i racconti erotici di desiderya

Puniscimi ti prego


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Marina entrò nella mia stanza visibilmente arrossata in viso.

- Ho bisogno del tuo aiuto! – mi disse con il fiato corto

Era visibilmente eccitata, le labbra gonfie ed i capezzoli che spingevano il tessuto della maglietta di cotone erano segni inequivocabili.

- Che genere d’aiuto? – domandai a mia sorella.

- Mi devi accompagnare in centro, questa sera. Devi farmi da scorta… diciamo così.

- Scorta?

- Sì, voglio incontrare quell’uomo conosciuto qualche giorno fa in chat…

- Ma… avevamo deciso di non vedere mai gli “amici” conosciuti in questo modo… lo sai!

- Sì, sì. Hai ragione, ma questo lo devo proprio incontrare… ti prego… aiutami! – mi supplicò facendo gli occhi dolci.

Non avevo mai potuto negare nulla alla mia sorellina.

Marina, più giovane di me di tre anni, era una ragazza dolcissima e qualcosa di più che una semplice sorella. Era un’amica preziosa, il mio specchio femminile, l’unico rifugio sicuro dove rintanarmi ogni volta che soffrivo per qualche motivo ed io ero la stessa cosa per lei, il nostro legame era davvero forte e non perdeva intensità con il passare del tempo, anzi si rafforzava sempre più.

Benché fortemente contrario a questo suo incontro non potevo negarle la mia assistenza, se lei aveva deciso d’incontrare quell’uomo nulla l’avrebbe fermata. Nonostante i suoi ventuno anni era una donna in tutti i sensi.

Fu così che mi ritrovai a guidare verso il centro città con Marina seduta al mio fianco. Cercando di non farmi notare l’osservavo; studiavo i dettagli dell’abbigliamento, le espressioni del viso, tentavo di cogliere nelle sue parole i pensieri inespressi che, senza dubbio, le impregnavano la mente. Senza dubbio era in uno stato di latente eccitazione sessuale, la sua voce era più morbida e calda del normale. Aveva indossato un vestito leggero che, benché scendesse sino alle ginocchia, lasciava completamente scoperte le spalle, ciò poteva essere giustificato dalla stagione calda o dalla comodità dell’abbottonatura anteriore. Sarebbe stato sufficiente slacciare una decina di bottoni per aprire completamente l’indumento e sotto, sapevo, non indossava altro che un minuscolo slip. Pensai alla stranezza della sua decisione, solitamente non rinunciava a mettere in mostra le lunghe gambe ed il sedere fasciandolo in strette gonne corte. Di certo la sua era stata una scelta dettata dalla speranza, o dalla certezza, di un epilogo erotico del prossimo incontro. Se non aveva indossato qualcosa di più sexy, di più seducente, era perché si sentiva sicura d’aver già sedotto l’uomo che avrebbe incontrato di lì a poco. Mi ritrovai ad immaginare il corpo di mia sorella a mala pena coperto da quel vestito aperto ed appeso solo per le sottili spalline, il gioco delle luci sulla pelle del seno, del ventre e del pube che lei depilava accuratamente sino a lasciare un piccolo ciuffetto in cima. Era un’immagine altamente erotica che scacciai immediatamente. Non era la prima volta che pensavo a lei in questi termini, da sempre l’avevo trovata molto attraente e sensualmente accattivante. Il nostro rapporto era privo d’inibizioni, spesso c’incrociavamo nudi o seminudi in casa, ancor più spesso parlavamo di sesso, di sogni, di speranze, d’amore, di delusioni, di rabbia, di disillusioni. Alla fine di ogni storia d’amore rimanevamo solo noi e sempre noi a farci compagnia e consolarci. I sogni erotici su di lei, con lei come protagonista, erano sempre più frequenti. Tentavo di scacciarli, di considerare unicamente i lati negativi di un rapporto incestuoso, di convincermi che non era bene sognare di fare sesso con la propria sorella, ma lei tornava sempre nei miei sogni notturni o ad occhi aperti per eccitarmi come nessun’altra ragazza non aveva mai fatto. Non n’avevo mai parlato, forse questo era l’unico segreto che le avessi mai nascosto, ma la sua divulgazione, temevo, avrebbe compromesso il nostro rapporto. Ero sicuro che lei non l’avrebbe presa bene, che si sarebbe sentita in parte responsabile e si sarebbe allontanata da me. Non potevo permetterlo, avevamo troppo bisogno l’uno dell’altra.

I nostri occhi s’incrociarono per un attimo, verde contro verde.

- So che non approvi… ma devo vederlo. – esordì Marina.

- Sarò sempre nei paraggi… caso mai ci fosse bisogno… - la rassicurai

- Lo so! È bello avere un fratellone grande e grosso che può difenderti, ma…
- Ma?

- Ma non credo n’avrò bisogno. – mi rassicurò lei

- Perché lo vuoi vedere. Non avevi mai desiderato incontrare i “tipi” conosciuti in chat?

- Questo mi ha rivoltato l’utero solo con le parole… non oso pensare cosa potrebbero farmi le sue mani!

Le parole di Marina erano state espresse con una voce ed un’espressione talmente innocente da far risaltare ancora di più il loro significato per il netto contrasto. Approfittai di un semaforo sul rosso per fissarla ancora negli occhi, il suo sguardo era sconvolgente per la lucidità di pensiero che esprimeva.

- Sconvolto? – domandò lei

- Beh! Quando usi termini così espliciti…

- Non è la prima volta che parliamo di sesso.

Sai da quanto tempo è che non sto con un ragazzo?

- Da circa sei mesi, ma hai solo ventuno anni… ha ancora tutto il tempo che vuoi per colmare le lacune libidinose.

- Lo devo vedere. – disse lei seguendo la linea di pensiero che aveva in mente senza badare alle mie parole. – Devo scoprire se esiste veramente un uomo in grado di farmi provare quello che sogno, quello che so esistere ma non ne ho le prove.

- E sarebbe?

- La passione. La pura passione erotica, il desiderio, l’eccitazione senza limiti, il brivido di una carezza che vale quanto il bacio di un inetto, il piacere del sesso fatto con uno che sa cosa vuoi, quando lo vuoi e dove lo vuoi… - rispose lei tutto d’un fiato.

- E pensi d’averlo trovato in quest’uomo?

- Lo spero! Sto andando a scoprirlo. – ammise lei.

Marina stava diventando sempre più inquieta, si rigirava sul sedile cercando una sistemazione impossibile da trovare. Io restavo in silenzio cercando di comprendere il reale significato delle sue parole, mi domandavo cosa stesse cercando veramente mia sorella quando lei disse:

- In ogni caso tu stammi vicino, non ti far notare, ma non mi mollare un solo istante. Qualunque cosa vedrai accadere non intervenire... se non sarò io a chiamarti con un gesto o con il tuo nome.

- Che intenzioni hai? – le domandi inutilmente.

- Solo una: quella di non pormi alcun limite. – rispose lei.

Arrivammo sul luogo dell’appuntamento con qualche minuto d’anticipo, la feci scendere dalla macchina davanti all’ingresso di uno dei tanti ritrovi all’aperto lungo il fiume aperti solo in estate, quindi andai a posteggiare con comodo. La nostra manovra era stata studiata per non insospettire l’uomo che doveva incontrare, nel caso ci avesse visti arrivare. Lui sapeva della mia esistenza, Marina gli aveva parlato spesso di suo fratello nelle lunghe sezioni di chat, quindi era del tutto plausibile che l’avessi accompagnata per poi andarmene per i fatti miei.

Posteggiata l’auto entrai pure io nel parco dove sotto vari tendoni erano sorte pizzerie, bar, birrerie, cinema all’aperto, zone verdi trasformate in piste da ballo. Una variegata moltitudine di gente bighellonava tra un bancone e l’altro bevendo una birra o consumando un panino. Era il luogo ideale per passare inosservati e non mancavano nemmeno gli angoli appartati, sarebbe bastato seguire la sponda del fiume per ritrovarsi in breve tempo completamente isolati nella penombra dei lontani lampioni stradali.

Marina era seduta ad un tavolino di un bar “verde” dove erano serviti unicamente analcolici d’origine vegetale di coltivazione biologica, in breve quei frullati tanto di moda quanto di dubbia composizione. Era ancora sola, lanciò un’occhiata nella mia direzione con il chiaro messaggio di non avvicinarmi troppo. La vedevo controllare nervosamente l’ora, ripeteva il gesto più volte ogni minuto: il suo nuovo amico era in ritardo. Riuscivo ad immaginare cosa le passasse per la testa, pur non potendo cogliere il suo sguardo ero sicuro che iniziasse a ritenersi vittima di un appuntamento a vuoto. Forse il suo amico aveva rinunciato all’incontro, forse non era rimasto coinvolto quanto lei dai discorsi letti sul freddo monitor del computer.

Notai dai gesti di Marina, da come controllava il contenuto della borsetta, quanto iniziasse ad innervosirsi. Nel momento in cui la vidi terminare d’un fiato il contenuto del bicchiere ero sicuro che avrebbe abbandonato il tavolo per venire a sfogarsi con me, ma proprio in quell’istante mi passo a fianco un uomo che camminava veloce e trafelato. Lui raggiunse i tavoli poi cercò con lo sguardo un viso che ricordasse quello visto in foto, notò subito Marina essendo l’unica ragazza sola e palesemente in attesa, quindi s’avvicinò a lei. Si presentarono e lui la baciò sulla guancia, lei era ancora tesa ma dopo pochi istanti la vidi rilassarsi, evidentemente l’uomo era riuscito a giustificare il suo ritardo.

Mi soffermai su di lui, all’apparenza non aveva nulla di speciale, pur trovandomi distante da loro potevo cogliere alcuni tratti somatici. Non aveva l’aria del maniaco sessuale, muoveva le mani con calma e sicurezza, non aveva strane espressioni; dal colore dei capelli e dalle poche rughe che riuscivo a cogliere giudicai avesse realmente passato i quaranta come aveva dichiarato più volte in chat. Non aveva neppure mentito sul suo aspetto fisico, in forma ma con qualche chilo di troppo, e questo deponeva a suo favore. Lentamente mi stavo rilassando, i timori dell’incontro di Marina con uno sconosciuto andavano gradualmente scemando. Oltre al resto avevano ordinato da bere e parevano intenzionati a consumare il loro incontro in quel modo innocente.

Pensavo ai progetti di Marina, alla sua scelta del vestito idoneo ad un breve ed intenso incontro erotico, e mi sentivo dispiaciuto per lei, non avevo considerato i tempi di mia sorella. Lei voleva godersi sino in fondo quell’incontro, intendeva far crescere lentamente il desiderio, trasformarlo in eccitazione per poi farlo esplodere in godimento quando si sarebbe ritenuta pronta.

Di lì a poco, infatti, li vidi alzarsi e passeggiare insieme senza meta apparente. Li seguii con tutta la prudenza del caso, se avessi in qualche modo rovinato i piani di Marina sarebbero occorsi mesi prima che mi perdonasse.

I due raggiunsero il limite dell’area illuminata dai fari, si fermarono per scambiarsi qualche parola, quindi proseguirono. Io cercai un’altra via, non volevo correre il rischio d’essere scambiato per un “guardone”, simulai un incontenibile necessità idrica e m’avvicinai ad un cespuglio slacciandomi i jeans con l’aria di chi non riesce più a trattenere la vescica, quindi scivolai nel buio.

Camminavo prestando molta attenzione a non far rumore, anni di caccia fotografica stavano dimostrando il loro frutto nel modo più inaspettato. Conoscevo i sentieri della zona e sapevo dove dirigermi, l’unico rischio era di disturbare una coppietta appartata e passare i miei guai. Fortunatamente la zona era ancora deserta, notai mia sorella ed il suo amico camminare abbracciati lungo il sentiero, ora che i miei occhi s’erano completamente adattati alla penombra riuscivo a vederli benissimo. Mi avvicinai a loro restando tra gli alberi e mi bloccai quando vidi mia sorella votarsi verso di lui per buttargli le braccia al collo prima di baciarlo appassionatamente.

Marina era decisa ad andare sino in fondo, evidentemente.

Lui rispose al bacio accarezzandola lungo la schiena, lentamente le mani scendevano sempre di più verso i glutei di Marina sin quando afferrarono le natiche e la sollevarono da terra. Mi parve di sentire il lungo sospiro di mia sorella, ma ero ancora troppo distante. Approfittai della loro distrazione per avvicinarmi ulteriormente.

Marina era stata chiara: non dovevo intervenire se non espressamente richiesto da lei. Solo se e quando si sarebbe sentita in pericolo mi avrebbe chiamato. Non restava che accucciarmi nell’ombra ed osservare le loro mosse.

Dopo un lungo bacio Marina si era voltata per appoggiarsi a lui, quel gesto aveva richiamato le mani dell’uomo sul petto e sul bacino di mia sorella che, con la testa volta al cielo, si godeva quelle carezze. La vedevo premere ritmicamente le natiche contro i genitali dell’uomo, ruotarle per strofinarle su quello che immaginavo essere un membro eccitato e durissimo. Lentamente lui le stava slacciando i bottoni del vestito, uno dopo l’altro si aprivano mostrando sempre più ampie porzioni della pelle di mia sorella, il seno fu il primo ad essere liberato e le mani erano palesemente indecise se palparne la consistenza o continuare a spogliarla. Ora potevo sentire chiaramente i sospiri di Marina, i lunghi e delicati gemiti che incitavano l’uomo a toccarla in modo sempre più lascivo. Mi colpiva la sua apparente passività, era appoggiata a lui e lasciava che quelle mani frugassero ovunque sul suo corpo, non faceva nulla per fermarle o per dirigerle la dove preferiva. Marina si dava completamente all’uomo, senza chiedere ma senza porre limiti. Era sua, completamente sua, in quel momento ed era terribilmente eccitante.

L’uomo spinse lentamente mia sorella verso il tronco di un albero appena fuori dal sentiero, oramai il vestito era completamente aperto e la sua pelle chiara risaltava nel buio donandole un aspetto quasi etereo, fiabesco, in forte contrasto con l’erotismo della scena cui stavo assistendo. Lei si lasciò schiacciare contro il tronco, riuscivo ad immaginare la pressione della rugosa corteccia sulla sua morbida pelle, doveva farle male ma non si lamentava, anzi pareva apprezzare la situazione. La mani del suo amico le avevano sollevato il vestito ed ora stavano violando il precario limite imposto dagli slip. Non riuscivo a cogliere nettamente i particolari ma da come Marina stava aprendo le gambe e dai suoi sempre più rumorosi sospiri potevo immaginare almeno un dito di quelle mani dentro di lei. L’uomo muoveva il braccio in modo eloquente ed Marina gemeva; la vedevo spingere con forza le mani sul tronco sino ad allontanarsi per riuscire a piegarsi in avanti. L’uomo allontanò le mani dall’intimità di mia sorella, quindi tentò di sfilarle gli slip; non fu un impresa facile, Marina non collaborava, era troppo eccitata per riuscire a comprendere che doveva richiudere le gambe per consentirgli di spogliarla completamente. Finalmente lui riuscì nell’impresa, accarezzò ancora la schiena e le natiche di mia sorella poi lo vidi armeggiare con la patta dei calzoni, allora compresi che Marina diceva sul serio quando aveva deciso di non porsi limiti. Stava per avere un rapporto completo con uno sconosciuto.

Mi scoprii ad osservare sempre più eccitato quella scena, quando lui spinse con decisione il membro dentro mia sorella lei urlò di piacere e quel suono mi prese sin dentro l’anima. La guardavo sobbalzare sotto le spinte sempre più intense dell’uomo, fissavo quasi incredulo la sua testa muoversi senza logica, reclinarsi all’indietro per gemere per poi tornare giù in modo da spingere lo sguardo verso il loro punto d’unione. Ero eccitatissimo, il mio membro premeva dolorosamente contro il duro tessuto dei jeans, ero fortemente tentato di prenderlo in mano e procurarmi quel piacere che vedevo nascere davanti a me, ma non potevo distrarmi, mia sorella poteva avere ancora bisogno di me, quindi mi limitai ad osservarla. Quell’eccitazione che provavo era troppo intensa per essere generata unicamente dalla scena cui stavo assistendo, c’era qualcosa di più: una componente più intima, il perverso piacere di vedere mia sorella godere. Come presi coscienza di questo subito mi raffreddai, ancora una volta la consapevolezza di trovare eccitante mia sorella mi sconvolse, o meglio scompigliò tutto ciò che mi era stato insegnato a proposito dei rapporti tra fratelli.

Abbandonati i miei sensi di colpa tornai a scrutare i due. Marina godeva e doveva essere prossima all’orgasmo, si poteva desumere da come si muoveva, dalla quanto tentasse d’aprire le gambe e dall’evidente fatica nel mantenersi in piedi. Aveva il viso premuto contro il tronco, voltato nella mia direzione quasi sapesse dove mi trovavo, vedevo le labbra dischiuse in un perenne sospiro e maledivo il suo vestito che copriva buona parte del corpo lasciando scoperto solo il sedere.

Marina raggiunse l’orgasmo nel preciso istante in cui me lo aspettavo, la stavo fissando e compresi l’imminente esplosione di piacere. Lei spalancò la bocca ed inspirò a fondo, trattenne per un attimo il respiro, poi lasciò uscire tutta l’aria dai polmoni prima di pregarlo d’incitare l’uomo a muoversi sempre più veloce. Lui l’accontentò, prese a sbatterla sempre più velocemente trattenendola con forza per i fianchi. Era una scena sconvolgente vedere mia sorella presa in quel modo, non riuscivo più a trattenere la mia erezione. Mi slacciai la cintura deciso a venire con lei quando vidi l’uomo arrestarsi e spingersi completamente contro le natiche di Marina che immobile percepiva il seme invaderle il ventre.

Tutto era finito, allora rinunciai al mio piacere. Attesi che i due si ricomponessero e prendessero la via del ritorno quindi anche io tornai nella calca. Ben presto individuai mia sorella ed il suo amico, camminavano affiancati scambiandosi rare parole, nulla nel loro aspetto, nell’espressione del volto, lasciava intendere cosa fosse appena accaduto. Non conoscendo i loro programmi stavo per accostarmi ad uno dei tanti luoghi di ristoro con l’intenzione di regalarmi una birra ghiacciata, ne avevo davvero bisogno, quando li vidi avvicinarsi all’uscita. Mi misi quasi a correre per superarli e raggiungere la mia auto in tempo per raccogliere la mia sorellina. Tutto andò per il meglio, avevo appena avviato il motore quando vidi Marina dirigersi verso di me, le andai incontro e la feci salire.

Ora che avevo Marina tutta per me mi concessi tutto il tempo per osservarla con attenzione. Il vestito era stato abbottonato alla rinfusa e le asole non combaciavano; strano, pensai, Marina era sempre molto attenta ai particolari. Alcuni piccoli pezzi di corteccia e rari fili d’erba facevano capolino dai sui lunghi capelli, altro segno di quanto fosse sconvolta. Ciò che non avevo mai visto, però, era l’espressione del suo viso. Marina non parlava, allora mi avviai verso casa.

Volgevo spesso lo sguardo nella sua direzione senza ottenere alcuna risposta da lei sin che, all’improvviso, disse:

- È stata una cosa magnifica!

- Ci credo… - confermai

- Pensavo che mi scoppiasse il cervello tanto godevo… - confessò

- Ho visto che ti piaceva.

- Ero così eccitata da non pensare ad altro che godere, volevo solo sentirlo dentro e farmi scopare…

Tacqui per lasciarla parlare liberamente.

- Mi piacevano le sue mani su di me, mi sono data completamente… quando mi è entrato nel ventre pensavo di venire in quell’istante.

L’osservai, aveva gli occhi lucidi fissi all’infinito, oltre il parabrezza verso un punto non identificabile.

- Lo sentivo entrare ed uscire, entrare ed uscire… sempre più forte, sempre più a fondo e godevo… Speravo non finisse mai, poi sono venuta. Il cervello non controllava più il mio corpo, ho seguito l’istinto e… non so cosa ho fatto… godevo e basta.

Poi l’ho sentito premere contro di me, entrare tutto dentro ed irrigidirsi… quindi il calore del suo seme nel ventre mi ha generato un nuovo orgasmo… credo… stavo ancora godendo del primo.

- Eri molto eccitante… ho visto tutto! – dissi io non riuscendo più a mantenere il silenzio.

- Davvero? – domandò lei con riconquistata razionalità – Davvero mi hai trovata eccitante?

- Sì… né porto ancora gli effetti! – dissi ridendo per smorzare la situazione potenzialmente pericolosa.


Marina tacque a lungo. Pensai che dopo lo sfogo verbale intendesse godersi il languore residuo, non ero per niente preparato a ciò che stava per confessarmi.


- Lo sai che la consapevolezza della tua presenza, anche se non ti vedevo, mi ha eccitata più delle sue mani?

- Cosa intendi? – domandi per subito pentirmene.

- Pensavo a te!

Ti immaginavo lì vicino, mi pareva quasi di “sentire” i tuoi occhi. Ero eccitata dall’idea che tu mi stavi guardando mentre mi facevo scopare da lui…

Mi sentivo al sicuro… c’eri tu pronto a difendermi… mi sono lasciata completamente andare… non era mai successo con nessuno.

E tu perché ti sei eccitato?

Voglio dire… ti eccitava vedere una ragazza fare sesso… una qualsiasi ragazza… o ero io ad eccitarti?

Non volevo rispondere a quest’ultima domanda, rimasi in silenzio a lungo mentre meditavo sul fatto che tra di noi non c’erano mai stati segreti d’alcun tipo, poi confessai accorgendomi d’aver taciuto troppo a lungo.

- Eri tu ad eccitarmi! – dissi sinteticamente.

Marina tacque soddisfatta. Riuscii a cogliere un sorriso prima che si richiudesse nei suoi pensieri.

Giunti a casa, eravamo completamente soli per il fine settimana, lei andò subito in camera sua senza dire una parola. Poco dopo sentii l’acqua scorrere nella doccia.

Ero troppo carico, eccessivamente eccitato dalla serata, il suono della doccia mi costringeva a pensare al corpo di Marina bagnato, alle sue mani che insaponavano la pelle lucente, lavavano il seno, il sedere tondo ed il pube indugiando a lungo tra le labbra. Tornai a dover sopportare una dolorosa erezione, ero ormai deciso a lenire quel piacevole dolore chiudendomi nell’altro bagno quando lei uscì e mi raggiunse nella mia camera. Indossava il suo accappatoio bianco tenendolo chiuso con le mani, la cintura svolazzava dietro di lei, non si era lavata i capelli che aveva raccolto con un cerchietto. Mi si fece incontro con un espressione indecifrabile. Non capivo se stesse soffrendo o se l’eccitazione sessuale fosse ancora padrona di lei. Si pose innanzi a me poi disse:

- Puniscimi!

La fissai a lungo convinto di non aver inteso bene le sue parole.

- Puniscimi, ti prego! – disse ancora mia sorella.

- Cosa ti passa per la testolina? – domandi leggermente adirato pensando che si stesse prendendo gioco di me.

- Ho fatto una cosa ignobile, questa sera. Mi son data ad uno sconosciuto… non gli ho negato nulla di me, l’ho lasciato violare il mio corpo…

- Era troppo calda l’acqua della doccia? – domandai

- È stato bellissimo, ho goduto come mai mi è capitato, ho fatto cose e sussurrato parole che non pensavo possibili… Ma mi sono data senza pensare, senza ragione… solo per il piacere.

Ho umiliato il mio corpo per una scopata che non mi ha lasciato altro che un labile languore.

Puniscimi!

- Marina… ciò che è fatto è fatto, non prenderla così… insomma .. ti è piaciuto no?

- Non ho ascoltato i tuoi consigli. – continuò lei senza badare alle mie parole, seguiva unicamente i suoi pensieri, come sempre. – Tu mi avevi detto di non incontrarlo, ma io avevo troppo bisogno di godere… ora devi punirmi per non averti obbedito.

- Marina! – urlai scotendola per le spalle – Ora basta, falla finita!

Lo scossone non risvegliò mi sorella dallo stato in cui si trovava, generò piuttosto un lungo gemito simile a quelli che avevo sentito al parco. Marina lasciò cadere le mani che trattenevano l’accappatoio e questo si aprì mostrando il suo corpo nudo. Tornai a sedermi sul bordo del letto sconvolto da quella visione e lei n’approfitto per avvicinarsi e passare una mano dietro la mia nuca per avvicinarmi al suo bacino. Non potei fare a meno d’appoggiare il viso alla sua pelle, era morbida, calda e riuscivo a cogliere il suono del respiro sempre più veloce. La situazione era imbarazzante sia per la mia erezione sempre più prepotente che per la nudità di mia sorella.

- D’ora in poi ascolterò sempre i tuoi consigli… ma ora devi punirmi! – disse lei sottovoce

Feci l’errore di prenderla per i fianchi con l’intenzione d’allontanarla, le mani, però, finirono sotto l’accappatoio e cinsi la sua pelle con troppa forza. Marina gemette ancora, più forte questa volta. Allontanandola mi ritrovai il suo pube innanzi agli occhi, fui rapito dal profumo e persi ogni controllo. Con i sensi obnubilati dalla passione avvicinai il viso al pube e ne baciai dolcemente la poca peluria. Mia sorella spinse in avanti il bacino aprendo leggermente le gambe, mi offrì spudoratamente le sua femminilità ed io la colsi. Spinsi la lingua tra le labbra, cercai il clitoride e assaggia per la prima volta il sapore di mia sorella. Mentre la leccavo la sentivo fremere, respirare affMarinata, quando mi accorsi che stentava a mantenersi in piedi feci scivolare le mani sui glutei e la costrinsi a sedersi sulle mie ginocchia. Marina si sistemò su di me e mi abbracciò, restai accoccolato sul suo seno, tentai di mordicchiare i capezzoli poi, in un attimo di razionalità, sollevai il viso per guardarla negli occhi.



- Non possiamo… è sbagliato! – le dissi.

- Non è più sbagliato di quello che ho fatto questa sera. – disse lei

- Sei mia sorella! – protestai

- E tu sei mio fratello… ora puniscimi per ciò che ho fatto!

Marina si sollevò da me, si mise in piedi e lasciò cadere l’accappatoio in terra. Mi fissò a lungo forse per studiare la mia espressione o forse per trovare il coraggio d’andare sino in fondo, poi salì carponi sul letto ed attese.

Mi spogliai con gli occhi fissi sul sedere di Marina, sulla sua schiena, sulla vulva semi aperta. Sapevo d’aver perso la ragione ma non potevo più fermarmi. Mi posizionai dietro di lei ed appoggiai il membro alle natiche, quindi lo guidai verso la vulva e lo spinsi tra le labbra. Marina ebbe un singulto, stava per sollevare il sedere in modo da facilitarmi poi ci ripensò.

- No! Devi punirmi!

Disse ad alta voce mentre apriva di più le gambe e posizionava il sedere dinanzi al membro. Non riuscivo a credere a quanto stava accadendo. Marina mi chiedeva espressamente un rapporto anale!

- Ti farò male se entro così. – riuscii a dire

- Voglio essere punita, montami!

Oramai la ragione era completamente sconfitta dal delirio erotico, appoggiai il membro all’ano di mia sorella e spinsi delicatamente. Con mio stupore mi accorsi che lei si stava aprendo senza opporre resistenza, mi domandai dove avesse imparato quella tecnica ma non ebbi il tempo di ragionarci su che mi ritrovai completamente dentro di lei.

Marina urlò, più forte di quanto aveva urlato quella stessa sera, poi appoggiò la testa al cuscino.

Iniziai a muovermi lentamente in lei, la percepivo stretta, chiusa intorno alla mia carne, ma estremamente adattabile. Ad ogni mia spinta lei gemeva, un suono misto di piacere e dolore. Temevo di farle male, allora rallentai e mi spinsi meno profondamente in lei, cercando una delicatezza impossibile in quella situazione. Mia sorella, allora, prese a muoversi in controtempo, mi veniva incontro quando spingevo.

- Devi punirmi… spingi più forte… più forte, ti prego. – disse con voce rotta e quasi incomprensibile

Mentre parlava aveva raccolto un po’ di umori che le stavano colando dalla vagina per spalmarli suo mio pene. Mi stupiva sempre di più, ma ora potevo scorrere in lei più agevolmente. Tornai a montarla con foga appagato dalla sua espressione sempre più goduta. Ora la sentivo completamente aperta, tanto da non credere che la stessi penetrando analmente. Lei godeva sempre più intensamente ed io riuscivo a mantenere un minimo di controllo solo grazie alla volontà di farla venire prima di me.

Tra un gemito e l’altro, Marina, riuscì ad esprimere il desiderio di cambiare posizione. Pensai che desiderasse ora una penetrazione vaginale ma lei mi fece stendere poi, volgendomi, le spalle salì a cavallo del mio membro impalandosi ancora analmente. Vidi il suo sedere scendere su di me ed accogliermi nelle viscere. Notai subito come sapesse muoversi bene mia sorella, saliva e scendeva sul membro ondeggiando con le anche in modo da percepirlo al meglio. Compresi la sua volontà di cambiare posizione quando la vidi portare una mano tra le gambe e reclinare il capo in un lungo sospiro di piacere. Masturbandosi e movendosi su di me stava godendo con un intensità che non pensavo possibile. Marina pareva completamente fuori controllo, sapevo di non poterla reggere a lungo, mi dava degli stimoli troppo forti; allora presi a concentrarmi su di lei, iniziai ad accarezzarla cercando i punti dov’era più sensibile, dove rispondeva meglio. In breve mia sorella parve impazzire dal piacere, vedevo la sua mano ferocemente nella zona pubica e la sentivo spingesi sempre si più contro di me. Raggiunse l’orgasmo, rantolò di piacere prima di fermarsi con il mio membro completamente dentro e ansimare a lungo. La lasciai godere approfittandone per riprendere un minimo di controllo, nella mia fantasia stavo cercando il modo migliore per ottenere la mia parte. Sognavo d’infilarglielo in gola e costringerla a succhiarlo sino alla fine ma lei, quando si sollevò da me, si stese al mio fianco offrendomi ancora le terga. Era chiaro che mi voleva ancora dentro.

Ora mia sorella era lucida, l’orgasmo aveva smorzato gli stimoli erotici. Mentre entravo nelle sue viscere lei mi fissava negli occhi. Marina spostava lo sguardo, alternativamente, dai mie occhi ai miei genitali, la vedevo fissare intensamente il mio membro che entrava in lei. Si lasciava penetrare languidamente godendo ancora, anche se non con l’intensità di prima. Quando comprese che ero a limite mi disse:

- Vieni! Fammi vedere il tuo seme.

Alternai ancora qualche penetrazione a lunghe soste in lei, mi piaceva il suo calore, poi estrassi velocemente il membro ed eiaculai sulla sua pelle candida. Marina fissava lo sperma uscire e depositarsi sulla natica con l’espressione soddisfatta. Attese l’ultima goccia poi mi baciò e tornò in bagno.

Quella notte volle dormire con me, nonostante il letto singolo.

Dopo la nuova doccia tornò nella mia camera mentre io ero ancora impegnato nell’altro bagno e si sistemò sotto le coperte. Quando giunsi la trovai semi addormentata, le feci notare che aveva sbagliato letto ma mi pregò di lasciarla riposare lì, con me. Mi sistemai al suo fianco scoprendola completamente nuda, non riuscii a resistere alla tentazione d’accarezzarla ancora. Lei accetto le mie coccole e s’addormentò felice.

Così iniziò la nostra relazione incestuosa.

Marina mi confidò al mattino, tra le coperte, di aver spesso pensato a me in termini erotici. La mia confessione d’essermi eccitato nel vederla fare sesso con un altro l’aveva convinta che anche io pensassi a lei in questi termini, ed aveva perfettamente ragione. Nella doccia, poi, quando ogni residuo languore l’aveva lasciata, aveva provato un forte senso di colpa nei miei confronti per avermi costretto ad assistere ad un suo amplesso. Sentiva di doversi far perdonare e per questo mi aveva chiesto di punirla, mi confessò che inizialmente non pensava ad alcun rapporto sessuale con me, poi le mie mani le avevano trasmesso quel calore che da sempre cercava. A questo punto il sesso divenne l’unico suo pensiero.

Mentre parlava accarezzavo la sua pelle, lentamente scivolai verso il pube senza essere fermato e la trovai pronta, eccitata e bagnata. Lei aprì le gambe alla mia mano e si lasciò frugare, stuzzicare, sin che gemendo mi pregò di prenderla ancora. Fu un amplesso classico, molto dolce ed intenso. La riempii, Marina voleva il mio seme dentro.



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I vostri commenti su questo racconto
Autore: Apertissimi2 Invia un messaggio
Postato in data: 10/07/2020 16:24:55
Giudizio personale:
Molto eccitante, vorrei conoscere una coppia così

Autore: Carlaamore Invia un messaggio
Postato in data: 02/04/2013 20:35:58
Giudizio personale:
tema altamente ....scottante ...e ....pericoloso ....ma .cmq ..è scritto bene ................

Autore: Accompagnatore Barese Invia un messaggio
Postato in data: 03/08/2011 12:18:57
Giudizio personale:
ottimo

Autore: Transgredercp Invia un messaggio
Postato in data: 26/07/2011 11:26:35
Giudizio personale:
ottima narrazione e buona proprietà del linguaggio , oltre che situazione altamente erotica anche se abbraccia un tema ...scottante . bravissimo

Autore: Rotterdam19 Invia un messaggio
Postato in data: 26/07/2011 11:21:48
Giudizio personale:
Con i principi dell'etica mandati in vacanza...si apprezza un racconto erotico gradevole e ben scritto. Complimenti


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