i racconti erotici di desiderya |
Il momento |
A volte ti imprigionavo nella mia mente. No, le parole proprio non le trovavo. Era la semplice creazione di un “avatar” non appena ti vedevo attraversare la piccola piazza per sparire dentro la porta del tuo ufficio. E di tuo marito. Era una visione accecante di frammenti che accendevano la mia voglia. Quante volte sognai di affrontare il tuo seno e di riempirmi del tuo profumo!! Fredda e altera, dicevano i miei amici. Religiosa e fedele, sottolineavano. Forse fu proprio per questa irreale impossibilità che accendeva in me il desiderio di averti. O forse perché eri bella. Elegante. Con due occhi scuri che sfidavano chiunque li incrociasse. E come spesso accade, la differenza la fece un “momento”. Al supermercato. Quando apparisti nel mio stesso corridoio con indosso una tuta da ginnastica che ti faceva brutta e goffa. E forse fu proprio il fatto che quel giorno non eri elegante e sicura di te, che colsi al volo una possibilità. Forse l’unica. Quando nel prendere una scatola di biscotti facesti cadere quelle vicine. Ero vicino e mi chinai per raccoglierle. Insieme a te. E nel rialzarci il mio braccio toccò leggermente il tuo seno. Arrossisti. Eri a disagio. Non ti sentivi al sicuro dietro ad un look professionale. Scambiammo parole di circostanza in merito ai biscotti e al modo di impilarle sugli scaffali. Ma quando stavi per andartene sfruttai il “momento”. Da sfacciato. Ti chiesi il numero di cellulare, dicendoti che ogni mattina io la riempivo di un “avatar” che ti somigliava e che attraversava una piccola piazza per andare al lavoro. Per un attimo, quando ti guardasti in giro arrossendo ancora di più, pensai che eri sul punto di fuggire. Ma poi vidi e sentìi scandire il numero dalle tue labbra. Presi il mio cellulare e, mentre lo memorizzavo, tu sparisti. Elena. Sapevo il tuo nome. Furono giorni di sms e di qualche rara breve telefonata. Poi una sera inoltrata di luglio finalmente riuscìi a farti entrare nel mio ufficio. Io e te. Soli. E ti vidi finalmente di carne, di brividi e poesia, di labbra timide dal sapore forte. Del tutto spoglia di ruoli e convenzioni. Della stessa bellezza, da vicino imperfetta, che rese perfetti i nostri attimi intensi. Mi persi nel tuo sguardo velato di desiderio e mi innamorai delle tue dita che afferrano i contorni del tavolo per mitigare il piacere. Ti accolsi sopra di me mentre inarcavi la schiena per sentirmi ancora più dentro. Ti morsi piano le spalle nude mentre i nostri bacini si rincorrevano. Ti aprìi le mie labbra ogni volta che precipitavi verso di me a baciarmi con passione per distrarre il mio perdermi tra i tuoi seni che danzavano un ritmo caldo, dolce e costante. E ti sostenni quando, bollente, mi cadesti addosso durante l’orgasmo che esplodeva tra le tue cosce, ma anche nella tua mente, nel tuo respiro. E fui lì a riceverti mentre con la lingua ti leccavo ogni piccola goccia di sudore che ti imperlava il viso luminoso di piacere appena provato. E fu così per tutta l’estate. Ci isolavamo dal mondo ogni volta che avevi del tempo per venire da me. Milioni di parole sussurrai ai tuoi occhi chiusi ed al delizioso sorriso che mi regalavi mentre riposavi sulla mia spalla. Parole mai dette prima perché appena nate da quella prepotente voglia di te che gli amici ancora descrivono “fredda e altera, religiosa e fedele”. L’autunno arrivò e, come le foglie, cadde anche la nostra storia. Ma resto sempre dell’idea che nulla può fare la logica contro il “momento” e un'opportunità da cogliere.
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