rosso porpora. Divago, ricordo quella volta in montagna, ma vengo assalito da una sofferenza claustrofobica, mi manca l’aria, il mio respiro è diventato affannoso, devo uscire all’aria aperta, corro, soffoco…. Appena fuori riscopro la normalità del mio respiro, che sia la sindrome di Stendhal? Neppure il tempo di rifiatare che un’addetta all’accoglienza dei clienti si avvede di ciò che mi succede “ signore? Posso aiutarla?” Mi giro, ecco lo sapevo mi manca di nuovo il respiro. Alta belle curve avvolte nella sua divisa per nulla sexy, occhi neri profondi, capelli lunghi neri, linee delicate e nobili, sembra quasi che lo stesso autore del quadro appena visto l’abbia materializzata. Lei sembra avvedersi di questa mia incredulità e sorridendomi mi invita a seguirla. Non so come mai, ma la mia mente non è sincrona al mio corpo e così ci ritroviamo al distributore di bevande. Lei sceglie per me, mi fa dissetare e poi mi chiede se và meglio. Meglio di quando, la confusione mi pervade, la guardo negli occhi, è bellissima. Mi riprendo un po’, giusto in tempo per ringraziarla e scappare via. Paura! La paura di non gestire gli istinti. Scendo velocemente le scale e mi rendo conto di essere in preda ad un’erezione da paura. Quale spiegazione? Il senso? L’ho perso, eppure è così. Amara considerazione di una giornata surreale. Mi rifugio nella mia tana, mi svesto velocemente, apro la porta del bagno e mi fiondo sotto un getto di acqua gelata. Rinascere dopo il crepuscolo. Mi riprendo, torno in me, velocemente mi cambio ed esco. Ma dove vado? Mi ritrovo nuovamente alla pinacoteca. Appena in tempo, lei ha smesso di lavorare, cambio turno. Timidamente provo l’approccio, mi avvicino, le chiedo scusa per prima, mi presento e …. Che fare? Io provo e poi chissà. La invito a pranzo, timida resistenza subito sconfitta dalla provvidenziale vicinanza di un localino dai pasti veloci. Scambiamo opinioni sulla vita di tutti i giorni, lei mi racconta di se io confesso di essere entrato per la prima volta in una pinacoteca e, visto l’effetto, difficilmente ci sarei tornato se non per invitarla a cena. Reazione a sorpresa, perché tornarci, avrei potuta invitarla lì, mentre consumavamo un immondo tramezzino. Cercai conforto nella buona sorte e così decisi di farmi perdonar per la seconda volta. Accettò il mio invito a cena. Passai a prenderla alle otto in punto, avvolto nel mio abito blu notte, mi sentivo in perfette condizioni, quasi emozionato. La vidi arrivare con il suo incedere veloce, bella, avvolta in un abito lungo nero, una scollatura pacata a lasciare intravedere il pizzo di un reggiseno che racchiudeva un seno perfetto, vado bene? Mi disse. Con un filo di voce riuscii a sussurrarle che era divina. Già divina. Proprio lì cenammo, al Divina. Una cena d’elite, sobria ma annaffiata da tanto champagne. Ultimata la cena ricca di ammiccamenti e battutine varie, la sorpresa. La mia mente ricomincia a vagare, mi ritornano immagini, frammenti di vita vissuta, è il suo profumo. Mi stà inebriando, saliti in macchina, le cingo dolcemente il collo, le accarezzo delicatamente il viso quasi volesse rompersi al minimo tocco. Sei bellissima, le sussurro. Lei mi fissa negli occhi e delicatamente mi regala un bacio appassionato ed intenso. Mi guarda e mi chiede, chi sei? Come mai mi attrai? Non so risponderle. Magari sapessi dare risposte valide all’alter ego che si è impossessato di me. Chiunque tu sia, riprende lei, ti voglio. Misi in moto la macchina e senza meta, vagammo per le strade cittadine ormai vuote. Sembrava avessero una nuova identità, erano più brillanti, riuscivo persino ad assaporarne gli odori acri emanati dall’asfalto ruvido consumato dal caotico traffico cittadino. Sensazioni ormai sopite da lungo tempo, troppo. Decise che voleva avermi e così mi portò da lei. Mi fece salire velocemente le scale, aprì la porta e con la luce ancora spenta mi spinse sul divano. Iniziò un gioco di tenere carezze e assaporai con gusto ogni parte del suo delicato corpo. La sua pelle sembrava essere vellutata, profumata, il suo seno scolpito dalla stesso autore ammirato alla pinacoteca, accarezzai i suoi glutei così solidi e tondi ed un brivido percorse il mio corpo con una intensità mai provata. Lei ricambiò con la stessa tenerezza, sembrasse voler ricordare bene ogni centimetro del mio corpo, accarezzò il membro, lo accolse tra le sue calde labbra, lo posizionò per bene e cominciò a tenerselo dentro. Si contorceva, gemeva, mugolava tutto il suo desiderio. Raggiungemmo in un attimo un orgasmo unisono da paura. Ultimammo la serata abbracciati l’un l’altro come fossimo una coppia da tanto tempo.
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