i racconti erotici di desiderya |
Ferite |
Restavamo fermi, abbracciati e svegli anche per ore, dopo aver fatto l’amore. Quasi una personalissima dimensione di decompressione durante una virtuale risalita dagli abissi del piacere. Poi lei mi diceva “tu hai il potere di scopare anche i silenzi”. Ed io le accarezzavo una spalla nuda. E continuava con “sono tutte balle quelle che ti raccontano in giro sai?”. Io la baciavo tra i capelli. “in realtà l'amore ti fa volare soltanto per pezzettino di cielo.” Io le disegnavo il profilo del seno con le dita. “ Poi bisogna toglierlo quel freno al cuore, altrimenti non si riesce a spiccare un volo che sia tale”. Io giocavo con il suo ombelico. “Sono caduta da quel pezzettino di cielo molte volte e adesso sono piena di ferite. Bruciano tanto sai?” Io le baciavo il collo. “Sono stanca di sanguinare e non voglio più chiedere a nessun uomo di curarmi le cicatrici”. Poi mi baciava forte e si addormentava.
Quando si svegliava aveva voglia delle mie mani addosso, la stessa voglia che si ha d'inverno quando si infilano le braccia sotto ad un cuscino, per cercare l'ultimo calore, prima di alzarsi ed attraversare il freddo della stanza. Io l’accarezzavo e la guardavo fisso. Lei chiedeva “Cosa c’è”? “Niente” rispondevo (non ci sono parole per spiegare la felicità). A volte lei parlava del passato. Perché la rassicurassi con il mio solito “penso che la parola -passato- sia meravigliosa. Perché non ritorna, comunque siano andate le cose”. E allora lei sorrideva. E si gettava tra le mie braccia. A volte restavamo lì tutto il giorno senza mai dirci “ti amo” perché ci sembrava d'essercelo detto mille volte prima di perdersi nel bacio successivo. Seppellivamo le lingue dentro i nostri respiri e ogni volta che un orgasmo le esplodeva dentro, io ero dentro di lei. “Nella vita non so fare altro che amarti” mi diceva. Io invece sapevo che ero bravissimo solo a curare le sue cicatrici. |