Vento d’estate, afa appiccicosa ed aria irrespirabile. Gli italiani in ferie. Lunghe code si snodano come serpentoni inghiottiti dalle viscere del nero asfalto. Bollente ed indomabile sembra inseguire le autovetture sfreccianti guidate da un sogno comune: il mare. Ecco bene o male tutte le estati sembra che un sottile velo di follia accomuni la maggior parte degli italiani, di qualsiasi ceto e/o estrazione sociale. Chi sulle loro berline con climatizzatore a manetta e finestrini rigorosamente serrati, in sosta soltanto per rifornirsi di carburante e consumare un fugace caffè negli autogrill di turno. Chi invece con la sua utilitaria, finestrino rigorosamente abbassato, braccio di fuori, fazzoletto bianco di cotone annodato al collo ad inzupparsi del grondante sudore e a maledire di aver scelto proprio quel giorno per la partenza al mare. Anch’io ero uno dei folli che, presa la mia macchina di medio segmento ma, rigorosamente con climatizzatore, facevo parte di quel lungo serpentone di autovetture che cercava di approdare sulle coste siciliane. Erano appena trascorso il mezzodì quando mi accorsi che la fila accanto alla mia, ospitava una graziosa donzella. Lei faceva parte delle utilitarie, non aveva il fazzoletto al collo ma una canotta con generosa scollatura che la sciava intravedere il suo tornito seno dalla doratura estiva ed il luccichio della vistosa sudorazione. Incrociammo i nostri sguardi per un solo attimo ma le si leggeva negli occhi l’invidia che provava per quel climatizzatore acceso. Fui subito distratto dall’intervento di un collaboratore ai traghetti (IL CARONTE DELLA SITUAZIONE) che comunicava a squarciagola il tempo di attesa per ormeggiare in costa siciliana: 2/3 ore. Negli occhi della mia sconosciuta amica lessi il panico. Così decisi di scendere dalla macchina e rincuorarla. Mi avvicinai al finestrino e, senza comunque dare l’impressione di voler rimorchiare, le chiesi se mi faceva l’onore di aspettare in macchina con me perché solo avevo noia, mi si era guastato lo stereo e così avrei avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno. Mi sorrise maliziosamente, come se aspettava già da lungo tempo il mio approccio, ed annui col capo. Scese velocemente dalla macchina e si infilò nella mia senza darmi neppure il tempo di aiutarla ad aprire lo sportello. In macchina cominciarono le presentazioni, Katia, questo il nome della mia amica, mi disse che per lei era la prima volta in terra siciliana per vacanza, aveva prenotato in un villaggio turistico a Capo d’Orlando e non vedeva l’ora di poterci arrivare. Sicuramente diedi l’impressione di volerci provare a tutti i costi, ma anch’io mi recavo allo stesso villaggio e per me invece non era la prima volta ma anzi, la bellezza della mia terra richiamava sempre i propri figli a tornare per una qualsiasi banale occasione. La Sicilia la vivi, la denigri, la ami, ne senti la mancanza e poi la critichi, ma non vedi l’ora di tornarci. Dimostrai a Katia che comunque quello che dicevo era vero e le mostrai la prenotazione al villaggio. Mi sembrò quasi felice che fosse vero ed aggiunse: adesso il problema diventa tuo, io posteggio qui e non scendo dalla tua macchina fin quando non mi riaccompagnerai a prenderla. La mia sorpresa mista alla gioia dell’evento e guidata dall’istinto che contraddistingue il mio carattere per nulla riflessivo, mi fece aprire in un sorriso sincero e fui così felice di comunicarle si la mia sorpresa, ma anche la mia contentezza. Le posteggiai la macchina e continuammo a fare la nostra conoscenza per tutto il tragitto. Arrivammo al villaggio e ci furono assegnati i nostri giacigli. Ci ritirammo nelle nostre camere a rinfrescarci non prima di averla invitata per la cena. Alle 21,00 ci incontrammo al bar e così, saliti in macchina ci dirigemmo nella vicina Patti. Conosco da quelle parti un localino niente male, dove la paranza è sacra ed i gelati rigorosamente artigianali. Finita la cena la portai alla vicina discoteca all’aperto, dove una brezza marina birbantella ci tenne compagnia per tutta la serata. Non mancarono ovviamente le battutine di rito incentrate a renderle omaggio, ma non erano per nulla gratuite. Katia le maritava tutte. Era una bellezza mediterranea alta 1,75, snella con le giuste curve, un seno molto morbido e tondo, una pelle scura e luccicante, gli occhi marrone scuri incastonati all’interno di un visino davvero grazioso. Mi deliziò per tutta la sera del suo abbigliamento semplice con gonnellina plissè larga e leggera rigorosamente sopra il ginocchio, un top sobrio ma velato da dove faceva trasparire tutto il suo delizioso seno il tutto innaffiato da un delicato profumo di muschio bianco e da tanta femminilità. Non nascondo che ebbi un certo imbarazza quando ballammo insieme e mi resi conto di essere in preda ad una erezione da paura. Lei si era accorta dell’evento, ma non lasciò trasparire nulla e non diede molta importanza al mio momentaneo disagio. Mentre tornavamo a casa, rimanemmo a goderci l’alba sulla spiaggia di S. Gregorio, dove i primi pescatori si davano un gran da fare per attrezzare le barche e vararle per la loro battuta. Rientrammo al villaggio e prima di scendere dalla macchina, mi attirò a se baciandomi teneramente. Rimasi molto sorpreso ma non deluso, mi sorrise nuovamente e mi invitò in camera da lei. Si, forse è vero, non era questo il finale tanto atteso? Certamente era quello sperato, ma magari non alla prima sera, invece eccomi lì, solo in camera con la mia nuova amica, arrapato per l’intera giornata, satollo della bontà della cucina isolana, stango per la lunga giornata e felice come un bimbo cui hanno regalato il giocattolo del desiderio. Arrivati in camera evitammo di accendere la luce, ci abbracciammo teneramente e cominciammo a scambiarci baci in tutte le parti del corpo. Sembravamo aver trovato finalmente il miele, assaporammo ogni parte dei rispettivi corpi, ci accarezzammo a lungo fin quando lei, ormai grondante di umori, non decise di cominciare a spompinare il mio arnese. Cominciò a leccare le palle e fin su fino al glande, fece sparire interamente il cazzo nella sua umido bocca e lo riprese, lo leccò come fosse il gelato da poco gustato, ne assaporò ogni singola parte. Io dal canto mio continuavo ad accarezzare i sui turgidi capezzoli e provvedevo a mantenere le sue labbra umide di umori trastullando il suo clitoride. Continuammo a lungo in questo gioco dei piccoli esploratori, fin quando lei mi stese sul letto, si posizionò il cazzo a ridosso delle sue grandi labbra e lo conficcò in sol colpo. Cominciò a dimenarsi in maniera sublime, accompagnavo i suoi sinuosi movimenti e cercavo di spingere ancor più dentro il suo utero. Sembrava esausta, venne in una serie di orgasmi a ripetizione, la girai, la presi da dietro, le palpavo il suo meraviglioso seno e la ficcavo da dietro, fin quando venni insieme al suo ulteriore orgasmo. Sfinito mi adagia alla sua sinistra, lei mi accarezzo il viso e disse: grazie per avermi regalato questa magnifica serata. Ci addormentammo insieme esaustivi e con in volto un sorriso di grande goduria. Fù lei a risvegliarmi, aveva ripreso a leccarmi il cazzo mentre dormivo, una sensazione tutta nuova per me, cominciammo a rifare l’amore e a godere ognuno degli umori dell’altro. Il tema dominante dei rimanenti 7 giorni di vacanza. Un bacio a Katia ed uno a lettori di Desy.
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