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Il gioco del dottore


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Il gioco del dottore



Da ragazzino i miei genitori mi portavano in villeggiatura al Circeo dove affittavano una villetta nei pressi della spiaggia per i tre mesi estivi. Colà mi divertivo a sguazzare nell’acqua, a giocare con la sabbia, a correre, nuotare e crogiolarmi al sole. Nella villetta accanto abitava una ragazzina poco più grande di me: Monica. Eravamo subito diventati compagni di giochi, amici.

Monica era molto carina, ben proporzionata, aveva i capelli castani leggermente ondulati ed era alta poco meno di me, che per i miei 8-9 anni ero già abbastanza alto e prestante.

Di solito, dopo il riposino pomeridiano, Monica mi veniva a chiamare. Per lo più giocavamo con la palla, con i birilli, con le piastrelle, con la corda, con le biglie di vetro, oppure a campana, ma a volte giocavamo anche con le sue bambole.

Monica aveva molti giocattoli. Il suo preferito, però, era la valigetta del dottore che gli aveva regalato Silvia, sua sorella maggiore. Questa valigetta conteneva alcuni oggetti curiosi e affascinanti: lo stetoscopio, la pompetta col bracciale per misurare la pressione, la siringa e il termometro, le boccette dei disinfettanti e dei medicinali, la garza e i cerotti. Io ero il dottore e lei era la mia infermiera. Insieme giocavamo a visitare le sue numerose bambole.

Una volta però a Monica venne una nuova idea e me la espresse esclamando con entusiasmo: “Ti va di lasciar perdere le bambole e giocare io e te al dottore e all’ammalata?” Le risposi subito di si. Ci sistemammo sul prato, all’ombra del bel salice piangente sul retro del giardino. Monica iniziò a spiegarmi come avrei dovuto visitarla. Mi disse di inforcare lo stetoscopio e ad ascoltarle il cuoricino, poi dovetti misurarle la pressione. Mi faceva preparare la medicina amara che poi lei ingoiava tappandosi il naso con le due dita, simulando un’esilarante smorfia di disgusto.

Io eseguivo le sue istruzioni con attenzione e accuratezza. Quel gioco mi piaceva e mi ero subito calato nella parte. Prendevo la cosa molto seriamente. A un certo punto Monica disse: “Ora devi misurarmi la febbre”. Stavo per infilarle il termometro sotto l’ascella quando lei, con un movimento repentino, si inginocchiò dandomi la schiena e si abbassò il costumino da bagno fino a metà delle cosce, restando con le gambe leggermente divaricate. Poi, piegandosi leggermente in avanti fino ad appoggiare una mano sul prato, con l’altra si allargò la natica: “Lecca la punta del termometro prima di infilarlo, così entrerà più facilmente” disse sorridendo. Feci come mi aveva detto. Aiutandomi con l’altra mano per tenere allargato il buchino, infilai il termometro di plastica nello sfintere anale che si allargò impercettibilmente per riceverlo. Monica mi guardò sorridendo ed esclamò: “Bravo dottore, non ho sentito quasi nulla!”

Ero affascinato da quel buchino che sembrava pulsare tutto intorno a quel bastoncino di plastica ed ero affascinato anche dalla fessurina che si scorgeva un po’ più in basso. Dopo qualche secondo, durante il quale ero rimasto imbambolato a fissare quell’insolito panorama, Monica esclamò allegramente: “Ora basta! Bisogna controllare se ho la febbre. Poi mi farai un massaggino con la pomata per curarmi il bruciore”.

A quel punto io sfilai delicatamente l’asticella osservando attentamente il contrarsi del buchino che si richiudeva. Rimasi immobile, imbambolato, a fissarlo.

“Che bello! non ho la febbre, non ho la febbre!” Esclamava ridendo Monica rimasta a quattro zampe con le mutandine calate sulle cosce: “Adesso devi farmi il massaggino. Mi raccomando, bagna bene il dito con la saliva, come se fosse una pomata!”.

Come al solito feci ciò che mi aveva ordinato. Mi infilai l’indice in bocca inumidendolo per bene, poi lo accostai al buchino e cominciai a massaggiarlo con un movimento circolatorio. Il buchino era morbido, tiepido e pulsava ritmicamente cedendo impercettibilmente ad ogni leggera pressione del mio dito. Massaggiai per un po’ di tempo con Monica che, con la testa reclinata, mi guardava negli occhi e sorrideva soddisfatta. In me cresceva il desiderio di premere un po’ di più il dito su quell’orifizio e non esitai molto ad esercitare una certa qual pressione. Lo sfintere anale cedette docilmente risucchiando al suo interno la prima falange. “Huuu!” sospirò Monica “Questo è un po’ più grosso del termometro, meno male che l’hai bagnato per bene!”.

Visto che mi lasciava fare, cominciai a muovere il dito avanti e indietro curioso di osservare le ulteriori reazioni di Monica. Intanto però dovevo anche fare i conti con le mie di reazioni: cominciavo infatti ad avvertire un insolito pizzicorino che si concentrava sulla punta della mia cappella, che all’epoca ingenuamente chiamavo “la pallina” e con l’altra mano iniziai quasi inconsciamente, istintivamente a massaggiarmi il pisello.

Il mio sguardo però era sempre più attratto dallo sfintere di Monica che cedeva all’intrusione del mio dito, ma anche dalle due cunette e dallo spacchetto sottostanti. Visto allora che Monica mi lasciava fare, allungai impercettibilmente il pollice verso quel punto e sentii anche li un soffice cedimento.

“Quella è la mia patatina” disse Monica. E, un istante dopo: “Vuoi vederla meglio?”

Non mi diede neppure il tempo di rispondere e, sempre sorridendo, con un rapido movimento si sfilò del tutto le mutandine. Poi, lentamente, si mise seduta di fronte a me con le gambe incrociate. Ora potevo vedere “la patatina” da una diversa angolazione e non aveva perso il suo fascino, anzi! Lo spacchetto ora era leggermente dischiuso e lasciava intravedere qualcos’altro al suo interno.

“La vuoi toccare? Ti faccio vedere com’è fatta. Dopo però tu mi farai vedere bene il tuo pisellino”.

Una vampata di calore mi salì fino alla testa e un senso di strana eccitazione mi si condensò nello stomaco. Contemporaneamente aumentava il formicolio proprio li dove Monica voleva andare ad indagare. Riuscii solo a fare Si con la testa e allora fu Monica a prendermi la mano e a condurla verso la sua patatina.

Io ormai ero preda di una sconosciuta eccitazione che mi avvampava il volto e mi sconvolgeva le viscere. Il mio piccolo pisello si era improvvisamente indurito nella mano e lo sentivo pulsare impercettibilmente. Giunto a contatto della morbida fessura, lentamente e dolcemente iniziai a massaggiarla, poi, con estrema delicatezza, vi introdussi un dito. Mi accorsi subito che era tiepida e umida. Subito pensai che Monica doveva fare la pipì e mi portai istintivamente il dito al naso. Quello che percepii fu un profumo a me sconosciuto e mi venne subito voglia di assaggiarne il gusto. Misi il dito in bocca e percepii immediatamente, misto all’acre sapore dell’urina, un sentore dolce come di miele, ma con un retrogusto leggermente acido. La scoperta di quel gusto mi eccitò ancora di più. Mi leccai per bene il dito e tornai all’esplorazione.

La patatina di Monica non ostacolava la mia iniziativa e lei guardava incuriosita le mie dita che frugavano dentro. A un certo punto disse: “Basta, ora tocca a me. Togliti il costume”.

Smisi di massaggiarmi il pisello, mi alzai e feci ancora una volta come mi ordinava. Rimasi in piedi di fronte a lei, con le gambe divaricate e il pisello in erezione arrossato e pulsante per l’eccitazione. Il formicolio era diventato devastante e mi partiva dal buco del culo. Il tocco leggero della mano di Monica più che darmi sollievo mi fece aumentare la smania! Tuttavia la lasciai fare senza profferire parola.

Con le due dita Monica palpava e stringeva impercettibilmente la pallina che, ancora all’interno del prepuzio, doveva però essersi trasformata in una cappella gonfia e arrossata. Muoveva delicatamente la pelle in modo da scoprire ritmicamente la parte nascosta. Monica si stava concentrando su quel punto con un leggero e delicato movimento. Pian piano la cappella veniva portata alla luce e tutto il pisello aveva assunto una certa consistenza ed era ancora cresciuto di volume, diventando un vero e proprio cazzetto L’innata delicatezza di Monica fece si che a un certo punto il mio piccolo cazzo si scappellò interamente. La cappella era gonfia e paonazza e ne sortiva un aroma deciso che giunse immediatamente alle narici di Monica. Lei, quasi stupefatta, alzo gli occhi verso i miei, mi fissò per un istante, poi li riabbassò. Assieme gli occhi abbassò tutto il volto. Il suo naso si avvicinò alla cappella, contornata all’attaccatura da un leggerissimo strato di candido caglio dal quale proveniva quell’aroma irresistibile. Monica, come ipnotizzata, dischiuse la bocca preparandosi a gustare quell’inattesa prelibatezza. Le sue piccole, calde labbra avvolsero delicatamente la cappella, la linguetta andò a cercare tutto intorno ogni particella che riusciva a percepire gustandola deliziata. Monica ripulì tutto e poi andò a cercare il resto giù, fino allo scroto ancora privo di peluria.

Una sensazione nuova mi pervadeva. Sentivo qualcosa salire su dalle viscere. Un’onda di piacere liquido che nulla aveva a che fare con la pipì! Monica continuava a leccare, ad annusare e ad avvolgere la cappella con la sua linguetta e con le sue morbide, piccole labbra. Sentivo il calore del suo alito, della sua bocca che accentuavano la sensibilità del mio piacere. Lentamente l’ondata di godimento che mi partiva dal buco del culo crebbe ed avanzò fino alle palle e poi ancora più su… Lo spruzzo finì dritto sulle labbra dischiuse di Monica che ebbe un lieve moto di stupore. Al primo spruzzo ne seguì un secondo, più potente, poi un altro e un altro e un altro che le imbrattarono la bocca e parte del viso, colando in parte sul prato sottostante.

Monica, che aveva appena discostato la bocca dalla cappella, accoglieva quel dono inatteso leccandosi lentamente le labbra e gustando quel sapore per lei sconosciuto. Fissava incuriosita e stupefatta la fonte di quel nuovo sapore, poi mi guardava negli occhi, felice di scoprire sul mio volto un’espressione d’ineffabile piacere.

Monica si leccò un ultima volta le labbra, poi si abbassò nuovamente la bocca sulla fonte di tanta prelibatezza andando a succhiare e ripulire fino all’ultima goccia di quella che solo in seguito seppi si chiamava sborra. Continuando a guardarmi negli occhi Monica aspirò piano col naso il profumo che circondava il suo viso, e sorrise felice. Tuttavia non era del tutto soddisfatta. Evidentemente anche lei doveva avvertire quel particolare pizzicorino… infatti mi disse: “Adesso tocca a te assaggiare la mia patatina.”

Non me lo feci ripetere due volte e tuffai immediatamente il naso e la lingua tra le sue cosce aperte. La patatina di Monica, a contatto con l’erba del prato dove era seduta, aveva un profumo sublime, e il gusto non era da meno!

Inizia a leccare, dapprima lentamente, poi sempre più veloce, infilando la lingua sempre più in profondità. Che gusto paradisiaco, e che profumo! Monica, con gli occhi socchiusi, gemeva impercettibilmente e iniziava ad ansimare un poco. Leccando sentii che nella parte superiore della patatina si stava producendo un piccolo rigonfiamento e mi concentrai a leccare proprio in quel punto. Monica ebbe un sobbalzo, poi un altro, poi mi prese la testa tra le mani stringendo i pugni sui miei capelli venne con un gemito roco. Dalla sua passerina già bagnata sgorgò un ulteriore colata di miele che deliziò ancor più la felicità di quell’istante, Io lo leccai tutto mentre lei iniziava lentamente a rilassarsi.

Quella magica trance fu interrotta dal clacson dei genitori di Monica di ritorno dal mercato. Avvertivano Silvia di aprire il cancello del giardino per poter parcheggiare la macchina. Monica, come risvegliandosi da un incantevole sogno, riprese tranquillamente la padronanza di se e, rivestendosi, mi disse di fare altrettanto. Una volta vestiti cominciammo a rimettere a posto gli strumenti nella valigetta del dottore.

Il pomeriggio del giorno seguente, dopo aver giocato insieme tutta la mattina sulla spiaggia, Monica mi venne a chiamare a casa. Quando uscii in giardino mi accolse col suo splendido sorriso, mi prese per mano e mi condusse nel giardino della sua villetta, sotto il salice. Giunti sul posto notai subito qualcosa d’inatteso. Un piccolo tumulo di ciottoli costruito proprio sul punto del prato dove era colata una parte della mia sborra.

“Questo sarà il nostro segreto - affermò lei - Dovremo trovare un altro posto bello come questo dove giocare la prossima volta!”. Ero d’accordo con lei, ma non dissi nulla. Annuii sorridendo e guardandola negli occhi. “Cominciamo a cercare!” esclamò improvvisamente lei scappando via allegramente.

Subito il formicolio s’irradiò dallo scroto alla punta della cappella. Le gambe scattarono e in un batter d’occhio mi trovai a correre al suo fianco. Un turbine d’immagini mi lampeggiavano davanti agli occhi: idee, fantasie, desideri, emozioni. Monica correva al mio fianco tenendomi per mano. Il mio cuore scoppiava di felicità, e il mio piccolo cazzo pure!



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: CoppiaL&T Invia un messaggio
Postato in data: 03/09/2007 08:37:48
Giudizio personale:
CHE SCHIFO DI RACCONTO
CANCELLATELO

Autore: DrakEva Invia un messaggio
Postato in data: 02/09/2007 21:34:47
Giudizio personale:
Bellissima esposizione, magari sembra un po\' bassa l\'eta\' dei protagonisti; forse era più adatto per comportamenti e reazioni fisiche ai 10 - 11 anni almeno.


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