i racconti erotici di desiderya |
Martedì |
Martedì.
“Ti aspetto domani alle 11.00, a Corte (la chiamiamo così la casa della mia Regina-Padrona). Tento di obiettare che avrei qualche problema connesso al lavoro, ma dice di arrangiarmi. A quell’ora di domani mattina dovrò essere Suo. Punto. A volte è un po’ capricciosa la mia Padrona, ma forse l’ho abituata troppo bene….. Mi organizzo, sposto degli appuntamenti e anticipo alcuni impegni alla prima mattinata. Purtroppo non mi è possibile fare nulla per la riunione delle 13.30. Non è stato facile coordinare tutte quelle persone, che vengono un po’ da tutta Italia, per quella riunione. Ciò significa che per le 13.00 dovrò essere libero. La Padrona abbozza. Sa che farei di tutto per accontentarLa, e mi libererà per tempo. L’unica condizione è che io indossi il “collarino” col campanellino ai genitali sin dal primo mattino, naturalmente senza intimo. La mia prima reazione è “Cazzo, no!!”. Ma la Padrona mi riprende, severa (come piace a me). “Obbedisco”. Ride la Padrona. Dubita che adempirò a quell’ordine (non facile da eseguire, intendiamoci), ma replico deciso: “Vi ho detto che condurrò questo “gioco” fino in fondo. E così sarà”. Sono imbarazzato. Dovrò vedere diverse persone in diversi uffici. Loro non sapranno del mio accessorio, ma io si!!! E se facessi qualche movimento un po’ brusco ed il campanellino suonasse in mezzo alla gente? Devo essere io un po’ “suonato”. Ma obbedirò. La notte prima di incontrare la Padrona non dormo mai eccessivamente bene: sono agitato (o eccitato? Mah…). Mi alzo presto, mi rado (sopra e sotto). Colazione leggera. Informo la Padrona (con foto via MMS) che il collarino è al suo posto e che comincio la giornata. “Bravo”. Sa farmi contento, la mia Padrona. Sto molto attento. Il campanellino non suona. Mi eccita essere in mezzo alla gente senza intimo e col campanellino. Negli uffici le ragazze indossano stupendi sandaletti a piede nudo. Lo scrivo alla Padrona via SMS, e mi prendo il mio bel cazziatone. Giusto. Alle 11.00 sono a Corte, e mi sono anche fermato a prendere due dolcetti. E’ il (minimo) prezzo da pagare per aver umilmente chiesto alla Padrona di indossare un certo paio di scarpe: a punta, tacco a spillo, con cinturino alla caviglia. Forse mi accontenterà. Non so. Si, mi ha accontentato. Indossa quelle stupende scarpe nere che ho messo come sfondo sul display del cellulare, ed un baby doll, anch’esso nero. Nient’altro ovviamente. E’ bellissima. I soliti convenevoli durano 1 minuto. L’ordine è che mi devo spogliare appena arrivo, e mi spoglio nudo. Prima di entrare in casa (a Corte, pardon) ho indossato anche collare e guinzaglio come piace alla Padrona. La Padrona afferra il guinzaglio e mi porta nei pressi della finestra che dà sul parco. Le persiane sono socchiuse e Lei si siede sul davanzale invitandomi a “salutarla” come si deve. Mi inchino baciandoLe un ginocchio. “Non si comincia da lì! Possibile che non hai ancora imparato?!?!”. Giusto. Mi inginocchio e comincio a baciarLe i piedi, piano piano. Dolcemente. Lei sospira. Mi faccio più audace e comincio a leccare. Troppo bello. La Padrona in alto. Io inginocchiato. La lingua fuori. Lecco i piedi, le scarpe. Mi soffermo sul cinturino che fascia la caviglia e sul tacco, che succhio come fosse un cazzetto. La Padrona è contenta. Non so quanto tempo è passato. Bacio, lecco. Le ginocchia mi fanno male. Non importa: val la pena soffrire. Ad un tratto mi prende per i capelli e mi “invita” a risalire. Vuole la lingua in mezzo alle gambe. E sia. E’ bagnatissima e affondo tra le grandi labbra. La lecco con devozione e dopo non molto si scatena l’orgasmo. E’ bello sentir godere la Padrona. Noi schiavi siamo fatti per quello, in fondo. Si infila la maniglia del guinzaglio e la porge da leccare, dopo averlo leccate anche Lei. Gronda nettare in abbondanza. Ha un sapore intenso, questo. Leggermente acidulo: lecco avidamente e ripulisco il guinzaglio. La Padrona è soddisfatta. Mi accarezza teneramente sulla testa (come si fa con i cagnolini, n.d.r.), poi scende dal davanzale. Devo stare a quattro zampe e col guinzaglio mi tira verso il corridoio. Il dolore alle ginocchia è troppo forte. Non ce la faccio. Imploro di fermarci un attimo e la Padrona mi accontenta. Non più di tanto, però. Dobbiamo andare in corridoio. Lì, si ferma davanti ad uno specchio che scende fino a terra, e nuovamente mi ordina di adorarLa. Mi precipito, carponi, con la lingua sui Suoi piedi e lecco. Con la suola della scarpa mi sfiora il dorso delle mani, ma non schiaccia. Potrebbe farlo, e lo sa. Ma si limita a farmelo capire. Mi chiede se sto bene e rispondo che è come essere in paradiso. Sto bene lì in basso come un cagnolino. Glielo dico ed è contenta. Sono eccitatissimo e dall’uccello continuano ad uscire goccioline che si fermano sul parquet. Me ne accorgo e mi scuso con la Padrona, che finge sorpresa e mi sgrida per aver sporcato. Il danno va riparato con la lingua. “Lecca bene, lì è ancora sporco!” Lecco, e mi scuso. “Grazie Padrona”. Si accovaccia mentre Le lecco i piedi, e mi accarezza sulla testa. Usa il guinzaglio come frustino. Sulla schiena, sul sedere. Mi passa e ripassa la maniglia in mezzo alle chiappe, mi afferra le palle da dietro. Mi chiede “cosa vorresti?” “Vorrei ciò che desidera la mia Padrona”. Sorride. “Ti vedi nello specchio”? “Si, Padrona”. “Cosa vedi?” “Vedo il Vostro umile schiavo, Padrona”. Sorride compiaciuta. Ora si torna in camera da letto, sempre a quattro zampe. “Su, sul letto, sbrigati”. Mi fa sdraiare pancia in su e si accuccia sul mio uccello. E’ sempre bagnatissima. Si struscia, se lo gode, se lo infila. Può farci ciò che vuole: è Suo. Sarebbe così anche se la Padrona non fosse una gran bella gnocca? Non credo. Non credo proprio. Mi strizza i capezzoli, ma sa che deve stare attenta per non lasciare segni con le unghie. Poi una illuminazione. Si spinge indietro inarcando la schiena e comincia a torturarmi i piedi. Affonda le unghie nel palmo di entrambi i piedi, e graffia (ma lì non restano segni e comunque non si vedrebbero). Un male incredibile. Soffro e mi lamento. Mi è concesso lamentarmi, ovviamente non sottrarmi. E non mi sottraggo. “Voglio sentire il campanellino”. Significa che devo masturbarmi. La tortura si prolunga, con le unghie affilatissime mi afferra le dita. Un dolore lancinante. Ho la tentazione di chiedere pietà, ma non lo voglio fare. Leggo sul Suo volto la soddisfazione per ciò che mi sta infliggendo e per la mia sopportazione, e non voglio certo deluderLa. Non avevo mai provato tanto dolore, ma la masturbazione in corso mi aiuta a sopportare. “Grazie Padrona”. Sorride soddisfatta. Il tempo è passato, so di avere quell’impegno al quale non posso ritardare, ma non posso smettere. E’ una droga. “Ora Ti soffocherò”. Un attimo di panico, ma niente di grave. Si porta in perpendicolare sulla mia bocca, e mi ordina di leccare, leccare, leccare quella splendida fica grondante nettare. Nel contempo devo seguitare a far suonare il campanellino. Sempre più forte. Sempre più forte. “Padrona posso godere?” “DEVI GODERE”. Stupendamente fantastico. Sono le 12.50. .....Non è bello fare l’amore quando hai le ore contate. |
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Autore: | Belgioco | Invia un messaggio |
Postato in data: | 29/06/2007 13:39:47 | |
Giudizio personale: | bellino | |
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