i racconti erotici di desiderya |
La fenice |
Voleva restare sola, nella sua malinconia ricordando nostalgicamente il tempo in cui ambiva a volare leggera come una farfalla, ma le sue ali ormai, erano state strappate. Non era facile per lei sorridere mentre la tristezza le logorava il cuore, ed io,che portavo una maschera nera sopra il volto, come se bastasse a nascondere i miei sentimenti quelle emozioni nei suoi occhi le lessi subito. Fermai la macchina. -Ferma- - le dissi - E sali, ti porto via da qui - continuai. Lei mi guardò con l ardore di una vecchia fiamma ormai spenta, i suoi occhi erano stanchi, provati -Vattene, sto lavorando- sussurrò, per poi riprendere a camminare seguendo quell essere dalle bizzarre forme giunoniche, anche lui mi rivolse la parola -Chi abbiamo qui? Il fidanzato? dai, lasciala lavorare, 10 minuti e te la riporto, forse anche meno! - scoppiò in una fragorosa risata e proseguì nel cammino. -Ho detto sali- replicai, -Sali!- scesi dalla macchina e la fermai delicatamente accarezzandole un polso e dopo avere aperto la portiera le feci cenno di salire, fui costretto a lanciare un occhiata minacciosa al temerario che con fare pretenzioso e testa alta prese a camminare verso di me, bastò quella, e cambiò subito espressione, tono e direzione. Lei si fece convincere, e salì sulla macchina. -E adesso, dove mi porti?- accennò un sorriso - il cavaliere azzurro me lo immaginavo su un cavallo bianco non su una carretta rossa e malconcia. - fantasticò - Non sono il tuo cavaliere.. vedi.. ho gia la mia regina- le dissi sorridendo. Il suo volto si incupì, -allora lasciami qui, non ho tempo da perdere.. devo lavorare- disse lei. -Non stasera, stasera ti faccio vedere il cielo- sorrisi - fidati di me - Presi la tangenziale e mi diressi verso il lago, il lungo tragitto ci diede modo di conoscerci meglio, conversammo a lungo e fu sorprendente notare quale intesa vi era tra noi due, tra me e Marika, quello era il suo nome. Parcheggai vicino alla riva le aprii la porta portandola con me a stendersi sotto le stelle, -Che strana forma quelle stelle- Esclamò. Guardai meglio dove puntava il dito e le sorrisi, -che strano, tu abbia notato proprio lei tra le tante, è la costellazione della fenice, da questa latitudine possiamo vederla solo parzialmente e presto con l avvento della primavera e dell estate sparirà da questo cielo.- La leggenda narra che dopo aver vissuto 500 anni la Fenice si ritiri in un luogo appartato, vi costruisca un nido con spezie e piante balsamiche e vi si adagi, aspettando che i raggi del sole l incendino e lasciandosi consumare dalle sue stesse fiamme. Dal cumulo di cenere si erge poi un uovo che cresce rapidamente fino a trasformarsi nella nuova Fenice entro la fine del giorno.- -Che bella storia!- esclamò per poi guardarmi estasiata -E pensi che- fece una pausa - Pensi che esista veramente? - mi chiese dubbiosa. -Si- le sorrisi -Penso che ognuno di noi possa essere una Fenice- lei rimase in silenzio per un pò. -Hai ragione- disse, -Non ci avevo mai pensato, ma adesso penso che forse tu abbia ragione, grazie- Continuammo la nostra conversazione, a serata fu veramente magica ma si era fatto tardi ed era ora di andare, -Ti riporto a casa, andiamo- le sussurrai -No- disse spaventata e ritraendosi di scatto, non voglio che finisca così presto, lasciami sognare ancora - Ma come, questa non è la fine, ma l inizio, ricordi? La Fenice? - le chiesi. Lei annuì e si avvicinò a me, ero ancora disteso mentre mi mise le braccia attorno al corpo abbracciandomi dal lato. -Per rinascere- disse -Devo bruciare- fece scorrere una mano sul mio petto per poi farla scendere giu, sotto i pantaloni e afferrare il mio sesso. Non era mia intenzione avere un rapporto con lei ma ogni mio tentativo di evadere era mandato in frantumi dall incontenibile erezione che esprimeva chiaramente che volevo assecondarla in quel momento. Mi slacciò i pantaloni, si portò più in basso e dopo averlo riafferrato abbracciò il mio fallo con le sue splendide e carnose labbra, sentivo la sua lingua accarezzare il mio glande come una leggera brezza d estate nei capelli, il desiderio era incontenibile, la volevo tutta. Presi controllo della situazione, la distolsi dalle sue attenzioni e alzandola leggermente da terra la presi violentemente da dietro, -Così- disse lei, spronandomi a montarla come una puledra in calore, i suoi gemiti di piacere ben si mescolavano ai rumori del lago che ormai si stava svegliando, il suo sesso era stretto, calzava a pennello sul mio pene che eccitatissimo continuava a penetrarla con ardore, i suoi seni prosperosi sfioravano la dura e fredda roccia a ogni colpo. La voltai e cominciai a possederla da davanti, gemeva, urlava, e infine, venne in un orgasmo incontrollato. Sfinita prese qualche secondo di pausa per poi staccarsi da me e cominciare a massaggiarmi il pene coi suoi seni, -riempimi la bocca- disse, poco prima di riabbracciarlo con le sue labbra, gemeva per darmi piacere, gemeva mentre me lo ciucciava con maestria, -Adesso- bisbigliai, il mio seme cominciò a spandersi nella sua bocca e lei, dopo averlo preso tutto si tolse compiaciuta e lo lasciò scorrere giu nella sua gola, mi abbracciò e ci stendemmo ancora un pò a guardare l alba.
-Mi hai fatto rinascere- sussurrò ad un mio orecchio, -adesso lo so, le Fenici esistono.- |