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La cameriera dell'albergo


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Anna arrestò il carrello con la biancheria fresca di bucato davanti alla camera numero 33. Durante la notte la stanza aveva dato ospitalità ad una coppia di amanti che l'avevano abbandonata di prima mattina. L'Hotel in cui Anna prestava servizio come inserviente ai piani era ubicato sul viale Milano, dalle parti di piazza Roma a Riccione.

Il lavoro di Anna era semplice e ben pagato. Faceva le pulizie nelle camere senza farsi troppo scrupolo dei clienti che si erano intrattenuti nei locali.

Inserì il passepartout nella toppa della serratura ed entrò nella stanza da letto. La camera odorava di una familiare puzza di animale. Anna conosceva bene quel tipo di odore. Apparteneva ai miasmi delle persone che avevano impiegato il tempo a fare l'amore, sudando come porci, scorrazzando con i corpi sulle lenzuola.

Si avvicinò alla finestra e, facendo leva sulla forza delle braccia, fece salire l’avvolgibile della persiana fino al soffitto. Diede luce alla stanza rinunciando a spalancare le imposte della finestra per la pioggia che cadeva senza interruzione dal primo mattino.

Il letto matrimoniale era disfatto. Le lenzuola penzolavano da un lato del materasso insieme al copriletto che era servita a tenere coperti i corpi dei due amanti. Anna trascinò l'aspirapolvere nel mezzo della camera, poi andò dritta nella stanza da bagno. Dinanzi allo specchio guardò il suo viso riflesso nel vetro. Rimase lì solo pochi istanti. Il tempo di osservare le crespature della pelle a forma di zampa di gallina che le imbruttivano il viso ai bordi degli occhi.

Svuotando il cestino con il materiale di scarto, ubicato in un angolo della stanza da bagno, rinvenne tre preservativi colmi di sperma annodati su sé stessi. Il recupero dei tre cappucci le tolse l'ultimo dubbio, se mai ne avesse avuto, su ciò che avevano fatto i due amanti nella camera.

Iniziò a riordinare il bagno pulendo il lavabo ed il water, per ultimo tirò a lucido le mattonelle della doccia ed il pavimento. Rimpiazzò le saponette utilizzate da chi aveva occupato la camera con delle nuove confezioni, dopodiché ripose delle salviette candide di bucato nell'armadietto del bagno.

Nella stanza da letto passò in rassegna le tracce lasciate dai due sconosciuti, senza lasciarsi sfuggire il minimo indizio che avrebbe potuto rivelarle la personalità di chi aveva occupato il letto.

Stese il palmo della mano e si mise a strofinarla sulla superficie del lenzuolo steso sopra il materasso. Avvicinò le narici alla mano e annusò il profumo di cui era andata impregnandosi.

"Chissà da che parte del letto avrà dormito la donna" s'interrogò. D'altronde non avrebbe avuto molta importanza, ma la incuriosiva saperlo per annusare quella parte del lenzuolo.

Un pelo scuro, arricciato su sé stesso, faceva bella mostra di sé nel mezzo del letto. Anna lo carpì e lo depose sul palmo della mano per osservarlo con maggiore cura.

"Pelo maschio o pelo femmina?" si domandò. "Maschio di sicuro", pensò, costatata la lunghezza eccessiva del pelo. Nessuna donna li terrebbe così lunghi nel pube. Nemmeno poteva essere un capello: "troppo arricciato", pensò.

La scoperta la eccitò non poco. Si sdraiò bocconi sul lenzuolo e cominciò ad annusare la superficie del tessuto strusciando il petto contro il lenzuolo ruvido. I capezzoli le erano diventati turgidi e le punte si mostravano dure fino a farle male. Si girò supina e sbottonò il camice da lavoro che portava addosso. Rimase con le mutande ed il reggiseno lasciando che l'indumento da lavoro scivolasse sul pavimento. Accarezzò l'interno delle cosce allargate di proposito. Raggiunse con le dita i bordi della figa, calda e umida, e ripeté la manovra più volte cibandosi dell'eccitazione che le carezze sulla pelle nuda le sapevano dare.

Lasciò cadere la mano sotto l'elastico degli slip e raggiunse con le dita i peli del pube. Eseguì i movimenti con estrema lentezza, in conflitto col piacere che sentiva salirle da dentro e le faceva mancare il respiro. Raggiunse con l'estremità delle dita le labbra della figa e cominciò a strofinarle delicatamente. Proseguì fintanto che si decise a infilare un dito nella fessura che d'incanto si aprì al passaggio del medio.

Il clitoride spuntò fuori del suo involucro di carne e lei se ne prese cura accarezzandolo. Godeva nel sentirlo gonfio e duro mentre dalla fessura fuoriuscivano gli umori caldi della sua eccitazione. Si diede cura di trascinare il fluido degli umori bollenti sul clitoride per ammorbidirne la carne, mentre con l'altra mano accarezzava le tette. Le piaceva stare a coccolarsi i capezzoli, strizzarli e torcerli le provocava forti scosse di piacere.

Incominciò a sollevare il bacino dopo che ebbe introdotto un dito nella figa. Le pareti della vagina presero a contrarsi mentre il dito le entrava e usciva dalla fessura. In quell'istante desiderò che la porta si aprisse ed entrasse lui. Lo immaginò sopra di sé, sul letto, che le afferrava i polsi e la obbligava a stendere le braccia oltre il capo. Le gambe incominciarono a tremarle per l'eccitazione. Le sembrò di avvertire il respiro caldo della bocca dell'uomo sul proprio collo. Richiamò alla mente i momenti magici in cui la obbligava a leccargli la pianta dei piedi, insistendo affinché infilasse ciascun dito nella bocca, facendoseli succhiare fino al quando le labbra, fattesi gonfie, non tenevano una sola goccia di saliva.

Le piaceva addormentarsi sul petto villoso dell'uomo. Ascoltare l'ansare del suo respiro mentre lo masturbava fino a farlo venire nella propria mano. Non stavano più insieme da molto tempo, tre anni, ma nella mente manteneva viva l'immagine di quello che considerava essere ancora il suo uomo. Avrebbe desiderato che fosse lì, accanto a lei, a morderle le labbra della figa. Sarebbe stato sufficiente che la sfiorasse con la lingua, tutt'attorno le piccole labbra, per raggiungere lo stato di estremo godimento da cui non c'era più ritorno.

Mentre pensava a lui continuava a toccarsi il clitoride ruotandoci d'intorno con le dita. Incominciò a tendere i muscoli delle gambe ed irrigidirsi tutta. Fu assalita da fremiti in tutto il corpo. Le tette sembrarono scoppiarle tanto erano gonfie. I capezzoli erano turgidi e le dolevano. Assalì con due dita la fessura fra le cosce e si penetrò con estrema determinazione. Cominciò a contrarre le pareti della figa scotendo più volte il bacino nel letto. Un tremore che faceva fatica a contenere la pervase in tutto il corpo insieme a una sequela di gemiti che anticiparono il congiungersi delle cosce attorno alle dita che avevano smesso di agitarsi nella figa segregate dalla mucosa che non finiva di contrarsi.

Gli ultimi spasmi la colsero con gli occhi chiusi mentre raggiungeva lo stato di appagamento. Per tutto il tempo in cui si era toccata aveva mantenuto addosso le mutande ed il reggiseno. Percepiva un caldo umido e appiccicoso fra le cosce. Gli umori le colavano dalla fessura della figa ed avevano imbevuto il tessuto delle mutande. Rimase qualche istante in quella posizione fintanto che le membra, tutte, si rilassarono, poi si liberò delle mutandine e raggiunse il bagno per sistemarsi prima di ricominciare il suo lavoro quotidiano





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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Rafel Invia un messaggio
Postato in data: 20/06/2009 14:09:41
Giudizio personale:
bello davvero, ben scritto! ottimo!

Autore: DrakEva Invia un messaggio
Postato in data: 19/08/2007 20:22:34
Giudizio personale:
Originale soggetto, sapientemente scritto.


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