i racconti erotici di desiderya

"mi riconoscerai ?" - lettera ad una collega

Autore: Goutline
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Cara Angela,

questa è una lettera forte e sincera di una persona che, come avrai modo di accorgerti, conosci molto bene; ti invito dunque a continuarmi a leggere.

La vita scorre e scorre macinando nel suo inesorabile cammino i nostri anni migliori e con essi i nostri desideri, occasioni di felicità, sogni ed opportunità.

E molti di noi, per tutta risposta, restano passivi a guardare lo sfilarsi degli eventi... Incapaci del coraggio di manifestare pienamente i nostri desideri e le nostre emozioni, incastrati nei nostri tabù e condizionamenti, nelle nostre insicurezze e paure, nel nostro

stupido orgoglio, lasciamo che il vivere quotidiano ci allontani dai nostri desideri ed i nostro vero modo di sentire e di essere, falsificandoci e conducendoci ad una vita spersonalizzata e senza possibilità di felicità.

Angela, rifletti un momento su quante volte nella tua vita hai rinunziato a ciò che realmente desideravi o sentivi di desiderare, a quante volte hai deciso di non sentire il battito del tuo cuore, di rinunziare a seguire l'accelerare del tuo respiro o le calde contrazioni del tuo ventre... perchè ciò che sto per dirti è molto forte e senza filtro alcuno, è la verità pura e semplice, tale e quale, e voglio che tu sia pronta e attenta a ricevermi...

Potrai chiederti chi io sia e considerare il fatto che io abbia deciso di inoltrarti questo messaggio da un account di posta per te sconosciuto come un atto di vigliaccheria, ma come vedrai non ho alcuna intenzione di nascondermi. E' solo che, per delicatezza nei tuoi

confronti, intendo lasciare a te la scelta di svelare il mistero, decidendo di diventare protagonista di ciò che ti riguarda, o piuttosto lasciarlo irrisolto, scegliendo ancora una volta di fungere da semplice spettatrice al dipanarsi degli eventi.

Cara Angela, avendo oramai raggiunto la fase di maturità, e per le considerazioni di cui sopra, ho deciso imporre da ora in poi a me stesso un assoluto rigore su ciò che le mie esperienze mi inducono a ritenere l'elemento più importante nella vita di ciascuno di noi: la sincerità verso se stessi. Essere sinceri verso se stessi significa soprattutto riconoscere la necessità di dover comunicare agli altri, in determinate circostenze, il proprio vissuto interiore. Anche a costo di non essere accettati o - peggio - rifiutati, biasimati o allontanati. In tal senso, essere sinceri con se stessi è una espressione del coraggio di vivere.

Individuarmi con assoluta certezza ti sarà facile (indizi della mia reale identità non dovrebbero mancarti in base a ciò che seguiterò a raccontarti), basterà che tu provi ad inviare un messaggio con

soggetto "prova" ad un insieme di destinatari a te noti e ritenuti possibili. Gli innocenti non capiranno, e (forse) ti risponderanno in modo casuale; mentre io ti prometto che risponderò brevemente con qualcosa di inequivocabile, del tipo "sono stato io", assumendomi le

responsabilità del mio gesto. Indipendentemente da quelle che saranno le conseguenze.... di cui ad essere sincero ho un pò paura, ma che ho deciso di accettare comunque.

A quel punto può accadere di tutto, o semplicemente niente; tutto, te lo prometto, dipenderà dalla tua mossa successiva, io non farò nulla per forzare gli eventi o per dare un eventuale seguito al tutto, a meno che ciò non avvenga di comune accordo. Naturalmente puoi pure decidere

di non fare assolutamente nulla; a mio credito non considererò il fatto di averti fatto arrossire (quello moltissimo) e di aver dato tensione al tuo cuore, ma semplicemente la certezza di aver rispettato me stesso.

Cara Angela, ieri notte ho fatto un sogno. E' stata una sensazione - come vedrai - molto intensa, molto reale, che non posso fare a meno di condividere con te, perchè è continuata a sussistere anche ad occhi aperti.

Ho bussato alla porta del tuo ufficio. Tu mi avevi cercato poco prima, dicendomi che avevi bisogno di parlarmi. Lo abbiamo fatto altre volte, quindi l'ho ritenuto normale. Così ho bussato alla porta del tuo ufficio, aspettandomi un colloquio come tanti altri... Non avendo ottenuto risposta, ho girato la maniglia della porta e sono entrato, ma non ti ho trovata - come mi aspettavo - dietro la scrivania intenta a scrivere qualcosa o ad osservare distratta lo schermo del computer. Ho visto dapprima le bianche piante dei tuoi piccoli piedi, poi il tuo culo magnifico e tondo, come una luna, dischiuso ad attendermi, proprio in direzione dell'uscio.

Tu giacevi così, sulla tua scrivania, senza dire una parola, non un solo sospiro, attendendo accucciata carponi in quella posizione, completamente esposta ai miei sguardi se non per l'unica incerta protezione di un buio non ancora notturno. Ti ho cercata, col cuore a mille mi sono avvicinato a quella tua curva ipnotica, e ho incominciato a baciarti. Tu non hai detto nulla.

Dapprima seguendo il profilo regolare delle tue natiche, bacio dopo bacio, piano e ancora più piano, sono dapprima arrivato a lambirti con la lingua i talloni, poi ho proseguito adorando centimetro per centimetro le dolci fattezze dei tuoi piedi, massaggiando con lentezza e

delicatezza ogni dito tra le mie labbra, leccando con determinazione inesorabile l'incavo caldo tra pollice e tallone.

E' stato allora che ho sentito il tuo odore intenso sprigionarsi

lentamente, seguito da un lieve tuo sospiro, e - conscio e felice di essere alla tua mercè - ho infilato irrimediabilemente l'intera mia lingua nel tuo sesso, bagnato e già sfatto, in modo da aderirvi completamente con la bocca, come in un bacio assai poco ortodosso. Ti ho leccata così a lungo, sentendoti allargare e pulsare, il tuo profumo scorrermi in bocca, ed i tuoi gemiti riecheggiare sempre più ritmicamente nella stanza. Alla fine hai ceduto con un lungo

sospiro, venendo con un sapore forte e meraviglioso che mi ha reso ancora più ubriaco. E invero, ancora una volta non ho deciso di prenderti; piuttosto, ho risalito la piccola curva che portava la mia lingua al buchetto scuro al centro delle tue natiche, picchiettandolo e

ammorbidendolo con piccoli colpi. Sono entrato dentro, facendomi strada piano, allargandoti con dolcezza, facendoti gemere di nuovo, fino a farti essere sicura che eri oramai pronta ad accogliermi sempre più duro e forte in quel tuo soffice e impagabilmente stretto didietro. Quel culo che aveva oscenamente accolto il mio ingresso era ora preda degli ingressi e delle uscite decise del mio cazzo, ai cui colpi successivi e decisi ora sussultavi, dimenandoti scompostamente su quella scrivania, che pure altre volte ti aveva visto raggelata e stravolta

davanti al cospetto intimidatorio di tuo padre..... Abbiamo continuato così per un bel pò, poi tu hai afferrato le mie mani tra le tue, tirandomi, facendo in modo che entrassi tutto dentro di te. Quando hai ceduto per la seconda volta, lanciando nuovamente un gemito meno trattenuto,

e rilasciando la tua stretta attorno al mio glande, ho cercato di allargarti le natiche per sferrarti gli ultimi colpi, ormai prossimo a cedere a mia volta, dentro di te. Ma a quel punto, ti sei divincolata veloce e, sempre in quella posizione carponi sulla scrivania, ti sei

avvicinata col viso a sfiorarmi, ed hai messo le mani a coppa, sostenendomi delicatamente lo scroto....

Ho visto a malapena i tuoi lineamenti, nel buio: non sorridevi, sembravi piuttosto impegnata in un compito delicato e difficile. Ti ho sentita andare su e giu sul mio sesso, il caldo della tua bocca ad avvolgermi. Ho sentito un brivido percorrermi dalla testa e fermarsi

all'altezza dell'ombelico, dissolvendosi in mille rivoli, e il mio glande, oramai mille volte turgido, ha schizzato copioso il mio seme odoroso di muschio, che tu hai deglutito sapendo di volerlo ingoiare, quasi a suggellare il tuo dominio assoluto su di me, e la mia misera

condizione di schiavo, privato e svuotato di tutto. Mi hai chiesto gentilmente di uscire. Mi sono ricomposto alla meno peggio, ancora in preda a fremiti sottili, ho aperto e richiuso la porta, imboccando lentamente il corridoio che mi avrebbe portato fuori.


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