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Preghiera |
PREGHIERA
Ti prego, Signore, ascolta la mia preghiera: fa che Lei venga a me Lei cigno elegante dal candore intoccabile bellezza altera dallo sguardo imperscrutabile che mille trovadori e sommi poeti hanno cantato descrivendo la sublime aura che l’ avvolge con parole nuove concepite per Lei sola poichè tutti i libri del mondo non ne contengono di adeguate e degne Lei che mi provoca un doloroso disperato desiderio che mi attrae pericolosamente e mi respinge con altezzosa noncuranza Lei il mio frutto proibito fonte di fantasie dolci e torbide insieme ispiratrice di sogni fantomatici e irreali Ti prego, Signore, ascolta il mio grido disperato: la mia vita in cambio del suo abbraccio celestiale, nulla più conta ormai per me Voglio perdermi nel suo grembo, voglio sfiorare quella pelle di pesca vellutata, voglio disegnare il profilo della sua schiena inarcata dal piacere voglio schiudere il bocciolo del fiore serrato e nascosto e liberare e odorare il suo profumo penetrante e sorbire il dolce nettare che contiene come gocce di rugiada che scivolano lungo i petali carnosi voglio penetrare quell’andito segreto, scrigno prezioso di gustose delizie misteriosa promessa di incontenibili piaceri, che lei generosa spalancherà per farsi colmare dal mio usignolo smanioso E duetteremo insieme felici cantando e urlando il nostro ardente e immenso piacere. Grazie Signore! La mia preghiera è stata accolta: Lei viene a me. I suoi occhi incontrano i miei per un istante soltanto ma l’enigma è svelato: mi vuole. La seguo ipnotizzato, chiudo la porta dietro di me. Soli in una grande stanza, Lei in piedi accanto alla finestra, fiera nella sua nobile bellezza, un raggio di luce penetra a offuscare i contorni dell’ovale perfetto del suo viso e ad accendere il candore della sua pelle rendendola ancor più luminosa, splendida, angelica, divina…. Mi riprendo dall’estasi e mi butto ai suoi piedi “Oh! Madonna quale onore offrite a questo vostro umile servo, è tale l’emozione che ogni parola od ogni gesto mi parrebbero un’offesa a tanta bellezza e infinita grazia” “Messere, vi prego….” mi guarda con occhi dolci, imploranti, languidi, un sorriso sereno, invitante che cancella ogni mio impaccio e mi rende ardito. Le nostre bocche finalmente si incontrano, le labbra si schiudono, le nostre lingue si intrecciano e si risucchiano ingorde. Il suo tiepido petto schiacciato contro il mio, sento il suo cuore che sobbalza, il respiro si fa affannoso. Affondo nella generosa scollatura, bacio quelle carni morbide, vellutate e candide e con le mani armeggio dietro alla complicata veste di pregiato broccato alla ricerca di un’apertura. Mi scansa divertita, si allontana da me nascondendosi dietro un paravento di legno mirabilmente intarsiato e ne esce dopo pochi istanti completamente nuda offrendosi generosamente in tutto il suo incantevole e voluttuoso candore. Si avvicina al letto immenso, coperto di lenzuola di raso e pizzi preziosi, e si adagia sensuale sprofondando mollemente fra i soffici cuscini, allungando verso di me le esili braccia in gesto di attesa. Mi tuffo in tanta morbidezza, mi immergo nel suo abbraccio a lungo desiderato, bacio ogni parte di quel corpo meraviglioso che danza sinuosamente sotto di me e sussulta alle mie carezze, ancheggia smaniosa, sente la mia voglia ingrossarsi, lo sfiora con le sue mani delicate dapprima intimorita e timida, poi aumenta vigorosamente la presa e lo accarezza con veemenza. Poi mi invita a stendermi a mia volta, intuisco la sua curiosità di assaggiare il mio frutto maturo, glielo offro da baciare rovesciandomi in modo da raggiungere contemporaneamente il suo fiore ancora socchiuso, che invito a dischiudersi stuzzicandolo con la mia lingua mentre mi sento inghiottire in una bocca vischiosa e calda, che si contrae ritmicamente, allentando e tirando, provocandomi delle sensazioni sublimi che voglio ricambiare anch’io su di lei, continuando ad aprire quel fiore, da cui fuoriesce un profumo intenso e penetrante e l’attesa rugiada che mi avverte che è l’ora. La mia bocca abbandona il fiore ormai dischiuso e pronto a ricevere il suo usignolo, la mia dama è completamente aperta e senza freni, spalanca le cosce, mi reclama dentro di lei, incitandomi con sguardi ardenti e smaniosi e sussurrandomi frasi inaspettate “vieni, giovane virgulto, insemina questo fiore, riempilo, inondalo, penetralo, fottilo, sfondalo, colpiscilo……” Avvicino il becco dell’usignolo alla soglia tanto sospirata, sognata, anelata e mi godo l’istante per cui ho desiderato morire, e penetro l’andito segreto, vìolo lo scrigno prezioso, svelo le misteriose promesse di incontenibili piaceri, perdendomi in quell’umida caverna carnosa, che si richiude e si stringe intorno al mio membro duro e folle di desiderio, che spinge e affonda dentro di lei risucchiato inesorabilmente, da non poterne più scappare, da non volerne più uscire. Mi stringe a sé avvinghiandosi alla mia schiena con le gambe, mi cattura, mi spinge le natiche con le mani, mi trattiene dentro di sé in modo innaturale, mi sento risucchiare violentemente come da una bocca di mostro marino e mille mani come tentacoli di una gigantesca piovra che mi afferrano, mi avvinghiano e mi stritolano e il mio pensiero si annebbia, la mia mente è totalmente offuscata da un piacere violento, da un misto di dolore e delizia che mi spaventa e mi inebria e mi rende inerte, totalmente perso nelle sue braccia, affondato nel mostro. Non capisco, non ne ho il tempo, non ne ho la forza, mi abbandono velocemente ad un torpore irreversibile. Sento sopraggiungere il culmine, esplodo, colmo il fiore e muoio dentro la sua corolla. Il mio desiderio è stato esaudito. Grazie signore. Ma ora sono stanco, non voglio più continuare a vivere, non ci sarà mai piacere più grande che potrà uguagliare questo giorno e se c’è non lo voglio provare, questo mi basta, non ne ho più la forza. Grazie. Sono felice. La mia anima ora può fuggire libera, vagare per i campi elisi e mietere messi dorate per l’eternità. Non sarà più sogno. Un sospiro. Il battito cessa. La testa reclinata all’indietro, sdraiato sul divano, il libro ancora aperto al canto preferito, un sorriso beato stampato sul volto ancor acerbo ma provato, il braccio scivola mollemente lungo il corpo inerte e si abbandona penzoloni verso il pavimento, il laccio emostatico ancora annodato, la mano si apre e allenta la presa, la siringa scivola via e cade giù. |
I vostri commenti su questo racconto | ||
Autore: | Cp_roma | Invia un messaggio |
Postato in data: | 09/01/2007 23:42:00 | |
Giudizio personale: |
Qui siamo addirittura a cavallo tra il sacro ed il profano. Inizio decisamente salmistico (cfr Sal 5,2 - Sal 60,2 - Sal 63,1), poi l\'invocazione prende una piega carnale che sembra ispirarsi a tratti al Cantico dei Cantici. Dalla poesia il racconto si trasforma in prosa ed entriamo in un\'atmosfera boccaccesca con ardite metafore di caverne ed usignoli. Il finale svela la dimensione onirica, il desiderio diventato allucinazione, la morte della carne. Delirante :-) |
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