i racconti erotici di desiderya

Feste improbabili


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Aspettavo quel venerdì sera da due settimane. Sarebbe dovuto svolgersi sette giorni prima, ma poi era saltato tutto a causa di un'imprevisto. Mentre mi tagliavo la barba mi vidi nello specchio.

Le lame del rasoio strappavano i peli scuri. E i miei occhi mi fissavano.

-Sono sicuro di volerlo fare?- Mi stavo chiedendo.

Dissipai i dubbi con una smorfia, e tornai a concentrarmi sulla barba.

Una pettinata veloce, e poi di corsa ad indossare gli abiti scelti. Un paio di pantaloni con la piega una camicia chiara che mi stava aderente, cravatta nera, come il gilet, e per completare il tutto la giacca coordinata ai pantaloni.

Tutto sommato elegante, serio.

Forse troppo. Ma non importava, ormai era troppo tardi per tutti quei dubbi, e l'orologio con il suo continuo inseguirsi di lancette mi ricordava che ero giusto in tempo per andare all'appuntamento.

Arrivai al bar puntuale, scendendo dalla macchina nel parcheggio vicino all'ora esatta in cui mi aspettavano. Chiaramente la puntualità stava a cuore molto più a me.

Nei venti minuti che aspettai al tavolo con il telefono in bella vista e la faccia annoiata consumai due cocktail, non sarebbe toccato a me guidare, e speravo di passare fuori la notte.

Giorgio e il suo ragazzo arrivarono mentre ero intento a girare con la cannuccia i cubetti che si scioglievano nel mio secondo bicchiere.

“Cravatta?” fece Giorgio girando lo sguardo al cielo e simulando uno svenimento. Lo conoscevo da molto tempo, e sapevo che enfatizzava il suo lato femminile per provocarmi. La sua omosessualità non aveva intaccato la nostra amicizia come aveva fatto con quella di altri nostri, un tempo comune, amici.

Io mi limitai a sorridere, ed alzarmi per salutare, e venire presentato.

Il nuovo ragazzo di Giorgio sembrava un modello del cartelloni pubblicitari dell'intimo maschile. Poco più espressivo, con un grande e generoso sorriso. Si chiamava Marco, faceva l'architetto, era appassionato di snowboard e surf e giurava di essere un ballerino provetto.

Era molto loquace e cordiale, e mi aiutò a superare l'imbarazzo molto in fretta. Cominciavo a vedere dall'interno la serata, e non si prospettava aliena come avevo avuto il timore mezz'ora prima. Per il momento eravamo soltanto tre amici al bar.

Parlammo del più e del meno per un'oretta, un altro paio di cocktail, io, Giorgio astemio mi fece compagnia con un succo di frutta, e Marco, autista della serata, si limitò a sorseggiare del tè al limone.

Quando si fece l'ora lasciammo a metà il discorso sul problema dell'inquinamento urbano e ci indirizzammo alla macchina.

La mini-cooper rossa con l'union Jack aerografata sul tettuccio sfrecciava, mentre i suoi occupanti rispettavano il silenzio che si erano tacitamente imposti uscendo dal bar.

Nell'istante in cui stavo per prendere fiato per iniziare una conversazione sul tempo Marco decelerò bruscamente e si fermò davanti ad un cancello.

“E' qui?” chiese.

Giorgio annuì, e così accostammo e scendemmo.

“Allora, tesoro...” nonostante il vezzeggiativo Giorgio parlava con me “Tu vivila come una festa...normale”

Apprezzavo lo sforzo di Giorgio di cercare ci comprendere i miei dubbi, ma in quel momento ne avevo di tali che non sospettavo neppure io.

“E' una festa normale” dissi contemporaneamente a Marco. Solo che io avevo un tono calmo, intento a far capire a Giorgio che ero grande e vaccinato, e sarei sopravvissuto ad una festa; il tono di Marco faceva pensare più ad un rimprovero.

Fortunatamente con una risata Giorgio alleggerì il tutto e abbracciandoci ci portò alla festa.



Era una festa normale.

Uomini e donne chiacchieravano, bevevano, sparsi per tutta la casa, un impianto stereo inondava la casa di musica lounge. Sembravano tutti cordialissimi ed intenzionati a divertirsi. Ed in questo era molto meglio di molto di quelle feste adolescenziali dove la gente trottava frenetica alla ricerca di una forma di vita con la quale accoppiarsi.

Nonostante la normalità però avvertì della tensione sessuale generale. Come se sotto la facciata stessero avvenendo cose che riuscivo a notare solo con la coda dell'occhio.

I miei amici fecero un rapido giro di a salutare i loro amici, e mi fecero diverse presentazioni.

Fu un continuo stringersi mani e sorridere, e glissare sui commenti dell'uso esagerato che facevo dei pesi per le braccia in palestra.

Poi prima di dileguarsi Giorgio e Marco mi presentarono una ragazza.

Leona, capelli corti neri, robusta ma non grassa, con una stretta di mano decisa e diversi tatuaggi che spuntavano da sotto i vestiti sulle braccia, sul collo e sul polpaccio destro.

Giorgio me ne aveva parlato, era un'amica lesbica di Marco, che chissà come mai aveva saputo che non era il mio periodo migliore della mia vita sotto l'aspetto amoroso sessuale, e si era offerta di aiutarmi in cambio d'aiuto.

Appena fummo lasciati vicino ad un divano mi fece cenno di sedermi, e senza troppi preamboli iniziai a farmi confermare le informazioni che mi aveva dato Giorgio.

“Allora, mi è stato detto che hai un problema” Io sorridendo.

“Sembra una frase alla James Bond...quella cravatta poi, potevi vestirti più informale, Marco aveva parlato tanto a tutti che nessuno avrebbe pensato male a vederti un po' più disinvolto” rispose lei facendo sembrare la battuta su James Bond una provocazione.

Mi allentai il nodo della cravatta.

“Questo vuol dire che non hai bisogno di un agente segreto?”

“Già... beh, diciamo che io sono maledettamente lesbica, a me gli uomini non piacciono, ne ho avuto un paio da ragazzina, sono stati una bella esperienza, ma non ne cerco, né voglio più da molto tempo”

Era schietta, mi piaceva.

“Questo vuol dire che guardarti le tette sarebbe come guardare le foto di una torta al cioccolato, mi metterebbe l'acquolina in bocca ma non mi darebbe alcun modo per farmi passare la voglia?”

Rise annuendo, era anche spiritosa un'altra cosa che mi piaceva.

“Beh, se ti hanno parlato di me quanto a me hanno parlato di te a me sai di cosa si tratta” disse a quel punto.

Mi diede la sensazione di essere a disagio. Esattamente come me in quel posto: voleva esserci ma non vedeva l'ora che qualcuno le dicesse di non preoccuparsi e di godersi la vita.

“So abbastanza poco, ma non ti preoccupare, penso di essere qui quasi esclusivamente per te” disse cercando di metterla a proprio agio.

“Beh, non sono cose facili da fare quando si è innamorati” mi disse, con una fragilità molto femminile.

Aspettai annuendo che prendesse coraggio e proseguisse “La mia ragazza, non è lesbica, è bi”

Giorgio non aveva parlato di un invito ad un menage a trois.

Infatti: ”Penso che stia pensando di tradirmi con un uomo”

Ero molto confuso, ma non la fermai.

“Quindi se proprio deve andare con un uomo voglio...saper, sapere tutto”

Se la mia testa sarebbe potuta diventare un punto di domanda: l'avrebbe fatto in quel momento.

“Co- cosa posso fare?”

Mi prese il polso e si alzò trascinandomi con lei verso un altro gruppetto che chiacchierava.

Avvicinandomi avevo adocchiato una rossa molto alta e con una abbondante quantità di trucco, specialmente di rossetto scuro quasi a verniciare labbra certamente siliconate.

La rossa mi fu presentata con un nome esotico, poi capito che non era la donna di Leona me ne scordai.

La sua ragazza era molto meno appariscente, ma non per demerito, era ben proporzionata, con un bel taglio di capelli nonostante la frangia (che non mi aveva mai fatto impazzire), un seno piccolo ma molto esposto dalla maglietta e un piercing all'ombelico attiravano l'occhio da davanti.

Jessica, ha una bella parlantina, inizia molti argomenti ma non ne finisce mai nessuno. Almeno fino a che Leona senza spiegarmi bene cosa possa volere da me sparisce.

Quasi come se potesse interrompere la recita Jessica mi porta fuori da una porta finestra, su un balcone che da sul giardino, la scusa è fumare.

Ma appena fuori prima ancora di accendere la sigaretta si sbuffa sulla frangia, facendola ballare e dice “Non mi dire che sei l'amico di Giorgio!”

Sorrisi e feci spallucce “Ok, non te lo dico”

“Cazzo quando fa così mi viene voglia davvero di scoparmi il primo che passa” rispose accendendosi la sigaretta e allontanandosi dai vetri della finestra.

La seguì demoralizzato, convinto di aver sprecato la serata.

“Non prendertela, non è colpa tua, se fossi stata libera probabilmente adesso ti starei portando nella stanza di sopra” mi disse, come se queste informazioni si potessero dare con tanta leggerezza.

Mi limitai a fumare in fretta la mia sigaretta. Solo che l'alcool e le aspettative rendevano quella biondina dannatamente eccitante.

Raccolsi il mio orgoglio ferito mentre spegnevo in un vaso adibito a portacenere la mia cicca e con un falsissimo sorriso e una scusa mi congedai.

Lei sorrise, si scusò ancora e tornò al suo gruppetto. Per un attimo pensai potesse aver visto la mia erezione.

La mezz'ora seguente fu noiosissima, e fui sul punto di salutare ed andarmene quando Leona comparve dietro di me abbracciandomi. Aveva una bella stretta, e sembrava felice.

“Grazie caro!”

“Prego” Risposi benché non avessi fatto nulla.

“Si lo so che non hai fatto nulla, ma sei venuto, sei l'unico maschio etero della festa, questo ha fatto capire un paio di cose a Jessica...abbiamo parlato, e chiarito”

“Mi fa veramente piacere” Le dissi fissandole la scollatura involontariamente.

“Per ringraziarti volevo farti dare uno sbirciata mentre si prepara la torta” mi disse avvicinandosi al mio orecchio e con un tono di voce che lasciava poco spazio alla fantasia.

Nonostante l'alcool capì subito, e grazie al mio status di brillo non ebbi alcuna esitazione ad annuire e quasi a scodinzolare come un cane davanti al quale agitano una bistecca.

Mi baciò sulla guancia e andò verso le scale, individuai Jessica che saliva pochi secondi dopo.

Senza pormi alcuna domanda su quanto fosse morale quello che mi accingevo a fare le seguì.

Non fu difficile trovare la stanza nella quale si erano appartate. Gemiti squisitamente femminili provenivano da dietro una porta lasciata socchiusa, mi chinai e la prima scena a pararsi davanti a me fu quella di Leona che baciava Jessica con passione. Non era come l'esagerato bacio saffico al quale ero abituato nei film porno, si baciavano come baciavo la mia fidanzata in quinto liceo.

Si muovevano lentamente, lo potevo vedere chiaramente anche dalla serratura, è come se per ogni movimento, ogni carezza, ogni contatto si chiedessero il permesso. Ora Leona faceva scorrere la mano dalla guancia di Jessica sino alla sua spalla, accarezzando il collo, praticamente sfiorandolo solamente, raggiunta la spalla si fermò qualche istante poi proseguì con la sua carezza fino al gomito, e dopo un'altra pausa arrivò al polso. Intrecciarono le loro dita, si strinsero, poi Jessica imitò il gesto di Leona a ritroso con entrambe le mani.

Quando smettono di baciarsi si allontanando e guardandosi intensamente negli occhi si sfilano le scarpe, camminano fino al letto dove salgono in ginocchio, avvicinandosi, e ricominciano a baciarsi.

Il rituale prosegue con un'andamento ipnotico tanto che quando si spogliano quasi non me ne accorgo. Mano a mano che spogliavano più superficie, le carezze si facevano più lente i gemiti più forti. I baci prima limitati alla bocca ed al collo si stavano spingendo sui seni, poi sui capezzoli. Le macchie, tracce di piccoli morsi comparivano più di frequente ad ogni bacio.

Come per le coppie uomo donna, il sesso dopo una discussione era il migliore.

Non ci misero meno di venti minuti ad iniziare a sfiorarsi la topa. Avevo ottime ragioni di pensare che fossero fradice, e pronte all'orgasmo, ma dalla mia angolazione non potevo vederne le prove.

Io invece ero a palla, carico come una molla, e i pantaloni leggeri non aiutavano a mascherarlo.

Valutai la possibilità di farmi una sega in corridoio.

Con la mano scesi verso il pacco mentre mi voltavo per essere certo di essere solo.

Lì ebbi la sorpresa.

La rossa, quella con le labbra rifatte stava appoggiata al muro e mi fissava. Era là da chissà quando.

Rispose al mio sguardo terrorizzato con un sorriso.

“Non fermarti, stava per cominciare la parte divertente”

Mi alzai in piedi e reagì alle sue maniere ammiccanti slacciandomi i pantaloni e tirando fuori l'uccello. Lo vidi pulsare nella penombra del corridoio, il ragazzo aveva bisogno di sfogarsi. Come se la rossa percepisse quel bisogno, si fece avanti, si inginocchiò e dopo aver baciato la cappella, e accarezzato con la punta della lingua l'asta per tutta la sua tremante lunghezza, con un esperto movimento si affondò sul mio pene. La lingua tremava e si agitava mentre con dei movimenti che non avevo mai visto mi fece scaricare tutto il suo mio succo dritto nella sua gola in meno di trenta secondi. Un orgasmo potente e fulmineo.

Succhiando rumorosamente mi diede una pulita, poi evidentemente delusa mi disse mentre si rialzava “Speravo qualcosa di meglio... ora però mi devi rendere il favore”

Ingoiai il rospo della pessima prestazione di fronte alla nuova sfida, ancora inconsapevole.

Mi avvicinai e la strinsi tra le braccia mentre la baciavo.

Sentivo il suo sapore nella sua bocca.

Mi inginocchiai e feci per strattonare i suoi pantaloni, ma mi spinse indietro facendomi cadere seduto, e mi indicò il bagno.

Mi aiutò a rialzarmi e mi accompagnò per mano fino a dentro il cesso. Si chiuse la porta alle spalle, fece rapida due giri di chiave e la sfilò dalla toppa per gettarla nel lavandino dove rimbalzò.

A quel punto con la mia mano che teneva ancora si accarezzo il seno, il ventre, e giù ancora. La stretta forte ed il modo di fare mi stavano rinvigorendo l'erezione.

Ma questa ebbe un'inaspettata accelerata quando le nostre mani arrivarono sul suo pube. La dove mi aspettavo il morbido arrivo toccai qualcosa con la quale avevo molta familiarità. Il suo sguardo soddisfatto quando si accorse che non avevo ritratto la mano nonostante avessi capito mi piacque.

“Comincia a sdebitarti, se sai bravo ti farò vedere che a queste feste c'è di meglio che le lesbiche”

L'odore e il sapore di un pene erano nuovi per me. La stretta sapiente che mi guidava e produceva maggiore piacere.

Quando il getto caldo e violento schizzo contro il fondo della mia gola ebbi l'istinto di rigurgito, ma la rossa non me lo permise mi spinse verso il suo pube rasato mentre scaricava le ultime gocce. Quando smisi di cercare di liberarmi mi lasciò andare, estrasse il suo cazzo che si stava ritirando e lo usò per schiaffeggiarmi.

“Ti voglio alla prossima festa, e fatti spiegare qualcosa da Giorgio”

Rimasi seduto nella stanza anche dopo che se ne andò. La sborra non aveva certo il gusto piacevole del brodo di passera, ma mi sentivo appagato, e un po' più vicino al mio amico. Purtroppo non ebbi mai occasione di confessarglielo, anche se sospettavo che la voce gli fosse giunta.



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Skyline Invia un messaggio
Postato in data: 29/10/2011 00:21:41
Giudizio personale:
ben scritto bravo

Autore: Trikkens Invia un messaggio
Postato in data: 30/03/2011 23:53:37
Giudizio personale:
good

Autore: Carino6423 Invia un messaggio
Postato in data: 03/08/2009 12:36:01
Giudizio personale:
Bella storia e situazione molto intrigante ed eccitante; il finale ......... eccellente, mi fai godere moltissimo. Bravo


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