Mah, perché ci sono venuto non lo so, in fondo non mi sono mai interessato alle gallerie e alle mostre d’arte in genere. Gianni, Linda, Renato e Eleonora hanno insistito talmente tanto che non me la sono sentita di rifiutare. Sono i miei migliori amici, non so più neanche da quanto tempo ci conosciamo. Feste e scorribande sempre insieme. Loro sposati da…..boh, forse dalla nascita, io perennemente single e vagabondo. Ieri sera, a casa di Renato e Eleonora l’invito è arrivato come decisione già presa. Gianni a un certo punto ha dichiarato-“domani andiamo a vedere una mostra di pitto-scultura, Eleonora, una vecchia amica di Linda, espone e ci ha chiesto di andare a salutarla. Andiamo a vedere due quadri, poi prendiamo Eleonora e si va tutti a cena fuori”. “Io per la verità me lo eviterei, lo sapete le mostre……”- non ho terminato la frase che Gianni mi ha assalito “non fare il solito guastafeste, domani vieni con noi dai, almeno sarà una serata diversa. Eleonora è una donna molto simpatica, è un’artista”. “Anche lei è single, sai?” cinguetta Linda. Ecco ci risiamo, la solita storia, dovevo aspettarmela. Non so perché, ma si danno tutti da fare per trovarmi una compagna fissa. Secondo me Gianni e Renato lo fanno un po’ per invidia, gli fa rabbia ogni volta che mi vedono con una nuova amica. Linda e Eleonora invece, pur volendomi un mondo di bene, temono che il mio comportamento, diciamo un po’ libertino, possa sviare i loro cari maritini. E così, quando capita, si mobilitano per trovarmi “quella giusta”. Io li lascio fare, in fondo mi diverte e la cosa ha i suoi lati positivi. Ma una pittrice no, immagino già ore e ore a parlare di impressionismo, realismo e post-realismo, linearismo e zigzagismo, pallismo e via dicendo. Il mio intuito mi dice che domani avrò una serata “du’ palle” Comunque sono qua e confesso che quello che vedo attira molto la mia attenzione. Alcuni dipinti e sculture hanno qualcosa di particolare che definirei intrigante. Non so di preciso cosa, ma…... Di colpo mi accorgo di essere rimasto solo, mi volto e vedo i miei amici chiacchierare affabilmente con una signora. Per essere bella è bella, alta, - beh ha pure un bel tacco però - capelli scuri raccolti in una corta treccia sulla spalla sinistra, il viso messo in risalto dai capelli tirati è davvero particolare, occhi grandi e scuri, zigomi marcati, naso piccolo e la pelle ambrata. Li raggiungo e mi presentano Lei. “Vieni Mauro ti presento Eleonora, è lei l’autrice di tutto questo….”. Mi allunga la mano avvolgendomi con un sorriso terribilmente allegro, “ciao Mauro io sono Leo, ti piace questa roba? Dimmi di si o ti rompo la testa, mi sono fatta un culo così……”, sembra arrossire un po’ mentre lo dice, “scusa l’espressione, ma devo sfogare, se non lo faccio con gli amici mi taglio le vene...”. “Figurati, capisco benissimo la tensione che devi aver accumulato per organizzare tutto questo” dico sorridendole allegramente. “Bene ragazzi, ora perdonatemi, fatevi un giro, io faccio un po’ gli onori di casa e poi ce ne andiamo a cena. A dopo”. Devo riconoscerlo, in fondo la fissa dei miei amici ha i suoi lati positivi, Eleonora mi piace molto, è simpatica, allegra e, se non ha manie matrimoniali, ne può nascere una bella “amicizia”. Credo di conoscere abbastanza bene la psicologia femminile, inoltre ho un buon intuito che spesso mi evita di cadere in situazioni-trappola e questa volta l’intuito mi dice che non c’è pericolo. E’ stata davvero una bella serata, Renato è imbattibile nella scelta dei ristoranti mentre Linda consiglia sempre i piatti giusti, io, invece, sono addetto alla scelta del vino. Pensare che ero astemio fino a 10 anni fa, poi ho recuperato alla grande assaggiandoli praticamente tutti. Ora sono sul mio letto e mentre fumo l’ultima sigaretta della notte ripenso……...si, ripenso a Eleonora. Penso alle grandi risate che ci siamo fatti parlando del più e del meno, senza mai toccare l’argomento mostre e gallerie e io che temevo di non dover parlare d’altro. Ha solo sfiorato l’argomento per dirmi che, quando non ci avevano ancora presentati, aveva notato il mio interessamento per alcune delle sue opere, tre dipinti e due sculture piuttosto particolari e mi chiedeva come mai proprio quelle avevano attratto il mio interesse. Già, come mai proprio quelle? ricordo solo che ne ero rimasto tanto intrigato e colpito nel guardarle, da non accorgermi che gli altri si erano allontanati lasciandomi solo. Imbarazzato, non ho saputo darle una risposta e lei, chiudendo l’argomento, mi ha detto “stai tranquillo, te lo spiegherò io quando e se vorrai”. Ecco, adesso non riesco a pensare ad altro. Perché proprio quelle mi hanno colpito così tanto? Le ho davanti agli occhi, passo da una all’altra con la mente ma……….. Un trillo continuo, come un campanello d’allarme, mi risuona nel cervello. Cosa vorrà dire? Ma cosa vuoi che voglia dire, è il telefono che squilla, scemo!!!!! “Pronto!!??”, “Ciao, allora, ci sei arrivato da solo o dovrò spiegartelo io?” “Eleonora!!!!, ma come avevi il mio numero di telefono?” “Hai mai sentito parlare di elenco telefonico?” “Si ovvio, che stupido”, certo che, quando mi ci metto, la parte dell’imbranato mi riesce benissimo, “come fai a sapere che stavo giusto pensando alle tue opere?” “Lo so e basta, ricordati che sono una femmina, mica solo un’artista”, lo dice ridendo ma mi sembra che abbia marcato un po’ la parola femmina, avrebbe potuto dire “donna” e invece no, “femmina”. “No, non so spiegarmelo, forse erano le più belle, forse i colori, no, direi più…si ecco, mi trasmettevano delle emozioni che non so definire” “Bene, ci sei quasi, se ti va, ti posso spiegare io di che genere di emozioni si tratta, sai sono le stesse che provavo mentre creavo. Sei libero domani?” “Certo, ormai sono in vacanza, che ne dici di andare al mare?” “NO!, niente mare, tu domani vieni al mio studio. Preparati a vivere quelle emozioni che ti hanno così intrigato” “Ok, dammi l’indirizzo così ti…..” “Cazzo, ma ce l’hai l’elenco telefonico o no? Ti aspetto alle 15, sii puntuale per piacere e porta del vino, tu sei così bravo a sceglierlo. Sogni d’oro tesorino” Caspita che caratterino, deve aver bevuto un bel po’ al ristorante. Uhmm, il mio intuito mi dice che domani avrò una giornata da favola…….. 14.59 – Suono alla porta con in mano le mie due brave bottiglie di vino bianco gelato e una piccola scatola trasparente con un’orchidea attorniata da fiori di campo. Mi apre accogliendomi con un sorriso contagioso e gli occhi le si illuminano ancor di più quando vede la composizione floreale. “Lo sapevo, non mi sbagliavo” esclama con tono trionfale, “cosa sapevi?” chiedo sorridendo, “nulla nulla, poi ti spiego, accomodati ora” mentre mi tira per la mano all’interno del suo studio. Tele, cavalletti, colori, sgabelli, divani e poltrone riempiono due ampi locali, altre tre porte si affacciano su queste due sale adibite a studio. Un ampio balcone e una finestra consentono di ammirare uno dei panorami più belli del continente. “ehi, sei in paradiso qui” esclamo affacciandomi al balcone. “Dipende sai, esiste anche l’inferno e magari ti inganna presentandosi sotto l’aspetto di un Eden, sarai tu a dirmi se per te è Paradiso o Inferno”. Annuisco con un sorriso più scemo che furbo, non ho capito cosa intendesse dire ma non voglio che se ne accorga. Se ne è accorta! “Lo so che non capisci, in fondo sei solo un maschio….dai non ti arrabbiare, scherzo”, “vieni a sederti qui sul divano vicino a me, abbiamo un bel po’ di cose da dirci noi due”. Mi accomodo al suo fianco e già questo mi provoca una strana eccitazione. Indubbiamente è una donna conturbante, ecco, si, questa è l’esatta sensazione, mi turba. “Mentre apri quella bottiglia di vino, prova a spiegarmi cosa ti ha colpito particolarmente di quei dipinti che osservavi così attentamente, sai, quelli che guardavi tu fanno parte di una collezione speciale, per crearli devo avere una ispirazione particolare”. “Prima di tutto mi ha colpito il titolo della collezione, come era? Ah si, - Domino -. Ti riferisci al gioco del domino?”. Ride di gusto, “no no, Domino, prima persona dell’indicativo presente del verbo dominare – IO DOMINO –” . Lo dice con un tono così serio che sembra voglia comunicarmi qualcosa. Provo a risponderle “nel senso che domini l’arte della pittura? Domini le tue emozioni e le incanali verso la tela?”. “No,” mi dice guardandomi come un allievo poco dotato, “proprio non capisci, eppure mi sei sembrato la persona adatta a ridarmi quel genere di ispirazione”. Oh, che voglia chiedermi di farle da modello? La cosa mi piace, sarebbe un’esperienza intrigante. Come sempre sembra leggermi nel pensiero, “volevo usarti per incanalare quelle emozioni verso la tela”, dice facendomi il verso, “lo faresti per me?”. “Certo che lo farei” rispondo con entusiasmo e iniziando a sorseggiare il vino, “sarebbe un’esperienza divertente e comunque nuova…..”, mi interrompe di colpo “sicuramente esperienza nuova, divertente non so, ricordi l’Eden e l’Inferno di cui parlavo prima?”, “si, lo ricordo ma non so bene a cosa ti riferivi”, “allora lo capirai ora e senza troppi preamboli. Sei disposto a rischiare l’inferno per giungere forse al Paradiso?”. Mi guarda fissamente negli occhi come se aspettasse una risposta di fondamentale importanza. Dio quanto mi sento idiota, non so di cosa parla ma cerco di assumere un atteggiamento convinto quando le rispondo che sarei disposto a cercare l’Inferno insieme a lei sicuro di toccare il Paradiso. Ormai sono convinto, sta cercando di eccitarmi con i discorsi sull’inferno, il peccato e il piacere del paradiso, beh, ognuno ha i suoi metodi e se vuole portarmi a letto per me va bene anche questo. Mi afferra il mento tra le dita stringendolo fino a farmi quasi male, “togliti dalla testa quello a cui stai pensando. Può darsi che un giorno a letto con me ci verrai, ma non certo per questo ti sto offrendo l’Inferno. Ricordati –IO DOMINO!!!” Non capisco cosa sta cercando di comunicarmi, o meglio forse comincio a intuire qualcosa. So di persone che provano piacere a dominare e altre che amano essere dominate, che Eleonora sia una di quelle? In realtà l’argomento mi ha incuriosito in passato, ma poi ho abbandonato l’idea non trovandone riscontro in nessun altro. Sussulto alla sua voce, - “allora ci stai?” - continua a fissarmi dritto negli occhi e a stringermi il mento tra le dita. Mi ritrovo ad abbassare lo sguardo e a farfugliare qualcosa “cosa dovrei fare? Spiegami chiaramente…….” . Urla quasi la sua risposta “spiegarti?, c’è poco da spiegare IO DOMINO tu ubbidisci”, “se ti va rispondi si e scenderai all’inferno prima di risalire lentamente verso il tuo Paradiso, altrimenti prendi i tuoi fiori, il tuo vino e sparisci da qui” Un turbinio di emozioni mi sconvolge la mente, sento il suo sguardo farsi strada nel mio cervello. Sembra penetrarmi da ogni parte e vincere senza sforzo ogni mia resistenza. Senza neppure accorgermene dalle mie labbra esce un deciso “Si”. La mano di Eleonora allenta la presa del mento per afferrare di scatto i miei capelli alla nuca “Si Padrona” sibila con voce nuova, “ripetilo bene ora”. “Si Pa-drona” dico mentre cerco di liberarmi dalla sua presa. “Bravo, ne ero certa fin da quando mi hai offerto quei fiori stasera, lo hai fatto come solo un vero schiavo sa fare. Ora iniziamo l’addestramento, Inferno o Paradiso che sia, ormai è cominciato”. Abbiamo fatto un patto, o meglio, lei ha dettato delle regole. Entro un’ora potrò decidere di andar via senza mai più rivederla, ma se dopo un’ora sarò ancora lì, le apparterrò per tutto il tempo e per ogni volta che vorrà. “Mi apparterrai nel più completo dei significati, sarai cosa mia, il tuo cervello sarà mio, il tuo corpo sarà mio. Non avrai vergogna o imbarazzo per nessuna delle cose che ti ordinerò. Eseguirai felice di farlo, perché sai che ciò da piacere alla tua Padrona. Deciderò del tuo dolore e del tuo piacere. Sappi che allargherò il tuo corpo e la tua mente oltre i confini del pudore, del dolore, della vergogna e del godimento. Potrai gridare, divincolarti e tentare di rifiutare o di fuggire ma non servirà a nulla perché sarai legato, obbligato, umiliato e punito finchè non diverrai docile e remissivo.” Sono confuso e frastornato, le gambe si piegano per l’emozione ma qualcosa di me dichiara apertamente che resterò e che ho già accettato ogni condizione. La mia resa è totale, lo urla palesemente la mia vistosa eccitazione. Uno dei quadri che mi aveva colpito alla mostra ritraeva un giovane uomo inginocchiato, le mani legate dietro la schiena, i muscoli tesi e il capo rivolto quasi a percepire chissà cosa, quasi volesse usare tutti i suoi sensi per sopperire alla vista impedita da un foulard sugli occhi. L’uomo, completamente nudo, indossava solo un vistoso paio di scarpe femminili con i tacchi alti. I colori che lo circondavano sfumavano da un dolce e intenso azzurro fino a un rosa antico stranamente minaccioso. A parte i colori, ora quell’uomo ero io. Come nel dipinto, cercavo di coprire con una gamba il mio sesso che appariva stranamente eccitato. “So perché guardavi con interesse quel quadro, perché tu sei esattamente quello che avevo rappresentato. Uno spirito sottomesso mascherato da una falsa e ipocrita faccia da duro. Vedrai che fra non molto ti riconoscerai perfettamente in ciò che intendo trasformarti”. “In cosa vorresti trasformarmi, cosa intendi dire Eleonora?”. SHAFTT!!! Finisco appena la frase e un ceffone mi colpisce in pieno viso, “PA-DRO-NA, Padrona Eleonora, ricordati di chiamarmi sempre Padrona quando ti rivolgi a me. Per ora non ti sono consentite domande, ti dirò io quando potrai farle”. Il viso mi brucia, non vedo nulla, l’impulso di incavolarmi e andar via è forte ma……….ma resto lì, in ginocchio, in silenzio, sorpreso più dalla mia mancata reazione che dallo schiaffo ricevuto. Riprende come se nulla fosse accaduto, “ricordi i colori di quel quadro? Quel celeste intenso che sfuma nel rosa rappresenta il processo di femminilizzazione di cui tutti voi maschi avreste bisogno per migliorare un po’ le vostre scarse qualità. E’ una teoria molto antica ma da troppo tempo abbandonata. Ho intenzione di riattivarla con te. Un addestramento che ti porterà a comportarti, a pensare e a sentire come una femmina, cosa ne dici?”. “Dico che sei svitata se credi che io accetti”, sibilo tra i denti, ma un secondo ceffone mi fa pentire immediatamente di quell’atto di coraggio. “Allora vai via ora, perché fra poco non potrai più andartene, anzi, non vorrai più andartene”. Sento i suoi passi allontanrsi dopo avermi sciolto le mani. Una porta sbatte violentemente e poi il silenzio. Mi ha lasciato solo, ora andrò via e non la rivedrò mai più, si ora mi alzo, chiudo questa farsa e me ne torno a casa. Si ora vado………. “Vedo che hai deciso”, sento la sua mano accarezzarmi la testa con tenerezza, non la vedo, sono ancora bendato e in ginocchio. La sento legarmi di nuovo con delicatezza i polsi. Stringe di colpo facendomi sobbalzare. “L’ora è scaduta, sarai la mia schiava disponibile, obbediente e sottomessa?”, “si……..Padrona Eleonora”, “bene, sigilliamo subito questo patto, chinati e dimostrami la tua obbedienza”. Un attimo e mi ritrovo le labbra poggiate sui suoi piedi. Inizio a baciarli ma dopo un po’ sento le dita forzarmi la bocca, capisco che desidera sentire la mia lingua. Le lecco la pianta, il collo, le dita e mi accorgo che mi piace farlo. Una strana emozione si è impossessata di me, comincio ad avvertire il piacere di obbedirle e di colpo mi è chiara la sensazione provata alla vista dei sui quadri. “Basta così, ora dovrai dimostrarti umile e capace del ruolo che ti sto offrendo”. Si allontana, la sento fruga in cassetto, dopo un po’ ritorna e mi aiuta a sollevarmi. Le mie gambe sono piuttosto intorpidite, le ginocchia dolenti. Mi avvolge qualcosa attorno al collo dopodiché mi toglie la benda dagli occhi. La luce di prima non c’è più, solo candele accese illuminano la scena, riesco facilmente ad abituarmi alla penombra e quello che vedo non mi piace. Ricordo di colpo, sono nudo come un verme, solo le scarpe da donna con alti tacchi e……e un collare con il guinzaglio al collo. “Vieni, seguimi” dice tirando il guinzaglio. Arriviamo in bagno, una piccola cesta è piena di biancheria, me la indica mentre mi libera le mani dal legaccio, “su, lavala bene e poi stendila ad asciugare”. “Mi raccomando, usa il sapone delicato, non vorrei la rovinassi, altrimenti sarò costretta a punirti”. “Se smagli anche una sola calza te ne pentirai amaramente” dice uscendo e sbattendo la porta. Eccomi solo, come un idiota a fissare una cesta piena di reggiseni, slip e calze. Ma perché cazzo mi sono ficcato in questa storia. Neppure il tempo di formulare il pensiero ed eccola di nuovo alla carica, “su da brava, indossa questi prima di dedicarti alle faccende”. Mi passa un grembiulino bianco corto da legare in vita e un top con le bretelline, troppo stretto per esere credibile. Mi allaccia il grembiule mentre mi contorco per infilare il top e subito dopo sparisce di nuovo. Ho lavato già due paia di calze, due reggiseni e un paio di perizoma quando, alla nuova calza la tragedia. Un unghia si impiglia nella trama e non ne vuol sapere di uscire senza portarsi dietro un paio di fili. Cerco di nascondere la smagliatura ripiegando la calza, chissà forse non la vedrà. Non faccio in tempo a prendere l’altra che l’infida unghia è già artigliata. Maledizione due calze rovinate in 2 secondi, beh non sarà poi così grave, se vuole, ne comprerò una dozzina di paia così non avrà di che lamentarsi. Esco dopo una quindicina di minuti, “ho finito Padrona”. Si alza dal divano su cui era adagiata e va spedita nel bagno. E’ meglio che glielo dica subito, “Padrona, purtroppo ho smagl…….”. Un urlo mi interrompe, “lo vedo quello che hai combinato, stupida bestia, sei una sciocca incapace. Ora come la mettiamo?” “Non ti preoccupare Padrona, domani te ne comprerò una dozzina”. “Ma allora sei davvero stupida? Non capisci che non dovevi farlo?, me ne fotto se domani me ne comprerai delle nuove, dovevi stare più attenta. Hai le unghie rotte, vedrai che dopo metteremo a posto anche quelle”. “Ora inginocchiati su quella poltrona, forza, senza discutere”. Sono inginocchiato su una poltrona abbastanza larga, le gambe divaricate, le caviglie e le mani legate ai piedi della poltrona, sono praticamente immobilizzato. Il cervello è in fiamme, non capisco cosa ha intenzione di fare ma non mi piace per niente qualunque cosa sia. Pochi attimi e tutto mi è chiaro. Un colpo si abbatte violentemente sui mie glutei. Uno schiaffo cosi violento da farmi sussultare e gridare. Un secondo e un terzo si ripetono sullo stesso gluteo. Il dolore è intenso anche se a questi ero più preparato. Ho la parte in fiamme ma i colpi continuano ad arrivare e sempre sullo stesso posto. Non reggo più e comincio a urlare, “basta, ti prego basta, mi fai male”. “Stupida troietta che non sei altro, non solo hai il fegato di aprire bocca, ma dimentichi anche di chiamarmi Padrona”. Un altro poderoso schiaffo mi colpisce l’altro gluteo. “Ahia, Padrona basta ti prego, mi fai male”. “Ho capito, l’unico modo per farti stare zitta è chiuderti la bocca”, mi passa davanti, apre uno stanzino e tira fuori un paio di scarpe da ginnastica con dei calzerotti ficcati dentro, “questi li ho usati per correre due giorni fa, ho dimenticato di farteli lavare ma credo che ora saranno utili”. Ne prende uno e, dopo avermi fatto spalancare le labbra, lo caccia dentro. L’odore non è piacevole, il sapore ancora meno. Mi passa una delle calze smagliate sulla bocca e la lega dietro la nuca. “Ecco un bel bavaglio doppio uso, ti terrà zitta e ti farà penetrare il mio odore nel cervello”. E’ strano, eppure sono eccitato. Lei se ne accorge, prende un laccio e mi lega i coglioni alla base girando più volte il legaccio attorno al membro. “Ecco, così lui non avrà tanta voglia di divertirsi”. E’ vero, ora l’erezione mi provoca dolore e così dopo pochi secondi è bella e che sparita. Sento che mi accarezza le natiche, poi le dita accarezzano il solco, si fermano sul buchetto, ci girano attorno. Posso solo mugugnare “uhmmm mmm”, il pensiero mi trafigge il cervello, spero che non voglia entrare, non mi farà mica questo scherzo?.... Si, cerca di allargare il buco con le dita, la sento ridere piano mentre forza. E’ stretto, non riesce, dopo un po’ sento che mi spalma qualcosa di umido, appiccicoso come una crema, si, è proprio crema. Ora l’ostacolo cede facilmente, avverto le dita invadermi, risalire dentro di me fino al cervello. Le sento giocare con il mio cervello come se volessero manipolarlo, impossessarsene così come aveva detto “……..il tuo cervello sarà mio, il tuo corpo sarà mio………….allargherò il tuo corpo e la tua mente……..” “Uhmm-mmmm uhhh” a nulla servono i miei lamenti, ormai è dentro di me e ha intenzione di entrarci sempre di più. Prima due dita, poi tre, poi tenta con tutta la mano, per fortuna ha una mano sottile, ma nonostante ciò non riesce a profanarmi totalmente. “Vedrai che prima o poi ci riuscirò, voglio allargarlo fino al polso, voglio giocare con la mia mano dentro di te, voglio che ti piaccia per vederti contorcerti dal piacere e farti sentire come gode una vera puttana, la mia puttana disponibile, obbediente e sottomessa” Sento le dita uscire, provo un sollievo incredibile, finalmente ha smesso. Non ha smesso affatto, pochi secondi e una punta dura comincia a farsi strada dentro di me. Lo spinge con decisione ma con fatica, la strada è stretta, il dolore aumenta sempre più come se l’oggetto diventasse sempre più largo. Lo ha piantato fino in fondo, lo muove un po’ per vedere se resta al suo posto. Quando è certa che non si muoverà lo lascia e viene a posizionarsi davanti a me. E nuda, indossa solo calze autoreggenti e uno strano reggiseno senza coppe che le lascia libere e scoperte le mammelle. Si strofina contro il mio viso certa di causarmi una dolorosa erezione per via del laccio che mi stringe membro e testicoli. “Allora,” mi deride, “cominci a sentirti un po’ più femminuccia?”, muovo la testa in segno di diniego. Sbagliato, si irrita, apre un cassetto davanti a me, ne tira fuori una frusta a strisce, mi gira a torno e si posiziona dietro la mia schiena. Comincio a tremare come una foglia, immagino che intenzioni abbia, provo a dire qualcosa ma dalla bocca imbavagliata esce solo un ridicolo rantolo. Il primo colpo si abbatte improvviso sulla schiena, neanche tanto forte, ma mi fa saltare letteralmente. In rapida successione un’altra dozzina di colpi arrivano sul culo e sulla schiena. Mi brucia tutto, ma non riesco neppure a lamentarmi, sono completamente soggiogato da quella dominatrice. In tutto una ventina di colpi, alcuni dolorosi, altri meno, ma tutti terribilmente umilianti. Ha finito, mi libera la pancia da quell’oggetto infernale, mi slega le mani e le caviglie e toglie il bavaglio con uno strappo. Potrei fuggire ora, andar via magari dopo averla schiaffeggiata, mandare al diavolo lei e quel gioco del cazzo. Perché non vado via? Perché? Perché………………….? “Allora non ti senti ancora femminuccia vero” dice guardandomi fisso negli occhi, l’umiliazione mi fa abbassare lo sguardo, ma non rispondo. “Bene, vedremo, io non ho fretta”. “Inginocchiati davanti a me”, - lo faccio -, “vediamo allora quanto è profonda la tua sottomissione”, mi prende i capelli dalla nuca e tira la testa all’indietro. “Ora apri la bocca e sii pronto ad accogliermi, mi sentirai scendere nel cervello”. “Apri bene quella bocca da troia”, la apro obbediente, non so cosa voglia fare. Mi guarda negli occhi mentre un fiotto di saliva le affiora sulle labbra, lo lascia scivolare giù fino a centrare la mia bocca spalancata. “Ingoia, fallo giungere al cervello, assapora lo sputo della tua Padrona”. Sìììì, lo ingoio ma scende giù, piuttosto lo sento salire, penetrare nella mente, avvolgermi i pensieri e mischiarsi con essi. È miele dolce e inebriante, è droga che sprigiona i sogni più nascosti, li fa affiorare presentandosi come la sola, vera realtà: Lei è la mia Padrona. Spalanco ancora le labbra e un nuovo fiotto mi riempie la gola per unirsi all’altro in un gioco di fuochi d’artificio. Un altro fiotto affiora copioso sulle sue labbra, china il viso verso il basso, questa volta sembra sbagliare la mira, ma non è così, la saliva non centra la mia bocca ma le cade sul piede, lei spinge giù la mia testa e incalza “leccala, lecca la saliva della tua Padrona, dimostrami quanto ti umili per me”. La mia lingua scivola sul piede, non è veloce quasi a voler gustare di più quel misto di sapori. Ormai la mia volontà sembra telecomandata dalla sua,………….non ho più il controllo. Mi tira su in piedi per il collare quasi strozzandomi. “Bene!”, dice con una voce mielosa ma carica di derisione, “continuiamo l’opera. Siediti su quella sedia così passiamo al trucco”. Guardo la sedia su cui dovrò sedermi e subito ho un sussulto, inorridisco per quello che vedo. Proprio al centro della sedia, dritto, svettante come una provocazione c’è l’oggetto che fino a pochi minuti prima era ben piantato nel mio buchino. Anzi a guardarlo credo sia solo simile ma ben più grande. Una sorta di cono, con la punta arrotondata e che si allarga sempre più verso la base per poi restringersi di colpo e terminare con una parte piatta che ha lo scopo di restare fuori dallo sfintere e al contempo non farlo uscire una volta piantato. Ora quella base piatta serve a mantenerlo dritto sulla sedia sulla quale dovrei sedermi impalandomi da solo. La guardo terrorizzato, resto bloccato, paralizzato. Intuisce bene le sensazioni che mi tempestano i pensieri, si avvicina e spingendomi per le spalle, con lentezza esasperante, senza staccare lo sguardo dai miei occhi mi costringe a indietreggiare verso la sedia. Non riesco a proferire alcuna parola, sorride crudelmente fissandomi ancora negli occhi, “impalati……da solo…..voglio vederti mentre lo fai…….pensa solo che lo fai per me. Il tuo culo è già abbastanza aperto e unto, ma se vuoi - dice porgendomi un tubo di crema - usa questa”. “Anzi, voglio che la usi, voglio vederti mentre ungi quel dildo e lo prepari per sedertici sopra”. Ho gli occhi gonfi di lacrime, sono dolente, umiliato, imbarazzato, ma non riesco a rifiutarle più nulla. Faccio quello che mi chiede, “ora piano, poggiaci il tuo buchino sopra e comincia a scendere lentamente. Non voglio che usi le mani, muovi il culo come una troietta. Cercalo, desideralo, devi assaporare l’idea della penetrazione. E’ cosi che facciamo noi donne sai? È così che dovrai fare anche tu. Vedrai, non potrai più fare ameno di queste sensazioni. Quando avrai imparato a godere come una femmina capirai che non c’è paragone tra un nostro orgasmo e uno di quei vostri ridicoli spruzzetti di sperma. Sono sospeso a metà strada, con le gambe piegate ad angolo, non riesco a scendere oltre, lo sfintere si stringe, rifiuta quella penetrazione così come la rifiuta il mio istinto maschile. Come una pantera che assapora l’odore della preda si avvicina, prende le mie gambe tra le sue e lentamente si siede sulle mie cosce. Il peso aumenta regolarmente, non riesco a reggerla, sono costretto a sedermi, lei spinge verso il basso le mie spalle. Lo sfintere si allarga, cede, si apre per lasciare scivolare dentro quel mostro. Sento un dolore fortissimo ma ormai non reggo più, sono aperto, di colpo l’ultima parte, la più larga si fa strada e mi sfonda. “AAAHHHHH”, sono impalato, profanato per regalare a lei tutta la mia vergogna di maschio. “Visto? – mi deride alzandosi e carezzandomi ancora una volta la testa – più facile di quello che temevi. Ora resta seduta lì mentre io lavoro. Voglio un capolavoro, sarai il mio quadro vivente”. Il lavoro consiste nel truccarmi e prepararmi come una puttana. Ogni volta che si accinge al “lavoro” lo fa sedendosi sulle mie gambe in modo da mantenere ben saldo dentro di me il dildo conico. Usa rossetto, fondotinta, mascara ombretto e quant’altro possa servire per trasformare il mio viso duro in un ridicolo viso femminile. Mentre si divertiva a truccarmi, guardando i miei capezzoli ha ritenuto fossero troppo piccoli per una troia e quindi andavano ingrossati Ha usato una di quelle grucce appendi pantaloni, quelle con le pinzette che scorrono lungo un assicella centrale. Ha applicato le pinze ai capezzoli e poi le ha fatte scorrere verso l’esterno provocandomi un dolorosissimo allungamento. Ogni tanto, durante il trucco, allontanava di più le pinze tenendo sempre in trazione i capezzoli che già dopo pochi minuti erano gonfi e allungati. Ormai avevo dolore dappertutto, l’ano dilatato, il membro e i testicoli legati e i capezzoli in trazione. Ha tagliato e limato le unghie, coprendole con smalto rosso. Al termine del trucco, con un foulard mi ha coperto i capelli troppo corti e gridando divertita “finito!!!!!”, ha continuato, “ora puttanella, guardati allo specchio e dimmi se non hai sempre desiderato scoparti una donna così”. Mi tira per il collare facendomi alzare. Spero che alzandomi il dildo scivoli fuori dalla mia pancia. Nulla da fare è così ben piantato che dovrà tirarlo per farlo uscire. Mi avvicino allo specchio, cammino goffamente con quell’arnese dentro di me. MI guardo e quello che vedo mi da un senso di smarrimento….quella donna ben truccata, quasi intrigante……..sono io. Certo è un’artista, con i colori ci sa fare. Ricordo di colpo i colori di quel quadro. Dall’azzurro intenso al rosa in una serie di sfumature che avrebbero dovuto fare a cazzotti e, che invece, si sposavano in un modo terribilmente affascinante e decisamente trasgressivo. “Questi capezzoli non sono ancora abbastanza lunghi, ci metteremo un bel peso legato, d’accordo signorina?”. “Si Padrona”. E’ la prima volta che rispondo così a tono e con tanta convinzione. Mi guarda e sorride . “Bene, vedo che fai passi da gigante, sarai pronta presto per essere usata come serva”. “Niente pesi, ho un’idea migliore”. Tremo al pensiero delle sue “idee migliori”. Con un laccio lega il gancio dell’appendiabiti alla cordicella che stringe i testicoli, ma usa un laccio troppo corto così che, quando mi metto diritto, i capezzoli e i testicoli vanno contemporaneamente in trazione. Il dolore mi costringe a restare piegato per allentare la trazione, ma un colpo di frusta sulle natiche mi rimette diritto strappandomi un piccolo urlo. “Diritta troia, stai diritta, non mi piacciono le donne gobbe. Stenditi sul pavimento, qui davanti al divano”. Sono steso sul pavimento, lei seduta sul divano mi poggia i piedi sul viso. Di tanto in tanto le dita di un piede si infilano tra le mie labbra per essere leccate, l’altro piede gioca con le pinze strette sui capezzoli oppure mi schiaccia il bacino sul pavimento per forzare il dildo che dilata quello che una volta era uno stretto buchino. Dopo circa mezz’ora di telefonate decide che è il momento di prendersi di nuovo cura di me. Mentre ero disteso, credo di aver visto la sua mano che, con dolcezza, si intrufolava tra le gambe e mi è sembrato di sentirla ansimare. Prima di alzarsi, con noncuranza poggia quella stessa mano sulle mie labbra e mi obbliga a succhiarle le dita. “Alzati!!!”. Sono in piedi. Mi stacca le pinze dai capezzoli, Le stacca letteralmente tirandole via senza aprirle. Urlo! Il dolore è lancinante, mi curvo in dietro e ovviamente dò uno strappo ai testicoli. Urlo ancora, un ceffone mi colpisce in pieno viso. “Staaa ziiitta! Lo vedi che sei proprio una femminuccia?”. “Ma si, in fondo è così che ti voglio, ti voglio femmina”. I capezzoli si sono ingrossati più del quadruplo e anche il petto mi sembra più grosso. Dio che mi sta accadendo? “Indossa questi ora”. Davanti a me un paio di calze autoreggenti scure, un perizoma e un reggiseno neri con del pizzo lilla ai bordi. Fatico a indossarli, non è facile allacciare un reggiseno, io so slacciarlo ma indossarlo è un’altra cosa. Da un cassetto tira fuori due seni di silicone, sono delle protesi ma perfette, sembrano di carne. “Tieni, per ora riempi le coppe con queste, non sei “ancora” abbastanza gonfio”. Quell’”ancora” mi fa rabbrividire. “Aspetta, prima mettiamo queste sui capezzoli, così quando ti stringo le mammelle sentirai un po’ di piacere”. Si avvicina e scostando le coppe mi applica due mollette e poi sopra fissa le protesi coperte dal reggiseno. L’indumento è stretto per cui schiacciando le pinze mi provoca delle sensibili fitte ai capezzoli. Si sposta dietro di me, mi scosta il filo del perizoma e con mano decisa mi estrae dal culo il cono. Sento lo sfintere dilatato, mi accorgo di non riuscire a stringerlo. Credo che resterà aperto così per un bel po’. “Vieni con me ora”, “dimmi, sei pronta? Ti senti pronta per me?”. “Pronto per cosa Padrona?”. “Pronta, stronza, pronta non pronto” mi sibilla sul viso mentre con una mano mi stringe i coglioni. “Capisci cosa dico o devo ripeterlo ancora?”. “Si Pa- padrona, sono pro-o-nta “ Mi piego in due finchè non molla la presa. “E allora in ginocchio e dimmi che desideri essere la mia puttana, la mia servetta disponibile, obbediente e sottomessa”. “Su, in ginocchio” ripete afferrandomi i capelli e spingendoli verso il basso. Sono in ginocchio davanti a lei, lo so non sono io che parlo, ma la voce esce da sola dalle mie labbra, ormai tutto mi sfugge, nulla dipende più da me. Lei ha il controllo totale, è questa la vera sottomissione psicologica? Credo proprio di si. Dipendo completamente dalla sua volontà, sono in suo potere. “Padrona desidero essere la tua serva, la tua puttana, sarò sempre disponibile, obbediente e sottomessa”. “Quanto disponibile? Voglio che tu mi dica quanto..” “Totalmente disponibile Padrona, per ogni cosa che vorrai”. “Ne sei sicura? Per ogni cosa? Potrebbero esserci cose che non ti piacciono affatto.” “L’importante è che piacciano alla mia Padrona ed è sufficiente che lei me le ordini. Se dovessi rifiutarmi o ribellarmi la mia Padrona saprà come punirmi”. Uno strano lampo negli occhi le illumina il sorriso beffardo. “Vedremo subito allora, seguimi a quattro zampe”. Siamo nel bagno, sono steso nella vasca, lei è seduta sul bordo. “Hai bevuto la mia saliva, ma il mio sputo è nulla al confronto. Ora ti disseti con quello che è dentro di me, quello che produce il corpo della tua Padrona, berrai la mia urina ingoiandola tutta, è da quando sei arrivato che la conservo per te e ora è giunto il momento. Dimostrami che sei degna di servire un vera Padrona. Spalanca la gola e bevi, beviiiii”. Le ultime parole sono seguite da un getto di pioggia dorata che centra in pieno la mia bocca. Ho la gola piena. Sapientemente si ferma, attende che abbia ingurgitato e riprende la cascata. Dosa con esattezza i tempi, non finisco di bere un sorso che già mi ordina di riaprire la bocca per un nuovo zampillo. Non so quanti minuti dura questa tortura, so solo che avrò bevuto almeno due litri di pipì della mia Padrona. Ho la gola e la pancia in subbuglio, un sapore come quello non lo avevo mai provato, ma non avevo mai provato neppure un’umiliazione come quella. Steso in una vasca, truccato e vestito come un transessuale, con la bocca aperta ad accogliere la piscia di una donna che si fa chiamare Padrona. Non riesco a terminare il pensiero che, un rumore sordo ma prolungato mi colpisce il cervello. Guardo verso i suoi glutei e scorgo lo sfintere, oscenamente dilatato, che emette quel rumore. “Penetrami il culo con un dito, forza, è un ordine. Cosa aspetti, ficcalo dentro. Affondo lentamente il medio nel suo buchino, dopo un attimo lo sento avvolto da un incredibile molle calore. La Padrona si solleva dal bordo della vasca facendo scivolare fuori il dito. Si volta, vede lo stupore dipinto sul mio viso, guarda il dito coperto dalla sue feci e con decisione afferra la mano e spinge quel dito nella mia bocca. “Assaggiala, preparati a mangiarne sempre di più. La troverai dolce e piacevole, solo perché è mia”. Quando lascia la mano tirando fuori il dito dalle labbra strette, questo è totalmente pulito ma il viso è contratto per il disgusto. “Passerà, tranquilla, passerà. Esci dalla vasca ora e mettiti a quattro zampe. Esce dal bagno. Ritorna dopo qualche attimo, faccio appena in tempo a vedere quello strano aggeggio legato alla sua vita che una mascherina mi copre gli occhi. Oddio, aveva un membro davanti alla fica, sono sicuro che ora vorrà possedermi. Riuscirò a reggere quest’altra umiliazione? Intanto passano i minuti senza che accada nulla. Inculato da una donna. Vestito da troia e sodomizzato da una donna che volevo scoparmi. Cosa si può chiedere di più dalla vita. Oltretutto sento ancora l’odore della sua cacca nel naso, mi ha costretto a bere la sua pipì e leccare le sue feci. Ha avuto tutto ciò che voleva. Ma che strega è mai Eleonora? La sento, ora è dietro di me, mi sposta il perizoma, sento una punta dura poggiarsi contro il mio buco. Avverto il suo respiro, ansima mentre spinge con i fianchi quel cazzo dentro di me. Mi afferra i fianchi con le mani mentre scivola un po’ più dentro. Ecco ora entra e esce, si è preparata la strada con quei coni che mi ha costretto a tenere dentro per tutto il tempo e adesso inizia a scoparmi. Peccato quel sapore di merda che ancora mi turba. Molla i fianchi e afferra il seno che è nascosto nel mio reggiseno. Come lo stringe avverto il morso delle pinzette che avevo quasi dimenticato. “Si troia, ora sei mia, sei davvero mia. Lo capisci? Sei la mia figa ed io ti scopo. Volevo che ti sentissi femmina per me, ma non osavo sperare. Siiiiiiii, come ti senti scopata da una donna? Voglio sentire i tuoi pensieri, voglio che tu me ne faccia omaggio.” I suoi colpi diventano sempre più violenti, mi sento squassato, aperto come una vergine appena deflorata. Le sue mani frugano il mio corpo. Mi stringono le finte tette, il capezzoli, le palle strette dal legaccio. Ci gioca stringendole tra le dita smorzando così ogni forma di erezione. “Voglio che godi con il cervello e con il culo, non voglio che tu abbia erezioni” mi sussurra nell’orecchio mentre mi stringe il glande tra le dita. I colpi nel culo si susseguono senza sosta. Sono sconvolto, ma una violenta eccitazione si è impadronita del mio corpo. Sarà la situazione estremamente trasgressiva o forse l’emozione di essere, per la prima volta nella mia vita, totalmente in potere di un'altra persona. Il mio ventre comincia a pulsare, i muscoli dell’inguine reagiscono a quei colpi femminili che arrivano fin dentro la pancia. Le contrazioni aumentano, allargo le cosce come se avessi davvero la vagina, mi sento bagnato, il mio buco secerne umori come una femmina vicina all’orgasmo. Mi accorgo che questi pensieri mi escono dalla bocca, le sto raccontando esattamente ciò che provo. Ne gode terribilmente, mi graffia la schiena, il ventre e il collo. “Si, continua puttana, continua a dirmi come godi”. Si è vero, godo, godo col cervello, un orgasmo intenso e prolungato che parte dall’inguine e arriva alla corteccia cerebrale. Mi accorgo che il mio bacino si muove da solo per cercare la penetrazione. Il culo va avanti e indietro per facilitare i suoi movimenti. “Muovi il culo serva, muovilo per la tua padrona. Continua a farlo vibrare”. Si è vero, lo sento, vibra, vibra come una vulva quando la scopo col mio cazzo. Lo sento contrarsi per trattenere il suo membro e mentre si contrae urlo, urlo per il piacere, urlo perché sto avendo un orgasmo, urlo perché non eiaculo ma vibro, vibro come …………una…………….femmina. L’orgasmo è interminabile, è talmente forte che crollo sul pavimento, le braccia cedono di colpo e il mio viso sbatte sul pavimento…..no, non è il pavimento, è qualcosa di molle. Sono con la faccia in una bacinella, ma non capisco cosa ci sia dentro, sento solo un terribile odore. Spinge ancora una volta il pene dentro di me e allungandosi mi toglie la mascherina. “Volevo che ne mangiassi mentre godevi come una cagna, così la cacca della Padrona ti ricorderà sempre il tuo orgasmo più bello” Lo dice mentre con la mano mi schiaccia il naso e la bocca in quel bacile nel quale, senza che me ne accorgessi, aveva depositato il suo regalo per me. Ecco perché continuavo a sentirne l’odore, lo avevo tenuto sotto il naso per tutto il tempo. “Ingoiane un po’, lavati la faccia e poi raggiungimi nel salotto”. “Sei la mia schiava da ora in poi, oppure il mio schiavo, a seconda di cosa avrò voglia al momento. Ne sei consapevole?”, “si Padrona, sarò la tua schiava o il tuo schiavo, come più ti piacerà” “Allora dobbiamo apporre il marchio, giusto?” “giusto Padrona”. Sono disteso sul pavimento, nudo, mentre dalla candela accesa che regge con la mano destra, cadono le prime gocce di cera bollente. Le prime sui capezzoli, fino a coprirli interamente. Ogni goccia che colpisce una parte scoperta di pelle mi fa sobbalzare. La fitta è intensa ma per fortuna, breve. Le sue mutandine mi vengono messe fra i denti. “Ora stringile e non gridare”. Una goccia rovente cade sul pube. “UHMMM-MM”. “Non è nulla dai, stringi i denti ancora un po’”. Ancora un’altra, questa centra in pieno i testicoli, seguita da altre gocce che coprono quasi completamente lo scroto. Il suo piede spalma la cera come un marchio, schiacciando i coglioni contro le gambe. La fitta è lancinante, i denti strappano quasi gli slip che stringono, mi piego in due sul pavimento. “Sì, Si, ora mi appartieni” e il suo piede, stanco e sudato, è già tra le mie labbra a reclamare il giusto tributo.
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