i racconti erotici di desiderya

La donna del carnefice

Autore: Pingpongping
Giudizio: -
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La notte durava da un po’, il buio non accennava a diradarsi. Un uomo camminava in silenzio e sperava senza crederci troppo che l’alba sarebbe sorta presto. Dentro di se rimuginava sul fatto che un’alba livida e fredda era pur sempre meglio del buio profondo di quella notte.

Ma in quel mondo nessuno poteva sapere quanto la notte sarebbe durata ancora.

L’uomo percorreva un sentiero secondario, poco battuto. Ormai da parecchio aveva abbandonato le strade principali, quelle asfaltate dove era facile incontrare altri viandanti. La via secondaria che aveva imboccato si era gradualmente trasformata in un sentiero sterrato dal fondo insidioso, era facile incespicare o mettere il piede in una buca e farsi male.

Di media corporatura, non più giovane, aveva una camminata regolare; era sicuramente abituato alle lunghe marce e procedeva sicuro nonostante lo zaino piuttosto voluminoso che si portava dietro.

Il sentiero era ormai scomparso. Attraversando una radura iniziava a temere di essersi perso.

La casa comparve in lontananza. Era arrivato. Rallentò un poco il passo, respirò a fondo e sorrise. Durante le lunghe marce solitarie che aveva affrontato in passato aveva preso l’abitudine di parlare da solo. Traduceva in parole i pensieri che aveva, ad esclusivo consumo delle sue orecchie. E mormorando si rispondeva. Talvolta la cosa durava a lungo, fatta di domande e riposte, di considerazioni e precisazioni, e spesso di battute e controbattute che lo facevano sorridere e lo mettevano di buon umore. Trovava che era un buon sistema per farsi compagnia.

Adesso però non si poteva. Non doveva fare rumore. Un rumore qualunque, ora che si stava avvicinando, se fosse stato male interpretato avrebbe potuto scatenare un putiferio.

Si avvicinò silenzioso e si fermò a una 50ina di metri dal cancello del giardino, appoggiò lo zaino a terra e si mise ad osservare. Era una casa particolare, priva di angoli sembrava un grosso igloo. Aveva un aspetto assai solido ma non era chiaro se fosse stata costruita con il cemento, il ferro, il sangue rappreso o chissà che. Forse con un miscuglio di tutti i materiali a disposizione. Non si poteva incendiare e non si poteva scalare data la forma e l’assenza di appigli. Anche le ampie finestre presenti avevano un aspetto robusto, protette da grosse inferriate e sbarrate all’esterno da spessi serramenti. La piccola porta di ingresso di metallo scuro doveva essere parecchio pesante a giudicare dai cardini rinforzati sui quali girava. Era stretta al punto da permettere il passaggio di una sola persona per volta, un uomo alto e robusto l’avrebbe attraversata a fatica.

L’area circostante la casa era delimitata da una sottile recinzione, alcuni alberi qua e la davano un’idea di finto disordine. O forse di disordine addomesticato.

Un grosso cane da combattimento dormiva sulla terra nuda ai piedi di un albero. Sebbene dissimulato dal buio e dalla posizione defilata l’uomo colse immediatamente la sua presenza.

In posti del genere il guardiano non mancava mai.

L’uomo conosceva bene quegli animali e sapeva quanto rapido e letale potesse essere l’attacco di quel bestione, ma ne conosceva pure il codice di comportamento e sapeva che, se si fosse mantenuto a debita distanza non sarebbe stato attaccato.

Era venuto il momento di fare rumore, respirò a fondo un paio di volte e chiamò forte. Ripeté il richiamo più volte. Non aveva una voce sgradevole.

Immediatamente dopo il primo richiamo percepì il brontolio soffocato del cane che però non si mosse. Solo, aprì gli occhi, identificò la posizione dello sconosciuto e rimase immobile ed attento in attesa di ordini.

Anche se non giungeva alcuna risposta dalla casa l’uomo si sentiva osservato.

Si sedette con calma sullo zaino ed accese una sigaretta con movimenti lenti e misurati. Si dispose ad aspettare mentre fumava con gusto, tenendo sempre le mani bene in vista.

Il tempo passò in modo indeterminato: potevano essere 4 minuti, 4 ore o tutta una vita intera, o tante vite diverse intrecciate insieme.

Quando si aprì la porta e comparve una donna, l’uomo si sentì improvvisamente stanco. Era di media statura, non magra, con i lunghi capelli scarmigliati, odorava di penombra. Fosse stata un animale avrebbe potuto essere un’orsa senza cuccioli o una lupa lontana dal suo gruppo; comunque non un animale da branco. L’età a quella distanza non era definibile, ma non sembrava una ragazzina. Attraversò l’uscio lentamente e si fermò dopo pochi passi a fissare lo sconosciuto che nel frattempo si era alzato ed avvicinandosi alla casa si era fermato a pochi passi dall’entrata del giardino. Tre metri ancora e il cane lo avrebbe attaccato.

La donna aspettava immobile. Aveva un aspetto deciso e dava l’idea di una che sapeva difendersi bene. Sopra a tutto colpiva la bellezza cattiva del suo volto.

Si fissarono senza parlare, ambedue avevano gli occhi scuri, ma meno scuri della notte che li circondava.

Il cane, sempre immobile, fiutava l’aria. Non sentiva l’odore della paura.

Forse stava albeggiando.



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