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Un duplice viaggio tra anima e corpo


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Non c’è nulla di prevedibile in te, perfino quando ti passi le dita sulla bocca, con il dorso della mano rivolto verso le labbra secche, riesci a stupirmi. Sei come una piccola perlina di vetro, che quando credi di aver bene stretto tra le dita per infilarci l’ago, fugge e si nasconde chissà dove.
Non ci sei, non ci sei mai stato, ti ho trattenuto solo per pochi attimi e poi ti ho visto scomparire.
Eppure nemmeno in questo sei prevedibile, perché ogni tanto ti scorgo nei miei pensieri e nelle mie espansioni di coscienza, con le dita a strusciare ancora quelle labbra sode.

Bastardo.

O forse sei sempre lo stesso animale solitario che non sa equilibrare istinto e raziocinio, che non sa accettare la forza di un fisico rozzo opposto ad una mente sottile ed astuta.

Ti amo.

Ti ho sempre amato da quando ho ricordo. Ti amavo anche prima di nascere, di esistere, di comprendere. Ti amo di più adesso che ti ho perduto, adesso che ti vivo solo in una dimensione sottile.

So che sai.

Che ti vedo con gli occhi dell’anima, appeso ad una vita che non senti tua, che ti percepisco irritato di fronte ad un gioco che non riesci a condurre. Stringi la mascella in un urlo rabbioso, i pugni nella tua virilità ancora inespressa, le palpebre in un sorriso sghembo che tiene a bada l’immaginazione.

Non ci riuscirai a fermarmi. No, non con me.

Sei passato sopra a tutte, sopra i corpi di troppe donne, frantumandogli l’anima. Ma io non sono prevedibile, sono riuscita a sottrarmi al tuo cazzo vigoroso, prima che si ancorasse, spudorato, alla mia anima.
Ed ora sono qui, in questa dimensione superiore, a godere ancora di te, ma in altro modo; ho raggiunto nuove vette, nuovi livelli di consapevolezza, da quando ti ho conosciuto, spingendomi verso limiti estremi.
E nelle mie notti solitarie, prima di cadere in quei tunnel di luce che mi portano verso di te, sosto una volta ancora sulle tue labbra secche e tra le grinze di una mente vacillante.
Poi spalanco le gambe come piace a te.

Troia.

Mi diresti, accentuando il tono su ogni vocale e spingendo l’energia del tuo maschilismo represso verso l’esterno, a sfiorarmi l’inguine e poi restando fermo ad osservare come riesca a godere anche della tua immobilità silenziosa. Ci sei, ci sei sempre stato e continui ad esserci anche oggi che il mio corpo sottile esce da me per entrare in un maschio godendo di una donna o di altro maschio.
Come ci riesca io non lo so. E’ colpa tua, sei tu la causa del mio duplice viaggio tra anima e corpo.

Immagino di avere un cazzo tra le gambe.

Un cazzo simile al tuo, circonciso, massiccio e colmo di potenza vitale. Una cappella liscia, gonfia, decisa, che sa ritrarsi, controllarsi ed affondare ancora senza prevedibilità.
Ora sono un maschio che sente il bisogno di godere piantandosi nella carne.
Carne qualunque.

E mentre le mie dita ruotano impazzite sul clitoride, esco ancora da me ad osservare un altro maschio, piegato e proteso verso la mia erezione rabbiosa. Immagino un uomo alto, massiccio, inarcato ad attendere il dolore della sodomia, dolore fisico e piacere mentale. Gli osservo l’ano circondato dalla peluria, non liscio come il mio e mi eccito violentemente. Rientro in me e sento che l’orgasmo è vicino, ma non voglio, non voglio, io voglio te, ancora te.
Sfondo, senza tante cure, quella barriera che mai prima d’ora avevo affrontato e mi muovo dentro un uomo. Esco di nuovo e ritorno in me. Grondo di godimento, ogni muscolo del corpo è teso ed il collo reclinato all’indietro fa intuire che sto per esplodere.

Lo sodomizzo, sono un uomo che sodomizza un altro uomo, mentre masturba il suo enorme pene eretto.

Solo l’idea mi fa impazzire. Voglio spingermi sempre più a fondo, voglio fargli male.
Mi stacco e gli ordino di succhiarmelo, spingendogli il cazzo in gola in un attimo.
Torno in me e mi immagino in ginocchio di fronte a te ai tuoi occhi spietati. Poi ancora provo le sensazioni di una bocca adorante intorno al mio cazzo turgido, sento la pelle tesa della gola e l’energia che sale dal centro per esplodere.

Godo.

Godo da donna e da uomo allo stesso tempo, mentre sento lo sperma uscire a fiotti dallo scroto che si contrae e dal mio utero che ha appena goduto di te.
Godo di te senza che tu ci sia.
Godo da uomo pur restando donna.

In completa solitudine, questo duplice viaggio tra Anima e Corpo.


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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Vulcanica Napoletana Invia un messaggio
Postato in data: 12/04/2012 11:14:55
Giudizio personale:
...concordo con chi mi ha preceduta..
aggiungo solo una tenera carezza.

Autore: Rotterdam19 Invia un messaggio
Postato in data: 11/04/2012 16:50:05
Giudizio personale:
Le cose che accadono dentro..mirabolante!


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