i racconti erotici di desiderya |
Venerdì 1 |
Ieri la mia Padrona è venuta in treno.
No, non ha fatto sesso in treno; almeno non credo anche se certo non è mancato chi le ha messo gli occhi addosso (non è difficile mettere gli occhi addosso alla mia Padrona). In realtà avrebbe dovuto ricevermi a Corte la sera prima, dopo la partita, ma per un banale disguido non è stato possibile. Allora mi sono scervellato per riuscire ad organizzare un incontro per ieri pomeriggio. La Padrona ha accettato di buon grado la mia proposta, e mi avrebbe ospitato a corte, ma per motivi prudenziali era meglio vedersi da me. Ecco perché la Padrona è venuta in treno. Nell’attesa mi preparo con le solite precauzioni: chiuso in bagno mi spoglio nudo, perfeziono la depilazione nella zona dei genitali, e indosso il collarino con il campanello della Padrona. Però suona, il bastardino, ed allora un piccolo stratagemma: un pezzetto di carta igienica lo terrà zitto, ed io lo toglierò prima di mostrarmi alla Signora. Non mi è possibile indossare collare e guinzaglio perché li ho portati al mattino nella casetta, insieme ad un altro pacchettino di cui poi racconterò. Tra l’altro sono senza cravatta, per cui sarebbe stato molto difficile poterli nascondere. Per vero, ho tirato fuori delle cravatte che per motivi che non sto a narrare non posso portare a casa, ma gli accessori sono nella casetta e non avrei fatto a tempo ad andare a prenderli. Rischio di far tardi alla stazione, e certo la cosa avrebbe potuto costarmi cara. Alle 14.45 sono pronto, la segretaria avvisata di un improvviso impegno fuori ufficio, ed un appuntamento rinviato. Sotto il vestito, niente; come vuole la Padrona. Il treno è in ritardo e passo il tempo a messaggiare con la Padrona, che mi chiede un "regalino" per il prossimo genetliaco. Mi piace quando mi "chiede" i regali, ma temo sempre di incontrare qualche difficoltà. Con un po’ di ritardo il treno arriva. La vedo subito nel Suo bell’impermeabile, con scarpine a punta marroni, naturalmente a tacco alto (ma non dovrebbe esserci bisogno di dirlo), e stavolta con calze a rete. Uno schianto. Piove. Sale in macchina. Il vestitino marrone sapientemente sbottonato. E’ allegra la mia Padrona. Sul treno ha involontariamente distratto il controllore. Ma povero lui: inutile sbavare. Giungiamo alla casetta, e capisco subito di essere in castigo. Non ho procurato il dolce che mi era stato richiesto. Inutile spiegare che le pasticcerie erano già chiuse quando mi è pervenuta la richiesta. Non ho il dolce e tanto basta per meritare una punizione. Quale punizione, l’avrei capito presto (purtroppo). Si sottrae ai miei baci e mi fa sedere sulla "solita" sedia. Ma siamo vestiti. Mi domando cosa succederà, ma è inutile farsi domande che non avranno risposta. L’impermeabile è fornito di cintura, che vien subito buona per legarmi le mani dietro lo schienale. Faccio umilmente osservare che così non sarà nemmeno possibile togliermi la camicia, ma vengo zittito. E taccio. Mi apre la camicia con una lentezza esasperante. Bottone per bottone. È’ lì a pochi centimetri da me, ma non posso toccarla, né baciarla, e tanto meno leccarla. Soffro in silenzio. Mi sottrae la cintura dei pantaloni e mi apre la cerniera. Ma non me li abbassa neanche. Infila le mani dentro ed è un attimo farlo diventare duro. Durissimo. Lei si siede sul tavolo, di fronte a me. Mi guarda, mi osserva, mi fissa. Soffro. Intravedo il perizoma, marrone, in tinta con il resto dell’abbigliamento. Ha classe la Padrona. Si toglie voluttuosamente le scarpe e comincia a carezzarmi con i piedi sul torace, in viso, sui capezzoli, sulle labbra. Anche sull’uccello (in tiro). Fa un pochino male sull’uccello, ma …… servirebbe lamentarsi? Il tempo passa, l’eccitazione sale. Finalmente con abile mossa si toglie il perizoma che non capisco come, ma mi finisce prima in bocca e poi attorcigliato all’uccello. Miracoli della balistica. Ma la fica non si tocca. "Guardare e non toccare è una cosa da imparare" ti insegnano da piccolo. E per fortuna, ho avuto una buona educazione. Ma l’eccitazione sale ancora. Però verso le quattro la Padrona si ricorda. Ha buona memoria la Padrona. Ormai le pasticcerie sono aperte, e Lei al dolce non ha certo rinunciato! Tocca naturalmente a me andare a comprarlo. Ma …….. ma c’è un "ma". In pasticceria ci devo andare senza mutande. Col campanellino (senza carta!!!) e senza mutande. Tento di resistere, obietto, ma alla fine abbozzo, e mi accingo ad uscire. Piove a dirotto, ma il problema vero è un altro. Il mio uccello è veramente in gran forma, e senza mutande la protuberanza si vede enormemente!!!!! Provo a dire che così non posso uscire, ma vengo fulminato da una occhiata severissima. "Vai a comprare i pasticcini. Non mi importa del tuo imbarazzo. Dovevi comprarli prima". Non ho parole. Esco. Ho il cazzo duro, e non si smolla. E il campanellino? Si sentirà? Non posso andare a passo di lumaca, ma camminando forte suona……. Sembra incredibile, ma quella costrizione, quell’ordine imperioso, quella pretesa pazzesca, quell’imbarazzo totale mi eccitano ancora di più. E il cazzo, quando sono eccitato, è difficile che mi si smolli. La pasticceria non è vicina, ma quando ci arrivo il cazzo è ancora duro. Penso alla Padrona, rilassata sul divano (o sul letto?), al calduccio (non certo ehm….. all’asciutto…..) che si gode la mia passeggiata. Per fortuna piove e c’è poca gente in giro. Ma la pasticcera c’è. Entro. Si vedrà la protuberanza? Lo vedrà che ho il cazzo duro? Mah! Tanto i pasticcini li devo comprare. Un po’ in fretta, anche. Perché ho una Padrona che mi aspetta. Ne compro dieci. 4 cannoncini, 2 alla sfoglia di cioccolato. 2 con la fragola (!), e due con i mirtilli. Vado alla cassa. Il casso , pardon cazzo è sempre duro. Me ne frego se la pasticcera lo vede. Tanto non è nemmeno carina, e certo il mio non lo prenderà mai. Pago. Faccio per uscire. "BUON PROSEGUIMENTO" mi dice la pasticcera a voce alta. Mi sa che sono diventato rosso. (SEGUE) |