i racconti erotici di desiderya

Sono tua

Autore: Piccolapestebdsm
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Ho atteso tanto questo pomeriggio, ero così agitata quest’oggi e adesso è già passato; seduta al tavolo di un locale in cui sono venuta a recuperare la cena dopo essere passata da casa a indossare abiti “civili”. Jeans, maglione e scarpe da ginnastica da insospettabile brava ragazza.. niente a che vedere con l’abbigliamento che nulla lasciava all’immaginazione di qualche ora fa.

Mentre scrivo mi saltano all’occhio i segni delle manette che avevo oggi ai polsi: chissà chi me le ha legate alla catena.. da bendata era difficile capire chi facesse cosa. Subito appena arrivati in quella mansarda ho notato qualcosa di strano: una borsa di donna appoggiata sul divano. Per non parlare dello strano modo in cui siamo entrati, un colpo di citofono, la porta che si apre ma all’interno del dungeon, nessuno. Un dungeon. Ne avevo sentito parlare spesso ma non ne avevo mai visto uno. Immaginavo che mi avrebbe portata in un posto simile anche se ho cercato di fare l’indifferente, la superiore, appena entrati lì dentro. Ero già un lago quando lui mi bendò.

Gli orgasmi in macchina tramite l’ovetto wifi hanno ben aiutato i miei umori ad uscire copiosi dalla mia figa depilata per l’occasione. Che stronzo! Ha tenuto il telecomando per tutto il tragitto mentre sfrecciavamo per la città con i finestrini abbassati.



Quando arrivavamo ai semafori lo accendeva a tutta potenza per farmi sobbalzare e venire con a fianco altri guidatori ignari. A stento trattenevo i gemiti e lui si divertiva come un matto ad avere il potere decisionale sui miei orgasmi che dovevo mascherare a tutti i costi per non fare una figuraccia.

Così bendata non vedevo proprio nulla: una bella benda nera, resistente, pesante che non faceva trasparire nemmeno la luce. Mi trovai così al buio mentre lui vedeva benissimo tutto quello che desiderava visto che mi fece spogliare completamente. Cominciò ad andare in giro per la stanza cercando non so cosa e io non sapevo cosa pensare, cosa fare, ero lì completamente nuda con l’ovulo ancora inserito e lui non mi era vicino. Mi sentivo persa, smarrita. Ignoravo cosa stesse “progettando”, cominciavo a sentire rumori a destra, poi a sinistra, a volte mi sembrava anche in contemporanea in direzioni opposte. Si riavvicinò a me e sentì o capii che aveva preso delle pinzette per capezzoli. Quanto le ho odiate con Sandro! Me le faceva indossare mentre chattavamo in cam e a volte mi imponeva di tirare la catenella che le teneva insieme. Odiavo quel dolore, non sopportavo tirare la catenella fino ad alzare i miei pesanti seni; facendolo da me avevo l’escamotage di “imbrogliare” un pochino, non avrei mai permesso ad altri all’infuori di me di fare lo stesso, perché non avrei avuto il controllo su come attaccare le mollette al meglio per sentire meno male.

Quando si è avvicinato con quell’aggeggio infernale ai miei seni mi sono ritratta, ridendo come al mio solito quando sono nervosa, in imbarazzo. Lui imperterrito riprese le mollette e me ne attaccò una al capezzolo sinistro. Cazzo che male! L’ho staccato subito, questa volta implorando seriamente di non usarle, non le sopportavo. Avrebbe potuto arrabbiarsi, invece molto pazientemente le posò senza più provare a martoriarmi i seni.

Cambiò tattica.. mi fece inginocchiare ordinandomi di succhiare il suo cazzo. Sentivo che voleva umiliarmi e non capivo bene se questo mi eccitava o meno; la fantasia di essere sottomessa e umiliata mi ha sempre eccitato ma, non avendola mai messa in pratica, la sensazione era strana. Ero confusa non del tutto tranquilla, sentivo che c’era qualcosa che non andava. Sospetto terribile che non si fosse soli in quella mansarda! Non riuscivo a concentrarmi sul mio pompino; mi piace succhiare con passione, mi dà una eccitazione indescrivibile! In più lui per aumentare il mio stato di umiliazione continuava a dire che non ero troia abbastanza, che non è che succhiassi così bene: nella mia mente mi passavano solo insulti, per messaggi continuava a dire che ero una brava succhia cazzi! E il sospetto aumentava: chi c’era in quella stanza che doveva sapere che non è che fossi così brava?!? Il sospetto divenne certezza quando si chinò e con le mani mi aprì per bene le natiche per vedere bene il mio culo divaricato..a quel punto un fallo finto cominciò a incularmi. Porca miseria! E adesso? Mi chiedevo cosa fare, se continuare a giocare o togliermi la benda e piazzare una scenata isterica?? Gliel’avevo detto che volevo fare le cose con calma, per tutto c’è il suo tempo e questo faceva saltare molte tappe di una conoscenza, tappe importanti soprattutto in una conoscenza dom/sub! Provai a rilassarmi ma più sentivo le mani di questa sconosciuta che mi toccavano, che cercavano di farmi godere e più di arrabbiavo, mi irrigidivo. Pensavo che fosse la Mistress di cui mi aveva parlato e di cui molto chiaramente gli avevo chiesto di lasciare fuori dai nostri giochi.

Continuai ad assecondarlo gattonando fino al materasso come da suoi ordini. La rabbia continuava ad aumentare, lui continuava a umiliarmi e l’unica cosa che riuscivo a pensare è che mi avesse preso in giro. Non vedevo l’ora che finisse quella che ormai stava diventando per me una vera tortura. Mi irrigidivo sempre di più, continuavo a pensare che sarebbe stata l’ultima volta che mi avrebbe vista.

Lei cercava con le sue mani sapienti di farmi sciogliere, di farmi godere. Più loro si impegnavano per estrapolare il mio piacere più io facevo resistenza; no questa soddisfazione di godere di loro non gliela volevo dare!! Era un continuo “no non voglio” alternato a urla di piacere che annunciavano i miei copiosi orgasmi. Lui voleva che gli obbedissi, che gli succhiassi il cazzo, che facessi quello che una schiava è giusto che faccia, che pensi al piacere del proprio Signore. Mi minacciava di punizioni mentre la mia ritrosia a prendergli il cazzo in bocca aumentava. Adesso cominciava ad essere più prepotente mi prendeva per i capelli e mi spingeva il cazzo in gola. Il mio livello di sopportazione stava arrivando al limite. Ero combattuta sul togliermi la benda o meno; sapevo che se lo avessi fatto il gioco sarebbe finito lì. Avevo in testa tante frasi per mettere fine a tutto questo e andare a casa ma non era quello che volevo.

Mi sono eccitata tanto in queste settimane, il desiderio di stare con lui di sentirmi sua era più forte della rabbia che provavo. Avrei solo voluto stare sola con lui. Anche quando la mistress si allontanò e finalmente mi trovai le mani libere dalle manette non riuscivo a tranquillizzarmi. L’unica cosa che riuscivo a dire è che non erano questi i patti; ancora bendata è seduta sul materasso sentii che lui si sdraiò davanti a me. Adesso era dolce, voleva coccolarmi probabilmente preso dal rimorso di quella situazione spiacevole. “No, non è così che funziona!” dissi.. no, non mi si compra con due carezze se mi si fa incazzare così. Voleva un bacio ma non avevo nessuna intenzione di cedere a questo modo di comprarmi. Mi disse che se lo sarebbe preso lui quel bacio così mi prese per i capelli mi immobilizzò e mi ritrovai la sua lingua attorcigliata alla mia; cercavo di fare resistenza ma ero immobilizzata dalla sua mano sulla nuca e la sua bocca premuta con forza sulla mia.. questo modo di essere presa mi eccitava nuovamente nonostante le mie resistenze man mano riuscì ad addolcirmi e la mia bocca cominciò a corrispondere a quel bacio appassionato a cui non seppi resistere.

Ancora bendata mi sdraiò e mi penetrò. Desideravo con tutta me stessa non farmi piacere il suo cazzo ma non riuscivo a non goderne. Mi dava così fastidio essere scopata con qualcuno nella stanza che potesse guardare la mia nudità, il mio modo di godere, il mio essere indifesa data da quella benda e da quel cazzo ch emi scopava e che mi piaceva da matti anche se cercavo di non farmelo piacere.. inutilmente! Gli chiesi di smettere anche se ne stavo godendo, mi alzai verso di lui per interrompere quella dolce tortura. Non ne voleva sapere! Mi ributto sul letto scopandomi con ancora più vigore quasi a sottolineare la mia impotenza e la sua voglia di dominarmi e prevaricare le mie volontà. Venni eccitata da questo suo modo autoritario di fare.

Ne seguirono dialoghi arrabbiati, mi alzò un attimo la benda per guardarmi negli occhi, partì uno sguardo di fuoco avessi avuto i super poteri credo che lo avrei incenerito. Riabbassò subito la benda, non so se per timore di quello sguardo arrabbiato o per rimettermi nella condizione dell’ignoranza del buio. Volevo parlargli, forse insultarlo ma non sapendo chi ci fosse nella stanza non mi uscì nulla dalle labbra. Non mi piace parlare dei miei sentimenti delle mie emozioni in presenza di estranei. Riguardano me e me soltanto e sono IO che voglio decidere chi deve sapere cosa succede dentro la mia testa e dentro il mio cuore. Lui intanto rimaneva in silenzio probabilmente guardandomi; di tanto in tanto tirava fuori qualche domanda, sentivo lei scrivere e successivamente lui parlare. Cosa fa? si fa suggerire le domande pensavo… non essendone sicura me ne stetti zitta. Ad un certo punto intervenne anche lei spiegandomi che c’era solo lei nella stanza e che era lì solo per il mio piacere. Questa nuova “intrusione” nella nostra intimità mi urtò nuovamente. Non è a lei che stavo parlando non erano le sue risposte che volevo sentire. In realtà non ce l’avevo con lei, lui sapeva benissimo il motivo di tanta rabbia.

Mi sdraiai a pancia in giù e finalmente mi tolsi la benda mentre il mio viso era rivolto verso il muro così da non dover incrociare gli occhi di lei. Adesso ero faccia afaccia con lui, ch emi guardava con uno sguardo dolce, comprensivo accarezzandomi la pelle nuda. Ora che avevo riacquistato la facoltà di guardarlo la rabbia cominciava a scemare. Mi ritrovai non so come con il viso vicino al suo sesso e pretese che glielo prendessi in bocca: non ero ancora abbastanza tranquilla per regalargli quel piacere, non ritenevo lo meritasse. Come fece in precedenza mi impose a gesti di succhiargli il cazzo.. quanto mi piace essere violentata in quel modo, mi fa sentire troia e in questo caso la SUA troia che nonostante tutto deve pensare al suo piacere; avrei potuto fare più resistenza, non sarebbe riuscito a farmi aprire la bocca se non avessi voluto veramente ma la voglia di sentire il suo piacere in gola prese il sopravvento. Sapevo che se avessi resistito un po’ di più lui avrebbe desistito e non ero certa che fosse quello che volevo. Ora avevo voglia di berlo, di sentire il gusto della sua sborra sulla mia lingua e invece con la stessa forza e autorità con cui mi scopò in bocca mi girò per scoparmi a pecorina. Mi penetrò in figa di violenza e subito dei gemiti riecheggiarono nella mansarda. Dov’era la sua amica? In quel momento per la prima volta dall’inizio del pomeriggio non mi importò e mi lasciai andare alle sue mani che mi ghermivano i fianchi, al suo cazzo che mi scopava di forza e mi faceva sentire sua fino a che venne sulle mie natiche e sulla mia schiena.

Si ripulì con un pezzo di carta e venne a stendersi affianco a me. Quanto mi piace farmi coccolare dopo essere stata violata in quel modo, dopo tanta rabbia, sesso, violenza, incomprensioni, sottomissioni, devozione era il regalo più grande che potesse farmi. Mi faceva sentire protetta, amata come un padrone ama la sua schiava. Non so per quanto tempo restammo abbracciati, accarezzandoci la pelle nuda, scambiandoci dolci effusioni che nulla avevano a che vedere col trambusto successo fino a quel momento. La sua amica ci sbeffeggiava scherzava sul fatto che sembravamo due innamorati. Ormai non mi importava più della sua presenza; ci eravamo soddisfatti a vicenda, finalmente da soli e questo mi riempiva il cuore di gioia. Alla fine avevo avuto quello che tanto avevo desiderato da settimane. Gli piaceva sentire la mia mano che gli accarezzava dolcemente il petto con le dita che si soffermavano sui capezzoli mentre lui corrispondeva a quelle carezze. Gli chiesi se fossi la sua troia: questa domanda mi nacque in modo del tutto naturale, senza imbarazzo o ritrosie di nessun tipo. Lui mi rispose che dovevo dirglielo io se volessi essere la sua troia. Rimasi in silenzio, combattuta sulla risposta; una parte di me lo desiderava terribilmente, l’altra ne era terrorizzata.

In questa situazione di calma una nuova notizia mi turbò: la mistress stava aspettando un uomo che doveva farsi sottomettere da lei. Ma come? Mentre noi siamo qui nudi a fare le nostre cose?? Ma cazzo! Quante altre persone mi avrebbero visto in quella condizione?? Cercavo di recepire informazioni dai discorsi che Fabrizio e Valeria facevano tra loro senza intromettermi. Stavo così bene in quel momento che non battei ciglio e restai stesa sul materasso abbracciata a lui. Qualche minuti dopo arrivò quest’uomo distinto. Io ero immobile speravo quasi di sparire. Ero abbastanza in imbarazzo non avevo mai assistito alla sottomissione si un uomo, mi faceva strano, provavo pena per lui.

Continuavo a godermi le coccole di Fabrizio, cercando di ignorare quella new entry. Poco dopo però mi fu impossibile non guardare la situazione che si stava delineando davanti a noi: quell’uomo che poco prima era entrato vestito di tutto punto, elegante, distinti, adesso se ne stava a 4 zampe con un vestito femminile addosso, calze a rete, gattonando per la stanza tirato da Valeria per il collare e guinzaglio che gli aveva messo intorno al collo. A quella scena rimasi allibita, totalmente senza parole. Cosa ci troverà mai un uomo in tutto ciò? Rimasero poco davanti a noi, Valeria lo portò in una parte della mansarda che dal materasso non riuscivo a vedere. Sentivo solo la mistress parlare con tono autorevole e qualche rumore, Fabrizio ridacchiava e nel mio piccolo lo assecondavo non sapendo bene cosa fare. Lui però aveva ben in testa come riprendere il gioco, si staccò da me e mi ritrovai la sua lingua sul clitoride. Che imbarazzo! Mi sforzavo di trattenere i miei soliti gemiti, non volevo che il nuovo arrivato mi sentisse un po’ perché non volevo aumentare la sua tortura un po’ perché mi imbarazzava troppo la situazione. Fabrizio insisteva con la sua lingua a leccarmi, con le sue mani a esplorarmi e i miei gridolini cominciavano a prendere più consistenza man mano che continuava a scoparmi con la lingua e con le dita io mi lasciavo andare sempre di più. Iniziava a piacermi quella situazione, mi eccitavo pensando che quest’uomo potesse sentirmi e magari eccitarsi per il mio modo di godere senza poter scoparmi. Una minima parte di sadismo ce l’avevo anche io allora! Più mi facevo questi pensieri più la mia eccitazione aumentava. Inarcavo la schiena per sentire meglio le sue dita dentro la mia figa per potermele godere tutte. Quando raggiunsi l’orgasmo mi lasciai andare a grida di piacere senza ormai nessuna remora. E chi lo avrebbe detto che mi sarebbe piaciuto farmi vedere e sentire da altri uomini mentre vengo scopata?!? Fabrizio era bravo a estrapolare la parte più troia di me! Finito di godere mi avvicinò le sue dita che poco prima mi stavano scopando in figa e mi costrinse a leccare e succhiare tutti i miei umori.

Una volta ripulite mi prese e mi girò di forza di nuovo a 4 zampe; adesso voleva scoparmi, possedermi e a me eccitava far sapere agli altri che in quel momento ero sua fregandomene di cosa stesse succedendo all’infuori del nostro amplesso. A quei pensieri ,con il suo cazzo che mi scopava di prepotenza come piace a me, venni. Godevo. Urlavo. Lui venne di nuovo sul mio sedere e subito dopo mi prese per i capelli obbligandomi a ripulirgli il cazzo in bocca e sentii subito il gusto della sua sborra unito al gusto dei miei umori. Il suo membro era ancora duro, potevo alternare il passaggio della mia lungua sulla cappella turgida al prendere tutto il pene in bocca fino in gola come piace a me.

Ci coricammo nuovamente mentre Valeria tornò con il suo schiavo verso di noi. Lo fece appoggiare ad un lettino stile quello del ginecologo attrezzato con delle cavigliere che scendevano dal soffitto e delle manette attaccate al muro che servivano ad immobilizzare lo/a sventurato/a. La mistress si stava preparando ad inculare il poveretto davanti a noi che intanto eravamo tornati a coccolarci; mi veniva da ridere, Fabrizio mi sbeffeggiava dicendo che avrei voluto essere legata su quel lettino. Effettivamente l’idea mi allettava parecchio. Valeria si stava lavorando “la sua troia” come lo chiamava lei e io mi rieccitavo nuovamente a quella scena: cominciai a leccare con delicatezza l’orecchio di Fabrizio, prendendo in bocca il lobo e succhiandolo dolcemente come fosse un piccolo cazzo, le mani erano tornate ad accarezzargli il petto e mi sembrava che lui gradisse questo mio trattamento.

Quando quello strano lettino fu libero Fabrizio tornò a sottolineare che ero troppo troia per non volerlo provare. Mi invitò quindi a sottopormi a una sua “visita ginecologica”. Divertita da quel gioco mi avvicinai al lettino e mi stesi. Mi prese prima una gamba, poi l’altra, e le legò alle cavigliere che scendevano dal soffitto. Adesso il mio sesso era completamente a sua disposizione, non potevo ribellarmi poi tanto. Non contento decise che dovevo avere anche le mani legate. Dovetti aiutarlo ad ammanettarmi e ridemmo complici di quella situazione. Una volta legata anche dai polsi ero immobilizzata del tutto e vedevo lui chiaramente divertito. Quella posizione doveva dargli una sensazione di grande potere su di me; cominciò a strusciarmi il suo ventre sulla figa per poi sfiorarmi con le dita. Ricominciò a sbeffeggiarmi, non riuscivo a bagnarmi nonostante l’eccitazione che provavo, probabilmente la stanchezza cominciava a farsi sentire. Intervenne nuovamente Valeria che si era appena liberata dello schiavo che uscì dalla mansarda di nuovo come un uomo distinto e insospettabile.

Ero in loro balia. Prese una lubrificante e me ne versò una notevole quantità sul clitoride per permettere a Fabrizio di penetrarmi e sgrillettarmi con le dita. Ricominciò a scoparmi così e la mia eccitazione saliva, lei adesso era affianco a guardare la scena e io legata e immobilizzata sentivo di non potermi ribellare come feci all’inizio del pomeriggio. Mi chiese il permesso di toccarmi e a quella richiesta gentile non seppi rifiutare. Si misero a masturbarmi in due, una che si occupava sapientemente del mio clitoride e l’altro che mi penetrava con le dita; cominciai a godere. Si alternavano davanti a me a dedicarsi ai miei buchini, un po’ il culo , un po’ la figa. Mentre continuavo a godere sentivo loro che parlavano di me come se non fossi stata presente, mi davano della troia, si chiedevano se stessi fingendo per prendersi gioco di me e ad ogni orgasmo confermavo la loro idea che fossi una zoccola fatta e finita. A differenza di qualche ora prima quelle parole non facevano che eccitarmi sempre di più. Mi sentivo impotente, sottomessa, in poche parole sua, In suo potere, la sua troia. Mentre Valeria si occupava di farmi godere scopandomi con un fallo finto e imponendomi di stare ferma e zitta lui mi era affianco a tenermi la mano e godersi lo spettacolo. All’ennesimo orgasmo lo ammisi: “SONO LA TUA TROIA!”. La domanda che gli avevo rivolto un’oretta prima adesso aveva la sua risposta. A quelle parole si avvicinò obbligandomi ad ammettere quello che questa affermazione implicava: “quindi io sono…?” senza un attimo di esitazione completai la frase:”il mio PADRONE”. Era fatta, lo avevo ammesso. Sapevo che non si sarebbe più tornati indietro. Adesso ero sua, irreversibilmente sua.

Continuava a tenermi la mano, come per accudirmi e godere con me di tutti quegli orgasmi. Si allontanò e vidi che prese un frustino…, caspita non ero mai stata frustata, ne avevo paura. Partì un primo colpo, leggero, meno intenso di una sculacciata che mi fece sobbalzare. Non so cosa pensava lui, se notò una mia eccitazione mista a preoccupazione per questo suo nuovo potere. I colpi aumentarono di intensità, mi piaceva. Avrebbe potuto farmi anche più male ma invece fu molto delicato. Mi chiesi se mi sarebbe piaciuto essere punita così con quel frustino per la mia ribellione di prima. Non seppi dare una risposta e mentre lui mi fustigava, Valeria continuava a scoparmi: io venivo senza potermi dimenare come mio solito a causa delle cavigliere e polsiere che mi immobilizzavano. Ero in estasi, in quel momento tutto mi eccitava, mi faceva andare fuori di testa. A lui piaceva vedermi sudata in quel modo, delineava tutto il piacere che stavo provando in quel momento.

A un certo punto mi chiese se avessi voglia di leccare la figa di lei. Non capivo più nulla dicevo si a qualsiasi cosa. Mi liberarono le mani dalle polsiere e si sedette sul mio viso: scostai il perizoma e mi trovai la sua figa proprio all’altezza della amia bocca. Fabrizio continuava a scoparmi con il fallo finto e io facevo fatica a farmi piacere la figa e i sapori di Valeria. Nonostante questo cercai di impegnarmi per darle almeno un po’ di quel piacere che lei aveva dato a me, non volevo deludere il mio Signore, ero appena diventata sua, non avrei potuto e dovuto rifiutare le sue richieste. Mentre stavamo facendo quel 69 lesbico lui continuava a frustare le mie natiche e dei lamenti mi sfuggirono dalle labbra. Lei faceva sapere a Fabrizio che non è che leccassi poi così ben e lui per punizione smise si scoparmi col fallo come aveva minacciato di fare. Mi sembrarono minuti interminabili quando finalmente lei si alzò e si andò a lavare. Senza di lei su di me potei guardare negli occhi il mio Padrone. Alzai il busto verso di lui e gli rubai un bacio. Ero contenta di non essermene andata all’inizio del pomeriggio, non avrebbe potuto esserci conclusione migliore.

Mi liberò le caviglie da quella posizione scomoda, ormai avevo le gambe completamente addormentate. Chissà per quanto tempo son rimasta legata? Ormai era tardi.. le 20 passate, lui doveva far rientro a casa. Con mio grande dispiacere, cercando di non farlo notare, iniziammo a rivestirci e sistemarci raccogliendo indumenti e oggettistica sparsi per la mansarda. Ora me la ridevo scambiando battute e confidenze con entrambi come se l’incazzatura delle prime ore non fosse mai esistita.

Salutammo Valeria e ci dirigemmo verso la macchina commentando i vari avvenimenti del pomeriggio. Lui guidava per riportarmi al mio mezzo di trasporto, volle spiegarmi i motivi della presenza della sua amica, tenendomi e baciandomi la mano in segno di perdono. “ho spiegato a Valeria che non volevi essere sottomessa da lei, che non doveva intervenire: le ho detto Giulia è mia!” “GIULIA è MIA”.. quanto mi piacque quella frase! Prima ancora di sapere di essere sua, lui lo sapeva già.

Arrivammo al parcheggio, gli ultimi istanti insieme, gli ultimi baci che già anticipavano la passione e la voglia di possederci del prossimo incontro. La prima richiesta del mio Signore: “aspetto il racconto”. “Vedremo…”. “No, non vedremo- disse autoritario-aspetto il racconto”. Come da istruzioni del mio padrone spero di aver esaudito e soddisfatto il suo ordine.

Eccitandomi e ripensando ad ogni singolo momento in cui mi hai fatto tua questa è l’esecuzione di una delle tue prime richieste che hai fatto alla tua schiava.. la tua schiava Giulia….


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