i racconti erotici di desiderya

Buenos aires (nuova versione corretta) 1a parte

Autore: NikkoRoma
Giudizio:
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Sto ascoltando il cd dei Pet Shop Boys/Behavior. E’incredibile come la musica ti riporta indietro nel tempo. Fa ricordare ogni piccolo dettaglio dei fatti vissuti, le sensazioni, anche gli odori. Lo stesso album lo stavo ascoltando quella sera quasi vent’anni fa, mentre preparavo l’ennesima valigia.

Il volo era per le 8:00 del mattino successivo. E’dolce la musica dei Pet Shop Boys. Li trovo eleganti,quasi sofisticati, un pò snob. I ritmi della loro musica mi hanno sempre messo di buonumore, voglia di vivere, di essere.



Marzo 1990

Che furbi questi dell’ufficio del personale. Per mandarmi a Buenos Aires mi fanno volare prima a Parigi alle 8 del mattino per poi prendere il volo Parigi-Rio-B.Aires-Santiago alle 23,40. Matti da legare. Ma che ci faccio a Parigi un giorno intero all’aeroporto?



Il 747 si è appena alzato in volo di prima mattina da Rio. Sono scesi quasi tutti, solo pochi vanno a B.Aires e ancor meno a Santiago. Il comandante ci fa vedere la città facendo di proposito un paio di virate a dritta e a sinistra affondando le ali nel vuoto. Rio è meravigliosa anche vista dall’alto. E’ stata una bella notte tra le stelle, in compagnia dell’ovattato ronzio delle turbine, le luci basse, quasi tutti dormivano. Mi sono letto un intero testo sulla storia dell’arte per completare la giornata passata a Parigi al Museo d’Orsay. Quello che doveva essere un giorno noioso tra un volo e l’altro è divenuto invece un giorno molto interessante a godermi i maestri dell’impressionismo. Ed eccomi qui a guardare Rio dall’alto. Tra qualche ora si arriva a B.Aires. Ancora non ho idea di ciò che mi aspetta. Ho comunque fatto bene a farmi spedire laggiù con tre giorni di anticipo sull’appuntamento di lavoro. Non sono mai stato a B.Aires, la Parigi del Sud America. Stanno attraversando una tremenda crisi economica e sono usciti da poco da una dittatura…chissà come sarà? Avrò tre giorni tutti per me, io e B.Aires e tutto ciò che la città avrà da offrirmi.



Ho raccolto i miei bagagli, cerco il punto informazioni, devo avvisare la nostra agenzia che mi mandi una vettura a prendermi, sicuramente nessuno li ha informati che arrivo con tre giorni di anticipo.



Sta dietro al banco informazioni, gli occhi sono scuri molto scuri, belli, grandi, vivi, le ciglia lunghe, la pelle chiara, i capelli folti neri come il carbone.

< Welcome to B.Aires >

E’un bel sorriso ma molto discreto, quasi timido, abbassa gli occhi e li rialza come se io stessi li a mettere soggezione.



< Per cortesia può chiamare questo numero e far sapere che sono arrivato con tre giorni di anticipo. Se possono venirmi a prendere e se hanno già organizzato un hotel per me. Poi, gentilmente, se mi da del materiale illustrativo sulla città, qualche mappa, siti di interesse turistico. Insomma le solite cose > Sorrido e ringrazio in modo fermo ma sbrigativo come se il tutto mi fosse dovuto. Ecco, il mio solito difetto, deformazione professionale la chiamano. Devo smetterla di dare ordini invece di chiedere.



Ha fatto il numero dopo aver preso garbatamente il prestampato con le coordinate di viaggio che avevo messo li davanti. Parla nel suo spagnolo d’Argentina molto musicale.

< La verranno a prendere ma solo tra un paio d’ore > mi dice < e faranno subito una prenotazione per l’hotel. Lei è italiano? > Rispondo mentre mi fa cenno di accomodarmi sulle poltrone a poca distanza dal coffe shop.



L’atrio dell’aeroporto si è svuotato quasi subito, c’è pochissimo movimento. Al banco informazioni non hanno nulla da fare. Questo era l’ultimo volo dall’Europa. Silenzio. Sto leggendo per noia il retro del biglietto aereo.

Qualcuno si siede accanto a me e dice.

< Io faccio una pausa caffè, posso offrirgliene uno? L’attesa per la sua vettura sarà lunga >



Mi giro, gli stessi occhi neri, il sorriso discreto, mi guarda con curiosità. Sono sorpreso. Che gentili qui a B.Aires penso. In Italia nessuno si sognerebbe di offrirti un caffè nell’attesa. Anzi una richiesta di aiuto come la mia e anche fatta in modo piuttosto perentorio avrebbe rotto i coglioni a chiunque di turno.



< Grazie, accetto il caffè >

< Rimanga qui, torno subito > Come se si preoccupasse del mio benessere, della mia persona. Si allontana. Osservo come muove il corpo. Con decisione, passo svelto, sicuro, contrariamente al suo sguardo che sembrava esprimere timidezza in un primo momento. Fa contrasto.



Ritorna dopo un pò con due bicchierotti di caffè dolce. Si siede accanto a me.







Mentre beviamo il caffè mi vien da pensare che questa non è la sala passeggeri di una compagnia aerea, è solo l’atrio. Il caffè non viene offerto qui. Lo ha certamente pagato di tasca sua. Mi sento un po’ in imbarazzo.



La conversazione si protrae sulle solite basi di cortesia comune ma mi viene il sospetto che forse è in attesa di una conversazione meno formale. Cavolo,non è per caso che sta cercando di conoscermi meglio e io non me ne sono accorto subito? No, non può essere. Sono molto gentili qui. Potrebbe essere anche solo cortesia professionale, si, ma non pagano il caffè di tasca loro a chiunque arriva.



Le sue mani sono molto belle. Ho un debole per le mani e dalle stesse capisco molto del carattere di una persona, è sempre stato così fin da quando ho incominciato ad avere coscienza di vita cioè da piccolo, le mani a me parlano. Sono mani alle quali avrei permesso di toccarmi, anzi potrei incrociare subito le mie dita alle sue e stringerle e sentire tutte le sensazioni epidermiche nonché trasmettere e ricevere le sensazioni interiori di entrambi.



Non so se esplorare ulteriormente la possibilità di una conoscenza più personale o continuare sulla base come dire, formale. Guardo la sua figura vicino a me. Corporatura sul tipo normale, nulla di eccessivo o pronunciato, normalità più assoluta, le proporzioni sembrano essere giuste. Io sono un po’ più alto. Questo mi piace perché mi darebbe la possibilità di avvolgere il suo corpo con le mie braccia in atteggiamento protettivo. Vorrei farmi perdonare il fatto di essere stato troppo diretto poco fa, quasi arrogante nel chiedere informazioni. Mi piace donare un abbraccio protettivo e sentirmi in posizione dominante ma con dolcezza. Mi accorgo che vorrei la sua testa appoggiata al mio petto mentre le dita della mia mano destra passano tra i suoi capelli neri e lucidi.

Il mio naso ora percepisce una leggerissimo aroma corporeo , è molto piacevole, nulla delle solite cose che ti stordiscono le narici. È un misto di profumo di pelle pulita; è un aroma forse agrumato, fresco. Siamo nella prima settimana di marzo e in queste latitudini è ancora estate, fuori fa sicuramente caldo e un profumo agrumato sulla pelle è rinfrescante. Avrà si e no venticinque anni, io ne compirò trenta tra un paio di mesi . Che bella combinazione di età sarebbe.



Torno alla realtà da questi pensieri, scosso dalla sua voce che dice:

< Mio padre è un addetto all’ambasciata olandese e viaggia spesso, a volte con tutta la famiglia. Ho la fortuna di poter usufruire di agevolazioni di viaggio anche grazie a questo lavoro con le compagnie aeree. Sto pianificando un viaggio in Olanda a giugno >



Rispondo che anche io mi ritengo fortunato con il mio lavoro che mi da la possibilità di viaggiare. Infatti da B.Aires farò il giro del sud America verso il Pacifico per poi arrivare fino alle coste della California e quindi tornare in Europa.



Guardo i suoi occhi neri, il sorriso discreto. Vedo una nota di malinconia forse di delusione perché io ancora non mi lascio andare. Sta aspettando forse che sia io a condurre il primo approccio? E se poi faccio la figuraccia? Non so che dire, non so che fare. Non è la prima volta che mi sento imbranato. E’ già accaduto altre volte, troppe. In più occasioni non ho avuto il coraggio di prendere l’iniziativa e ho lasciato perdere. Pentendomene più tardi.



Mi piace sentire la sua presenza qui accanto…

Sento un turbinio dentro di me , le parole mi escono dalla bocca senza che io quasi me ne renda conto, oh cazzo, si, glielo sto chiedendo, non è possibile < Io non conosco B.Aires, ti piacerebbe farmela visitare, farmela conoscere? >



Ora il suo sorriso è più accattivante. Mi dice questo come fosse la cosa più ovvia e normale con una semplicità estrema. (non esistevano i cellulari)



Si alza per tornare al lavoro, mi porge la mano, < Piacere, ci scambiamo i nomi, Piacere >



< La tua vettura è arrivata e so in quale hotel ti hanno alloggiato > alza le sopraciglia e mi sorride ammiccando, poi abbassa ancora gli occhi scuri, li rialza e mi dice < a domani >

Solo ora noto che quando sorride si forma una fossetta sulla guancia destra.



La superstrada che porta in città è larga e scorrevole, piante, alberi, verde attorno e là in fondo si staglia lo skyline di palazzi bianchi. Ecco B.Aires.



L’aria è calda e le strade sono piene di gente nel centro città. I bar aperti fino al mattino, chioschi di fiori e giornalai aperti tutta notte. Un popolo di gente che vaga per le strade di notte come fosse pieno giorno. E’ ovvio che essendo appena usciti da una dittatura hanno tutti voglia di vivere. Ti sentivi sicuro per strada data la presenza di polizia ovunque e comunque, quale ricordo della passata dittatura. Per quattro lire ho mangiato un enorme filetto di carne alla brace poco prima delle 23:00 quando i ristoranti iniziano a lavorare. Il fuso orario mi tiene sveglio, ma che mi importa. Posso dormire il mattino successivo. Mi piace l’idea di poter rivedere chi poi mi avrebbe fatto conoscere la città…la mia guida. Mi accorgo che già aspetto con ansia domani.



Sono le 18:00 passate da poco quando mi chiamano dalla hall. Scendo.

I nostri occhi si incrociano, un sorriso…. Siamo un po’ impacciati. Soliti convenevoli.

Mi racconta che hanno avuto un pò di movimento in aeroporto ma già non importa più quello di cui stiamo parlando. Ci guardiamo, ci osserviamo, alla ricerca di dettagli fisici. Ci stiamo esplorando. Il sentore agrumato arriva al mio naso, annuso l’aria attorno. Ecco le mani, quelle che vorrei toccare subito. Osservo la sua gola, vorrei vedere oltre l’apertura a V della maglietta azzurra. Sotto si nota

chiaramente la forma del corpo ben proporzionato. Due rilievi stanno ad indicare che quelli sono i capezzoli. Mi si asciuga la bocca, vorrei deglutire ma la mia bocca è secca.

Mi sento osservato a mia volta. E se non supero l’esame? Ma che sto a pensare. Se è qui è perché c’è l’interesse di esserci. I suoi occhi vedo che passano velocemente quasi in un lampo sulla fibbia della mia cintura e per un decimo di secondo anche più giù sui bottoni nascosti dei miei jeans scoloriti ma ben attillati. Poi sono ancora i nostri occhi ad incontrarsi. E’ uno sguardo quello che ricevo come a chiedere scusa per aver buttato gli occhi la sotto oltre la fibbia della mia cintura.

Siamo ancora in piedi nella hall e noto che il portiere ha visto e capito tutto. I bottoni dei miei jeans si muovono.



Mi dice < E’ ancora presto e abbiamo tempo per fare una passeggiata > rispondo. Poi mi accorgo che forse l’ho detto in modo banale e affrettato. Ci avviamo verso l’ascensore sotto lo sguardo del portiere occhiuto.

L’ascensore si chiude. Siamo solo noi due. Siamo vicinissimi, allungo la mia mano destra e afferro la sua mano sinistra, la stringo, ci guardiamo in silenzio. Seri, senza sorriderci. Sento che anche la sua mano risponde, mi stringe. Respira con il naso, un solo respiro, profondo. Butta la sua testa un po indietro poi avanti sulla mia spalla, sento l’aria calda uscire dalle sue narici alla base del mio collo. Il leggero profumo di pelle agrumata è ovunque.



Non ricordo come siamo arrivati in camera mia. Ora siamo fermi in piedi di fronte. Le braccia stese lungo il corpo. Le sue mani sono nelle mie mani con le dita incrociate; Stringiamo e molliamo la stretta a ripetizione. Ogni nuova stretta è sempre più forte, più sentita come se volesse trasmettere un messaggio, come a voler dire: io sono qui e pure io ci sono. La mia fronte è appoggiata alla sua, il mio naso sul suo. Silenzio totale, solo vibrazioni interiori come scariche elettriche. Lascio andare la destra e la porto alla sua nuca, sento la forma della sua testa sotto i capelli neri, ci gioco, i miei occhi affondano nei suoi, avvicino le mie labbra alle sue. Le appoggio solo leggermente, quasi a sfiorarle. Non dura molto. Le sue cercano le mie che rispondono avidamente. Finalmente il sapore della sua bocca. Mordicchio le sue labbra dolcemente, poi bacio in profondità con decisione. Mi risponde facendo lo stesso. Le nostre lingue si intrecciano.



Sono quasi le 22:00. Siamo ancora stesi a letto abbracciati. < Questo è molto speciale, essere qui con te > mi sussurra. E’ dolce sentire il suo corpo caldo avvinghiato al mio. C’è pace a tranquillità attorno, come fossimo chiusi in un guscio.



I tre giorni sono passati, insieme, bellissimi.

Ho assunto i miei incarichi. Faccio l’ultimo giro prima della partenza. Le autorità sono già scese. I passaporti tutti registrati, li ho già fatti depositare in sicurezza, 931 anime a bordo. Due non sono arrivati, forse ci raggiungeranno più a sud. Esco al ponte 7, guardo oltre, laggiù. Hanno appena ritirato la scaletta in banchina e sento il nostromo confermare dalla radio che il portellone è chiuso e tutto è stato assicurato. Il cielo è nuvoloso oggi, c’è una cappa umida e tra poco farà buio. Il pavimento mi vibra sotto i piedi improvvisamente, eccole le eliche che muovono tonnellate d’acqua. Ci siamo. B.Aires è tutta li davanti a me e incomincia ad allontanarsi lentamente.



< allora ci vediamo ad Amsterdam a giugno-che coincidenza-pure tu sarai nei dintorni-sono felice-ci rivedremo-hai il numero diretto del banco informazioni dell’aeroporto qui a B.Aires-chiamami ti prego-poi ci mettiamo d’accordo per Amsterdam-ci rivediamo là-staremo insieme-sarà bello > mi disse.



B.Aires si allontana sempre di più. Tra poco più di tre mesi potrò baciare ancora quelle labbra. Inizia per me un lungo periodo di spasmodica attesa.



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Skyline Invia un messaggio
Postato in data: 20/01/2011 18:16:14
Giudizio personale:
Bello mi ha fatto ricordare esperienze simili


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