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Il maestro e il mozzo |
Il Maestro e il mozzo
Prologo Non si erano piu’ incontrati dall’inizio del viaggio Il Maestro era strano quella sera. Perduto, guardava l’orizzonte ripetendo mentalmente il versetto 24 della sutra 55 che aveva appena tradotto per lui, per quello strano ragazzo che tanto lo incuriosiva. -E sue sono le navi che veleggiano agevolmente attraverso i mari, alte come montagne E sue sono le navi che si mostrano sul mare, come vessilli E sue sono le navi come montagne sollevate in alto nel mare- Improvvisamente vide il mozzo che lo osservava seminascosto da un gruppo di botti assicurate all’argano di prua. Il Maestro avrebbe voluto recitargli quelle parole sante che racchiudevano tutta la precarieta’ e allo stesso tempo la forza del loro essere di quei giorni Mentre stava per iniziare si fermo’ di colpo. In che lingua avrebbe dovuto parlargli? Poi gli venne in mente quello che era successo la mattina, il mozzo aveva perso in mare una delle pentole del capitano mentre la puliva e questi aveva cominciato a picchiarlo, selvaggiamente, solo l’intervento del maestro lo aveva salvato Lo vuoi tu? aveva detto il capitano Fanne quello che piu’ ti piace , ma voglio vedere i segni della frusta e prima di domani. Il Maestro con il suo intervento lo aveva salvato, ma sapeva anche che a bordo la parola del capitano era legge; ora toccava a lui, avrebbe cercato di farlo soffrire il meno possibile, ma i segni dovevano esserci, e prima di domani Il mozzo era fermo, ad occhi bassi, non sembrava aver paura, come sempre era vestito bedu’ completamente coperto, si vedevano solo gli occhi neri vivissimi e un po’ del viso. -Vai di sotto- gli disse il Maestro -aspettami nella mia cabina, sei mai stato frustato prima d’ora?- -No Maestro- gli disse il mozzo sempre ad occhi bassi Il sole era tramontato e nella luce incerta il maestro scese in cabina, il mozzo era’ li che curiosava in giro, appena senti che il maestro arrivava, si raddrizzo’; adesso lo guardava, quasi con un senso di sfida. Il Maestro capi’, senti la sua fierezza, questo rendeva le cose piu’ facili. -Togliti la veste e inginocchiati- gli disse. Il mozzo si giro’, sciolse la cintura e lascio’ cadere la veste, aveva i capelli lunghi legati a coda e le pelle candida; si inginocchio’ teneva strette le gambe e le braccia conserte sul petto. Le natiche perfette, bianche sembravano solo aspettare i segni dello scudiscio. No, Il Maestro non aveva ancora capito, e meno che mai sospettato, il mozzo che tanto lo incuriosiva, era una fanciulla. -Terrai il mio segreto Maestro?- Gli chiese il mozzo senza guardarlo -Si-, rispose il Maestro -non saro’ io a tradirti- -Allora comincia - disse il mozzo - se mi sentiranno gridare non vorranno controllare altro - |