i racconti erotici di desiderya

L'ammutinamento


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Isabeau pensava di festeggiare il suo diciottesimo compleanno, quella mattina di agosto del 1794. Dalla sua cabina il mare appariva calmo e calma la nave. Nulla faceva pensare all’ammutinamento appena avvenuto. Il capitano Flint e i suoi uomini avevano compiuto un silenzioso colpo di mano notturno e si erano impadroniti della nave, proclamandosi pirati. Isabeau aveva appena indossato il suo vestito di festa, con il corpetto stretto, quando il capitano Flint, capo dei pirati rivoltosi, fece irruzione nella sua cabina. Per servirla madame! disse Flint, all’aristocratica ragazzina.

Lei sdegnosamente lo respinse, ordinandogli di inchinarsi al suo cospetto.

Appena il capitano uscì sul ponte trascinando l’altezzosa ragazzina per un braccio, la ciurma lo salutò con un ovazione. Isabeau urlava e minacciava la forca per il suo rapitore, ma appena vide davvero la forca, presidiata dai pirati sbiancò e tacque. Tutti i membri della sua nobile famiglia erano legati sul ponte e potevano assistere allo spettacolo.

Quattro mani robuste come tronchi l’afferrarono per mani e piedi immobilizzandola. Isabeau ebbe la sensazione di essere imprigionata nel cemento per l’immobilità che le procurava quella stretta. Altre mani abbrancarono i lembi dei suoi vestiti e li stracciarono come carta. Tutt’attorno a lei c’era solo la puzza selvaggia di quegli uomini che bestemmiavano e urlavano. A un certo punto lei sentì il contatto tra la sua schiena nuda e le travi di legno della pavimentazione del veliero. Il suo esile corpo sfoderava un seno rotondo e pieno che pulsava ritmicamente insieme all’incavo del suo ventre, ansioso di conoscere il destino, cui non poteva sfuggire. La sua pelle era rosa e delicata, mai sfiorata neppure dal sole, mentre i pirati erano neri di sporco e abbronzatura. Seguì un attimo di silenzio. Tutti erano attoniti davanti alla delicatezza di quel corpicino flessuoso, e il silenzio che si era fatto introno fece udire il leggero gemito lamentoso di Isabeu che tendeva le sue braccia conto la morsa dei suoi aguzzini. Ahimè, quel gemito sottile scatenò ancora di più la sete dei pirati.

Isabeau fu trascinata verso l’alto e appesa per la mani a una trave orizzontale. La trave non era troppo alta e i piedi della ragazza, nudi, penzolavano nel vuoto e toccavano terra con la punta dell’alluce. La schiena e le braccia erano sotto la tensione del peso del suo corpicino. Una mano le passò una benda nera sugli occhi e lei levò un grido di terrore. Sentiva dei rumori, i pirati preparavano qualcosa, e l’attesa le logorava il sistema nervoso. Poi sentì due, quattro, sei mani calde, che le spalmavano addosso qualcosa. E cominciò a piangere. Non riusciva a contare le mani. Come faceva il su corpo a contenere tante mani? Quelle mani stavano cospargendo il suo corpo d’olio, in ogni angolo. Improvvisamente un grosso dito si infilò fra le sue cosce, provocandole uno scatto di terrore, che lascio tuttavia brivido caldo, un retrogusto di piacere. Era il capitano Flint il privilegiato. Ma ormai le mani entravano dappertutto e tutto il suo corpo era cosparso di olio e luccicava sotto il sole.

La lasciarono appesa per qualche istante. Luccicante di olio, delicata, sinuosa, tenera, con un espressione di rassegnata disperazione negli occhi, nascosti sotto le bende.

Poi sentì il rumore di travi che scricchiolavano, passi che si avvicinavano verso di lei da tutte le direzioni e cominciò ad urlare così forte da increspare le onde dell’oceano. Poi sentì le mani, ma questa volta erano unghie, che scivolavano lungo le sue braccia tese, lungo le ascelle, due mani a pinza colpirono i fianchi a tradimento. Lei disperata, si agitava come un pesciolino nella rete mentre quelle mani la squamavano. Lentamente. Poi qualcuno la sollevo di peso e le sue braccia dolenti, finalmente alleggerite, respirarono. Agitava le sue caviglie esili, e i suoi polpacci delicati, finche sentì una corda che le avvolgeva le caviglie e le legava a croce.

La corda che teneva le sue braccia scese allentata dai pirati e lei si trovò ancora legata con le braccia protese verso l’alto, ma con la schiena poggiata al palo e le ginocchia poggiate per terra. Era inginocchiata e le caviglie erano legate strette, incrociate, proprio dietro il palo, in una posizione di immobilità assoluta.

La pianta dei suoi piedi era di un rosa tenero. I pirati cominciarono a punzecchiarla con le spine delle lische di pesce prese dai rifiuti.. La carne di lei si incurvava, e mostrava una tenerezza, che la sua sensibilità, acuita dagli unguenti, tramutava in grida disperate.

A quel punto il capitano Flint si spezzò le unghie lasciando porgere dai polpastrelli schegge acuminate. Quella preda, che fremeva dentro la briglia dei lacci, valeva quall’automutilazione improvvisata. Il capitano cominciò ad attaccare i piedi circumnavigando l’incavo della piante del piede, come un o squalo con la preda, come un esperto navigatore. Lei sentiva la scossa del solletico che si avvicinava lentamente all’epicentro del suo sistema nervoso. Poi il capitano affondò improvvisamente strofinando tutte le dita sui suoi piedi all’impazzata e la ragazza scattò con il corpo verso l’alto e rimase appesa, per qualche istante con giovani muscoli delle braccia. Andarono avanti così per un po’. I muscoli del corpo della ragazza scattavano con violenza ogni volta e lei cercava di sottrarsi alle frustate del solletico tirandosi verso l’alto. I ripetuti sforzi di protendersi verso l’alto in un improbabile via di fuga, sforzarono i suoi muscoli addominali al punto che ben presto tutto il suo inguine fu pervaso da un crampo di piacere che non aveva mai provato e che non si stemperava mai, ma anzi si replicava ogni volta, senza fine e sempre più intenso. La tortura proseguì a lungo. Le unghie erano ormai tante che impazzavano in ogni punto del suo corpo salvo fermarsi all’improvviso tutte insieme. Poi riprendevano e il solletico era sempre più devastante, e ogni volta che riprendevano seguiva immancabilmente la reazione istintiva del corpo della ragazza e il piacere. Più proseguivano, più il suo corpo sembrava divincolarsi, sospinto da energie sempre crescenti, che morivano immancabilmente contro la diga dei lacci stretti ai polsi e alle caviglie. I pirati erano esaltati. Neppure quando avevano trafitto il capitano della nave con gli spilloni avevano visto un corpo umano dimenarsi tanto.

Ma lei non era più impaurita, sapeva che non le avrebbero fatto del male, era più che altro frustrazione quella che provava, e umiliazione, ma queste sensazioni stavano trascolorando in qualcosa di diverso, un senso di eccitazione per essere proiettata improvvisamente verso un orizzonte di perversità che poteva esplorare immune da sensi di colpa, per via di quella prigionia coatta che l’assolveva dalla rigida educazione morale che le avevano impartito.



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