i racconti erotici di desiderya

Fantasia di orgia


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Ci eccitava il pensiero di altre presenze tra noi. Ogni volta che ci ritrovavamo nel nostro segreto appartamentino, le menti vagavano nella fantasia del non essere solo in due. Quelle mattinate o quei pomeriggi, rubati per godere insieme il piacere del sesso, si riempivano di fantasmi nudi che aleggiavano tra noi. Questo nostro rapporto segreto, fatto di amicizia e tanta, tanta passione erotica, voleva di più, voleva da tempo superare l’ordinaria frontiera del sesso a due.



Un venerdì di settembre, una delle pochissime sere ricavate per noi con la scusa di riunione di lavoro e uscita con le amiche, io e Paola eravamo a cena in un noto ristorantino torinese, particolarmente appartato e classicamente frequentato da coppie non del tutto regolari.



Al tavolo a fianco a noi si accomodarono tre persone. Fummo subito colpiti dalla loro eterogeneità. Lei, non bellissima secondo i canoni classici e non certo teen ager, molto sexy nel suo elegante vestito verde. Truccata benissimo, sembrava voler dire al mondo: maschietti, sono qui per voi. Tutto, dal trucco allo stivale, alla pettinatura perfetta sembrava dire ciò. I due uomini, diversissimi tra loro. Uno raffinato e di età apparente sulla cinquantina, come la donna. L’altro, non più che trentenne, palesemente palestrato e fuori luogo in una grisaglia con cravatta dal nodo gigantesco.



Io ed Paola chiacchieravamo del più e del meno, ma quel trio, o meglio la lei di quel trio ci fece voltare lo sguardo.



Mi sentii dire sottovoce: “vorresti fartela… non dire di no, da come l’hai guardata e mangiata con gli occhi si capisce benissimo”. Era Paola che aveva giustamente interpretato i miei sguardi verso il tavolo vicino. Non mi trattenni dal rispondere, sempre a voce bassa: “da come anche tu l’hai guardata, direi che non ti offenderesti se la portassi nel letto tra noi”.



Vidi negli occhi di Paola apparire quell’eccitazione che usavamo darci nell’intimità, fantasticando di un sesso aperto ad altri. Mi disse: “certo che no, purchè con lei ci sia anche un uomo”. I nostri intimi desiderata erano venuto a galla, portati sull’onda del momento da quella donna. Non era però una novità, spesso avevamo già fantasticato su dei commensali sconosciuti, trasformandoli in quei fantasmi che aleggiavano nel letto ad allietare ed aumentare le nostre eccitazioni. Paola non era mai restia nel raccontarmi come avrebbe saputo portare una donna all’estasi, anche se, sino a quel momento, il lesbismo era per lei solo erotica fantasia.



Arrivò il primo e si ritornò all’originaria conversazione. .



Tra un parola e l’altra, captammo il lui cinquantenne dire: “ma saprai veramente far godere mia moglie, sai lei è molto esigente in fatto di uomini. Vuole essere coccolata e massaggiata, vuole essere leccata lentamente…, noi non cerchiamo una botta e via, deve essere un’intera notte di sesso, in cui io e te insieme dobbiamo farle avere almeno vari orgasmi”.



Restammo allibiti: tra me e Paola scese il silenzio assoluto, quasi non respiravamo per non perdere neppure una parola di quell’intrigante conversazione. Quelli non stavano scherzando, lo dicevano chiaramente i loro visi, il loro conversare.



Sentimmo il giovane palestrato rassicurare entrambi, seppur con un uso un po’ improprio dei verbi e dell’italiano in genere, garantendoli sulla propria capacità amatoria. Mentre i due uomini discorrevano tra loro, il cinquantenne colto nel linguaggio e nei modi e l’altro con un italiano sconosciuto a Dante, la donna abbassò entrambe le braccia… Io e Paola, all’unisino, la immaginammo intenta a controllare la veridicità di ciò che udiva dal giovane. Probabilmente fantasie nostre, ma forse non lontane dalla realtà. Era invece certamente reale la mano che Paola aveva posato sul mio inguine.



La loro voce era sempre più bassa, quasi fievole. Le parole si udivano e non si udivano, Diveniva sempre più difficile ed imbarazzante ascoltarli. Se avessimo continuato, certamente avrebbero recepito, se non già avvenuto, la nostra morbosa curiosità. Lasciammo perdere e ci dedicammo solo a noi, anche se le menti non si staccavano da quel terzetto.



Io e Paola eravamo comunque eccitatissimi. Quei tre stavano organizzando, per quella sera, il dopocena di tanti nostri sogni. Noi, lasciato il ristorante, avremmo giocato di fantasia; quei tre di realtà.



Comunque non apprendemmo più alcunché sulle loro pratiche erotiche. Riuscimmo solo a sentire che il giovane era un inserviente di una palestra, con contratto co.co.pro, e vanesio improbabile aspirante modello; la coppia, invece, lavorava insieme ed erano professionisti. Di loro, a quel punto, conoscevamo i nomi, Gianni ed Elena i coniugi, Claudio il giovane. Sapevamo i rispettivi mestieri e, soprattutto, sapevamo che stavano preparandosi per un eccitantissimo triangolo erotico, con i due coniugi pronti a mettere tra loro il giovane stallone.



Finimmo di cenare e, sperando di captare ancora qualcosa, dilatammo ad arte il tempo del dopo cena. Fu così che vedemmo la signora a fianco a noi alzarsi per andare in bagno. Paola, come una molla, si alzò e, tra il mio stupore e la mia paura di qualche sua indelicata ed inopportuna uscita, la seguì. Dopo pochi minuti entrambe, quasi insieme, tornarono ai tavoli. Paola, vedendo la mia preoccupazione disegnata sul viso, mi rassicurò sul non essere accaduto assolutamente nulla nei bagni. Mi disse solo: “volevo vederla da vicino e provare a fare due parole con lei, per capire che tipi sono quelli che si portano nel letto un palestrato di quel genere”. Tutto finì lì, ci alzammo, subito seguiti da quei tre ed ognuno prese la giusta direzione verso il proprio talamo, ove i rispettivi corpi e menti avrebbero potuto scatenarsi in quelle battaglia erotica che attendeva noi due e loro tre. Paola, uscendo, salutò quella signora. Lei, a sua volta, le sorrise e ricambiò. Che bello sarebbe stato averle entrambe con me…



Saliti in auto, notai negli occhi di Paola una stranissima luce. Mi sovvenne che, forse, in quel bagno non successe quel proprio nulla che mi fu riferito. Presi Paola alle strette e le chiesi di raccontarmi tutto. Speravo nel racconto di un fugace amplesso tra loro, di un veloce saffismo scatenatosi tra le piastrelle del bagno. Invece no. Paola, serissima, mi disse che lei le aveva riferito di aver capito benissimo che noi stavamo origliando la loro conversazione e che, a domanda di Paola, non aveva avuto esitazioni nell’edurla sull’abitudine sua e di suo marito nel fare sesso con altri. Sempre Paola mi riferì che, per loro, era un gioco erotico praticato da circa cinque anni. Poi mi giurò che non fu detto altro e che, parole sue, non successe nulla di nulla. Della seconda rassicurazione avrei, peraltro, fatto volentieri a meno…



L’eccitazione di entrambi era comunque notevole, già solo per quel sentito. Io mi vedevo al posto di quel giovane palestrato. Paola si vedeva con me pronta a ricevere e ricambiare le attenzioni di quella donna… e di quell’uomo. Non il palestrato, li trova di nessun interesse erotico, ma quel raffinato ed elegante cinquantenne.



Decidemmo di andare in un privè, per entrare a nostra volta nella realtà del sesso di gruppo, in poche parole, dell’orgia. Era la quinta volta, la prima serale, che arrivavamo davanti a quella porta dietro cui impazzava l’eros. Le prime quattro la paura ci assalì prima di suonare. Desistemmo. Questa volta non fu diverso. La nostra paura di essere riconosciuti fece cinquina.



Ma una pazzia eravamo comunque intenzionati a farla. Ci recammo in un luogo noto per lo scambiamo e il guardonismo da strada e, lì, parcheggiammo. Ma non bastava. Decidemmo di lasciare accesa la luce interna.



Immediatamente mi trovai Paola avvinghiata. Ci baciammo a lungo, mentre le nostre mani si muovevano frenetiche sui rispettivi corpi. Quasi non mi accorsi che Paola mi aveva slacciato i pantaloni, sin a che non sentii il membro nella sua bocca, sempre vorace ma quella sera più che mai.



Accovacciata sul sedile, continuava a regalarmi sublimi sensazioni con la lingua, alternandola alle labbra. Ero immobile a godermi quel piacere quando vidi un uomo avvicinarsi all’auto. Aveva il pene tra le mani e si masturbava. Lo feci notare a Paola. Lei, come nulla fosse, si limitò a mettere a nudo il proprio seno e continuò a tenermi tra le sue labbra. Quel guardone, percepita la nostra disponibilità, si avvicinò ancor più all’auto, portando il suo arnese a poche decine di centimetri dal finestrino, rigorosamente chiuso al pari delle portiere. Con il membro turgido mi godevo quello stravagante, esibizionistico e delizioso pompino. La mia mente mi portava, però, a vedere quella donna del ristorante al posto di Paola. Passarono pochissimi minuti… già sentivo lo sperma ribollirmi nei testicoli, segnale inconfondibile dell’orgasmo. Mi girai e vidi quell’uomo che si masturbava freneticamente, con gli fisi sulla bocca di Paola e sul mio pene. Tra il suo pene e il mio viso non v’erano più di trenta centimetri, fortunatamente inframmezzati dal vetro.



Venni. Gemendo e guardandolo masturbarsi, riempii la bocca di Paola con il mio seme. Lei continuò a stringermi tra le labbra, godendosi ogni residua gocciolina. Lui continuava a masturbare un pene poco più che flaccido. Non smise neppure quando Paola si alzò mostrandogli le sue ancor sode grosse tette.



Continuò, a questo punto, rimirando la mano di Paola che aveva iniziato a masturbarsi, scosciata e vistosa sul sedile illuminato. Io giocavo con le sue tette, lei con il suo bottoncino del piacere, quel tizio la fuori con il suo cazzo.



Questa scena grezzamente volgare durò qualche minuto, sino a che non sentii il mugolio di Paola. Stava godendo e, mentre godeva, protrasse il suo bacino verso l’altro, affinchè quel tizio potesse vederne al meglio gli umori colanti.



Intanto lui continuava, senza successo, a manipolare quell’arnese, forse reso ormai morto dal troppo vino o, magari, dal troppo esser già stato manipolato quel giorno. Comunque, passata la frenesia iniziale e scaricata nel già fatto la libidine primariamente accumulata, tutto ci apparse solo volgare e squallido. Misi in moto e ci allontanammo.



Mentre la riportavo a casa, Paola mi riportò all’eccitazione. Come se mi stese riferendo del meteo del giorno a venire, in assoluta calma mi disse: “ho dimenticato di dirti che, mentre ero in bagno, io e quella tipa ci siamo scambiate i numeri di telefono… ho voglia di combinare con quei due. Domani la chiamo e vedo se sono disponibili per la settimana prossima…”



Subito dissi a Paola, anche se un po’ preoccupato per la sua reazione, quanto la fantasia mi avesse portato a vedere quell’Elena del ristorante al suo posto, poco prima, intenta a leccarmi Non avevo motivo di preoccuparmi, la sua risposta fu: “anch’io non pensavo di avere il tuo cazzo in bocca… ma quello del marito di Elena, con Elena tra le mie gambe.”.



Quel parlarci di quanto appena fantasticato, ci riportò all’originaria eccitazione. Entrambi eravamo ansiosi di arrivare a quel primo “combino a quattro” che avrebbe trasformato il nostro vissuto erotico, aprendoci la porta a nuove e ben più trasgressive esperienze.



Iniziai a realizzare quanto Paola aveva tramato a mia insaputa. Mi resi conto di come, forse, la sua voglia di trasgressione era ben più decisa e forte della mia. Talmente decisa da darle la forza di interloquire con quella sconosciuta, sino a farsi dare il suo numero di telefono. Poi si pensa che siano gli uomini ad essere i timonieri del sesso… quale macroscopico errore.



Anche se ancora tutto da compiere, il gran passo era ormai imminente. Le nostre fantasie in cui ci eravamo cullati in tanti pomeriggio erotici avevano i minuti contati… stavano divenendo realtà.







PS: Questo racconto è il primo e attiene ai presupposti per il passaggio dalla fantasia alla realtà. A questo segue: “Finalmente in quattro”.





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