i racconti erotici di desiderya

Pellegrinaggi dell'anima


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In ognuno di noi la chiave è l’anima. La mente, splendida ma luciferina macchina, non comanda in realtà nulla. E’ l’anima impura, innocente, bestiale, fresca, ingenua, carnale … E’ lei la padrona del teatrino della nostra vita. Siamo tutti uguali nelle nostre reazioni, forse con intensità diversa, ma davanti alle situazioni il nostro cervello fa game-over.



Sono un uomo navigato, cinquantenne, temperamento vigoroso, single per scelta (si dice sempre così per amor proprio). Probabilmente un godibile intellettuale con un considerevole numero di “tacche” sulla testiera del mio letto. Ma l’anima, quella sì, mi ha sempre fregato. Tempo addietro, fu proprio Lei a condurmi in una polverosa libreria antiquaria alla ricerca di un testo di origini medioevali. E mentre il mio sguardo vagava indagatore tra decine di tomi, ognuno con la propria storia, l’attenzione fu calamitata su una figura femminile. Calore intenso, fibrillazione ventricolare, sudorazione delle mani, insomma quelle cose che accadono ogni qualvolta si incontra non una donna, ma … “la” donna. E’ una commessa ma a me appare come un angelo che mi prende per l’anima e mi accompagna eterea nella mia ricerca.



Gli occhi brillano dietro lenti leggere dalla forma tondeggiante, guizzando in maniera maliziosamente inconsapevole. Ha una mascella volitiva, ma una femminilità tracimante che io bevo avidamente, assetato, senza timore di prosciugarla. Sono in piena tempesta ormonale.



Cerco l’approccio più banale che esiste, cercando di titillare la sua vanità con la voce più suadente di cui sono capace “Di che segno è?”



“Gemelli, doppia personalità. Lei è un appassionato di astrologia?” ribatte con non celata ironia.



La mia presunzione di voler apparire un “godibile intellettuale” si sbriciola in un istante.



“Direi di no. L’unica cosa di cui sono certo è che sono dell’Acquario, ma non mi chieda l’ascendente, perchè peggiorerei lo stato attuale delle cose”.



La conversazione prende un piega piacevole, nonostante il goffo inizio, le sue parole mi si strofinano addosso, suoni informi e poco definiti si trasformano in un’ode erotica. Finchè il testo che cercavo fa inopportuno la propria comparsa.



“Eccolo qui” esclama porgendomi il libro e, con esso, anche l’opportunità di sfiorare la pelle della sua mano. “Lei è uno studioso o solo un appassionato?”



“Un dilettante allo sbaraglio, sarebbe forse il termine più giusto. Vorrei dedicare più tempo allo studio, ma rimango sempre sulla soglia della superficiale curiosità. L’alternativa sarebbe smettere.”



“Perché smettere? Anche io amo la cucina, certamente non posso definirmi una cuoca provetta. Eppure non ho alcuna voglia di smettere! Lei ama cucinare?”



La donna mi offre sul piatto la possibilità di lanciare un’esca colossale “Io vivo da solo e quindi vado avanti a cibi monoporzione, precotti, scatolette, pizza … insomma quelle cose lì.”



Sorride beata ma non raccoglie. La sua camicetta di seta si poggia, con la morbidezza di una piuma, sul suo bel seno, le sue mani si lanciano verso le mie con timida sfrontatezza “forse non ha trovato ancora nessuna che l’accompagni per i meandri degli odori e sapori.”



Sto per replicare, quando comprendo che una fuga strategica è la soluzione migliore. La saluto con un “chissà … forse” ed emigro verso lidi domestici più rassicuranti.



Nei due giorni seguenti sogno i suoi occhi, le sue sopracciglia importanti, immagino il suo corpo dall’età indefinita. Mi sento come un contadino davanti ad un raccolto inaspettato. Non posso fare altro che prendere atto che il presente stende ogni ricordo passato. Sarà mia … costi quel che costi.



Sono quasi le 20:00, il cielo è buio e senza stelle, la strada è umida di quella pioggia sottile che bagna la pelle ma scalda l’anima. Mi prende una smania incontrollabile, come quella del primo appuntamento con la biondina della 3^C. Eccola sta uscendo dalla porta secondaria della libreria. Proprio mentre sta attraversando mi scorge. Se non avessi un piccolo mazzo di fiori in mano, potrebbe scambiarmi per un palo della luce.



“Come mai da queste parti? Alla ricerca di nuovi testi oppure …”



Un “aspettavo te” mi esplode dalla bocca, nel tentativo di accelerare i tempi.



“Potresti pentirtene” ribatte, passando anche lei ad un più confidenziale tu.



“Non credo. Vogliamo mangiare assieme?”



“Direi che è una proposta che posso accettare, senza fare tardi però.”



Non rammento né il tempo né le modalità attraverso le quali ci siamo trovati davanti il portone del mio appartamento. Le faccio strada, l’aiuto a liberarsi dell’impermeabile. Indossa un tailler pantalone grigio, un dolce vita chiaro e dei mocassini neri che non le donano. Una femminilità debordante costretta all’interno di un abbigliamento tipicamente maschile.



Mangiamo con appetito e mi godo lo spettacolo della sensualità fatta persona. L’avvicinamento del cibo alla bocca, il bere con grazie pur continuando a guardarmi negli occhi. I gesti sono messaggi inequivocabili.



Poi è lei a prendere l’iniziativa “Fin dove vuoi spingerti con me? Vuoi conoscermi? Vuoi una storia? Vuoi compagnia per questa notte? Tutto programmato o lasci fare al destino?”



Mi sento strofinare il polpaccio con un piede nudo da sotto il tavolo e la mia erezione si fa piacevolmente dolorosa.



“Voglio te. Ora. E credo che anche tu lo desideri.”



Le accarezzo la guancia, mentre il pollice scende lascivo verso le sue labbra.



Lo morde, lo carezza con la punta della lingua. Lo lascia subito



“Sei un uomo interessante e spontaneo. Io invece sono bugiarda … pericolosamente bugiarda.”



“Non me ne frega nulla.”



“E se ti portassi oltre i tuoi desideri?”



“Non aspetto altro.”



Ci baciamo, con dolcezza. Lei frena le mie mani che con frenesia cercano inequivocabili mete. Mi allontana. Scioglie i suoi capelli scuotendo il capo con fare voluttuoso. Si libera dei mocassini. Inizia a strofinarmisi addosso, mentre la mia anima sprofonda in un abisso di sensazioni inimmaginabili. Mi spoglia, lasciandomi con il membro duro ed eretto, teso al sospirato approdo.



Si alza in piedi, si sfila i pantaloni dandomi le spalle e quindi uno slip nero leggermente ricamato. Le natiche sono rotonde, la curva dei fianchi accennata ma sinuosa. Ha un paio di calze autoreggenti color crema. Si volta pian piano rivelando … un pene in erezione, inatteso e sconcertante.



Boccheggio immobile, incapace di recepire i messaggi che il mio cervello invia a velocità siderale “scappa via, fuggi, precipitati fuori”.



Mi sorride ineffabile, mentre si avvicina inesorabile.



“Stai calmo, va tutto bene. Io sono quella che hai sognato di possedere fin dal primo momento. Lascia stare i pregiudizi della tua mente. La linea di confine l’hai già superata nel momento in cui hai desiderato di scoparmi. Solo dopo potrai giudicare e quindi scegliere per il futuro.”



Tremo come uno stupido, mentra la sua mano gioca con la peluria del mio membro. Io osservo e lascio fare. Vorrei che uscisse qualcuno con un manifesto di “Scherzi a parte”.



La sua bocca è una caverna che esercita un dominio al quale, soggiogato, mi arrendo.



Mentre la sua mano scorre sempre più veloce sulla mia asta, il suo pene mi scivola in bocca. Di quella notte non ho ricordi distinti. La situazione nuova, le sensazioni non consuete. Le posizioni sconosciute. Ho goduto molto e la mia anima mi ha travolto, godendo anch’essa di emozioni fino ad allora nascoste.



E’ passato del tempo e non ho cercato più quella donna. A volte, però, in una specie di pellegrinaggio negli abissi delle mie abiezioni, passo davanti alla libreria. Il vero, che piaccio o no, va spesso contro corrente … contro ciò che dice la mente.



Lotto e lotterò per il resto della mia vita, tutto pur di non cedere alla voglia di farmi trasportare dalla verità. Alla fin fine vinco, perché no, vincerò sempre e tuttavia avrò perduto comunque.



La tentazione è droga fortissima. Ma il cervello, impregnato di tabù atavici e divieti, identifica nelle convenzioni il suo habitat. E le convenzioni sono il metadone di noi ipocriti, è innegabile. Il resto sono solo scheletri nell’armadio. E’ sufficiente chiudere bene l’armadio, sigillarlo ai più … forse.





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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Uomogentilelecca Invia un messaggio
Postato in data: 09/04/2010 12:14:56
Giudizio personale:
Moltissimi complimenti per la fluidità del testo e, pur nella dovuta sintesi, per la capacità di rendere tridimensionali e penetranti le innegabili, fortissime emozioni nel diverso


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