i racconti erotici di desiderya

Diario intimo - iv capitolo

Autore: Muyhermosa
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Cambia lo sfondo
Edito in queste pagine un tratto di pensieri e di vita sentimental-erotica che presento per la prima volta.

Pubblicata in anteprima sul mio blog personale: www.inpuntadicuore.blogspot.com sotto il titolo "Note discinte".





La memoria è un grande mare e i ricordi, scagliati lontano, formano dei cerchi irregolari, concentrici, così mi ritrovo sbalzata da una parte all'altra, anacronisticamente, senza nessuna logica e spesso senza attinenza, passando da uno strato all'altro dell'anima, con la leggerezza che non si cura dei particolari.

Non mi preme l'ordine e non sono una cultrice della linearità.

Amo i discorsi frammentati, con il mio telecomando immaginario schiaccio ora FW e scorro il nastro in avanti. Ma posso anche arrestarmi bruscamente e

con il rewind precipitarmi indietro di anni.

Seguo il flusso dei pensieri e i pensieri si lasciano

rincorrere e, infine, raggiungere.

Non c'è mai calcolo in un flashback, solo improvvisazione

che mi rallenta sovente i fotogrammi per dare risalto

a un dettaglio secondario, a un

particolare ostaggio dello sfondo.

L'ispirazione non esiste. Così non devo neanche aspettarla

né inseguirla, perché è lei che stana me. Ed io mi lascio trovare.

Non mi sottraggo, non mi dispero se tarda.

Ha i suoi tempi, conosco l'irregolarità del metodo,

l'ingegno della sorpresa mai uguale a se stessa.

Mi ero abbandonata sul letto.

Le 14,30 di un sabato pomeriggio in cui tutto

sembra essere immobile e il rumore dei respiri

sembra spezzare il silenzio rotto solo dal ticchettio

della sveglia sul comodino.

La stanza climatizzata e gli occhi appena chiusi.

Un limbo in cui nulla accade...

Il cuore che sembra rallentare i battiti, lo stato di semincoscienza, come l'attimo prima che il sonno ti colga.

Un sussulto improvviso, anche se gli occhi stentavano a riaprirsi.

Voci e l'eco di risate lontane... tanto verde pastoso, da ferire lo sguardo, la polvere sollevata dal passaggio di una corriera nel pomeriggio di un ferragosto deserto.

Le palpebre pesanti si schiudono piano, faticosamente lasciano filtrare la luce, focalizzo il ricordo. Le voci ora sono più vicine.

Era la corriera delle 15,30. Ci affrettammo a salirci su, pur non sapendo dove portasse. A bordo neanche un'anima. Solo un accaldato conducente che si sventagliava con un quotidiano piegato in quattro.

Lui nella mia mano.

Mi feci strada tra i posti a sedere e raggiunsi quelli dell'ultima fila sulla destra, le spalle contro il finestrino attraverso cui vedevo la strada correre via veloce. Il suo sorriso accanto e il suo braccio a cincermi le spalle mentre le labbra s'incontravano in un bacio tenero, poi impudico, sempre più profondo. La camicetta bianca aperta sul davanti sottolineava l'assenza del reggiseno, marcando il punto esatto in cui il turgore dei capezzoli diventava evidente.

Aprire il terzo bottone, partendo dall'alto, consentì alle sue labbra di scendere dal collo fino alla curva del seno, poi fu sufficiente scostare un lembo del tessuto per raggiungere con la lingua uno dei due capezzoli.

L'inarcarsi della schiena per agevolare il contatto e la successiva pressione fu la risposta immediata a quel gesto. E un mugolio di assenso sfuggì alle mie labbra.

La bocca di lui si strinse intorno all'aureola rosa e succhiò più forte,

palpandomi con una mano l'altro seno.

"Che cosa mi fai fare?",

chiese la sua voce arrochita dal desiderio,

cercando di trattenere gli ultimi sprazzi di lucidità.

Ma il suo sguardo stava già scivolando lungo il mio corpo,

sempre più abbandonato contro il suo,

mentre l'orlo della gonna risaliva il ginocchio

e si scostava quel tanto da consentire

l'accesso invadente alla sua mano.

"Mi piaci", il suo respiro tra i capelli

mentre chiudevo gli occhi e un bacio umido

mi schiudeva le labbra, insinuandosi piano.

"Hai qualcosa che potrebbe anche farmi impazzire, Laura".

La pressione delle sue dita sul clitoride

mi fece trasalire sul sedile scomodo, la cui superficie

raccoglieva i miei primi umori.

"Lo sai che cosa voglio adesso?",

ansimò sulla mia bocca, muovendo la mano

come se fosse lui, in quel momento, tra le mie gambe.

"Voglio fare l'amore con te.

Voglio prenderti qui, adesso".

La mia mano si portò sulla sua,

accelerando il ritmo ed imprimendo

nuova velocità al movimento del polso.

Il resto del mondo, in dissolvenza, appariva lontanissimo.

Mentre mi sentivo venire nella sua mano.

E lui lasciava che accadesse.

Così come lasciò che con un gesto lento armeggiassi all'altezza della patta dei suoi pantaloni fino a raggiungere la lampo, avvertendo da subito una pressione incontrollata spingere contro il mio palmo, il suo respiro farsi grave, la testa reclinata all'indietro, un dito a schiudermi le labbra, lasciando che avida lo succhiassi, e intanto continuavo a muovermi all'interno dei pantaloni semiaperti.

Mi guardai intorno: l'autobus continuava la sua corsa indisturbato e deserto.

Stava ora percorrendo stradine di campagna assolate, costeggiando fermate fantasma.

Lo sentii alungarsi sul sedile e protendersi verso il mio viso quando le mie labbra lo sfiorarono appena, strappandogli un lamento flebile d'impazienza.

Lo vidi contorcersi quando iniziai a muovermi come lui agognava, lasciandolo entrare ed uscire, crescere nel piacere, bagnarsi e spingere nella mia bocca, in lontananza la sua voce divenuta un gemito incontrollato.

Una mano a spingermi la testa contro il suo grembo, mentre l'orgasmo sopraggiungeva con un primo fiotto, denso e caldo, seguito da altre contrazioni, spasmi, rivoli ad imbrattarmi il viso.

Ansimavo quando lo baciai e mi baciò con trasporto, godendo ancora tra le mie dita, contro cui incessante continuava a bagnarsi e a pulsare la sua erezione.

Alla prima fermata mi afferrò per una mano e mi trascinò giù dall'autobus: ancora campagna a perdita d'occhio, senza avere idea di dove ci trovassimo.

Il nostro dialogo era fatto di sguardi.

Scivolai con la schiena lungo la corteccia dell'albero vicino

e allargai le gambe, alzando la gonna.

Non tardò a strusciarmi contro il suo corpo eccitato,

centrò il punto esatto, fra le mie gambe,

senza mai staccare gli occhi dai miei

e con una spinta mi fu subito dentro, gemendo forte.

Una mano appoggiata al tronco dell'albero,

con l'altra mi spingeva verso di sé,

attirando più vicino il bacino

mentre con foga, ripetutamente,

mi possedeva sollevandomi quasi da terra.

"Io ti amo", ansimai mentre gli ultimi affondi

annunciavano l'orgasmo imminente.

Trafelato, e anche lui prossimo a godermi dentro,

ricordo che mi indirizzò un sorriso

che precedette di appena un soffio il piacere

che esplose violento, all'unisono.

Lasciandomi quella sensazine di lago fra le gambe,

mentre lo sentivo grondarmi dentro e fuori.

Rispondendo, incapace di pensare,

al lungo bacio che invase la mia bocca.

Era ancora dentro di me quando,

circonfuso d'amore, mi rispose piano:

"Anch'io, piccola. Come non ho amato mai".


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