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Iniziazione di juliet - parte 1° - incontro al bar


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“Cosa desidera signore?” mi domandò con tono professionale il cameriere.

Come molti camerieri nei bar del centro aveva i pantaloni neri e la camicia bianca. Osservandolo rapidamente prima di rispondergli, notai che aveva il colletto sporco ed i capelli unti, il che mi diede un senso di disgusto. Non sopporto le persone poco pulite e che tendono a coprire i propri odori corporei con profumi o deodoranti.

“Se non le dispiace aspetterei una persona, prima di ordinare. Anzi le chiederei un favore. Dovrebbe arrivare una ragazza che le chiederà di indicargli il signor Kràtesis. La conduca qui da me subito.”

“D’accordo, nessun problema signor Kràtesis” rispose il cameriere.

Se ne tornò verso il bancone del bar ed i continuai a leggere il mio giornale tranquillamente solo in una saletta appartata del locale.

Un articolo parlava di pratiche “perverse” in aumento: dall'esibizionismo al voyeurismo, dal feticismo al travestitismo, dal sadomasochismo alla zoofilia, dandogli una connotazione negativa che lascia intendere deviazione, degrado, aberrazione, ribrezzo, ripugnanza e schifo. Tali conclusioni moraliste e facilone mi lasciarono indignato. Il mio pensiero mi trova più vicino a Freud che smontò questo luogo comune con un'affermazione a prima vista sconvolgente: "L'onnipotenza dell'amore forse non si rivela mai con tanta forza come in queste sue aberrazioni".

“Signor Kràtesis, ecco Juliet, la ragazza che aspettava.” Si rivolse a me il cameriere, distogliendomi dalla lettura del giornale e andandosene subito dopo.

“Buongiorno signor Kràtesis” disse Juliet con voce intimidita.

“Buongiorno a te Juliet” le risposi con tono deciso porgendole la mano.

Juliet mi prese la mano e avvicinandola alla sua bocca la baciò, accennando appena l’inchino.

“Siediti” le ordinai. “Come ti senti?”

“Sono un po’ agitata ed eccitata signore. E’ mezz’ora che giro intorno al bar e non mi decidevo ad entrare. Anzi mi scuso umilmente del ritardo.”

Era visibilmente agitata e mentre mi parlava teneva lo sguardo basso in segno di soggezione. Giovane, 28 anni, di aspetto tipicamente mediterraneo, Juliet indossava un miniabito rosso di lino e dei sandali con tacco almeno di 8 cm. Era alta circa 165 cm, lunghi capelli neri lisci, occhi verdi, labbra carnosette, pelle olivastra. Era carina, un “tipo” diciamo.

“Bene, lo vediamo subito se sei eccitata. Ora vai subito in bagno, ti sfili le mutandine e me le porti!” le ordinai.

Juliet sembrò per un attimo voler controbattere il mio ordine, ma poi si alzò senza aprir bocca e si diresse verso il bagno delle signore. Si sfilò le mutandine e controllò se fossero bagnate dal suo umore, temendo di essere sgridata se non fosse stato così. Dopo pochi minuti rientrò in sala, si rimise al suo posto e mi porse le mutandine. Ora aveva le guance un po’ rosse e lo sguardo sempre chino.

“Ti vergogni a non indossare slip?” le chiesi, provocandola.

“Un po’ sì, signore, non ci sono abituata” rispose.

“Vedrai che ti ci abituerai!”

Presi gli slip in mano. Sentii subito che erano notevolmente umidi. Li avvicinai al naso per verificare che non li avesse semplicemente bagnati con acqua. Il profumo era tipicamente quello del sesso femminile.

“Bene, sei stata sincera, inizi bene!” la consolai.

Juliet tirò un sospiro di sollievo e si rilassò un pochino.

“Non c’è bisogno che tieni le gambe incrociate Juliet!” continuai nella provocazione.

“Mi scusi signore, ma sennò mi vedono sotto, ho la gonna corta” mi rispose di nuovo intimidita.

“Non mi interessa un accidenti se ti vedono sotto, Juliet. Apri le gambe subito e tienile divaricate almeno 15 cm!” le ordinai con tono umiliante.

Lei si guardò intorno e notando che non c’era nessuno, lentamente aprì le gambe come le ordinai.

“Ora chiudi gli occhi e respira lentamente e profondamente per 5 volte, cercando di liberare la mente da qualsiasi pensiero” le dissi.

Così fece. Quando riaprì gli occhi era già più rilassata ed a suo agio.

Juliet aveva un carattere timido. Era stata educata in una famiglia rigidamente cattolica ed aveva quindi un sacco di sovrastrutture che le impedivano di esprimere la sua vera natura. Era un soggetto ideale su cui lavorare proprio per questo. Sicuramente ci sarebbe voluto del tempo, ma i risultati sarebbero stati sorprendenti.

“Alzati e vai ad ordinare al bancone del bar due aperitivi alcolici. Nel tragitto fino al bancone accentua il più che puoi il movimento delle anche”.

“Intende che devo sculettare signore?”

“Certo che sì, cerca di essere più sveglia a capire! Devi dimenare il culo mentre cammini, come le zoccole in strada, hai presente?” risposi irritato.

“Sì signore ho capito, non si arrabbi, la prego. Cercherò di sculettare al mio meglio.”

“Ti consiglio di fare come se camminassi su una linea retta” le suggerii quasi con tono paterno.

Juliet si alzò, aggiustò la gonna e si diresse verso il bancone nella sala principale del bar. Eseguì molto bene le mie indicazioni ancheggiando e movendo armonicamente il culo da un lato all’altro. Ero già orgoglioso di lei ed ottimista sui risultati che avrei potuto ottenere anche a breve-medio termine. L’educazione e formazione di una schiava può richiedere anche mesi, se non anni, soltanto per darle un’impostazione di base. Quando però il soggetto è fortemente motivato o è in una fase di ribellione dall’educazione cattolica ricevuta in famiglia, tutto diventa più facile e rapido.

Dopo poco tornò al nostro tavolo con i due aperitivi su un vassoio insieme a delle patatine e delle olive. Avevo istruito il cameriere che avrebbe dovuto far fare a Juliet la cameriera. Juliet dimostrava dimestichezza nel portare il vassoio e nel disporre i bicchieri pieni e gli stuzzichini sul tavolo.

“Ecco, signore, gli aperitivi e due stuzzichini” mi disse sorridendo con un pizzico di malizia, rimanendo in piedi in attesa di mie indicazioni sul da farsi.

“Bene, puoi andare a riportare il vassoio” risposi.

“Grazie signore”. Disse avviandosi di nuovo verso il bancone e accentuando ancor di più lo sculettare.

Osservai il suo culo con più attenzione, badando meno al movimento questa volta. Sì, mi piaceva quel culo. Era sodo e tondo. Armonioso e provocante, quasi troppo perfetto e sicuro di sè. In aggiunta, Juliet lo stava già dimenando con eccessivo gusto, con malizia e intenzioni provocatorie. Sentivo che era una parte del suo corpo di cui andava fiera. Decisi che sarebbe stata quella la parte del suo corpo su cui avrei maggiormente infierito per umiliarla e punirla.

“Rieccomi, signore, posso sedermi ora?” mi chiese dopo essere tornata, con tono un po’ scocciato per aver dovuto fare la cameriera e con le mani appoggiate ai fianchi.

“Non mi piace affatto il tuo tono Juliet! Devi metterti in testa che ogni cosa che farai ha un suo significato e non devi contestare le mie scelte formative, chiaro?” le risposi seccato.

“Ho fatto la cameriera per tantissimi anni e …” si fermò improvvisamente capendo che stava sbagliando e che il tutto doveva essere in funzione della sua iniziazione. “Mi scusi, signore, non stavo ragionando, devo imparare a tenere la bocca chiusa e ad obbedire, mi perdoni.” Concluse con tono addolcito, guardando verso terra.

“Appoggiati a quel tavolino, piegando la schiena!” le ordinai con voce arrabbiata.

Juliet eseguì senza esitazioni mentre io mi alzavo e sfilavo la cintura dai pantaloni.

Le alzai con una mano i lembi del suo abitino rosso di lino portandoli sopra la schiena e mettendo a nudo quel meraviglioso culetto che prima orgogliosamente dimenava per la saletta.

Arrotolai appena un’estremità della cintura al pugno della mano destra e le sferrai una frustata sul sedere.

“Ahiiiii, che male….la prego signore, non le contesterò più i metodi” disse Juliet cercando di evitarsi ulteriori colpi.

Avevo deciso che 3 frustate sarebbero state giuste e così feci. La terza fu più forte delle altre tanto che Juliet finì a terra, quasi in un tentativo di attutire l’urto della cintura sulla sua pelle. Vidi lacrime scendere dai suoi occhi e sorrisi con soddisfazione per il successo della punizione inferta. La presi per i lunghi capelli neri e la tirai su di forza da terra.

“Ora vattene in bagno e rimettiti in sesto!”

Juliet si diresse subito verso i bagni mentre le allungavo un ultima sculacciata sul culo come per indirizzarla nella direzione giusta.

“E dimena bene quel culo!” le dissi vedendo che camminava goffamente probabilmente per via del dolore alle chiappe.

Mi rimisi al tavolino e sorseggiai l’aperitivo gustandomi gli stuzzichini.

Juliet entrò nell’antibagno e la prima cosa che fece era verificare allo specchio se le frustate le avevano lasciato il segno. Alzò l’abito per controllare e vide ciò che era ovvio: 3 strisce rosse incrociate segnavano come un pennarello le sue due chiappe.

Mentre le guardava, nella sua mente riapparivano ricordi flash di quando aveva 19 anni.



Il rumore della porta del bagno che si apriva la distolse dalle sue memorie e si ricoprì immediatamente il sedere. Un’altra donna stava entrando in bagno e Juliet si girò ed entrò in uno dei due bagni presenti chiudendosi dentro. Si alzò l’abito e sedette sul water. I ricordi ritornarono e si infilò il dito medio tra le cosce andando a raggiungere il suo clitoride. Mentre col dito si sfregava il clitoride, le gambe erano ben divaricate sull’asse del WC e con l’altra mano si palpava i seni, sfregando i capezzoli.



All’improvviso, la maniglia della porta del suo bagno si abbassò facendola sobbalzare dai suoi sogni. Qualcuno aveva bisogno di usare il bagno e cercava di aprire la porta.

“Ho finito, un minuto.” Disse Juliet.

“D’accordo, aspetto.” Rispose una donna con voce spazientita.

Juliet si ricompose di fretta, tirò la corda ed uscì dal bagno. Non se n’era accorta ma erano già passati 15 minuti. Mentre lei era in bagno mi ero bevuto anche il suo aperitivo e mangiato tutti gli stuzzichini. Si rimise a posto il trucco e tornò da me in sala.

“Alla buon ora Juliet. Tutto sto tempo per rimettersi a posto?” chiesi irritato.

Juliet tergiversò un attimo. Non sapeva come rispondermi.

“Dovevo fare la pipì, ma era occupato e ho dovuto aspettare, signore” rispose in maniera insicura, sapendo di non essere convincente.

Avevo notato persone che entravano in bagno dopo di lei, ma nessun volto mai visto che uscisse dopo che lei era entrata. Mi aveva mentito per nascondere qualcosa.

“Avvicinati!” ordinai “Allarghe le gambe!”

Infilai una mano sotto il suo abito fino a raggiungere il suo sesso. Affondai due dita tra le sue labbra vaginali sprofondando in una broda calda e densa.

Juliet non sapeva più dove guardare. Sapeva di essere stata sgamata e temeva nuove ritorsioni punitive.

“Sei proprio una troia!” le dissi guardandola con disprezzo. “Riprenditi il perizoma e vattene di nuovo in bagno a rimetterli!” ordinai gettandoli per terra.

Juliet si voltò, raccolse il perizoma da terra e tornò verso il bagno delle donne.



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Hmaster Invia un messaggio
Postato in data: 30/04/2008 01:10:50
Giudizio personale:
3 frustate nella saletta, però...
5S


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