i racconti erotici di desiderya

La borgata abbandonata

Autore: Cioccolatopiccante
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Avrei scommesso di cominciare questo diario con il nostro incontro a base di cioccolato piccante, a cui abbiamo dedicato il nostro nickname. Eppure è bastato aspettare qualche settimana, e già il numero di appuntamenti degni di diventare racconto è cresciuto a dismisura.

La parola è per natura lenta, meditata. Affidarle il compito di mantenere la velocità del desiderio è sconsiderato. Affidiamo a questo diario il resoconto di alcuni dei nostri incontri. Ci piacerebbe in futuro postare anche delle foto inerenti, oppure leggere i commenti di altre coppie con suggerimenti o possibili varianti da sperimentare in un futuro.



Nonostante si fosse parlato a lungo di un weekend al rifugio, la partenza fu come improvvisa. Anche la neve divenne inaspettata, ma fu dolce nel sorprenderci.

Val Maira: boschi innevati, borgate in pietra dignitose nel loro essere cadenti, gente solitaria e fiera. Qualcosa nell'aria sapeva di sole e pelle bagnata.

Appena arrivati, sistemiamo le nostre borse in stanza e decidiamo di fare una passegiata fino alla frazione più vicina.

Il cielo è incredibilmente terso; nonostante sia novembre, il sole rende l'aria primaverile e gradevole.

Penso solamente a sgranchirmi un po' le gambe. Lei mi cammina vicino, ogni tanto mi si avvicina, stuzzicandomi con un bacio o una carezza.

Camminiamo in mezzo alla strada: solo di tanto in tanto una macchina ci costringe ad accostare, serrando il passo.

Arriviamo alla prima borgata: una manciata di baite e cascinali arroccati lungo un crinale innevato. Da nessun camino esce del fumo; non ci sono imposte aperte: un villaggio apparentemente abbandonato.

Lasciamo la strada principale e ci avventuriamo per il sentiero che, salendo, trafigge il gruppo di case. Alcune sono vuote e chiuse; altre, la maggior parte, sono aperte e abbandonate.

La curiosità ci porta ad esplorare quella più accessibile. Entriamo da una porta divelta e ci ritroviamo in una vecchia cucina. Pentole, posate, vasi: mucchi di oggetti giacciono abbandonati a terra.

Torniamo all'esterno. Quello che resta di un vecchio muro a secco è un riparo naturale dai pochi occhi indiscreti che passano dalla strada sottostante. Il luogo perfetto per quello che ho in mente.

Comincio ad eccitarmi, e a guardarla con crescente desiderio. Chissà cosa starà pensando. Sembra assorta nel catalogare piccoli oggetti dimenticati, vecchi giornali, utensili caduti in disuso.

Un vecchio soffitto crollato ha trasformato i muri di una casa in un labirinto a cielo aperto. Il Minotauro ha deciso di essere affamato.

Le sfioro il bacino e la trafiggo con gli occhi. Lei raccoglie lo sguardo e mi sfugge, camminando con passo deciso verso la salita che conduce alla fine della borgata. La affianco e le cingo i fianchi con un abbraccio. Non andrà lontano.

C'è un larice solitario, poco oltre le ultime case, che ferma la sua corsa. La schiaccio contro la corteccia, e incomincio a baciarla con frenesia. La sua lingua nella mia bocca mi fa immediatamente dimenticare l'inverno e la neve che ci circondano. Non è stagione per i preliminari.

Le slaccio i pantaloni e glieli abbasso insieme alle mutande; tiro fuori il mio cazzo, già duro, e glielo infilo dentro al primo colpo. La sua fica è grondante e affamata come non mai. Non è stagione per le buone maniere, e comincio a sbatterla con crescente violenza contro il tronco, fino a sentirla gemere.

Ma invece di invocare pietà, mi sussurra: -sbattimelo dentro più forte che puoi-

E così faccio fino a quando non la sento pronta ad urlare.

Ma proprio nel momento in cui saremmo stati più esposti e vulnerabili dalla vista altrui, una foschia improvvisa si alza dal fondo valle e si dirige verso di noi.

Ci fermiamo di colpo. Stiamo per essere inghiottiti da una nuvola che divora dapprima i boschi, poi la borgata, infine il prato innevato che ci circonda.

-Sei il signore dei boschi? Hai comandato alla foschia di proteggerci?-

Riprendo a muovermi dentro di lei e le sussurro: -sì, perchè ho ben chiaro cosa voglio-

Dopo averla fatta venire sfilo il mio cazzo, e mi metto al suo posto, con la schiena contro il larice. La faccio inginocchiare. -vuoi qualcosa di caldo?- Lei non mi risponde, avida com'è nel succhiarmelo subito tutto, facendo attenzione a non lasciare un singolo centimetro troppo solo al freddo di novembre.

Dopo qualche minuto le stacco, a fatica, la bocca dal mio membro, e incomincio a masturbarmi mentre lei mi succhia i testicoli. Poi con la lingua si avvicina al buco del culo, ma è davvero un'impresa troppo ardua in quella posizione. Non tarderà a soddisfare altre voglie. Nel frattempo vedo che lei incomincia ad avere freddo, immagino che senza un bel cazzo dentro la fica sia difficile resistere ad una temperatura così rigida. Non rimane altra soluzione che sborrarle in gola. Le infilo nuovamente l'uccello tra le labbra, e comincio a dimenarmi sempre più forte, sempre più veloce.

Poco prima dell'orgasmo mi distendo contro l'albero e mi godo la foschia che ci circonda, il profilo dei larici poco distanti, il riflesso grigio e blu della neve.

Vengo di colpo, all'improvviso, e sento lei che si ritrae di colpo, quasi tossendo: devo averla inondata quando meno se lo aspettava, soffocandola con il mio sborro.

Finisco di venire sulla neve, mentre lei ingoia quello che le è rimasto in bocca.

-Prepara la tua fica, questa sarà una lunga notte-


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