i racconti erotici di desiderya

Margherita

Autore: Andaluso
Giudizio:
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MARGHERITA

Parte I

INIZIO

Margherita è un nome, una canzone, un viso dolce, un broncio serio, che guarda perplesso, una carezza, un capezzolo sul palmo della mano, Margherita un profumo tenue, Margherita un corpo che fascia, stringe, che ama e si fa amare.

Margherita, è voglia di scappare, di andarle lontano, di non farle male, di conservarla com'è, come la vedi, come la senti e la vivi.

"Perché vuoi lasciarmi?"

La domanda di Margherita si ripete ossessiva, Lui l'ama, ne è certa, l'ama come nessuno dei suoi precedenti compagni l'ha mai amata, l'ama con intensità, con pienezza, gli altri, sono stati amori giovani, allegri, divertenti, leggeri, questo Amore, lo sente, è diverso, Lui è un uomo, nulla è stato semplice, ogni parola, ogni gesto, è carico, di storie, di precedenti vissuti, il dito che le sta sfiorando una guancia, non è una carezza, semplice, tenera, che trasmette solo il suo affetto, è desiderio che si esprime, forte, intenso, diventa un punto che la fruga, la penetra, le va dentro, cerca cose di lei, che neppure lei non conosce.

Margherita è stata subito sua, si è sentita sua, senza riserve, ad altri, si era data, si era prestata, a volte solo per cercare di capire cosa fosse il sesso, da lui si è sentita calzata, come un guanto fatto per lei, solo per lei, era entrato in lei, in tutti i sensi e in tutti i modi, senza trovare attriti, cogliendo sempre la strada giusta, il luogo il momento, il modo, perfetti.

Essere nuda davanti a lui, esserne guardata, sentirlo, vederlo eccitato dalla vista del corpo che lei gli mostrava, era come ricevere un premio, Margherita gli si offriva, gli si apriva, lo amava, si lasciava penetrare, possedere, imparava a sentirne, ad amarne il sapore, l'odore, a berne lo sperma guardandolo, guardandolo negli occhi, mentre godeva di lei, restava ore a toccarlo, a farsi toccare, a lasciarsi esplorare, a farsi conoscere. Ma ora Lui voleva lasciarla, lasciarla libera, farla tornare a quelli come lei, a quelli "normali" Margherita, non capiva quella parola, "normali", che lui continuava a ripetere, "normali in cosa?, rispetto a chi?"

"sono un uomo malato,....... non, non malato fisicamente, sono malato dentro,..... sono un uomo perverso, la perversione è il mio unico credo...... con te, e per te ho accantonato, controllato, i miei desideri, con te ho vissuto un amore "normale" , ma ora non ne sono più capace, ho coltivato per troppi anni la parte più perversa di me, l'ho costruita, l'ho voluta, non posso e forse non voglio liberarmene, io ormai sono quello, e tu non mi devi diventarne parte"

Il dialogo è lento sofferto, le parole le frasi si distanziano, tra loro, riempite di silenzi, del rumore dei loro passi, del loro respiro, di frasi appena accennate che spesso non escono di bocca.

"E se fossi e se divenissi anch'io perversa? Come te"

"no!, non devi "

continuano a parlare a camminare, nessuno dei due riesce a essere definitivo, a chiudere in un modo o nell'altro, lei a paura di perderlo, ma anche di perdersi, lui la sogna entrare nella sua vita scura, quella che le ha nascosto, la pensa, l'immagina, in quel nuovo ruolo, le urla ancora, e poi ancora, di fuggirgli lontano, ma continuano a camminarsi accanto, ad allungare, a fermare il tempo.

La città, anche al centro, dove si trovano, è ormai deserta, è notte, poche macchine, pochi passanti, la galleria di giorno affollata risuona, rimbomba dei loro passi, c'è solo un uomo, un uomo giovane, quasi un ragazzo, fuma appoggiato a una vetrina, li guarda, curioso, scruta Margherita, ne guarda

senza ritegno le gambe, giovani, lunghe, esposte.

La voce di Lui è diversa, dura, tagliente,

"appoggiati al muso, di schiena"

sono a pochi metri dal giovane, li separa solo la larghezza della vetrina, Margherita per la prima volta, sente il desiderio di scappare, di andare lontano, istanti ancora lunghi, silenziosi, poi lei si appoggia al muro come le è stato richiesto.

"allarga le gambe"

Margherita ascolta, ha il respiro agitato, ma fa quello che Lui le chiede, senza parlare, porta gonne molto corte, sa che a lui piace vederle così, vederla mostrare le gambe a lui e a tutti, leggere negli sguardi, il desiderio di lei, che suscitano in chi, anche casualmente la guarda, la gonna sale lungo le cosce, scoprendo in parte il reggicalze,

"allargale ancora, e guarda verso di lui"

la gonna sale ancora,

"scopriti l'inguine"

Margherita rialza la gonna sul davanti, scoprendo il perizoma di pizzo "tieni le braccia alte, continua a guardare lui, non me, guarda lui qualsiasi cosa io ti faccia", Lui con una mano le apre la camicia e le scopre i seni, mentre l'altra scende, scosta il perizoma, e le apre con le dita il sesso, l'uomo si avvicina, Lui lo ferma con un gesto, quando l'altro è solo a un passo,

"puoi solo guardare, e toccarti se ti va, nient'altro"

passa qualche macchina, sulla strada, davanti all'entrata, altri rumori, ma il mondo, a Margherita, sembra si sia ristretto a quei pochi metri di vetrina,

"continua a guardarlo"

l'uomo e vicino, Margherita può sentirne il respiro, l'odore, si è aperto i pantaloni, la guarda, si masturba, lo fa con rabbia, le parla in un'altra lingua, ringhia parole a lei sconosciute, mentre la mano del suo amante la sta fottendo, impietosa, senza lasciarle respiro, "ti sta chiamando, cagna, puttana, vacca, tu non lo sei, ma puoi esserlo, per lui sei una lurida troia, una rotta in culo, una bastarda pompinara, tu non lo sei, ma puoi anche esserlo, vorrebbe fotterti, incularti, pisciarti addosso, tu non lo fai, ma potresti anche farlo"

la mano è spietata, la conosce bene, è forte, decisa, cerca il suo piacere, che vergogna e imbarazzo ancora trattengono, quasi impediscono, ma la mano lo trova il suo piacere, sa dove e come trovarlo, come stimolarlo, farlo crescere, lo agguanta, lo trattiene, lo usa per rendere la donna più complice, quando la sente, la vede pronta, lo fa esplodere, Margherita cede di schianto, gode, le trema il corpo, le trema la voce, mentre invitata, costretta, dichiara il suo orgasmo, gode continuando a guardare l'uomo come le è stato chiesto, gode con più violenza, intensità del solito, perché lo fa in quel posto, in quel modo, per mano del suo uomo, davanti a qualcuno che non conosce, e che non conoscerà mai, gode anche l'uomo, il suo getto le sporca una gamba, aggiungendo una nuova sensazione alla troppe che già la attanagliano.

"Margherita, questo sono io, per questo non ti voglio più accanto a me, per questo posso trovare, altre donne, magari come in passato qualche puttana, ma tu no!

Margherita non parla, si accuccia davanti a Lui gli apre i pantaloni, e gli prende in bocca il sesso, l'uomo è ancora li che guarda.

PARCHEGGIO

Margherita urla, urla nel cellulare, la sua è una voce disperata, rotta, urla, a tratti sussurra, le parole sono sconnesse tra loro, distanti le une dalle altre, nei lunghi momenti di silenzio, si sente il rumore di una macchina che corre veloce, di musica forte, a volume squassante.

"torno da te, ho bisogno che tu mi fotta, non voglio che tu faccia all'amore con me, so già che mi ami, mi devi fottere come dici di aver fatto con le altre, oppure, se preferisci,.......fammi fottere da altri uomini, da sconosciuti, prestami, vendimi, per me va bene."

"ma trattami come una troia, una che hai pagato, e fottimi, o fammi fottere, senza prestarmi rispetto, fammi sentire.......,fammi essere....., solo figa, bocca,.................................buco di culo, non desidero essere altro, ora",

"dove sei?"

rispondono solo rumori confusi e sempre la musica di fondo:

"dove sei?",

Margherita è scomparsa da una settimana, Lui non l'ha cercata, l'ha desiderata ogni momento, ogni attimo, ha pregato per il suo ritorno, ma non l'ha cercata.

"dove sei?",

"vicina..... ormai, sto tornando, mi vuoi?",

"sai che cosa volevo da te"

"che me ne andassi"

"si"

"l'hai detto, e io ho cercato di farlo, ma tu mi avevi fatto fare quella cosa"

"cosa?"

"quella davanti a quel ragazzo, in galleria"

"cosa"

Il gioca cattivo crudele, si sviluppa senza bisogno di essere pensato.

"dimmi cosa ti ho fatto fare, dillo, ricordamelo"

"mi hai fatto godere, con la mano davanti a lui, mi ha fatto guardare da lui, mentre.....venivo"

"davanti a chi?,

"al ragazzo, quello nella galleria"

"perché mi hai lasciato fare, potevi dire no!"

".......mi piaceva"

"il ragazzo?"

"no, mi piaceva quello che mi stavi facendo, e mi piaceva lo facessi davanti a uno sconosciuto, davanti lui, uno messo li solo dal caso.

Mi hai fatto sentire, fatta di sesso, di sesso sporco e… e mi è piaciuto, non so ancora perché, ma mi è piaciuto, e voglio sentirmi ancora come quella notte"

"ma poi sei sparita, credo, credevo fuggita"

"Si, ho avuto paura..... ma non ho pensato,..... non ho pensato ad altro, per giorni, per notti, ho pensato solo alla tua mano che mi masturbava, e ai pensieri che leggevo negli occhi di quel ragazzo.

Fottimi ancora, fallo in quel modo, usa il cazzo, la mano, infilami dentro quello che ti pare, ma fammi fottere, fammelo fare anche con altri.......con molti"

Due piani, il cervello agisce su due piani, su una tratta con se stesso, discute, cerca ragioni, scuse, motivi, attenuanti, sull'altra, calmo, le detta le tappe di un piano che sembra già costruito da solo, mille volte pensato e provato, le detta, una strada, la porta in un luogo, le dice cosa e come e dove.

La macchina di Margherita, è nel parcheggio, in un angolo, vicino ai bidoni di rifiuti, alcuni uomini le girano attorno, furtivi, nervosi, altri sono praticamente attaccati ai finestrini, si appoggiano alla macchina con una mano, mentre con l'altra, senza alcuna vergogna si masturbano .

Margherita risponde, al cellulare che suona improvviso, quasi irreale in quel contesto, non guarda nemmeno il piccolo schermo, porta l'apparecchio all'orecchio, continuando a masturbarsi, come sta facendo ormai da venti, trenta minuti,

"sei tu?, dove sei?"

"Vicino, ti vedo, vedo gli uomini che stai eccitando"

"sono molti, mi guardano, mi chiamano, "

"non aprire"

"mi chiamano"

"non aprire, continua a masturbarti, non devi fare altro con loro"

"lo sto facendo"

"sei nuda"

"no! Ho solo scostato i vestiti, devo toglierli?",

"No!"

"ho voglia che mi fottano"

"No!, non ancora, ti preparerò io, piano, piano, ad essere fottuta nel modo che hai chiesto, ma non è ancora il tempo, e non è il luogo"

"e allora cosa devo fare,......dimmelo"

"lasciarti andare, procurati un orgasmo, lascia che lo vedano e lo sentano, ma non uscire dalla macchina, non aprire che a me"

Lui resta a guardare, poco lontano, ad ascoltare i respiri di Margherita trasmessi dal telefono lasciato aperto

Margherita, gene, urla,

"sono una fottuta, fottutisima figa da monta, guardatemi, mi apro con le mani, sono dentro di me, cerco il mio piacere, l'ho qui in mezzo alle gambe, è umido, sporco, ho le mani insozzate dalla mia voglia ",

Margherita parla forte, parla per essere sentita, ascoltata, da Lui e da quelli che la guardano.

"mi guardano, hanno la bava alla bocca, si masturbano, imbrattano i vetri di sperma, ho la figa viscida, fradicia, sto per venire, mi urlano parole sconce, immonde, mi chiamano, mi vogliono, ho voglia di loro"

i guardoni scuotono la macchina, la chiamano fuori, cercano di aprire le porte.

Lui arriva, puntuale, al momento giusto, è assieme ad un altro uomo, un uomo in divisa, solo un vigilantes, ma è sufficiente ad impaurire i guardoni che appena lo vedono fuggono, qualcuno scusandosi, i più inveendo e protestando. Lo sportello della macchina, e pieno di schizzi, soprattutto sul vetro.

Margherita, giace scomposta sul sedile abbassato, Lui bussa, attento a non sporcarsi, Margherita sembra riconoscerlo a malapena, apre la porta, ha il viso sfatto, attraversato da un sorriso che suona stonato, Lui le fa cenno di seguirlo, lei esce dalla macchina, la gonna rimane sul sedile, si è tolta anche le scarpe, e non si cura di rimetterle, segue il suo uomo, lasciandosi desiderare da tutti gli altri, godendo in maniera evidente per quello che i guardoni pensano e dicono di lei.

Lui da dei soldi al Vigilantes,

" riportami la sua macchina domani e, falla lavare, prima"

poi aiuta Margherita a salire nell'auto con cui è arrivato.

ANNA

Lui è uscito, la casa è vuota, senza rumori, linda, ordinata, molto sobria, Margherita, indossa solo un perizoma nero, nient'altro, le piace sentirsi nuda, le è sempre piaciuto, ma ora è quasi una sensazione nuova, un piacere appena scoperto, le piace cogliere la propria immagine negli specchi, riflessa nei vetri, le piace pesarsi vista, scrutata, spiata da altri, cammina tra le stanze, tocca gli oggetti, li conosce, ne cerca attinenze con il suo uomo, con i suoi gusti, con la sua vita, sfoglia qualche libro, legge poche frasi, passa ad altro inquieta, pervasa da una sottile, ma quasi piacevole forma d'ansia, sente dei passi, passi di donna, una voce,

"no, non coprirti, abbassa le mani"

Margherita è in mezzo alla stanza, con un movimento involontario si è protetta il seno incrociando le braccia,

"voglio vederti nuda"

Margherita, si scopre, si lascia guardare, docile, visibilmente compiaciuta degli sguardi che sente addosso

"devo togliermi anche il perizoma?"

"no quello lo puoi tenere, evidenzia splendidamente le tue natiche e i tuoi fianchi, dovrai indossarne sempre uno, e toglierlo quando ti viene detto, o prima di essere fottuta"

"quando mi farà fottere?"

la donna non le dà risposta, ma le gira attorno, le tocca i seni, le natiche, l'interno delle cosce, la carezza, la palpa, la esplora,

"sei molto soda, e...molto bella, non preoccuparti, fotterai presto, Lui è fatto così, ti sta accordando, preparando, quando ti darà in pasto ad altri, sarai perfetta. Sdraiati sul pavimento, di schiena, devo lavorare su di te, sui tuoi sensi"

Margherita, obbedisce alla donna senza chiedere niente, lei è molto bella, avrà trenta trentacinque anni al massimo, il viso dolce, forse un po' triste, veste un abito corto, rosso, senza spalline, ha spalle rotonde, lucide, forti, i capelli biondo scuro, lievemente ricci, accarezza il corpo di Margherita, in lungo e in largo, ne ascolta ogni fremito, la avvicina al piacere, si ferma, lascia che Margherita si calmi, poi torna paziente ad eccitarla con nuovi stimoli, usa le mani, la lingua, a volte la sola voce, Margherita chiede, implora, di essere portata all'orgasmo, lei la guarda quasi accarezzandola con lo sguardo, ma poi si fa dura di viso e di voce

"per ora l'orgasmo lo devi avere da sola, se vuoi, usa questo"

Le porge, un grosso pene di gomma nero, preso dalla borsa, che insaliva prendendolo in bocca prima di metterlo in mano a Margherita, poi lentamente esce dalla casa senza aggiungere altre parole.

Quando Lui rientra, Margherita ha ancora il pene fasullo dentro, ha avuto molti orgasmi, e ora si fa fottere da un essere mostruoso fatto solo di fallo e di osceni pensieri.

Per giorni, Lui e la donna si alternano sul corpo di Margherita, lo tengono costantemente sotto stimolo, ne eccitano i sensi, li tendono, come corde di un violino, ma Lui non la fotte, e lei si ferma ogni qualvolta Margherita si avvicina all'orgasmo, per ottenerlo, Margherita è costretta a provvedere da sola, e per averlo scopre, e si da a masturbazioni sempre più estreme, usa le proprie mani, usa oggetti, usa enormi falli artificiali che le vengono fatti trovare in ogni angolo della casa, impara a penetrare con ogni mezzo la sua figa e il suo sfintere che ogni giorno si dilatano con maggiore facilità, permettendo ai suoi due amanti di godere di immagini di lei sempre più oscene. L'intera mano di Margherita affonda dentro il culo, ha le ginocchia a terra, la testa e le spalle appoggiate al pavimento, le natiche spinte più in alto possibile, la schiena che disegna un arco perfetto, e il braccio che per fotterle il culo, con la mano, prende un'angolazione quasi impossibile, la donna la guarda da vicino, e gode visibilmente della sua masturbazione, Margherita, sente la porta aprirsi, percepisce e riconosce i passi del suo amante, sente addosso i suoi sguardi, continua a fottersi il culo, a portarsi verso l'orgasmo, la sua mano entra esce, si mostra imbrattata di umori, torna ad immergersi, più a fondo di prima, l'orgasmo arriva, squassante, rumoroso, lei schianta a terra senza più un pensiero, un ricordo, per qualche istante e solo una bestia, una bestia paga e sazia.

I sui amanti sono ancora li, quando lei si riprende, Lui sta portando la donna per mano verso una poltrona, la donna docile, si china appoggiando la testa sul sedile e le mani sui braccioli, Lui le rialza il rosso vestito corto, sotto non porta nulla, Margherita si rende conto che nei loro incontri indossava sempre quello, quasi fosse una divisa, e di non averla mai vista ne nuda, ne anche solo parzialmente scomposta, la donna ha gambe belle affusolate, e natiche splendide, su una Margherita scorge qualcosa, un segno, un segno evidente, i loro sguardi si incrociano, Margherita, l'interroga muta, La donna con una mano fa ridiscendere il vestito a coprire le natiche, ma Lui le scopre di nuovo, con un gesto che non accetta rifiuti, e la lascia esibita e nuda fino ai fianchi, la donna toglie lo sguardo da quello pieno di domande di Margherita, e affonda il viso nel cuscino del sedile, il membro eretto dell'amante di Margherita, entra nel sesso della donna, provocandole un piccolo fremito, un sommesso mugolio, Margherita si avvicina, incerta curiosa, teme di essere allontanata, o di imbarazzare ancora la donna, ma Lui le prende la mano, la accompagna sulla natica che ha appena denudato, sul segno che lei ha visto, e non è un semplice segno, è una cicatrice profonda, un marchio impresso sulla pelle, il cazzo continua a muoversi dentro al sesso, cambia ritmi, si ferma, affonda, ritorna fuori lucido, orgoglioso, punta sull'ano, entra di forza, Lei grida, Margherita le accarezza tutto il culo, e con l'altra mano torna a masturbarsi, i tre vengo assieme, pensando, vivendo come uno per qualche istante.

Lui non c'è, si è ricomposto ed è nuovamente uscito, lasciando sole le due donne, Margherita è ancora nuda, ha ancora addosso il sudore dei suoi orgasmi, le piace sentirlo, sentire l'odore dell'eccitazione provata ancora addosso, sentire il profumo del sesso vissuto, sentirlo ristagnare sulla sua pelle, la donna si è fatta una doccia, ma non si è rivestita, porta addosso un corto asciugamano finito a piccole frange, che le avvolge i fianchi che le copre parzialmente le natiche ma le lascia scoperto il sesso nudo e depilato, è la donna a parlare per prima

"Mi chiamo Anna, e porto il marchio che hai visto, da qualche anno, mi è stato fatto con un ferro rovente, e prima che sia tu a chiedermelo, non mi è stato imposto, ho chiesto io di essere marchiata, per qualche tempo, ho portato anche anelli che mi foravano i seni e il sesso"

Margherita ascolta attenta, ansiosa di sapere, di conoscere altro, di quella donna e dei sui rapporti con il suo Amante

"parleremo di me e della mia storia, un'altra volta, se sarà necessario, ora devi vestirti con quello che troverai sul tuo letto, sono abiti indecenti, comperati apposta, sotto casa c'è una macchina che ti aspetta, non fare domande, nessuno di coloro che incontrerai le farà a te, sarai una battona per una settimana, il tuo nome da prostituta sarà Giulia, per i soldi ti spiegherà il tuo protettore quanti e come chiederli e come dividerli, non rifiutare niente e nessuno, dovrai fottere con chiunque ti paghi, se fottere era il tuo desiderio, ora potrai farlo"

Margherita vorrebbe fare domande, ma sa già che non avranno risposte, indossa la gonna nera, corta, che si appoggia appena sui fianchi, sopra ad un perizoma viola, scosciato, che esce volgare dalla gonna si alza fino alla vita e scende sottile tra le natiche, una camicina nera trasparente, con sotto un minuscolo reggiseno nero bordato di viola, così piccolo e stretto che i capezzoli escono e vanno a sfiorare il tessuto della camicia, sandali alti di vernice, dello stesso viola del perizoma, Anna la trucca pesante come le si conviene, prima di farla uscire le infila due dita dentro, in piedi vicino alla porta già aperta, la fotte questa volta fino in fondo, fino a farle piegare le gambe per il piacere, poi la manda a mettersi in vendita.

Margherita ha raggiunto una strana forma di calma, il suo corpo, usato e goduto da molti, ha preso una vita propria, le è spesso fonte di improvvisi stati di eccitazione, di turbamento, averlo messo in vendita, non l'ha avvilito, l'ha esaltato, quasi tutti i suoi "clienti" l'anno presa con un strana forma di rispetto, alcuni quasi con amore, pochi quelli che essendo Paganti si sono ritenuti in diritto di provocarle insulto, di sporcarla, di prenderla in modo violento, spesso molto spesso le è stata chiesto il culo, lei ha alzato solo il prezzo, e si è girata, uno solo, l'ha picchiata, prendendola a ceffoni e a sputi, ma con tutti Margherita ha provato godimento e intimo piacere.

Ora, dopo la settimana vissuta come prostituta, è tornata a casa, Anna è sempre presente, anche se la sua è chiaramente una presenza provvisoria, temporanea, non ha portato bagagli, vestiti, ogni giorno compera quanto le serve, sia un vestito, o un trucco, poi dopo averli usati li getta nell'immondizia senza conservare niente, solo l'abito rosso è riposto in un armadio, e indossato più volte.

Anna e Paolo, solo ora Margherita si accorge che da molto, da quella sera nella galleria, non ha pensato più a Lui con il suo nome, Anna e Paolo stanno discutendo come spesso accade tra loro di politica, hanno idee diverse, distanti, loro discutono e Margherita, seduta poco lontano, ascolta, e pensa, pensa a se stessa al tempo appena trascorso, alla sua nuova vita, ai sensi che le si sono fatti più affinati, ai desideri, alcuni folli, che le si risvegliano improvvisi, destati da un gesto, da una parola, da un oggetto, talvolta solo da un odore, pensa al dolore, quello fisico, dolore che non ha ancora provato, pensa al marchio di Anna, a cenni che lei ha fatto su sevizie da lei in passato, cercate e subite, il dolore le fa paura, la intimorisce, ha paura di non sapervisi adeguare, d'improvviso qualcosa le cambia dentro, si alza, come sempre in casa veste solo con un perizoma, lo alza sui fianchi, perché le segni meglio la figura, si avvicina a Paolo ed Anna.

"sono pronta".

FROLO

Margherita ha seguito Anna, il suo cenno, i suoi passi, docile senza fare alcuna domanda, implicitamente ha già acconsentito a tutto, senza chiedere di sapere a cosa, la città le sembra lontana, oltre i finestrini del taxi che le trasporta, si è fatta irreale, estranea, la gente cammina, parla, lavora, lei e Anna sono immerse in un'altra dimensione, ormai è notte inoltrata quando l'auto si ferma davanti ad un ristorante, ha le serrande abbassate, in basso resta in varco di poco più di un metro, le due donne per entrare devono chinarsi, dentro c'è luce rumori, i camerieri e gli sguatteri, stanno sgombrando i tavoli, lavando il pavimento, preparano efficienti e veloci il ristorante per il giorno che viene, Anna e Margherita passano loro accanto ma loro, le guardano appena, sguardi furtivi, come fossero loro proibiti, in fondo alla sala un uomo, sta ancora cenando, il tavolino è in disordine colmo di piatti, di avanzi, di bottiglie semivuote, l'uomo mangia con ingordigia usando le mani, mangia, e beve, lasciando ditate untuose sui bicchieri, Anna si ferma davanti al tavolo, resta in piedi, senza più badare a Margherita, quasi si fosse dimenticata di lei, l'uomo continua a mangiare, solo tra un boccone e l'altro, le degna di qualche sguardo.

La cena sembra finita l'uomo si è lecca le dita sporche e si è appoggia allo schienale della sedia, emettendo un rutto, voluto, provocato, sfottente,

"guarda, guarda, la dolce Anna, è proprio vero, che chi non muore si rivede"

"ciao Frolo" Anna risponde con voce calma al saluto

"bevi qualcosa?"

"del vino bianco, se possibile, grazie"

l'uomo versa il vino in uno dei bicchieri che ha davanti, sporco e unto come quello da cui ha appena bevuto,

Anna porta il bicchiere alle labbra, cercando di trovare un angolo ancora pulito,

"ti fa schifo il mio bicchiere?"

"no, non mi fa schifo nulla!, mi ero scordata solo che questo non è il mondo civile"

Anna beve senza più badare da dove, poi passa la lingua attorno al bicchiere, e lecca ostentatamente tutto l'unto che lo copre, lo appoggia al tavolo, ora si muove in maniera diversa, fluida, Margherita non l'ha mai vista così, si avvicina all'uomo si china su di lui, e con la lingua raccoglie le tracce di sugo e di grasso che imbrattano le labbra ed il mento dell'uomo

"brava, sei proprio rimasta brava come ti ricordavo"

"e tu, sei unto e rivoltante, come ti ricordavo"

l'uomo rutta e ride rumorosamente

"eppure c'è chi mi cerca e mi affida donne come te proprio perché sono così, voi masochisti siete strani, vi fate seviziare, picchiare, ma cercate, e a volte esigete eleganza, gusto, ma quando io riduco le vostre anime al mio livello, e ne faccio immondizia, allora comincio a anche piacervi, almeno a

qualcuno"

"forse hai ragione, per me è passato un po' di tempo da quando sono passata sotto le tue mani, sinceramente non ricordo che tu mi sia mai piaciuto, certo ho anche goduto ad essere usata e fottuta da te, ma non ricordo di aver provato altro che ribrezzo nei tuoi confronti, lo stesso che provo ora"

Frolo e Anna sembrano due lottatori che si studiano prima dello scontro

"mi hanno detto che ti sei tolta i ferri, fa vedere"

Anna alza l'abito sul davanti, scoprendo l'inguine nudo

"peccato, mi piacciono le donne ferrate, ma il marchio quello non puoi averlo tolto"

Anna si gira e mostra all'uomo la natica marchiata,

"vedi, porti ancora e per sempre qualcosa di mio addosso, spero che tu riconosca che portare quel marchio ti impone ancora dei doveri"

"non sarei qui se non li riconoscessi, quei doveri, li riconosco, e li accetto ancora, ma solo nel tuo territorio, fuori di qui no, non li riconosco più, quindi se vuoi qualcosa da me devi prenderlo qui, nella tua a casa, o a Piccolo Inferno"

"per me basta anche qui, ora ho bisogno di urinare, e la tua bocca è la latrina migliore, la più comoda e la più vicina che conosca"

Anna si inginocchia accanto alla sedia dell'uomo, si scosta i capelli da viso, raccogliendoli dietro alla nuca, apre la bocca, la spalanca, l'uomo si è alzato, ha già il pene fuori dai pantaloni, lo avvicina alla bocca di Anna, lo tiene tra le dita, inizia a urinare regolando, controllando il flusso con molta attenzione, la bocca di Anna si riempie fino all'orlo, l'urina quasi trabocca delle labbra, Frolo si ferma, lascia alla donna il tempo necessario per deglutire, quando Anna riapre la bocca è vuota, ostentatamente offerta all'uso osceno è improprio che è stato richiesto, e lui continuando a ridere e a ruttare torna a riempirla più volte, fino a quando sembra essersi svuotato completamene, Anna non ha lasciato sfuggire che poche gocce quasi fosse golosa di quel liquido maleodorante, poche gocce che scendono lente, e formano un rivolo lungo il mento, si allunga sul collo fino a scomparire dentro la scollatura dell'abito, Margherita ha assistito in silenzio, senza muoversi, quasi ignorata dall'uomo, d'istinto raccoglie dal tavolo un tovagliolo, l'unico a sembrare pulito e lo porge ad Anna, l'uomo l'anticipa e lo prende in mano usandolo per asciugarsi il pene, poi ridendo lo porge ad Anna

"che brava, che gentile ed educata, la tua bellissima e giovane amica, ora dovrò pensare a lei, il tuo uomo lascia sempre ad altri il lavoro più sporco"

"non è più il mio uomo, ora è il suo"

"ha, per me fa lo stesso, basta che mi paghi quello che abbiamo pattuito".

La maggior parte dei sadici, usa strumenti, si veste, e veste le sue vittime con orpelli e chincaglieria che rendono esteticamente più vistose le loro scene, le loro esibizioni, cercando forse di dare loro un connotato artistico, un'impronta teatrale, Frolo no, lui tortura la vittima con quello che trova, senza cercare in alcun modo di trasformare il suo sadismo in un rito.

Parla con Anna mentre cerca quanto li serve nella cantina del ristorante in cui sono scesi, parla dei suoi "clienti", dei Suoi "Padroni", di Anna di come lui l'aveva vista e vissuta quando era stata messa a sua disposizione, intanto raccoglie alcune vecchie corde, e un martello, e sempre parlando, spoglia Margherita, attardandosi su ogni indumento, e su ogni pezzo di pelle che le scopre, e intanto parla ancora con Anna.

"sei certa di non aver voglia di una serata con me, magari davanti ad un pubblico, che ti guardi, come quella sera a Piccolo Inferno"

Anna fa un cenno deciso di diniego, scuote la testa, quasi con fastidio allontanando immagini di se che non vuole che si formino

"lo usate ancora quel posto? Riesco a mala pena a ricordarlo, anche se ho ancora vivo, ogni atto ogni sensazione, ogni colpo che ho ricevuto quella notte"

"certo, che lo uso, la settimana scorsa abbiamo organizzato una crocifissione, con tanto di chiodi, un ragazzo e una ragazza, lo facevano per soldi, lui ha ceduto subito, abbiamo dovuto tirarlo giù dopo pochi minuti, lei invece è stata magnifica, veramente magnifica"

Frolo sembra fermarsi, chiude gli occhi forse per richiamare l'immagine appena evocata della ragazza in croce, ma Margherita ormai è completamente nuda, e sta rabbrividendo, Frolo le apre la mano, ne studia il palmo, punta l'indice nel mezzo.

"cosa dici vuoi provare?"

Margherita ritrae la mano, la chiude a pugno, coprendola con l'altra quasi volesse difenderla.

"no, è ancora presto, iniziamo con qualcosa di più semplice, meno cruento, almeno, all'apparenza, un martello ad esempio, anche senza chiodi, può dare e fare molto"

Frolo parla e si muove, mellifluo, viscido, senza che se ne avveda guida Margherita contro una delle pareti, è un muro di mattoni in parte sbrecciati e coperti di muffe, all'altezza giusta c'è un anello di ferro arrugginito, costringe Margherita ad alzare le mani, e la lega all'anello.

"tu, Anna, puoi andare, torna tra un'ora a prenderla"

Margherita, non grida, trattiene l'urlo, le guance si gonfiano riempite d'aria, soffia quasi sbuffa, il corpo è come colpito da una scossa, si tende si irrigidisce, resta qualche istante immobile, indurito in ogni fibra, poi si affloscia restando appeso all'anello, il manico del martello di Frolo ha colpito Margherita sul piede, poi sulla caviglia, sull'osso più esposto nel punto più doloroso, due colpi rapidi forti prima all'interno poi all'esterno, senza attendere reazioni,

"fa male?, dimmi se ti fa troppo male, vuoi che smetta? Piccola cara, lurida stronzetta"

Frolo parla strascicando le parole, guardando fisso il viso della ragazza, è li in quel viso il suo piacere, in quel viso umido di lacrime, i quegli occhi sbarrati, che non vogliono guardarlo, parla e tocca, palpa e stringe, esplora, studia il corpo di Margherita, poi torna a chinarsi e a colpirle i piedi sempre nello stesso posto.

"smetto? Vuoi che smetta, che ti liberi, vuoi tornare dal tuo uomo, oppure scappare dalla mamma?, non ti piacciono le mie carezze, ti faccio schifo, puzzo, ho l'alito cattivo? Anche ad Anna non piaccio, eppure mi ha bevuto, e come se mi ha bevuto"

Il viso di Margherita è contratto, gli occhi gonfi, pieni d'acqua salata, la bocca dischiusa, il labbro inferiore trema, lascia cadere gocce lunghe e pesanti di muco e saliva,

"continuo?"

Margherita fatica a parlare, muove la bocca senza riuscire a trarne dei suoni

"allora? Continuo o mi fermo, ti ho fatto troppa bua?"

"si"

"si? cosa?, ti ho fatto troppa bua?, o si!, continua Masto Frolo, colpiscimi ancora più forte, o come dicono gli americani, MORE"

La voce ritorna, impastata di saliva ma ritorna,

"si, continua"

"NON HO SENTITO BENE"

"ANCORA COLPISCI ANCORA, MORE, MORE"

Frolo riprende a colpire, sulle gambe, colpendo le ossa, sulle braccia, sul bacino dove sporgono e risultano indifese,

"ancora?"

"Si"

questa volta è un si gridato, urlato,

Frolo getta il martello, e le schiaffeggia i seni, facendoli sobbalzare,

"continuo?, guarda che ora ti faro male, molto male?"

"FALLO, NON CHIEDERE DI FARLO"

"Non sei tu piccola a stabilire cosa ti posso chiedere, ok?"

"Ok"

"Dimmi, vuoi che ti faccia ancora male? Molto male?"

"Si fammi male, molto male"

Frolo raccoglie da terra le corde che non ha ancora usato, le avvolge sulla mano per riunirle, e le usa come fossero una frusta, Margherita, riceve i colpi sui seni, sul ventre, apre, allarga le gambe, vuole, desidera essere frustata anche li, all'interno delle cosce, e lo fa capire, Frolo la frusta, approfittando delle gambe aperte, le frusta anche il sesso, fino a che lei, incapace di resistere, si richiude per pararsi da quei colpi, Margherita respira sempre più in fretta, con la bocca spalancata, si gira su se stessa, offre la schiena, le natiche, le forze iniziano a mancarle, è sempre più piegata sulle gambe, il busto si appoggia al muro, i mattoni le graffiano i seni, già segnati dalle mani e dalla frusta improvvisata di Frolo.

Frolo si toglie la camicia, rimanendo in canottiera, è intrisa di sudore, grosse gocce scorrono tra i peli del petto, ormai grigi, la pancia è completamente bagnata e la canottiera che vi si appiccica sopra, la frusta si abbatte sulla schiena e sul culo, con colpi forti quasi ritmati, i minuti passano, Frolo la fa girare più volte, cambia strumento, usa un pesante tubo di gomma nero che fa un rumore sordo colpendo il corpo della ragazza, Margherita non si regge più, è completamente abbandonata alle corde che la legano al muro, mormora qualcosa, sembra una preghiera, quasi si stesse preparando a morire.

"Basta, l'ora è passata"

E' la voce di Anna, è rientrata nella cantina da qualche minuto ma, non è intervenuta subito, ha atteso, ha atteso che Margherita arrivasse al limite, allo stremo, che tutto il corpo fosse segnato, che la pelle in qualche tratto si aprisse e sanguinasse, che tutto il peso gravasse sui polsi legati, che le mani si colorassero di viola scuro, che la mente della ragazza arrivasse ad accettare, anche la conseguenza più estrema.

"slegala, la riporto da Paolo"

"prima me la voglio inculare, posso?"

"si ma fallo subito, prima che svenga"

Frolo si toglie scarpe pantaloni e mutande, il pene eretto è grosso, quasi mostruoso, si avvicina a Margherita, le scosta le natiche, e cerca di entrarle nel culo, la cosa non sembra facile, ma lui insiste, costringe Margherita a puntare i piedi sul muro, per portarla alla giusta altezza, le fa allargare le gambe, per rendersi più agevole la sodomia, Frolo si muove lentamente, pesantemente, cerca il passaggio in maniera ruvida, goffa, ma decisa, lo trova, spinge con le gambe, penetra dentro, con un ridicolo gridolino di vittoria, Margherita getta la testa all'indietro, la testa si appoggia alla spalla di Frolo, i capelli scendono sulla schiena dell'uomo, dondolano, pesanti di sudore, Margherita con la voce improvvisamente tornata chiara e limpida, gli parla, le parole escono calme, precise, con un tono che contrasta incredibilmente con il loro contenuto

"fottimi il culo, non riuscirai a rompermelo, ci sono già entrati in molti, e molti entreranno ancora, c'è e ci sarà sempre posto, anche per uno schifoso maiale come te"

Stremata, ferita, ancora dolorosamente legata, penetrata a fondo nel culo, Margherita, ora domina la squallida scena, lei che ha subito, e che all'apparenza, continua a subire, ora è padrona, Frolo dentro il suo culo serve solo a farla godere, lui non è nessuno, solo un attrezzo che ha usato per eccitarsi in maniera malsana e perversa, come le è ormai indispensabile.

NANÙ

Margherita e il suo amante, hanno ripreso una vita all'apparenza "normale", Margherita vive ormai nella casa di Paolo, ha lasciato senza rimpianti il piccolo Residence dove abitava, e giorno dopo giorno sente la nuova dimora diventare anche sua, le manca Anna, se ne è andata, è sparita, sapeva da subito che non sarebbe rimasta, ma non se lo aspettava così presto, senza dirle nulla, non ha lasciato dietro di se ne oggetti né cose, che facciano pensare ha un suo ritorno, Margherita ha solo il ricordo del suo profumo, del suo corpo, delle sue mani esperte nel darle piacere. Paolo è un amante molto esigente con Margherita, ogni loro rapporto è teso, duro, portato al limite, allo spasimo, l'aggiunta del dolore fisico, di forme evidenti di umiliante e definitiva sottomissione di Margherita, è spesso necessaria, per soddisfare appieno la eccitazione di entrambe, talvolta il dolore viene sostituito dalla esibizione ad estranei del corpo nudo di Margherita, estranei presi a caso, a cui lei si mostra volgare e sconcia, spesso Paolo scopa Margherita assieme ai prescelti, la fotte davanti a loro e poi né incita rapporti, sodomie violente, estreme, lei diventa una bestia addestrata per il sesso, una preda vinta, un animale affamato, assetato, di mani, di cazzi, di sperma, Margherita si prostra davanti a uomini che non conosce, mostrandosi loro, cagna succube disposta a tutto, rantola, quando la penetrano, ingorda lecca di loro, ogni goccia liquida, non importa che sia di sperma, di sudore, di schiumosa saliva, o di piscio ributtante, da loro si fa percuotere i seni, trattenendo ogni suono che non sia quello sordo delle mani, o degli strumenti con cui le picchiano le mammelle, controlla il dolore, controlla il piacere, resiste alla violenza che provoca agli improvvisati partner, fino all'ultimo, fino a che l'orgasmo non può più essere trattenuto, un orgasmo che allora scoppia, deflagra, col rumore di un fuoco d'artificio, che lascia inebetito chi la vede e lo ascolta, stupisce anche Lui, il suo amante che pure l'ha costruita, la forgiata per arrivare a quello.

Margherita ritorna a casa è uscita per compere, ha acquistato nuovi indumenti per se, per rendersi più oscena, indumenti per mostrarsi in modo volgare, tanga, calze, corpini e busti, che lasciano il seno scoperto, colori forti, niente eleganza, solo cercata e voluta volgarità, ma anche alcune cose belle, quelle sono solo per lei e per lui, fragili pizzi e colori tenui, per quando dopo essersi perduti con altri, ritrovano una loro splendida intimità.

C'è musica accesa in casa, Paolo non c'è è fuori città per alcuni giorni, forse Anna, ma Margherita sa già che non sarà lei e che c'è qualcosa di nuovo che la aspetta, c'è un uomo, un uomo nudo, nel salotto grande, è seduto sul bracciolo di una delle grandi poltrone di pelle, muove una gamba al ritmo della musica, è calvo, anzi, rasato, come rasato è anche il pube, ha un pene, lunghissimo, affusolato, i capezzoli forati da anelli, il corpo magro, senza ombra di peli, non è giovane, forse altrepassa i quarant'anni, Margherita li gira attorno per guardarlo meglio, Come Anna ha una natica marchiata, emana un buon profumo, ha muscoli evidenti, allenati, ma non eccessivi, qualche segno sulla pelle, segni di frustate recenti, anche Margherita né porta addosso, si toglie gli abiti e gli esibisce allo sconosciuto, come se non fossero sfregi, ma ornamenti di cui essere orgogliosi, come segni di una sconosciuta fratellanza

"io sono Nanù"

"io Margherita"

"lo so come ti chiami"

"Nanù, che nome è il tuo, è un nomignolo, dimmi quello vero"

"è questo ormai il mio nome vero, quello che avevo ora è un falso, avevo un nome e un cognome, ora non li ho più, mi sono stati tolti, definitivamente, come i peli sul mio corpo"

"perché"

"perché così piace a chi ora mi possiede"

Nanù ha una voce alta, quasi stridula i pochi movimenti che ha compiuto da quando Margherita è entrata nella stanza, sono estremamente armonici e fluidi

"sei gay?"

"lo sono stato, ora sono quello che mi dicono di essere"

L'essere ambiguo e strano, eccita Margherita, che gli si mostra mettendosi davanti a lui, a gambe leggermente aperte, si sente bella, bella per chiunque, anche per un frocio, bella da guardare, da toccare, da scopare

"io ti piaccio"

"non mi è permesso avere gusti, o affetti"

Margherita, si accarezza i seni, la fica, si succhia le dita con fare da bambina

"posso toccarti l'uccello, mi sembra quasi finto, non ne ho mai visti di così lunghi"

Margherita lo tocca, lo accarezza, il pene si irrigidisce progressivamente, aumentando ancora di lunghezza e di volume,

" si che ti Piaccio"

"mi piace il sesso, mi piace essere usato per il sesso, per questo, per farlo senza alcuna umana limitazione, ho rinunciato al mio nome, e a quanto mi era dovuto come essere umano"

Margherita continua ad accarezzare il pene cercando di portarlo alla sua lunghezza massima, poi si china a leccarlo,

"voglio ingoiarlo tutto"

" ci sono riusciti in pochi"

Margherita lo lecca in tutta la sua lunghezza, salendo e scendendo con la lingua umida di saliva più e più volte per tutta la lunghezza del pene,

"te lo leccano così anche i maschietti?"

"qualcuno, pochi purtroppo"

"sei proprio una checca, ma mi piaci Nanù, vuoi essere mio amico?"

"mi è stato ordinato di esserlo"

"per me fingi di essere così remissivo, da qualche parte coltivi ancora qualcosa, qualche, gusto. Qualche desiderio"

"cercalo, se vuoi"

Margherita ha già il cazzo in bocca che riesce a contenere solo in parte, torna a leccarlo, a insalivarlo, lo accarezza lo stringe fra le dita, ne studia la lunghezza, lo spessore, la consistenza, lo avvolge con le labbra, se ne riempie la bocca, le labbra avanzano, quasi si arrampicano, con piccoli movimenti, conquistandone una nuova parte, poi le labba si aprono, si spalancano, altri centimetri di quella pelle liscia, di quel muscolo ormai rigido e duro, le entrano in bocca, non basta, il cazzo sporge ancora, dalla bocca le escono suoni strani, grumi di muco e saliva, Margherita, chiude gli occhi spinge avanti con forza la testa, il viso e paonazzo, il corpo le trema, stimoli di eccitazione, conati di nausea, si mescolano, si sovrappongono, torna un attimo indietro, riprende fiato, si lancia nuovamente in avanti, il viso si schiaccia sul ventre piatto dell'uomo, le mani di Margherita si attaccano dietro alle natiche per impedirsi di arretrate, resta fino a che il fiato glielo consente, con il lungo pene immerso nella gola, poi si scosta fino a lasciarlo quasi uscire, respira, respira a fondo, poi si rigetta ancora in avanti, lo ingoia ancora, completamente, e così tre , quattro volte, con lentezza, grida di gioia, torna a leccare, a ingoiare, ed infine ad offrire il viso hai getti di sperma, che ha sentito montare lungo l'asta.

Tra Nanù e Margherita, l'intesa è immediata e profonda, i due si raccontano vita, amori, desideri, paure, Nanù tiene solo nell'ombra le identità di chi lo possiede, scusandosi per la reticenza, Margherita intuisce che lui è proprietà di una coppia, non di un singolo, lo è da ormai tre anni, spesso viene dai padroni scambiato o dato in prestito ad altri, Come Anna è stato marchiato in una "cerimonia" pubblica che lui le descrive in ogni particolare, trasmettendole il dolore e la fierezza che il ferro incandescente gli avevano fatto provare e confondere.

Per giorni i due escono sempre assieme , mangiano, vivono quasi fossero una coppia, Margherita sfrutta il lungo sesso di Nanù, per ricavarne tutto il piacere possibile, predilige prenderlo nel culo, la fa sentire succube, e la sua lunghezza le provoca sensazioni molto forti e nuove, quando Nanù si ritrova incapace di accontentarla perché il suo pene resta inutile e pendulo, le lavora il corpo con le mani, mani con dita lunghe e sapienti, che aprono e frugano ogni angolo del corpo della giovane donna, fino a trovare altri orgasmi più violenti e nascosti.

L'assenza di Paolo si allunga, E Margherita con Nanù come complice, inventa ogni giorno nuove scorribande di sesso in cui esibisce il pene del compagno e la sua capacità di farsene possedere, con l'orgoglio di un'acrobata si mostra davanti ad un pubblico ogni volta diverso, in rapporti orali che le provocano inizi di asfissia, conati di vomito che talvolta neppure riesce a trattenere ma, anche la capacità di gestire questa naturale ripulsa diventa parte dei loro "spettacoli", , si offre alla sodomia lasciandosi riempire senza rifiutare ne nascondere il dolore che questa ogni volta le provoca, ritornano a casa sempre a notte fonda, con Nanù sfinito dai coiti che lei gli ha imposto, e lei assurdamente raggiante e soddisfatta, il sesso le sta penetrando in ogni fibra, non importa quanto sia duro, sporco, estremo, si sente pronta a qualsiasi prova, esperienza, indifferente a qualsiasi conseguenza, che le sue attività sessuali le dovessero comportare, spera,ma non lo confessa a Nanù, di essere marchiata come lui ed Anna, o addirittura crocifissa come la ragazza di cui ha raccontato Frolo, pensa spesso a se stesa in quella posa, una notte, sveglia Nanù per avere conferme su cose che sospetta e teme, lui cerca di schernirsi, di evitare il ricordo, farfuglia scuse, rinvia al mattino, ma lei gli stringe i testicoli fino a renderlo paonazzo per il dolore.

"c'eri alla crocifissione?"

Nanù è ancora dolorante, fatica a connettere, si ferma a pensare, "si, c'ero anch'io, ho preparato il ragazzo, l'ho tenuto fermo mentre Frolo, piantava i chiodi"

"e la ragazza, come si chiamava, e chi ha aiutato Frolo con lei"

"Credo si chiamasse Silvia, era molto forte, decisa, forse si era drogata, ma non lo so con certezza, comunque non ha voluto che nessuno la tenesse ferma, si è appoggiata al legno, e si è lasciata inchiodare, prima una, poi l'altra mano, ha urlato, ma non ha fatto niente per sottrarsi, neanche dopo aver provato il dolore del primo chiodo, anche dopo, appesa, sotto la frusta che la spellava di colpi, era INCREDIBILE, so che ha preso 200 milioni di vecchie lire, non è stato Frolo a inchiodarla"

"chi è stato"

Margherita intuisce già la risposta, una risposta che la riempie di paura ma anche di orgoglio

"è stato il tuo uomo"

I giorni passano, Paolo deve tornare da un momento all'altro, non ha dato né una data ne un'ora precisa, ha solo avvertito Margherita che ritornerà presto, e Margherita continua la sua corsa folle, trascinando sempre Nanù con se, senza riposo, senza limiti, senza orari, cerca e trova per Nanù un gruppo di froci sadici e violenti, lo da loro in pasto, li incita, gode nel vederlo maltrattato, umiliato, li aiuta, riesce a farsi coinvolgere, diventa parte integrante dell'orgia sodomita che ha provocato, poi quasi per scusarsi il giorno successivo, procura al compagno un ragazzino appena svezzato, giovane tenero, e rimane nell'ombra a guardarli, mentre i due si scoprono e si danno piacere.

E' notte fonda quando ritornano a casa, le luci dell'appartamento sono accese, Margherita si ferma

"è tornato, vienimi dietro, quando sarò davanti a lui, mi metterò a terra, tu mettimelo nel culo, subito senza preparami, ho voglia che veda quanto mi sono allargata"

Poi corre senza attendere risposte, sulle scale, senza aspettare l'ascensore, veloce come una ragazzina eccitata che ha fretta di far vedere il vestitino nuovo. Entra, passa il corridoio, lui è nel salotto grande, in piedi, non è solo, c'è una donna con lui, giovane, bella, con due occhi enormi, luminosi, attenti, curiosi, un attimo, solo un attimo di esitazione, la presenza dell'ospite non cambia nulla, anzi aggiunge qualcosa di più forte all'emozione che lei prova e a quella che vuole dare al suo amante, Margherita è subito nuda, totalmente nuda, si prostra a terra, le mani dietro ad allargare, a preparare le natiche, i passi di Nanù percorrono il corridoio, anche lui non esita, il suo pene è pronto, lo appoggia allo sfintere, lo tiene con le mani, perché non si pieghi, il rapporto così immediato, senza nessuna preparazione, fa male ad entrambi, entrambi chiudono gli occhi, stringono i denti, entrambi spingono, lo sfintere di Margherita si apre, il pene penetra, sfonda, scende nell'intestino di Margherita lo occupa, lei suda copiosamente, suda per il dolore, per l'eccitazione, per l'orgasmo che ancora una volta monta, le squarcia l'anima, le riempie il cervello. Margherita rimane a terra, sfiancata, fatta di sesso, come fosse fatta di droga, addosso altre al suo ha ancora gli odori di quattro uomini e di due donne, persone con cui si è accoppiata nell'arco della giornata, e quello ormai familiare di Nanù, non ha mai trovato ne il tempo ne la voglia di lavarsi, la donna ha invece un profumo tenue appena percepibile, è china su Margherita, sembra studiarla, le parla con una voce calda profonda,

"ciao piccola, sei bella, bellissima, ti vorrei, ma io non posso sostare in questo luogo, ma mi ha fatto piacere conoscerti, e guardarti"

La figura della donna scompare veloce, quasi senza rumore,

"che era?"

"Angel, una carissima amica, che non credeva tu esistessi".

FRANCO

Il ritorno di Paolo, cambia ancora una volta i ritmi di vita di Margherita, lui le impone di tornare ad una parziale "normalità", il contrasto tra la splendida studentessa e la schiava perversa che è diventata, non deve attenuarsi, così Margherita torna a frequentare l'università, gli amici di prima, torna un paio di giorni anche dai genitori, nella sua città natale, ma di notte lui la vuole puttana, e Margherita si vende, altre notti la presta, la presta ad "amici" che ne fanno richiesta, altre notti, la usa, la usa per il suo piacere, a volte semplice, ma i piaceri veri di entrambi, sono ormai violenti e perversi, si vede e si sente anche con Nanù, lui le telefona spesso, e quando trovano momenti coincidenti di "libertà" si incontrano e si fottono, incredibilmente non ancora stanchi di una attività sessuale che per entrambi è incessante.

Margherita è stata "ferrata" come aveva cominciato a desiderare di essere, da due settimane porta addosso segni permanenti che dichiarano il suo nuovo stato, Paolo per ora non ha voluto ferrarle anche i capezzoli, ma solo il sesso, tre anelli, uno il più difficile e doloroso, è fissato alle estremità di una lunga barretta che le è stata inserita molto profondamente sotto alla pelle del monte di venere, poco sopra alla vagina, Margherita ricorda le mani strette, con le nocche livide, avvinghiate ai braccioli della poltroncina, mentre con una specie di punteruolo le entravano a fondo, potrà essere usato per tenerla ferma, per trascinarla con un guinzaglio, per appendervi pesi, senza timore che la pelle si strappi, gli altri anelli, sono piccole vere che attraversano le grandi labbra, da due giorni il suo amante dopo aver verificato che le ferite fossero ben rimarginate, vi ha attaccato dei pesi a forma cilindrica, lucidi, di acciaio, via via saranno sostituiti da altri, progressivamente più pesanti, vuole che il peso deformi le labbra, rendendole il suo sesso più visibile e appariscente, Margherita indossa solo gonne e sotto non porta nulla, i ferri, i pesi, pendono sotto di lei, le provocano una eccitazione continua, un desiderio appena controllabile di esibirli, di esibirli ai "normali", fotte ogni giorno, più volte al giorno, ma sempre con persone, presentate e imposte da Paolo, o con clienti, quando lui la vuole Prostituta.

"Fanno pensare a una schiava, a una schiava perversa"

"E' quello che sono, i ferri mi marchiano, quelli a cui li mostro non devono avere dubbi sul mio stato"

Franco sta toccando gli anelli di Margherita, turbato, eccitato, si conoscono da tempo, come compagni di studio, Franco le ha sempre fatto una corte appassionata ma discreta, è il candidato ideale, inevitabile per sfogare la voglia di Margherita, Franco le esplora il corpo da un'ora, affascinato, inebetito, lei lo ha letteralmente bevuto, succhiandolo prima che avesse il tempo di fare altro, poi si è tolta la gonna corta, lasciandosi guardare, chiedendo di essere guardata "Prima mi hai chiesto se stavo con qualcuno, non ti ho risposto, io, non sono con qualcuno, io sono di qualcuno"

" cosa vuoi dire?"

"Lo sai, cosa voglio dire, non fare lo stupido, il mio non è un piercing alla moda, lo porto perché così vuole il mio amante, è un segno di proprietà"

Margherita si stupisce di usare ancora quella espressione, Amante, lui la ama ancora, anche se il ruolo di padrone cresce ogni giorno, ogni ora.

"Il mio Amante, mi possiede, mi usa per il suo piacere, se vuole mi può vendere o prestare, oppure, come questa notte, frustarmi"

Margherita si toglie la maglietta e il reggiseno, il busto e la schiena, sono segnati da colpi forti, ricevuti la notte precedente, Margherita ha parlato del suo desiderio di fare all'amore con il compagno di studi, Paolo non ha fatto nessuna obiezione, salvo imporle quei segni freschi, oltre a quelli pesanti e permanenti che già la marchiano

"Non fare altre domande, fammi fare all'amore con te, con gli altri, anche con Lui fotto, con te voglio fare all'amore"

Si siede su di lui, lo fa penetrare lentamente, si muove cercando armonia e sintonia con lui, i muscoli del ventre, si contraggono con lenta sapienza, forti, allenati, si aprono e si stringono, guidati dall'esperienza e dal desiderio di dare e provare un piacere profondo, e almeno questa volta, semplice, il pene del ragazzo viene manipolato dal suo sesso, "Sorridi e amami, io sono felice che altri mi fottano, e che Lui mi possieda, ma sono felice di essere amata da te, amami e basta, senza chiedere altro".

Il tempo di Margherita passa veloce, incredibilmente pieno, divisa tra lo studio, il suo Amante e Padrone, con Franco e la sua passione tenera, gentile, confusa, e con Nanù che quando può, incontra quasi di nascosto. Lo studio sembra non subire in alcun modo danni dalla sua vita nascosta, e dal poco tempo che vi dedica, sostiene gli esami con una facilità e una calma che le erano prima le erano sconosciuti, tutto le viene facile e sicuro, deve solo preoccuparsi di nascondere i segni che spesso porta addosso, Paolo e quelli che lui autorizza, evitano di segnarle le gambe, e le braccia, che porta sempre scoperti, perché le è stato chiesto di essere sempre il più nuda possibile, per provocare gli sguardi e i desideri di chiunque incontri, deve sentirsi continuamente desiderata e concupita, il sesso è sempre nudo, pronto per essere usato, il resto del corpo, quello che gli abiti nascondono ai "normali" può essere colpito, segnato, talvolta ferito, Franco bacia, confuso ed eccitato, quelle ferite, continua ad amarla, ma il mondo segreto di Margherita, poco a poco comincia ad attirarlo, la segue, la pedina, Margherita lo scorge nascondersi in maniera goffa ed inutile, mentre lei si presenta o viene condotta a qualche incontro, il giorno dopo, lui cerca le tracce di quello che lei ha fatto e di quello che ha subito, sulla schiena sui seni.

I pesi sulle grandi labbra in un paio di mesi hanno prodotto l'effetto voluto, si sono deformate, allungate, ora pendono oscene, ornate da anelli più grossi, tra le gambe che lei allarga vistosamente, quando a Margherita viene imposto, o richiesto, di farsi guardare, la deformazione così evidente e voluta, eccita clienti ed amanti, toglie loro ogni residua inibizione, il gancio così lo chiama Paolo, viene usato , quando lui la porta a passeggio in luoghi poco frequentati, la denuda integralmente, togliendole tutto, anche i piccoli ornamenti di tutti i giorni, anelli, orecchini, si aiuta con lo sputo per toglierle il trucco, la vuole nuda, assolutamente nuda, aggancia un lungo guinzaglio, sopra alla sua figa, la strattona, perché lei gioca, gioca ogni volta, un gioco per lei doloroso, ma eccitante, come tutti i suoi giochi, recalcitra, si ribella, resiste, fino a che la pelle le si tende troppo e minaccia di rompersi, qualche volta, un passante la scorge, mentre cammina nuda, come una fiera al guinzaglio del suo padrone, tra gli alberi di un parco, lungo una strada buia, nei parcheggi, tra i camion fermi di zona industriale.

E' l'alba di un giorno caldo e pesante di luglio, Margherita ha sudore rappreso e tracce abbondanti di sesso addosso, ha passato la notte ad accontentare molti uomini, tra loro, anche Franco, ora è uno dei tanti, Margherita sapeva di essere seguita, l'aveva visto, come altre volte, e si aspettava di trovarlo sempre nascosto poco lontano quando, dopo ore, sarebbe uscita dalla casa dove era stata portata a farsi fottere, ma dopo non molto tempo, aveva sentito suonare alla porta, era l'unica donna nella casa, loro, quelli che doveva soddisfare, erano in dieci, la stavano scopando e inculando, a turno, senza fretta, sapendo di poterla usare fino all'alba, le avevano legato abilmente i seni, con corde strette, che facevano male, Margherita, si sentiva oscena, con le mammelle deformate e viola di sangue fermo, era oscena, e godeva di quella nuova oscenità, così visibilmente dolorosa.

"C'è un ragazzo, Franco, dice che lo conosci, vuole entrare, cosa facciamo?"

Margherita, pensa a Franco, uno scoglio a cui si è aggrappata, è solo uno scoglio, un angolo in cui riposarsi, appena uscita dalle onde forti che sembrano volerla trattenere con loro, su uno scoglio non si può vivere, si può solo riposare prima di tornare tra le onde, che urlano e la chiamano

"Legatemi a quella trave, quella che vedo a terra, l'avete portata qui per legarmici vero? E allora usatela, subito, legatemi stretta, fatela diventare il mio piccolo patibolo"

La trave viene alzata da due uomini e posta sulle spalle di Margherita, la legano con corde, altre corde che stringono e le graffiano la pelle, le legano le braccia, le mani, strette, strette alla trave "Ora mettimi un peso, un peso il più grosso, attaccato al gancio, e poi fallo entrare, che mi veda, che mi veda così"

"Margherita?"

"Quasi non mi conoscessi"

Margherita si regge a appena, la grossa trave legata sulle spalle la schiaccia, quasi fosse una croce, le mammelle ancora strette dalle corde, il grosso peso attaccato al gancio le pende tra le gambe larghe, che non riesce a tenere dritte, restano piegate dai pesi, e dal dolore intenso, la pelle dell'inguine sembra quasi strapparsi, oppressa dal peso che le dondola sotto, ha il viso sporco, sporco del trucco pesante, sciolto da lacrime che neanche l'eccitazione riesce a trattenere, da tracce abbondanti di sperma, sul viso, sul corpo, segni di colpi, cera secca, e ancora sperma, gocce pesanti dell'ultimo che l'ha scopata, si staccano dalle grandi labbra deformate, cadono a terra,

"Cosa vuoi?"

"Ti voglio anch'io"

"Piccolo, qui mi si fotte, mi si incula, mi si piscia addosso, qui non mi si ama"

"Voglio fotterti anch'io, come gli altri"

"Non potrai più amarmi, lo sai?"

"Si!"

"Allora fatti avanti, unisciti alle bestie"

Il suo uomo è venuto a prenderla alle cinque del mattino, l’ha fatta salire in macchina, nuda e sporca come l'hanno lasciata, come altre volte, la sta portando a passeggio in un terreno abbandonato ai margini della città, all'apparenza incurante del suo stato di evidente prostrazione, il terreno è molle, durante la notte ha piovuto forte, è pieno di detriti, a tratti viscido e a tratti pungente, per pietre e per i residui di costruzione che vi vengono scaricati, Margherita e a piedi nudi, ed è mortalmente stanca, cammina china quasi gobba, due uomini li seguono da un po' di tempo, bisbigliano tra loro, Paolo la guida senza neanche guardarla, verso un angolo nascosto, da alberi e resti di mura, a terra ci sono mucchietti di feci, qualcuno coperto da fazzoletti di carta, la costringe a camminare in tondo, i due uomini si sono fermati ai margini della zona, evidentemente usata da sbandati come latrina, hanno i cazzi fuori, si masturbano, la stanchezza di Margherita è all'improvviso scomparsa, l'adrenalina le scorre nel sangue, continua a camminare in tondo seguendo gli ordini di chi la doma, ma ora è più veloce, cammina eretta, è fiera, eccitata dall'essere mostrata, in quel modo, e in quel posto, calpesta indifferente qualsiasi cosa, senza cercare di capirne la natura, ad un ordine, si china, si mette carponi, Paolo stacca il guinzaglio, sa che non ha più bisogno di guidarla, le mani, le ginocchia, i piedi, si appoggiano sul terreno putrido, Margherita si muove a quattro zampe, sul fango, sui sassi sui grumi di feci, Margherita si distende, si abbandona, nuda sulla terra insozzata si struscia, si rotola, si insozza di fango, si imbratta di merda, è bestia, guardata concupita da altre bestie,, si accuccia, guarda i sui compagni, ancora divisi tra lo schifo il desiderio, scosta le grandi labbra con le dita, e urina a terra, l'urina esce sempre più abbondante, scroscia, forma altro fango sotto ai sui suoi piedi, i due uomini si avvicinano, le schizzano il loro sperma addosso, poi anche loro urinano, lei si porge ai loro getti, li beve, lascia che le si svuotino addosso, li fa girare, abbassa loro i pantaloni, lecca loro il culo, li incita, stimola il loro ano prima con la lingua poi lo penetra con le dita, li deride per il loro imbarazzo.

"Accontentatela, non vi capiterà più un'occasione simile, lei è tutte le donne che vi hanno ignorato, maltrattato, che si sono fatte desiderare, e vi hanno lasciato con un pugno di mosche in mano, anzi con un pugno di cazzo da menare"

Le cagano in bocca, le coprono il viso ed il corpo di merda, poi quasi fuggono, inorriditi per quello che hanno fatto.

Lui è sparito, ma torna poco dopo , con un secchio d'acqua trovato, o forse preparato prima, e uno straccio di vestito, Margherita si lava alla meglio, e si veste.

"Posso scendere più in basso? Essere ancora più oscena? più sporca? è possibile?"

"Si!"

"Allora voglio esserlo"

IL PROFESSOR ARRIGHI

"Mi ami ancora?"

La domanda è diretta, precisa, ma fatta in maniera calma, quasi serena, nonrimane ansia ad attendere la risposta

"Si, penso di si, da qualche parte, dentro di me, credo di nascondere un ragazzo romantico, forse quello che ero, o che potevo essere tanto, tanto tempo fa, e tu?"

"Io? credo di amarti come prima, anche se ora ti vivo più come padrone che come amante, sento di doverti devozione, più che amore, la ragazza romantica?, te la ricordi? Lo ero, lo sono stata, ma credo di averla vomitata, assieme a sborra e piscio, non è più dentro, non grida, non parla, non si ribella, come ha fatto quando tutto questo è iniziato"

Margherita è in piedi davanti al suo Amante, si tocca i ferri, si accarezza, stringe, quasi si tortura i seni

"Ora sono solo una femmina che cerca il sesso ovunque e comunque, sesso nei cessi, nei postriboli, mi pensavi così nelle tue fantasie quando ero solo la tua amante giovane?, quella giovane ragazza è diventata una puttana pazza, ti piace questa definizione, MARGHERITA , LA PUTTANA PAZZA, me la fai stampare su una locandina in diecimila copie, la voglio appiccicata sui muri di tutta la città, voglio che la gente mi guardi quando passo, mi ingiuri, mi desideri, mi sbatta a terra e mi fotta senza chiedere permesso"

"Hai voglia di fottermi?"

"Si, come sempre"

I due amanti fottono, lui la usa, le copre il viso di sputo, le entra con la mano in bocca, ne cerca la nausea, la incula, la fotte, la trascina nel cesso, la usa come latrina, ma non smette di cercare negli occhi di Margherita qualcosa che gli dica di smettere, ma non vede niente, solo il desiderio di essere trattata a quel modo, l'unico ormai con cui si rapportano tra loro, anche se da mesi lui non la batte, ne la fa battere da altri, i loro rapporti sessuali restano sempre violenti e sporchi.

"Preparati per le undici di questa sera, una macchina verrà a prenderti, nella mia camera troverai pronto quello che devi indossare"

"È finita la quarantena?"

"E' finita, quella che tu chiami quarantena, è stata una pausa indispensabile, tu non te ne accorgevi, ma i lividi sulla tua pelle tardavano a essere riassorbiti, le ferite a cicatrizzare, dovevo, dovevamo fermarti, il tuo corpo va gestito con accortezza, se ne vogliamo spremere, ogni piacere e ogni guadagno possibile, in questo mondo il danaro è ormai l'unico metro per giudicare il valore di qualcosa, stasera le tue prestazioni saranno vendute, dovrai farci guadagnare, guadagnare molto"

La macchina un grosso Mercedes Nero, si ferma davanti al ristorante di Frollo, è passata la mezzanotte, qualche avventore sta uscendo, dentro c'è ancora gente, movimento, rumori, voci allegre di gente comune, Margherita indossa una gonna molto corta, di tessuto simile al metallo, ha il colore dell'oro, gli orli della gonna danzano sulle cosce, la poca stoffa, si posa e si stende leggerissima sulle natiche, rivelandole nude, sopra porta una striscia, una sciarpa lunga e stretta, di rete fine, dello stesso colore, le passa dietro alla nuca e si intreccia davanti a coprire appena il seno, non porta scarpe, le dita dei piedi e delle mani sono infilate in anelli, anelli uniti con catenelle ad un bracciale di metallo, alla caviglia per i piedi e al polso per le mani, nelle borchie che porta infisse sulle grandi labbra, è inserita una barretta, le tiene il sesso dischiuso, Margherita cammina lenta, quasi incede, Principessa di terre sconosciute ai più, passa nel lungo corridoio del ristorante, senza guardarsi attorno, sono loro, gli altri che devono guardarla, e guardano, desiderano, immaginano, sognano di lei e su di lei.

Il tavolo è sempre lo stesso, l'ultimo, vi siedono Frollo, il suo amante, altre due persone sono di schiena, sono entrambi uomini, uno lo riconosce subito, senza dubbi, anche se ne vede solo gli abiti e la nuca, Il professor ARRIGHI, Margherita ha un attimo di incertezza, per qualche istante vorrebbe non essere lì, non essere quella che è, stima molto quell'uomo, da quando un paio d'anni prima ha frequentato i sui corsi, ne è da sempre affascinata, ha i capelli grigi, quasi bianchi trattenuti in una coda da cavallo, una voce calma bassa, una voce che inchioda sulle sedie le aule più indifferenti, Margherita come molte sue colleghe è rimasta irretita dai sui modi, dalle sue parole, dai vestiti, sempre grigi, eleganti, lino o morbida flanella, portati sopra a semplicissime maglie girocollo, anche il leggero bastone, un vezzo, più che una necessità di sorreggere un ginocchio leggermente leso, acquista portato da lui un fascino altrimenti incomprensibile, ARRIGHI è lì, pranza con Frollo e con il suo Amante Padrone, e se è li con loro, aspetta una puttana, una puttana di nome Margherita, ARRIGHI appartiene al suo nuovo mondo ora, Margherita gli sarà offerta, e che lei dovra far salire al massimo il suo prezzo, non pensa, non si chiede, quello che potrà fare di lei, potrà fare tutto quello che sarà stabilito nel prezzo di acquisto. Gli uomini si alzano, galanti, educati, solo Frollo resta seduto, continuando a mangiare.

"Ciao Frolo"

"Ciao Margherita, conosci il Professor ARRIGHI e il suo assistente Alessi? hai studiato con loro se non sbaglio"

Alessi detto anche Leccaculo, figura infima e viscida, nessuno sa perché Arrighi lo tenga con se, guarda, esplora, ogni studente che gli capita sotto come una sanguisuga assetata di sangue, Arrighi sembra non badarlo, non accorgersi delle moine di cui gli si rivolge, ne avvedersi delle angherie che pratica sugli studenti, tanto è amato e rispettato il primo, tanto è odiato il secondo, ora sono li allo stesso tavolo, e Margherita, viene offerta e presentata ad entrambe.

"Vi piace la nostra Margherita"

Alessi la scruta, la squadra, sorride falso e impostato come sempre

"da come si presenta sembra una dea, una dea pagana, non certo la puttana che ci avete promesso"

" sono puttana, puttana nel sangue, ormai, sono quella che cerchi, e se sei qui lo sai gia"

"Una dea puttana, con la fica dorata, immagino"

Frollo e Alessi ridono, rumorosamente,

"Stia zitto Alessi, cerchi di essere meno volgare"

La voce di Arrighi è stizzita, secca, poi cambia tono e parla guardando fisso Margherita

"E' stata una sorpresa, scoprire la sua natura nascosta, la conoscevamo come una delle nostre migliori studentesse, seria e distaccata, abbiamo a lungo parlato con l'amico Frollo e con il suo Amante, ci sono state mostrate e raccontate molte cose su di lei, vede Margherita a noi non basta una puttana, le puttane hanno, e pongono limiti troppo stretti, per quelli che sono i miei gusti e quelli del mio assistente, so già che i suoi sono, come dire, più ampi, può andare ancora oltre?"

"Non ci sono limiti, non li pongo, soprattutto a uno come lei, a uno a cui ho sempre desiderato darmi, chiedo solo di essere mantenuta viva, non chiedo altro"

Gli uomini si guardano, il suo Amante e il Professore, parlano fitto, Alessi le tocca una gamba, sale su lungo la coscia fino a verificare la presenza dei ferri, infila un dito sopra alla barretta che unisce le borchie, tira, prima leggermente, poi con forza, Margherita, trattiene il respiro, stringe i denti, lo sfida con lo sguardo, l'uomo, che le impone una serie di strappi dolorosi, il viso e il corpo di Margherita si imperlano di piccole gocce di sudore, poi la sfida tra i due finisce, e l'uomo annuisce ad Arrighi.

Frollo rutta e mangia, ha il mento sporco lucido di grasso e sugo, il suo Amante parla di prezzi di cifre, il Professore tratta, come un commerciante esperto, guarda la merce che gli viene offerta, ne cerca i pregi, ne cerca difetti, la scruta, la pesa, ne studia il corpo appena coperto, ogni piccola reazione alle sue parole, alle sue richieste, Quell'uomo vuole delle prove di quello che sono, le vuole qui, e le vuole subito, poi mi comprerà, mi comprerà subito. Il pensiero di Margherita si forma e prende subito corpo e azione

"Frollo, voglio pulirti il mento come Anna, posso farlo?"

Margherita si alza senza attendere una risposta, si china sull'uomo, gli lecca il mento, le guance, raccoglie sporco e sudore sulla lingua,

"Non dirmi che vuoi anche bere, piccola troietta, vuoi bere qualcosa dalla mia fonte privata?"

Frollo ride, divertito dalla definizione che ha appena inventato per il suo pisello. Il locale è ancora aperto, ma ormai è vuoto, l'ultimo gruppo di persone sta pagando il conto, ed esce commentando la scena assurda che qualcuno di loro dice di aver visto svolgersi all'ultimo tavolo.

"Si, ho voglia di bere la tua piscia, spero che la tua vescica sia piena, perché ho molta, molta sete"

Frollo si alza, si sbottona i pantaloni, Margherita è già sotto di lui, con la bocca aperta e pronta

"Girati, prima ti voglio pisciare tra i capelli, ora mi piacciono le donne con i capelli bagnati"

Lei si gira obbediente, raccoglie i capelli tra le mani, lui vi piscia sopra, fino a che ne sono completamente intrisi, poi si trattiene, Margherita si liscia con le mani i capelli, ora sono lucidi, pesanti,

"Ora bevi, bella"

Margherita ride a gola aperta e Frollo le infila il cazzo che gocciola urina, direttamente in gola, con un sospiro allarga le dita che lo hanno stretto, e lei beve, beve tutto quello che Frolo ha dentro, lo succhia, lo lecca e lo netta, diligente e accorta, riporta con delicatezza il cazzo dentro i pantaloni e li richiude, apponendo alla fine un bacio, quasi fosse un sigillo sulla patta, ma intanto ascolta, ascolta attenta, il suo Amante fissare il suo prezzo definitivo, e le prestazioni che le sono richieste.

"D’accordo, Margherita vale quello che lei chiede, me la mandi tra dieci giorni"



Margherita è in casa del Professore, un vecchio enorme palazzo del centro, un importante patrimonio di famiglia, anche Alessi abita nel palazzo, in un piccolo appartamento, ricavato dove una volta viveva la servitù, il Palazzo è anche un museo, di giorno un paio di persone vi lavorano per tenerlo pulito ed in ordine e guidare le visite di comitive a pagamento, un ampio salone a volte viene adibito a sala convegni o a piccoli concerti, il professore vive e abita in poche stanze del piano nobile, ed è qui che Alessi guida Margherita, mentre le racconta le storie della grande casa, i suoi pregi, e i suoi tesori, quasi fosse tutto cosa sua.

"Confesso che ti ho desiderato, piccola troia, quando passavi per i corridoi, sempre mezza nuda, ti facevi guardare, da me, da tutti, intuivo che eri diversa da altre stronzette che si credono audaci solo perché si vestono poco, ma c'era un accordo con il Professore, niente Studenti, niente persone del nostro ambiente, per soddisfare i nostri piaceri nascosti, le donne le dovevo cercare fuori, trovarti nella Lista di Frollo, è stata la conferma, di una natura che già intuivo, alle prime pensavo a una somiglianza, ma poi Frollo mi ha detto il tuo nome e cognome, era proprio Margherita Dallaporta a portare ferri alla figa, fotografata con il cazzo di un frocio, in bocca, e nel culo"

Margherita ricordava benissimo le foto fatte con Nanù, sapeva a cosa sarebbero, servite, che sarebbero state mostrate, che su quelle foto sarebbe stata, messa in vendita.

"Ho impiegato dei mesi a convincere il tuo amato Arrighi, a permettermi di chiedere di te a Frolo, nel frattempo mi sono dovuto accontentare di un paio di Rumene, capaci solo di fingere piacere, urlavano al primo colpo di frusta, si vendono solo per il terrore inculcato loro dai protettori, la merce come te è rara, sei bella, sei libera, ti piace fottere, ti piace stupire, ti piace eccitare, eccedere, e che altri eccedano su di te, cerca di non deluderci, il Professore ti ha pagato veramente cara"

Ora sono nelle stanze private, in una stanza grande, vuota di arredi, disadorna, il pavimento di marmo, bianco, tirato a piombo, freddo sotto i piedi scalzi di Margherita, in alto grandi vecchie travi di legno, sul fondo la stanza si alza di un paio di gradini e il pavimento diventa di legno, appena entrati nelle stanze del Professore, Margherita è stata fatta spogliare, Arrighi la ispeziona, controllando lo stato dei ferri, le controlla la pelle, intatta senza segni, come era richiesto, le apre con mani coperte da guanti di gomma, l'ano e la vagina, poi la fotte, a terra, la fotte con perizia, usandole sia il culo che la figa, si è fa leccare, succhiare, e poi a riprende a fotterla, dimostrando un controllo quasi incredibile della propria eccitazione, alla fine sborra a terra, sul marmo, non è necessario ordinare a Margherita di pulire con la lingua, per gusto vero, o per finto piacere, lui non può saperlo, Margherita lo sta già facendo.

"Ora vai dietro a quella porta, c'è un bagno, lavati, profumati, troverai anche un clistere, e una lavanda vaginale già pronti, usali, il Professore e un po’ schifiltoso, non vuole imbattersi in tracce di altri quando ha comperato una donna, anche se di rado poi la usa"

Magherita torna nella stanza vuota, dal soffitto, pendono ora alcune catene, "Cos'era questa stanza?"

"Una volta era la Cappella, vent'anni fa c'è stato un incendio, è non è stata più restaurata, ora la usiamo io è il Professore, come vedi basta poco e poco tempo per attrezzarla a dovere"

Nella parte rialzata di legno, forse il posto dell'altare, sono appoggiati degli strumenti, pesi, pinze, un martello, mollette di ferro, fruste, assicelle di varia lunghezza, bastoni, verghe, chiodi, aghi, candele di vari colori e dimensione, alcune già accese, e molte corde,

"Il Professore dov'è"

Alessi indica alcune zone della stanza, vi si scorgono piccole telecamere, appena mascherate, c'è ne sono molte, almeno una dozzina, piazzate a varie altezze, una si sta muovendo con un leggero ronzio.

"Lui, guarda, può essere nella stanza accanto, ma anche lontano, nella casa di campagna, raramente interviene di persona"

Margherita sente l'obiettivo della camera addosso, è già stata ripresa altre volte nuda e anche mentre praticava sesso, ho veniva punita e umiliata, ma quella telecamera fredda, meccanica, le da i brividi "Ora Metti questa barretta sulla figa, e avvitala alle borchie"

Margherita si china apre le gambe e avvita la barretta,

"Prendi uno dei pesi e aggancialo"

Margherita prende un cilindro di metallo brunito, il più grosso

"Che coraggiosa, hai scelto il più pesante"

"Mi piace solo il gioco pesante"

lo attacca alla figa, lo attacca e lo lascia pendere, il dolore è forte, la pelle si allunga, si stira,

"Seguimi sotto il parranco, sei proprio stronza e presuntuosa, come immaginavo, ma io ti farò saltare i nervi, chiederai la mia, la nostra pietà"

"Potrei chiedere quella del professore, l'ho chiesta talvolta anche al mio uomo, mai la tua o di gente come Frollo, mi fate troppo schifo, siete solo parassiti di altri, più forti di voi,"

Goffa, piegata sulle gambe, Margherita segue il suo nuovo aguzzino, ogni movimento, ogni passo, è un dolore acuto, che si aggiunge ad altri, che non riesce a nascondere

"Muoviti sei lenta, ti muovi come una vecchia bagascia dall'utero scassato"

Margherita si ferma, ride sguaiata, un riso volutamente e ricercatamente volgare, guarda l'uomo, lo sfida

"Guardami, piccolo Leccaculo parassita"

Si piega sulle gambe, si accuccia, fino ad appoggiare a terra il peso, si lascia guardare qualche istante, poi si alza di scatto, urla, le labbra del sesso si allungano, alzano il peso, lei urla ancora, quasi ringhia, il peso le deforma il sesso, dondola, provocando un dolore forte, evidente, "Ne aggiungo un altro? Lo attacco qui, sopra alla fica"

Da sola con la mano si tira il gancio, tende la pelle fino a che sbianca, poi cercando di non essere più condizionata dal peso che ha tra le gambe, raggiunge la posizione indicata, lasciando che le provochi tutto il dolore possibile, non evitando, non cercando più di attenuare l'effetto di nessun movimento

"La mani dietro alla schiena"

"Legami bene, coglione"

"Ti accontento, stronza"

Lui stringe, lei urla, parolacce per offenderlo, irritarlo

"Ho ancora voglia di cazzo, il tuo non mi è bastato, Ho l'acquolina in bocca, per la voglia di cazzo, dammelo ancora, o se non c'e la fai, chiama qualcuno che ti aiuti a fottermi come si deve"

Ma l'uomo è ora assorto a legarla, le lega le mani, le spalle, facendole inarcare il torace, la fa mettere in ginocchio

"Vuoi pompino?"

Lui non la bada più, continua a legare, ha attaccato il legaccio delle spalle a una delle catene che ha fatto scendere dal soffitto, poi e sceso a legarle le caviglie, le fa piegare le gambe, e lega le caviglie, ad altre corde che le girano strettissime attorno alle cosce, Margherita ora appoggia solo sulle ginocchia, e viene trattenuta in equilibrio dalla catena collegata alle spalle, Alessi prende una frusta fatta di grossi nastri di cuoio intrecciato, e le assesta un serie di colpi molto forti. Margherita, strige i denti, non parla, non urla, cambia solo il ritmo del respiro

Alessi ripone la frusta,

"Tutto quì?"

Per tutto il tempo Margherita ha subito i colpi e ascoltato il ronzio delle telecamere che la inquadravano.

"Tutto quì"

Alessi ha altre corde in mano, le passa, le avvolge, le strinde attorno ai seni di Margherita,

"Vuoi appendermi per i seni?"

"Devo chiedere il tuo permesso, forse?"

"No!"

L'uomo continua i suo lavoro, fino a stringerle i seni tra le corde, prova la tenuta della legatura con un paio di strappi decisi, la gola di Margherita emette suoni che non riesce a trattenere, Alessi attacca un'asola che ha ricavato dalla corda sui seni alla catena che un attimo prima sorreggeva Margherita per le spalle,

"Vado?"

"fottiti!"

Un piccolo motore elettrico ronza, la catena si tende, tira la corda, tira i seni, li deforma, le corde stringono, Margherita, viene alzata da terra, portata in alto, fatta ridiscendere, risalire, fermata, con il ventre all'altezza del viso di Alessi, il peso le pende ancora dalla figa, i seni sono viola, anche le cosce, e i piedi sono violacei, stretti come sono dai legacci, le telecamere ronzano, vedono inquadrano, Alessi torna a colpire, questa volta con una lunga canna, Margherita per non urlare il proprio dolore, urla insulti, provocazioni, Alessi colpisce più forte

"Smettila di dire stronzate, stai zitta altrimenti ti inchiodo la lingua"

"E fallo, fallo se hai coraggio coglione"

Alessi è furioso, sta perdendo ogni controllo, ora i colpi sono disordinati, senza alcun ritmo,

Margherita continua ad isultarlo anche se le parole le escono strozzate, a volte mozze, e il respiro comincia ad essere irregolare,

"Chiudi quella bocca Puttana!"

Alessi fa scendere Margherita a terra, la stacca dalla catena, la trascina per i capelli fino ai gradini, di legno, dalla pedana raccoglie un grosso chiodo e un martello

"Stai zitta o ti inchiodo veramente quella lingua sugli scalini"

Per qualche istante i due si guardano, le camere continuano a ronzare, Margherita striscia fino a portare la testa sopra al primo scalino, ha il viso livido, teso, il poco trucco sciolto le riga le guance, apre la bocca e posa la lingua sul legno,

Alessi è furioso le si mette dietro a cavallo della testa, appoggia il chiodo nel mezzo della lingua e prepara il colpo di martello.

"Fermo!"

Il rumore di una porta, i passi, il bastone che ticchetta sul pavimento, la voce di Arrighi,

"Fermo, sei troppo teso e eccitato per fare una cosa del genere, Margherita, non deve subire danni seri, o irreparabili, se proprio lo vuole, vuole provocarti, provocarci, con questa sua folle offerta, posso farlo io"

"Margherita, vuoi?"

Pazzia, pazzia che cresce, che li prende tutti,

"Si!"

"Slegala"

Alessi la slega, le tracce delle corde restano profonde sulla pelle, si confondono con quelle dei colpi di frusta,

"Vieni qui, sullo scalino come prima"

Margherita torna sullo scalino camminando a quattro zampe, lenta, incerta, come un animale riottoso, diffidente,

"Speravo saresti venuto"

"Per farti questo?"

"Per farmi qualsiasi cosa"

Margherita appoggia le mani sullo scalino le braccia aperte, distanti, a cercare appoggio ed equilibrio, poi allunga la lingua quanto le è possibile e la appoggia sul legno. Il professore è calmo, quasi freddo, controlla il chiodo, studia l'equilibrio del martello, e appoggia e colpisce quasi nello stesso istante, senza nessuna incertezza, con un movimento veloce avvolge il corpo della ragazza con le braccia, ne trattiene, ne limita i movimenti inconsulti, impedendole di muovere la testa, come stava istintivamente per fare, a Margherita, non resta che battere con violenza le mani sullo scalino, unico modo rimastole per dichiarare quello che prova, Il professore le parla con calma, le accarezza i capelli, poi quando la sente nuovamente sotto controllo, le va dietro, si apre i pantaloni e le fotte il culo.



Quella che esce dal palazzo, dopo una settimana, è una creatura, senza più contatti con il mondo, per sopportare, per subire, ha perso via via la gestione dei propri sensi dei propri sentimenti, non comunica più ne con l'esterno, ne dentro di se, ha creato decine e decine di piccole isole, relegando dentro di loro ogni fatto, ogni sensazione, ha tagliato ogni comunicazione tra i singoli eventi, solo così è riuscita a controllare ogni soppruso subito, la frusta, era la frusta solo una frusta, l'ano allargato, straziato dalla mano di qualcuno, era solo l'ano, i seni legati stretti, usati per appenderla in alto, mentre con verghe le percuotevano i piedi, erano solo seni.

Ogni sensazione era circoscritta, isolata, e in questo modo gestita e vissuta, ma ora l'essere che torna alla casa dell'amante, è incapace di riannodare tutte le connessioni, e si trova a non essere più nessuno, solo un'accozzaglia di fatti vissuti, di fatti immaginati, di incubi, di eventi reali, non più distinti e correlati tra loro, cammina appena, tasta il terreno, i muri, ogni oggetto, ogni forma, ogni movimento, diventano irriconoscibili, indistinguibili possono appartenere al passato, al presente, ma forse anche al futuro.

Il corpo guarisce lento, ma guarisce, la pelle aperta, si richiude, si appiana, riprende il colore, ma la mente è più lenta, mille figure, mille fantasmi le vorticano dentro, Paolo , Frolo, Anna, Nanù, l'uomo con il Bastone, Angela, Lisa, Silvia, è altri ancora, ancora nell'ombra, i cui tratti non sono ancora delineati, ma solo abbozzati, una ragazzina, con le braccia e le gambe tatuate, i piccolo seni appuntiti, appena nati, già forati da piccoli anelli, il sesso rasato e una sottile catenella attaccata al clitoride, guarda Margherita accarezzando il suo cane "Lupo" che la segue ovunque, Figure confuse da cui dopo molto tempo emerge quella del suo Amante che le parla, le parla calmo, dolce,

"Ora vuoi andartene, vuoi lasciarmi, queste sono le mie fantasie, se resti saranno la tua realtà"

FINE

oppure chissà, tutto dipende dalla risposta di Margherita, ora e zitta, mi

guarda, rilegge ogni pagina, per una seconda volta, e ancora non fugge

lontano



Parte II

1

"Sei sveglia?"

La voce sembra arrivare da lontano, ma è una voce chiara, piacevole, giovane, una voce che evoca prati, corse, risate, c’è luce, molta luce, troppa, Margherita si porta la mano davanti agli occhi.

"Dove sono? E tu, chi sei?"

"Io? hai ragione, non mi conosci, io sono Andrea ed a dispetto del nome, sono una femminuccia. Sei da Norma, nella sua villa, o come la chiama qualcuno, La Clinica"

"Clinica? "

"La chiamano così perché a volte portano qui quelle come te, quando subite danni rilevanti, danni che non passano da soli con riposo e cremine, qui vi rimettono in sesto, vi cuciono le ferite, vi fanno riposare, e poi vi rimettono nel mercato, tu sei nella Lista di Frollo se non sbaglio, credo sia il peggiore di tutti i Master che si servono di questo posto"

"Sono credo di essere nella sua Lista, come la chiami tu ma non sono sua, sono di un altro, ma tu non sei come me?"

"No io sono e voglio rimanere una Libera, vengo da Norma per riposarmi tra un lavoro e l’altro. Lo so che sei di Paolo, e venuto a vederti quasi tutti i giorni, stava seduto accanto al letto per ore, sapeva che oggi ti saresti svegliata, mi ha chiesto di starti accanto, lui verrà solo domani"

"Da quanto sono qui"

"Da un mese"

"Non ricordo niente, assolutamente niente"

"Sei stata sempre sotto sedativi, sei entrata qui in stato di shock e fisicamente molto, molto provata, con profonde ferite, non avevo visto mai nessuna in quello stato. Ti hanno tenuta in stato di incoscienza, per lasciare riposare il tuo sistema nervoso, e intanto dei medici ti hanno cucito le ferite".

Margherita riesce finalmente a usare la propria vista, si guarda attorno, è in una camera ampia e luminosa, con una grande finestra che occupa quasi interamente la parete di fronte al letto, all’esterno si vedono grandi alberi, si intuiscono spazzi aperti, forse il mare, non ci sono rumori, accanto al letto distingue una ragazza giovane, molto giovane, il viso rotondo, allegro, i capelli cortissimi, un piercing, una barretta con due sfere avvitate alle estremità le attraversa l’attaccatura del naso, all’altezza dei sopracigli, appena accennati. È nuda, salvo per un striscia di tessuto nero, coperto di brillantini, che le nasconde il pube, la striscia si regge direttamente sulla pelle, su due piccoli anelli che le forano i lati del monte di venere. Ha un corpo minuto, ben fatto, i seni fiorenti, appena accennati, con capezzoli piccoli e scuri ornati da anelli di metallo appena appena più grandi di loro, le braccia e la gamba sinistra, sono coperte da tatuaggi, figure nitide, forse una storia, una storia incisa sulla pelle. Andrea si lascia guardare con evidente piacere, si gira e sui fianchi noto che ha altri due piercing a cui è collegata un catenina che sostiene un’altra striscia di tessuto, altri due anelli le forano la pelle, più in alto, appena sotto le spalle.

"Ti piaccio? Ti piacciono i miei gingilli"

Scosta il leggero lembo di tessuto, per mostrare altri anelli, di varie dimensioni, infitti sulle labbra del sesso, poi apre la bocca per mostrare la lingua forata da due barrette.

"Gli uomini impazziscono quando li vedono, ci giocano, a volte per ore, alcuni li usano per ornarmi, ci attaccano piccoli gioielli, pietre, oro, perle, qualche volta me li lasciano in regalo, molti vorrebbero usarli per legarmi, per immobilizzarmi, ma io non mi faccio battere, almeno non ancora, mi faccio fottere, inculare, con qualcuno, anche con il tuo uomo, riesco anche a godere, ma il dolore mi fa ancora paura, anche se l’ho già provato, quando mi sono fatta fare tutto questo, a te non fa paura? mi dicono di no, mi dicono che lo cerchi, e lo chiedi, è vero? ma io come sempre parlo troppo, chiedo troppo, ora vado a telefonare a Paolo e a prenderti qualcosa di caldo, aspettami, torno subito".

Margherita non ha il tempo neanche di fiatare, che la ragazza è già fuori dalla stanza. Margherita si alza dal letto, addosso non ha nulla, non si sente stanca, non sente alcun dolore, è solo ancora assonnata, c’è un grande specchio. Margherita si guarda, il grosso anello che le attraversava la parte alta del pube le è stato tolto, le sembra di scorgere ombre sulla pelle, dove erano i fori d’entrata della barra a cui si attaccava, ma le grandi labbra restano ancora oscene, evidenti, deformi, le borchie sono ancora al loro posto. Il resto del corpo sembra in forma smagliante. Affiorano piccoli ricordi di mani esperte, di olii, di creme, di linimenti ed altri, più forti e acuti, di strappi, di grida e di dolore, molto dolore.

"Sei bellissima, venivo spesso a guardarti, mentre ti massaggiavano, mi piacciono gli uomini, ma anche le donne, quando sono come te"

Andrea è rientrata, le porge una tazza di brodo, brodo caldo, buono, pieno di sapore, di profumo, e parla, parla, cicaleccia come una bambina allegra e sfrontata, Margherita beve con calma il brodo, attenta a non scottarsi.

"Posso toccarti, fare all’amore con te?"

"Si!"

Andrea aspetta che Margherita finisca di bere, poi la accompagna per mano e la fa sedere sull’orlo del letto.

Ha mani piccole, delicate, dolci, una lingua svelta, abile, impertinente. Margherita si lascia fare, si fa sedurre, asseconda, chiede, ottiene nuove carezze, si fa aprire, riempire, gode, fa godere Andrea e chiede di godere ancora. Andrea, la accontenta e fa all’amore con il suo corpo fino a sfinirla, fino a che Margherita ripiomba nel sonno, quasi che nulla fosse accaduto, Andrea chiude le imposte, le tende, prende la tazza vuota, ed esce in silenzio.

Lo sente, lo sente subito, sente il suo odore, la sua presenza, e seduto sul letto, le accarezza una mano, poi le guance, la scopre, la guarda, lei si fa guardare, non parlano, lei gli si avvicina, spostandosi sul letto, cerca il suo odore, quello più intimo, sente bisogno di sesso, di sesso con il suo uomo, lo annusa come fosse un fiore, gli apre i pantaloni, ne estrae il sesso, lo accarezza, lo impugna, lo ammira, fiera che le sia ancora concesso di toccarlo, di sentirlo suo, lo lecca, lo bacia, ne ricerca il sapore, se ne riempie la bocca, lo tiene dentro, golosa, ingorda, se ne fa riempire fino a esserne soffocata. La piccola Andrea è nella stanza, vicina al letto, curiosa, attenta, segue l’accurato lavoro delle sue labbra come un’allieva diligente, la guarda succhiare, arrampicarsi sull’asta, contenerla, guarda le sue guance gonfiarsi, deformarsi per rendersi più capienti, ascolta i suoni che emette, gorgogli, risucchi, la osserva deglutire, bere, nutrirsi, e mostrarsi ancora, al suo uomo, al suo padrone, fiera di essere ancora utile per fargli avere piacere.

Margherita ha ancora voglia di sesso, il sapore che sente in bocca, la stimola, la eccita, assume la posa più oscena, a gambe larghe, spalancate.

"Andrea, fottimi, fottimi con le mani, con tutte e due, fottimi per gli occhi del mio uomo, lascia che goda nel vedere quanto sono puttana".

Andrea striscia sul letto, con le mani unite, a preghiera, Margherita le unge con i propri umori, le copre di saliva fino a renderle scivolose, le mani entrano, s’incuneano, la aprono, il bacino si ritrae, poi avanza e spinge, fino a farsi aprire, il corpo di Margherita poggia sulle spalle e sui talloni, il suo ventre danza, ondeggia, alto sul letto, si avventa sulle mani che le scompaiono dentro, il corpo si scuote, s’innalza, s’inarca, aperto, posseduto, quasi squartato, ma sopratutto guardato, Margherita spinge, urla, fino a che le forze la reggono, poi schianta sul letto.

"Sono solo la mia figa, il mio culo, la mia bocca, non voglio essere nient’altro".

"Rimarrai qui, fino a che i tuoi parenti e i tuoi vecchi amici si stancheranno di cercarti".

Paolo e Margherita, seguiti a pochi passi da Andrea, stanno passeggiando nel piccolo parco che circonda la Casa di Norma, il parco è circondato da un muro ed i grandi alberi visibili dalla finestra della camera di Margherita sembrano più che sufficienti per isolarlo dall’esterno. Margherita è scalza e non indossa nulla.

"Prima o poi troveremo un corpo adatto, e lo faremmo trovare, allora anche ufficialmente Margherita sarà morta, ma Margherita già non esiste più, come Nanù, tu devi rinunciare al tuo nome, ma non te ne sarà dato un’altro, ti chiameranno con suoni, con gesti, non con un nome, un nome si abbina ad una persona, anche ad un animale, un nome presume una personalità, un carattere, mentre tu devi assumere quello che gli altri vorranno dal tuo corpo, sarà offerto e acquistato per qualsiasi piacere cerchino, solo quanto pagheranno fisserà il limite di come potrà essere usato, dovrai adeguarti e plasmarti ogni volta, non ci sarà affetto, né tanto meno amore, troverai molto disprezzo, molta cattiveria e violenza, dovrai essere, umile, laida, volgare, impaurita o sfrontata a secondo di chi avrai davanti, forse un giorno sarai liberata, e potrai se vorrai, riprenderti il tuo vecchio nome, ma questo tra molto tempo, e se sarai ancora in vita".

Le parole, cadono, pesanti, dolorose, come colpi di bastone, Margherita, perché chi narra continuerà a chiamarla così, stenta a reggerle, le manca il fiato, sente un senso di oppressione sul torace, un vuoto nello stomaco, le gambe molli, fragili, suda, ma sente freddo, Andrea la sta guardando, il viso giovane è teso, pieno di ansia, quello di Paolo, scuro, affilato, immobile.

"Mi ami ancora? Ami ancora Margherita?".

"Si! L’amo ancora, e continuerò ad amare Margherita".

"Allora se ami Margherita, e continuerai ad amarla, Margherita sarà dentro di te, se sarò ancora in vita come hai detto, potrai farla uscire di nuovo, se vorrai e quello che ora hai davanti potrà contenerla nuovamente, per me va bene, va bene così".

Margherita si avvicina al suo uomo, muovendo rallentata, lo bacia a lungo accarezzandogli i capelli dietro la nuca, poi si stacca e arretra, ora è un’altra cosa, e il cambiamento è tangibile, un corpo è lì pronto, basterà un ordine e sarà quello che si vorrà, farà, subirà qualsiasi cosa.

2

La grossa macchina si ferma davanti al palazzo, l’autista scende si guarda attorno, controlla l’indirizzo, si avvicina al portone e suona, poche, pochissime parole, poche sillabe per avere una conferma del luogo, poi l’uomo fa un cenno verso la macchina, la portiera si apre e ne scende una donna, una donna molto bella ed elegante, veste un tailleur scuro con la gonna corta, la giacca portata sulla pelle lasciando visibile il pizzo del reggiseno. Ha gambe lunghe forti, non indossa calze, ai piedi un decolleté in pelle morbida con il tacco affusolato e altissimo, non ha gioielli, né borsa, il viso serio è parzialmente coperto da grandi occhiali da sole, si avvicina al portone che l’autista tiene aperto, entra, l’uomo richiude il portone alle sue spalle e risale in macchina.

Non ha istruzioni, né nessuna indicazione, sale le scale, sono molto ampie, scale di un antico palazzo patrizio, ben restaurate, pulite, linde, i tacchi battono sul marmo, fanno rumore, i suoi passi rimbombano, amplificati dal silenzio che regna nel palazzo, al primo piano la porta è aperta, spalancata, lei entra.

"Spogliati!".

Riconosce la voce di Nora, come sempre piatta, uniforme, sembra non cambiare mai intonazione, anche quando le ordinava di assumere una posizione a lei più comoda, mentre le bruciava la pelle.

La donna obbedisce, si toglie tutto, anche le scarpe, Norma le fa riporre tutto in una sacca di cuoio marrone.

"Lasciati guardare".

La donna rimane ferma, ma allarga ampiamente le gambe, lascia le braccia, morbide, distese lungo il corpo, la bocca semiaperta, tiene gli occhi spalancati, ma sembrano cechi, il sesso è evidenziato da labbra grandi, quasi deformi, sono forate, ed i fori ospitano asole di metallo larghe forse due centimetri, la pelle del pube appena sopra il sesso è incisa, un disegno, un’immagine di donna, in croce, disegnata da piccole cicatrici, ustioni provocate dal ferro rovente maneggiato con cura certosina dalle mani di Norma, si gira, anche le spalle sono incise, rose, rose e le loro spine, Norma si avvicina, passa la mano sopra alla sua "opera", la giovane donna trasale.

"Fanno ancora male?".

"No! Ma, il ricordo…".

"Mi piacerebbe lavorare così anche la pelle della piccola Andrea".

La giovane donna si irrigidisce.

"Non preoccuparti, non lo farò, ma non per te, tu non hai nessun potere, ma solo perché altri non lo vogliono, ma ora vai, entra nell’ultima porta, sei attesa".

Il Riposo tra un Lavoro è un altro spesso è lungo, quando viene venduta Margherita deve essere in forma perfetta, e ogni traccia di precedenti sevizie deve essere scomparsa, passa quel tempo a leggere, a curare il suo corpo, gioca e fa sesso con Andrea, a cui è concesso di venirla a trovare. Nella casa di Norma trova spesso altre ragazze, ma non può parlare con nessuna, sono schiave anche loro, ma conservano i loro nomi, le loro identità, qualcuna è marchiata e ferrata, ma nessuna lo è come lei. Quando ha bisogno di sesso e Andrea non è presente, deve consumarlo in modo pubblico, e le masturbazioni di Margherita sono molto frequenti, quasi giornaliere, quando sente la voglia montarle dentro, Margherita va nella sala, o nel piccolo parco, dove le altre ospiti si incontrano tra loro, e incontrano i loro padroni, si serve delle mani e di grossi falli neri, fatti a forma di cazzo, curati fino alla riproduzione delle vene, delle pieghe dello scroto. Li trova osceni, e l’osceno la eccita, la stimola, se li infila, mentre la guardano, li manovra dentro di se, oltraggiando il proprio corpo, fino a sfinirlo.

Un altro Cliente, un altro uomo che l’ha acquistata al mercato delle donne perdute, alla bancarella segreta dei corpi senz’anima, un altro che può usarla, un’altro che ha diritto di ridurla ad un niente, di farla urlare, piangere, di farle chiedere pietà, questo le è concesso anche se raramente lei lo fa, e quasi mai loro la ascoltano.

"Qual è la cosa peggiore che hai fatto o che ti hanno fatto".

"Intendi la più dolorosa?".

"La peggiore, quella che ti ha fatto capire quello che sei ora".

"É capitato una volta sola, allora avevo anche un nome, ho mangiato le feci di due uomini, la loro merda, ricevuta direttamente in bocca. Mi usano spesso ora, e mi usavano anche prima, come latrina; mi si urina addosso, sui capelli, mi fanno bere, l’urina è calda, spesso è fetida, me ne riempiono la bocca, lo stomaco, all’inizio è stata una cosa difficile, poi è diventata una imposizione frequente, ho imparato a controllare la nausea e lo schifo, a trasformarle in forme di eccitazione, ora mi eccito quando capisco che mi si vuole urinare addosso, lo fate per lordarmi, sporcarmi, e mi pace sentirmi, farmi vedere sporca, agli uomini e anche alle donne, piaccio quando sono lì immobile, ad attendere di essere bagnata e riempita del loro piscio. Ora mentre lo fanno mi masturbo e qualche volta godo, a volte sono io a chiederlo, vi distrae e se mi va bene allontana il dolore che avete voglia di darmi. Quella volta ero con il mio uomo, erano due sbandati che aveva cercato apposta tra i più brutti e sporchi, mi facevano schifo, io mi facevo schifo, ero stata stuprata per tutta la notte, ero ferita, puzzavo di molti uomini, del mio sudore, del loro e del mio piacere, e questo mi eccitava, ho leccato il loro culo, ho urlato quello che dovevano fare, ero impazzita, sentivo nausea e disgusto, ma dimostrare quanto fossi capace di scendere in basso era più forte di tutto, ho aperto la bocca e loro me l’hanno riempita di feci, ho dovuto masticare e inghiottire tutto, si quella è stata la cosa peggiore, mi fa ancora schifo ma spero mi sia chiesto, imposto di farlo ancora"

"La più dolorosa?".

L’uomo le fa paura, chi la compra solitamente si dimostra calmo esperto, normalmente è gente che frequenta da tempo Club e ambienti sadomaso, nel peggiore dei casi si atteggiano a Padroni, a Master incalliti, talvolta bardandosi di assurdi abbigliamenti di cuoio; questo è diverso, è nervoso e non tenta di nasconderlo, suda, quasi trema, ascolta eccitato il racconto della Ragazza. Lei è in piedi, ancora vestita, quasi a disagio nel non essere come sempre nuda davanti al nuovo padrone, lui le gira attorno leggermente piegato, quasi ingobbito, pone le sue domande, a voce bassa, incerta.

"La più dolorosa?".

Immagini, sensazioni, ricordi.

"Questi!".

Alza la gonna mostrando il pube inciso, con il dito percorre il disegno.

"Questi disegni sono stati i più dolorosi, sai come si fanno?".

"Si mi è stato spiegato quando ti ho scelto, e dopo?".

"Essere appesa per i seni, essere appesa per i seni e frustata a sangue, puoi farlo? Mi hai pagato abbastanza?".

"Si, ti ho pagato abbastanza".

"Allora cosa aspetti, fai, fammi qualcosa. Mi spoglio?".

"No, non ancora, ho desiderato tanto, un momento come questo, una donna come te da usare, che ora mi sembra impossibile poterti fare qualcosa, anche solo toccarti, mi racconti cose quasi non credibili, ma vedo le tue cicatrici, ti ho vista in foto ed in cassetta, so che è tutto vero, forse sei troppo bella".

"Per quanto puoi tenermi?".

"Dieci giorni".

"È molto, non sono mai stata ceduta per un tempo così lungo".

"Mi è stato detto".

Margherita si è appoggiata di spalle al muro, ha allargato le gambe, e si sta masturbando, guarda l’uomo dritto negli occhi, ha la bocca semiaperta, un rivolo di saliva le esce dalle labbra scivola sul mento e poi gocciola pesante a terra.

"Puoi farne a meno?".

"No! Solo se me lo ordini, ma ti prego fottimi o lasciamelo fare, mi eccito troppo, quando parlo e ricordo quello che ho fatto di me, non ho da tempo nessun controllo sui miei impulsi, e il mio corpo ora esige sesso, sesso violento, fottimi se non vuoi che mi masturbi, puoi legarmi anche le mani, io mi siederò a terra e struscerò la figa sul pavimento, ho un uomo davanti, è devo provocarlo, eccitarlo, se non è lui a sbattermi, devo io sbattermi per lui, io non ho scelte, ho rinunciato ad averle".

"Se continui così rischi di farmi perdere quel poco controllo che ancora ho, allora potrei farti anche molto male".

"Io il controllo, l’ho già perso, anzi non l’ho mai avuto".

Margherita si è strappata di dosso i pochi vestiti, si struscia contro il muro, come fosse un nuovo amante, rantola, muove il bacino, come se contenesse un cazzo. L’uomo si toglie la cinta, e la colpisce forte, sempre più forte.

"Dalla parte della fibbia, così non mi fai male abbastanza, stronzo".

Più tardi sono entrambe seduti a terra, Margherita ha il corpo ferito, il viso sporco di sperma. Fumano, sfiniti, esausti.

"Sei conciata male".

Margherita si guarda il corpo, in qualche punto sotto i colpi della fibbia, la pelle ha ceduto, si è aperta, gocce di sangue che le si seccano addosso.

"Sono stata peggio".

"Ma è solo il primo giorno".

"Già".

"Devi essere più deciso con me, hai ancora troppo rispetto, forse compassione, non merito e voglio né l’una né l’altra, con me devi solo pensare a divertirti, a sfogarti, mi hai comprata per farmi quello che non hai potuto fare ad altre, magari a qualcuna che ti ha ferito, o deriso, io sono loro, ogni altro sentimento verso di me è sprecato, inutile.



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