i racconti erotici di desiderya |
La libertà di amare |
A quel punto avevo già vissuto tante avventure erotiche, mi ero tolto davvero parecchi (quasi tutti) gli sfizi che il sesso mi suggeriva, mi ero preso i miei due di picche e mi era anche capitato di fare..cilecca (be', suvvia, a chi non è davvero mai capitato?!). Sono un artista, come lo ero allora, e curioso come s'addice a chi cerca; avevo provato a baciare un uomo, -ma senza provare alcuna vibrazione e scegliendo quindi di lasciare perdere NB: non sono gay, forse bisessuale, chissà(?), ma volevo sperimentare anche quello, sebbene la mancanza di partecipazione mi ha impedito di provare veramente-; avevo partecipato a orge (due invero), fatto sesso con due donne, con una donna e un altro uomo, ero andato in club privati...avevo avuto due "schiave" ed ero, io stesso, stato lo "schiavo" di una splendida donna. Ma quella notte mi sono accorto che, fino ad allora, avevo solo fatto sesso. Talvolta del gran bel sesso, talaltra meno intenso, in alcune occasioni pessimo, da farmi sentire vuoto dopo...ma sempre e SOLO sesso. Sebbene spesso mi fossi illuso di fare l'amore, accorgendomi poi, crescendo che passione e amore non per forza sono un binomio indissolubile. Lasciarsi andare per passione è diverso che farlo per amore. E quella notte, davvero, me ne sono accorto.
Allora, io e P., ci frequentavamo da appena tre mesi; tre mesi in cui avevamo imparato e imparavamo a conoscerci. Giorno dopo giorno imparavo a riconoscere il suo odore e quello dei profumi che le carezzavano il collo e lo sterno, tra quei seni perfetti;imparavo il sapore della sua pelle e del suo sesso...e scoprivo piano piano fin dove sarei arrivato e dove potevo portare quella donna, cosa avrebbe potuto esprimere io suo corpo speziato di gomma e di sandalo. Lei sarebbe dovuta partire il lunedì successivo per le vacanze da lei tanto attese e prenotate ben prima che ci incontrassimo, ed io le avevo promesso una serata che non avrebbe dimenticato e che avrebbe portato con sé in un'africa ricca di colori. "Ho voglia di te..il pensiero che parti tra tre giorni....ti voglio fare godere in un modo che farai fatica a dimenticare..."le avevo detto per telefono il giorno prima, venerdì. L'appuntamento era per sabato, cena a casa mia (per fortuna sono un ottimo cuoco) per un piatto speciale che sapeva d'oriente, un ottimo vino trentino speziato e fresco, anguria...e poi la luce di candele rosso porpora e il profumo di essenza che evaporava tra gli atomi di aria calda di quell'estate, racchiusa nelle nostre quattro mura. La cena andava in modo stupendo, come stupendi erano i suoi occhi verdi che si poggiavano nei miei, mentre le labbra si socchiudevano attorno alle pietanze; stupenda come i suoi sorrisi e le sue risate, elegante come i suoi capezzoli che si facevano notare, premendo sulla stoffa della canotta ogni volta che la sfioravo, ogni volta che carezzavo i suoi piedi, che cullavo in grembo e appena usciti dalle mani esperte di un'estetista. Una breve sosta in camera mia, davanti al pc, per farle vedere le foto che avevo scattato il fine settimana precedente, poi con una scusa -quella di prendere il barattolo della Nutella, la avevo mandata in cucina, dove avevamo cenato. Ero uscito dalla camera da letto pochi attimi dopo di lei, portando con me una sciarpa di seta grezza nera, senza che lei se n'avvedesse. No, l'aria non era invero così "spessa" come potrebbe apparire da queste mie prime parole: tra noi è sempre stato bello giocare, prenderci in giro, ridere e sorridere e anche la sorpresa della benda di seta nera,che le aveva velato gli occhi,fu accolta con divertito piacere (era stata lei stessa una volta a dirmi "bendami più spesso, mi fai godere da matti"). Ma desideravo che quella notte fosse speciale. Con dito poggiato sulle labbra le feci capire che, basta, ora non si scherzava, avrebbe dovuto fidarsi di me, fare quel che le suggerivo senza parlare...e non ebbi necessità di spiegarle tutto ciò. La accompagnai in silenzio sul divano che lei amava tanto e la feci sedere. Un cucchiaino di Nutella che le porgevo le fece allungare un sorriso simpatico sul viso "mmmh...la Nutella, che profumo, è un sacco che non la mangio", la imboccai la Nutella per tre volte, e per tre volte con la lingua andai a ripulire i fili di cioccolato che le "sporcavano" i lati della bocca. E lei mi cercava, il respiro più rapido, le mie dita sul viso, i baci accennati, la testa che si voltava e le labbra protese a cercarmi...e io che "torturavo" lei e me stesso negandole di esplodere in un bacio pieno. La feci alzare, in mezzo alla stanza semibuia e illuminata dalle sole candele. Mi cercava con le mani, che io presi per avvicinarle ai suoi fianchi: non doveva toccarmi, capì. E finalmente la bocca, la sua, la mia, la lingua che affamata succhiava il sapore dell'attesa, quello della voglia. E poi, ancora, mi allontanavo. Le feci alzare le braccia per poterle sfilare la canottierina, sorretta da sottili spalline, e guardare meglio il suo seno imperlato d'emozione ed eretto, che si alzava spinto dal petto e dal respiro eccitato. Una corda bianca, morbida, che lei già conosceva ma che non si aspettava. Le mani dietro la schiena e i polsi legati. "nooo...così mi fai morire.." mi disse "sei davvero un porco" aggiunse ridendo. E io girandole attorno, lei seminuda, le solleticavo ogni centimetro di pelle, mi soffermavo sul turgore delle sue mammelle e stringevo i capezzoli senza farle troppo male, ma a sufficienza perché lei gemesse e si lamentasse con fare capriccioso e malizioso assieme. Poco dopo le sfilavo la gonna leggera, lunga e vaporosa, carezzavo il suo culo pieno e appoggiavo il palmo sul suo monte di venere, caldo, fremente, profumato quasi al modo della terra dopo che ha piovuto. Alle mie mani si alternavano i miei baci, sulla sua pelle. Lei sempre, con le mani legate dietro la schiena, mi cercava per capire dove sarebbe andato a cadere il prossimo tocco, la prossima carezza, o il bacio, o il morso. “Ti amo” le sussurrai ad un orecchio e lei, girandosi d’improvviso si impossessava per qualche istante della mia bocca. Ora era di nuovo seduta sul divano, sempre legata, sempre “cieca”…il calore delle mie mani la facevano muovere: si allungava a cercare contatto, il pube sbocciava tra le gambe schiuse, la schiena si inarcava cercando almeno un dito che la toccasse là, dove era un fuoco, là dove il piccolo perizoma non era che un piccolo scoglio che tenta di trattenere l’odore del mare. Le tolsi quel piccolo indumento che copriva le labbra bagnate all’ingresso del suo nido di Donna, di Madre, di Amante, di Schiava e Padrone dei miei sensi e del mio cuore. Mi ero chinato per continuare la piacevole tortura dei baci sospesi sulle sue cosce, sempre più vicino alla sua vagina, sempre più prossimi alla Figa. Sì perché in quel momento era la sua voglia di donna che chiedeva di far smettere il “supplizio”. Labbra, ancora, lingua, dita, e baci, e carezze, e qualche piccolo schiaffo sul seno. Poi ancora in piedi, giacchio che scivola sulla pelle e sui capezzoli già duri e lei, invece che ritrarsi, che s’inarca e sospira “porco”, “ti amo anch’io”. La feci inginocchiare e avevo poggiato il mio pene eretto alla sua bocca. Lei la aprì, allungando il collo per inghiottirmi e cominciò una coccola bellissima, mentre io le carezzavo la testa. Eran sensazioni fantastiche quelle che mi dava la sua bocca calda, la lingua morbida, le guance che si infossavano mentre lei, avida, mi suggeva, come a voler tirare fuori il mio piacere dall’anima. E lo sapevo, sapevo che i suoi sensi eran tutti per lei: la vista non poteva distrarla, quel senso a volte così invadente era stato immobilizzato dalla seta nera, così pure il tatto. Così che tutto il suo sentire fosse in un sito solo, la sua bocca: il palato, la lingua, le labbra. Il gusto eccitato, la pelle eccitata perché pronta a SENTIRE ogni più piccolo stimolo. Poi mi distolsi da lei, andandole dietro e facendola chinare, sempre in ginocchio.lei aprì le gambe senza che glielo dicessi, come a chiedermi di toccarla. Ed ogni volta che le mie carezze scendevano sui suoi glutei lei si inarcava, cercando finalmente il contatto tra la sua figa e le mie dita. Contatto che avvenne “mmmmmm….sì, ti prego…bastardo”, ma quanto amore nel dirmi ciò.presi un cazzo di gomma e glielo infilai dentro, mentre lei si chinava con la faccia a terra, per aprisi di più, se ciò fosse stato possibile. E lei gemeva e mi cercava col bacino, mentre muovevo in lei quel cazzo finto che non aveva mai provato prima. Ero duro, felice, eccitato e vederla così mi faceva impazzire. Già, vederla così: no sottomessa ma abbandonata: abbandonata ai sensi, succube del piacere che sapeva di darmi e che provava. Aperta come un cielo, in cui un falco possa volare. E lei era il mio cielo e mi stava regalando tutta questa libertà. LA LIBERTA’ DI AMARE. E ancora baci e carezze…fino a che non ce la facevo più nemmeno io. La presi con fermezza delicata dietro la nuca e, dopo averla osservata un attimo ancora, poggiai le mie labbra alle sue, per un bacio che questa volta non voleva finire. Succhiandola, respirando il suo fiato, carezzando le labbra e la lingua, e il collo, e il seno, e la pancia, e il clitoride, e…”vieni con me” le dissi cingendole i fianchi con le mani e facendole strada verso la camera da letto. Durante i pochi passi tra le due stanze P. scoppiò a piangere. “Scusa, è che non mi è mai successo…cioè…e che sono tua, tua cazzo! Scusa, sono fuori…è bellissimo…ti amo”. Le ho preso il volto tra le mani carezzandola, le ho asciugato una lacrima dolce e salata che scorreva sulle sue guance, le ho dato un bacio delicato, a bocca chiusa, come si fa coi bambini. Era bellissima, ma non era che una conferma per me, della sua bellezza. Bellezza che veniva da dentro, che traspirava dai suoi pori, che si leggeva nel verde dei suoi occhi. Una volta distesa le aprii le gambe e mi appoggiai tra loro, iniziando una carezza sempre più erotica, che la portò, tra i suoi gemiti, ad avere un primo orgasmo quasi gridato. E lei era mia, si stava donando, non ero io che la prendevo, non io da solo per lo meno. Mi stava facendo il regalo più bello: SE STESSA. E, poi, ancora e ancora, e sesso e….credo che non sia importante, ora sapere cosa ho fatto con lei o cosa no, quel che conta è che, alla fine, dopo aver sciolto i suoi polsi e liberato i suoi occhi, mi sono perso in lei. Ed ho capito, davvero, per la prima volta che differenza c’è tra il fare sesso e FARE L’AMORE. |