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Il maestro ed il mozzo (segue-1)


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Il mozzo si appoggio’ su un cuscino ed offri’ le terga. Il Maestro guardava la pelle bianca, sentiva come un vuoto nella mente, una mancanza di consapevolezza. Il capitano gli aveva dato uno scudiscio, quasi una frusta, ma piu’ corto, aveva un aspetto scuro, sinistro; altre volte il Maestro quando era piu giovane aveva punito allievi indisciplinati e la cosa non gli era mai dispiaciuta. Ma usava una bacchetta, o a volte le mani nude. Mai uno schiavo pero’, frustare uno schiavo era altro, poteva essere ridotto in fin di vita e comunque usciva segnato e sanguinante da queste punizioni. Ora non sapeva come comportarsi, in realta avrebbe voluto posare lo scudiscio, avvicinarsi a quelle terga bianche, aprirle, separarle, insinuarsi in quell’anfratto morbido e caldo. Fu questo pensiero che lo fece decidere, scaccio’ via il senso di vuoto che lo aveva preso, all’improvviso comincio’ a colpire, ma era quasi come frustasse se stesso. Il mozzo cerco’ di trattenersi, ma poi dopo il quinto o sesto colpo comincio’ a gemere prima e poi a gridare quando i colpi cominciarono a cadere sui segni gia’ fatti.

Dopo un ventina di colpi il mozzo aveva le terga a strisce rosse di varie tonalita’ dal rosa al bruno e qualche gocciolina di sangue che appariva qua e la. Basta cosi’ disse il Maestro e poso’ lo scudiscio sul pavimento della cabina. Prese il mozzo che giaceva singhiozzante e tenendolo sotto le ascelle lo spinse prono su un divano e gli assesto’ le vesti in modo da lasciare scoperta solo la parte segnata.

Poi mise la testa fuori dalla cabina e chiamo’ il primo marinaio che passava. “Vieni dai un’occhiata” gli disse e quando fu entrato gli fece guardare la carne del mozzo segnata e palpitante. Quello non si curo’ d’altro, rimase come impietrito. Il maestro quasi lo spinse fuori, “vai gli disse riferisci al capitano che il ragazzo e’ stato punito, e digli che lo terro’ da me per rimetterlo in condizione di lavorare il piu’ presto possibile”.”Come desideri Maestro“ Disse il marinaio con un pizzico di ironia convinto che il Maestro si sarebbe tenuto il mozzo per i suoi gusti piu’ segreti. Intanto ando’ via ed il Maestro tiro’ la tenda che chiudeva la cabina. Si avvicino’ al mozzo. Questi alzo’ gli occhi “Saro’ il tuo servo” gli disse ” se vuoi il tuo discepolo e a tua disposizione per tutto quello che vorrai, grazie per avermi frustato, se vuoi potrai farlo di nuovo anche senza alcuna ragione, solo per il tuo piacere”. Il Maestro non sapeva cosa rispondergli, come se il Mozzo avesse intuito la sua eccitazione mentre lo segnava. Intanto il mozzo gli prese una mano e se la porto’ sul seno, appoggiandosi sopra con tutto il corpo, trattenendola forte quando il Maestro cerco’ di ritirarla. Poi quando senti’ che il Maestro aveva smesso di provare a muoverla, ma anzi aveva cominciato a sentire con le dita il suo capezzolo irrigidito, finalmente si rilasso’ e chiuse gli occhi. "Come ti chiami?" chiese il Maestro "Nahil o Nahila, come preferisci, per te saro' uomo o donna, come mi vorrai" rispose il mozzo



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Peter_Ray Invia un messaggio
Postato in data: 21/02/2014 01:36:15
Giudizio personale:
..un po' cortino ma piacevole


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