i racconti erotici di desiderya

Un preventivo fuori dall'ordinario.

Autore: Astamzio
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Fui chiamato per un preventivo una mattina di Novembre, il tempo era di un grigio che avrei volentieri preferito rimanere sotto le coperte, spesso il freddo ed il tempo uggioso accrescono il mio desiderio di trasgredire, e risvegliano voglie e pensieri peraltro mai sopiti...
Andai quindi svogliato all'appuntamento, e quasi meccanicamente pigiai il campanello del citofono rispondendo "sono il restauratore" alla voce maschile che udii uscire da quel cono metallico. La stessa voce che mi accolse sul ciglio di casa, un uomo sulla quarantina dall'aspetto molto curato, vestito di tutto punto e che gentilmente, subito dopo avermi porto la mano, mi fece entrare; la casa fin dall'ingresso era lo specchio dei proprietari, una famiglia benestante e di buona cultura, libri, stampe e dipinti alle pareti, mobili antichi che i miei occhi passarono velocemente in visione mentre ci spostavamo verso l'ampio salone ed in cui il pezzo incriminato, un antico cassettone barocco, era li, piuttosto malconcio ma ancora in tutto il suo splendore, in attesa della mia diagnosi.
Mentre iniziavo a concentrarmi sul lavoro da fare, parlottandone col propiretario e complimentandomi con lui per il mobile, ecco giungere improvvisa quanto folgorante la proprietaria di casa, una donna anch'essa apparentemente matura ed a pensarci ora, a distanza di tempo, neanche particolarmente bella, ma di una immediata e magnetica sensualita' che subito diede impulso alla mia asta; evidentemente mi feci sfuggire qualcosa perche' lei, dopo la mia iniziale e maldestra occhiata, arrossi' un pochino, sotto gli occhi attenti ed il sorriso malizioso, ed ora a priori ne capisco il motivo, del marito al mio fianco.
Difficile da spiegare cos'e' che attirasse di lei, intanto i suoi pantacollant, talmente aderenti che mostravano ogni segreto, e la forma del suo pube era li chiara, evidente, invitante; cosi' come le sue tette, prorompenti cosi' come si intravedevano da un corpino che le compriveva si, ma al contempo le esaltava. Aumentandone il desiderio. E le labbra, con una piega che ti ipnotizzava, e che induceva al peccato ed alla perdizione...
Ora ricordo che fu proprio subito dopo che ci salutassimo con lei che il marito si allontano' dalla scena per fare una telefonata, comodamente seduto su una poltrona ma in una posizione da dove poteva, a distanza, osservarci; osservare noi due che fin da subito iniziammo a chiacchierare con passione del mobile e del suo restauro, a volte quasi sfiorandoci coi nostri corpi, ed ammetto ora a distanza di tempo che fin da subito cercai in tutti i modi di toccarla, dolcemente, avidamente, ora ad una mano, ora ad un braccio, quasi fosse almeno quello l'appagamento, il premio, la trasgressione massima consentitami quella mattina.
Son sicuro, ora a ricordare, che lei sentisse il mio desiderio, che immaginasse il mio membro gia' duro, che leggesse le mie fantasie e di tutto cio' si sentisse gratificata, compiaciuta, ed alla fine languidamente attirata; perche' fu proprio in quegli attimi che si abbasso', maliziosa, a mostrarmi supina la base del mobile logorata dai tarli, quel culetto cosi' arrapante e turgido, quello spacco e quei due buchi che si intravedevano ed immaginavano fin sotto la tutina nera, attillatissima.
Non potei fare a meno di poggiare delicatamente la mia mano, accarezzandole dolcemente il culo, in attesa di una reazione che temevo irascibile e che invece manco', e quindi mi indusse a continuare.
Assalito da un irresistibile calore appoggiai il mio ventre al suo corpo, volevo farle sentire quanto per me lei fosse eccitante e quanto avesse acceso la mia asta; fu allora che con la coda degli occhi vidi il marito abbassarsi la patta dei pantaloni ed iniziare a toccarsi, fu quello il segnale rivelatore, disinibitore. Mi chinai sulle sue gambe ed iniziai a toccarla, mentre la mia lingua inizio' ad esplorare la sua schiena, lentamente, avida del suo profumo e del suo sapore. Con calma, godendomi il movimento, estasiato dalla vista che mi si apriva davanti gli occhi, le calai i pantacollant, e subito la mia lingua, il mio naso, le mie mani, iniziarono a leccare, odorare, toccare il suo bel culetto e la sua morbida figa, dolcezza ed acrezza, figa e culo sulla mia avida, insaziabile lingua. I suoi lamenti non fecero che accrescere il desiderio e la passione, d'un tratto ero in un vortice in cui nulla aveva piu' senso se non quello di possederla, farla godere, assaporarla, penetrarla.
Ora lui sulla poltrona si masturbava con gusto, godeva del piacere di osservarla godere, e questo alimentava ancor piu' il mio ego, e l'atmosfera divento' sempre piu' calda ed eccitante
al punto che dovetti togliermi i pantaloni, comprimevano il mio pisello gonfio fino al dolore; senza di me sopra lei si senti libera di cambiare posizione, libera di toccare anch'essa, libera di mettere in bocca il mio pisello, di leccarlo, su e giu', uno stantuffo caldo ed eccitante, su e giu', fino quasi a venirle in bocca, tanto fu il desiderio e l'enfasi con cui me lo ciucciava; volli muovermi su di lei, e ricominciare a leccarla mentre lei leccava me, e cosi' facemmo per un tempo che ora a distanza mi pare infinito, un attimo di tregua giusto per mettere un preservativo che il marito mi passo', preludio di una scopata che da li a poco ci coinvolse tutti e tre, io a godere della sua figa e delle sue procaci e morbite tette ed il marito del suo culo, lui della sua figa ed io del suo culo, un culo cosi' turgido ed buco cosi' oscuro ed ammaliante, cosi' invitante, cosi' meravigliosamente arrapante, su e giu' seguendo i vagiti ed i lamenti eccitati, imploranti, istigatori di lei. Ed alla fine l'apoteosi dei sensi, la sborrata nella sua bocca che ancora oggi ricordo esaustiva ed appagante, cieca e irrazionale, esplosiva e dirompente. Liberatoria.
Ci rivestimmo con calma, non parlammo quasi mai, sazi ed esausti di quanto goduto, giusto il tempo di prendere un caffe' caldo e scambiare dei sorrisi complici; eravamo sereni, la nostra giornata poteva ricominciare monotona e stressante come sempre ma noi l'avevamo fatta franca, almeno per un po', concedendoci qualcosa tutto per noi.


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